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VIA A P P I A
DALLA PORTA CAPENA A BOVILLE
DESCRIZIONE
LA PRIMA PARTE
DELLA VIA APPIA
DALLA PORTA CAPENA A BOVILLE
DESCRITTA E DIMOSTRATA CON I MONUMENTI SUPERSTITI
DAL COMMENDATORE L. CANINA
IN SEGUITO DELLE REGOLARI SCAVAZIONI E LAVORI DIVERSI
ESEGUITI PER LODEVOLI DISPOSIZIONI
DEL GOVERNO PONTIFICIO
dall'anno mdcccl al mdcccliii
ONDE PROCDBARNE IL RISTABaiMENTO
VOLUME l.
DESCRIZIONE
ROMA
NELLO STABIL. TIPOGR. DI G. A. BERTINELLl.
1853.
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PREFAZIONE
Dopo l'abbandono di quella parte dell'antica \ia Appia, che da poco oltre
il ben noto monumento di Cecilia Metella progrediva sino alle adiacenze
dellantica città di Boville, ove la strada moderna fu portata a coincidere
sulla via antica sino ad Albano , era oggetto di universale desiderio il suo
ristabilimento; e ciò non tanto per vedere restituita all'uso pubblico siffatta
parte di via piìi breve e piti amena di quella moderna che esce dalla porta
di s. Giovanni , quanto per ottenere di scuoprire le reliquie degli antichi mo-
numenti esistenti lungo la stessa via. Siffatto desiderio si prendeva princi-
palmente in considerazione quando il sommo pontefice Pio VI portava ad
effetto il ristabilimento dell'altra parte della stessa via Appia che traversa
tuttora l'agro Pontino bonificato per le cure sue, e ne faceva coniare espres-
samente una medaglia nell'anno XIY del suo pontificato. Quindi successiva-
mente, dopo il ritorno in Roma del sommo pontefice Pio VII. si sollecitava lo
stesso ristabihmento precipuamente per le cure del zelantissimo avvocato Car-
lo Fea ; poiché considerava egli che era in allora cessato il motivo di alcuni
riguardi dovuti dall'anzidetto pontefice Pio VI ad alcune particolarità per esse-
re stati già demoliti alcuni muri di cinta che chiudevano certi terreni esistenti
verso il termine dell'indicata parte della via antica. Quindi colla cooperazione
precipuamente di monsignor Nicolai , eziandio molto amante delle opere di
utihtà pubblica, ne proponeva prima la esecuzione nellanno 181" per ser-
vire di nobile dimostrazione ad offrirsi al re Ferdinando delle Due Sicilie .
facendolo passare per detta via allorché aveva divisato di portarsi a Ro-
ma; e poscia per altra simile dimostrazione a darsi all'imperatore d'Austria
Francesco I al suo ritorno da Napoli. Ed in ciò assicurava egli avere otte-
nuto la cooperazione del duca Giovanni Torlonia, che già era divenuto pro-
prietario di alcuni grandi tenimenti posti lungo la stessa prima parte della
via Appia; ed anzi, oltre al togliere ogni impedimento al libero transito lun-
6 PREFAZIONE.
go di essa, aveva offerto generosamente una ragguardevole somma di da-
naro, affinchè fosse tale piano portato ad effetto con maggiori facilitazioni,
come lo stesso Fea faceva particolarmente conoscere in principio del suo
opuscolo, pubblicato nell'anno 1833, sul ristabilimento della via Appia da
Roma a Brindisi. Eziandio nell'anno 1845, accadendo di dovere rinnovare
il suolo di selci della strada nazionale di Albano dall'osteria di Tor di mez-
za via a quella delle Fratlocchie, si proponeva di abbandonare tale strada
e portarla lungo la via antica in vicinanza della villa dei OuÌQtilii facendone
la deviazione in prossimità del ponte Pignatelli. Ed a cooperare ed ottene-
re la approvazione di un tale parziale ristabilimento, mi si chiedeva una
dimostrazione sulla sua utilità ed importanza che non faceva punto ritardare.
Però tutto ciò, che sino allora erasi promosso su tale importante oggetto, si
riduceva a puro desiderio di tutte quelle persone che ne prendevano inte-
ressamento; mentre per altra parte alcuni ben noti intraprendenti di lavori
stradali continuavano a distruggere il superstite suolo della via antica per
profittare dei grandi massi di selci e degli altri materiali che ricavavano
dalla demolizione degli antichi monumenti, e mentre veniva sempre più
troncato il transito da staccionate e macerie, che s'interponevano per como-
do degli adiacenti tenimenti. Quando nel principio dell'anno 1850, impren-
dendosi regolari scavazioni lungo la stessa via per private speculazioni, ve-
nivano maggiormente spogliate le poche reliquie degli stessi antichi mo-
numenti, che si scuoprivano ; e né per lo scopo, a cui erano destinate quelle
scavazioni, si poteva pretendere maggior buon successo. Su di ciò palesan-
dosi generalmente sommo dispiacere, si venne nella determinazione di for-
malmente riconoscere lo stato di tali operazioni con alcune ispezioni fatte
coli' intervento del commendatore Camillo Jacobini ministro del commer-
cio e di varii consiglieri della Commissione generale di antichità e delle
belle arti. Servirono tali gite a far conoscere la convenienza e la utilità
di porre termine a taH parziali scavazioni e d'imprenderne delle regolari
per conto del governo, onde portare ad effetto il ristabilimento della me-
desima parte della via Appia cotanto desiderato. Dopo alcune pratiche te-
nute a tale effetto, e promosse dal solo amore per la conservazione dei mo-
numenti antichi, ebbi la soddisfazione di vedere concessa la sovrana approva-
zione. Quindi per procedere regolarmente e con accordo dei proprietari
degli adiacenti tenimenti, si vennero a stabilire convenzioni eque, che fu-
rono da essi accolte giustamente con soddisfazione in vista dell'utile grande
che si procurava alla storia, all'arte, ed al bene anche del commercio, senza
alcun loro pregiudizio. Ponendo in generale per base che il diritto di qua-
PREFAZIONE. i
lunque pertinenza pubblica non può soffrire danno da un temporaneo ab-
bandono, ed in specie ciie l'area occupata dalla via antica era anche esclu-
sa dalla proprietà particolare nei tipi censuali, ne derivò la giusta conse-
guenza di non dare motivo ad opposizioni la sua restituzione al pubblico
uso. Ma bensì per comprendere nella restituzione della proprietà pubblica
le reliquie dei comuni monumenti sepolcrali, che si trovano sussistere lungo
la medesima via, si conobbe essere necessario di dilatare lo spazio a non
meno di cento palmi di larghezza. Per il di più del terreno, che con laU di-
mensioni si veniva ad occupare da quanto era proprio della via con le sue
crepidini e dei monumenti antichi, che sempre sono di proprietà del go-
verno, si convenne di costruire lungo i lati dello stesso spazio regolari ma-
cerie con i sassi informi che si rinvenivano nelle scavazioni e di collocare
cancelli di legno negh accessi ai varii riparti delle adiacenti tenute. Così
si potè dare cominciamento al lavoro delle scavazioni con regolare metodo
e con comune approvazione nel mese di decembre dellanno 1850; e di
seguito continuarle nelle due stagioni del successivo anno 1851 tra il quar-
to ed il settimo migho. Poscia nelle due stagioni dell'anno seguente 1852
si portavano le scoperte e le sistemazioni della via sino al miglio nono.
Quindi nella stagione di primavera del corrente anno 1853 si continuavano
gli stessi lavori sino all'undecimo miglio della via, con i quali si venne a por-
tarne la congiunzione con quella di Albano che riprende l'andamento della
via antica. E ciò facevasi con universale soddisfazione e con quei mezzi limi-
tati che venivano a tale oggetto speciale concessi usando la maggiore economia
possibile in ogni specie di lavoro che venne regolarmente appaltato a buoni
ed attivi intraprendenti. Il zelo, prestato dall'anzidetto Ministro per portare
ad effetto l'opera stessa e vincere ogni difficoltà che si frappose , è stato
grande; ed egli perciò si è reso meritevole di ogni lode.
Infatti quando si considera che, per lo scavamento dell'altezza raggua-
ghata di metri due nella larghezza di circa venti metri, con trasporto delle
terre oltre tale misura nella lunghezza di più di miglia sette, per la siste-
mazione del piano stradale in tutta la medesima estensione e di più col
riattamento della strada sino alla chiesa di s. Sebastiano, quindi per la co-
struzione in ambo i lati delle macerie nella stessa lunghezza , ed inoltre per
il ristabilimento di varii monumenti antichi discoperti ed adornati con le re-
liquie superstiti, si contenne in tre anni la spesa a non oltrepassare la somma
di scudi sedici mille, si dovrà certamente apprezzare l'opera stessa. E ciò
vieppiù quando si osserverà che la stessa opera non è d'interesse semplice-
mente locale, ma di tutto lo Stato, ed anche può dirsi di tutte quelle nazioni
8 PREFAZIONE.
che hanno fatto parte dell'antico impero romano e che conservano per base
del loro incivilimento le vetuste istituzioni romane ; quindi esse ne prendono
grande interessamento, e se non partecipano direttamente alla spesa, vi con-
tribuiscono però largamente col concorso che viene effettuato di continuo per
visitare le medesime importanti scoperte. Il sommo pontefice Pio IX nel
giorno 13 del mese di maggio dell'anno 1852, portandosi a visitare quasi tutto
il lavoro sin'allora eseguito, ne riconosceva la importanza e ne dimostrava
la piena sua soddisfazione. Quindi a render più ampia l'approvazione sovra-
na di sì lodevole opera, e nel tempo stesso a conservarne degna memoria,
ordinava egli che per l'anno settimo del suo pontificato la medaglia, che
suole coniarsi in ogni anno alla ricorrenza della festività di s. Pietro, offrisse
nel rovescio la rappresentanza del luogo, in cui ebbe cominciamento la resti-
tuzione della via Appia con la effigie del santo martire Sebastiano , che ivi
stesso si venera nella chiesa innalzata da antichi tempi, e coU'epigrafe : via
APPIA . RESTITVTA . A . TEMPLO . S. SEBASTIANI . AD . BOVILLAS. Di pili, ricono-
scendosi conveniente di rinnovare la croce che esisteva avanti la medesima
chiesa, si è innalzato lo stesso simbolo della cristianità sopra una colonna di
granito coll'indicazione scritta in due lati del suo marmoreo piedestallo che
dichiara essere stata dedicata dal sommo pontefice Pio IX nellànno settimo
del suo pontificato al medesimo santo martire; e nel lato rivolto verso l'opera
eseguita si aggiunse la particolare dichiarazione : qvvm . vu . appia . hinc . ad .
BOVU.LAS . RESTiTVEBATVR. Così all'universale approvazione dell'opera stessa
si aggiunse nobilmente quella di chi superiormente governa.
In vista di tanta importanza era con la piiì grande soddisfazione che io
assumeva la direzione dei lavori per l'adempimento di quell'opera stessa che
aveva promossa, e quindi con il maggior impegno ne procurava il miglior
buon successo possibile. In seguito di ciò si rendeva necessario che ne espo-
nessi una descrizione, onde non andasse perduta la memoria dei ritrova-
menti fatti in tali scavazioni, e nel tempo stesso fosse conosciuta nel mighor
modo la importanza dei monumenti superstiti. Ma tra la moltipHcità delle
varie memorie antiche, che furono collocate lungo la stessa parte della via Ap-
pia dal principio del suo stabilimento sino al termine dell'impero romano, tra
gli esterminabili spogli fatti nei secoli di mezzo, tra le grandi distruzioni
continuate posteriormente per ricavarne materiale da costruzione e quanto
rimaneva di pregievole, e tra la poca cura che si ebbe nel conservare
precise notizie delle scoperte fatte anche nei tempi a noi più prossimi al-
lorché già si promuovevano scoperte apparentemente di utilità artistica e
storica , sono ben lontano dal credere di avere con questa giudicata neces-
PRERUIONE. 9
saria esposizione supplito a quanto si richiedeva dall'importanza dell'og-
getto. Quindi mi limito a credere di avere con essa solo agevolato il mezzo
ad altri, che ne volessero assumere la cura d'illustrare gli stessi monumenti
discoperti, coll'offrire loro raccolte piìi gran numero di memorie di quanto
mai si sia fatto sulla medesima prima parte dell'antica via, ed anche di
averne esposta una più ampia idea della moltiplicità e della nobiltà dei mo-
numenti di cui essa era adorna.
L'opera però del ristabilimento della medesima parte della via Appia
e della scoperta degli antichi monumenti non può considerarsi compita con
i lavori sin'ora eseguiti ; perchè è primieramente meritevole di considera-
zione l'osservare che il suolo discoperto della via antica appartiene in più
gran parte ai rialzamenti fatti nei ristauri eseguiti dopo la caduta dell'im-
pero romano impiegando, per economia di lavoro, massi diversi di pietra
che furono collocati sopra il suolo più antico. Non si può però ristabilire
la via sul medesimo primo suolo senza scomporre tutto il piano stradale
e distruggere gran numero di monumenti antichi stabiliti sullo stesso suolo
rialzato : ma bensì si rende necessario di fare dihgenti ricerche nei lati della
via al di sotto del suo piano per scuoprire quanto vi può essere sepolto,
dalla quale operazione si devono attendere felici risullamenti ; perchè le
scavazioni dei ricercatori di antichità non furono comunemente protratte a
tanta profondità, come fu già dimostrato da alcuni parziali scavi che fecero
rinvenire oggetti pregievoli. Manca ancora di avvicinare di più alla città lo
scuoprimento della via antica dal quarto miglio, ove ebbe principio la sco-
perta sin'ora eseguita, e di portarla almeno sino al sepolcro di Cecilia Me-
tella, cioè in circa al miglio terzo. Ed in tale parte di via è da sperare
che possino tornare alla luce importanti monumenti ; giacché i lati della via,
per essere occupati da muri di cinta, non andarono soggetti a grandi sca-
vazioni dei ricercatori di oggetti antichi. E manca eziandio il ristabilimento
dei monumenti discoperti, o almeno il collocamento delle varie rehquie or-
namentali di essi in modo che possano trovarsi al sicuro dalle comuni de-
vastazioni, come già, seguendo il nobile esempio dato dal Canova nel rista-
bilimento del sepolcro di Marco Servilio Quarto, se ne sono ricomposti nel
miglior modo possibile circa dodici : ma ne mancano moltissimi altri ed in
particolare alcuni grandissimi ed importantissimi, come può considerarsi
quello volgarmente detto Casal rotondo. Quindi solamente quando saranno
portate a compimento le indicate scoperte ed i necessarii ristabilimenti si po-
trà fare una accurata e studiata esposizione della medesima prima parte
della via Appia. Ed a renderla più completa , quando si volesse da altri
2
I {) PREFAZIONE.
imprendere, non mancherò di prestarmi in ciò che possa essere utile a faci-
litarne gli sludj. Altrimenti, se non mi verranno meno le forze, e se, ciò
che pili si rende necessario, non mi mancheranno i mezzi pecuniari, pro-
curerò di supplire con altra nuova pubbUcazione più studiata ed anche mag-
giormente ampliata.
La enunciata esposizione, che è proposta a supplire temporaneamente
ad alcuna più ampia opera, viene preceduta da varie notizie prehminari
che si sono giudicate necessarie di riferire per la maggior conoscenza di
tutto ciò che concerne la medesima prima parte della via, e particolarmente
alcune memorie su tutti gli studj e le pubblicazioni precedentemente fatte
sul medesimo argomento. Quindi si offre essa suddivisa in dodici parti, cioè
in altrettanti spazj compresi tra le colonne migliane che compongono la me-
desima porzione di via che si protrae dalla porta Capena a Boville. Si sono
denotati siffatti partimenti semplicemente col titolo tra l'uno e l'altro mi-
glio, per signiGcare lo spazio interposto ai termini senza ripetere tra luna
e l'altra lapide o colonna migliaria, i quali limiti pure dagli antichi si so-
levano accennare col vocabolo milliario. Con questa divisione si è ottenuto
di rendere più chiaramente palese quanto sussiste, e di togliere ogni in-
tralcio in tutto ciò che si è preso ad illustrare. A siffatta esposizione de-
scrittiva viene successivamente aggiunta per prima appendice una ben stu-
diata dimostrazione sulla precisa estensione dell'antico migho romano per
servire di base alla determinazione delle colonne migliarle lungo la stessa
parte della via Appia, che furono interamente distrutte o tolte dal proprio
luogo. Inoltre da una seconda appendice viene la stessa esposizione descrittiva
corredata, la quale contiene una indicazione topograflca che compie il primo
volume, e che serve come d'indice a tutto quanto fu preso a descrivere
nella medesima esposizione.
Considerando poi che non si può mai bene raggiungere lo scopo di
dimostrare tutto ciò che è relativo alle opere di arte senza il soccorso di
alcune figure che ne facciano conoscere le forme, si è creduto necessario
di aggiungere un secondo volume che contiene un ragguardevole numero di
tavole rappresentanti i principali monumenti scoperti lungo la medesima parte
della via, tanto esposti nel loro stato di rovina quanto nell'intera loro forma
e decorazione, quale può più convenientemente dedursi dalle stesse reUquie
discoperte. E con ciò si è suppUto nel migUor modo, che veniva concesso,
a quanto si rendeva necessario di esporre su tanto importante oggetto, e
sulle scoperte fatte dal mese di decembre dell'anno 1850 sino al mese di
aprile dell'anno 1853, in cui fu pubblicata la enunciata esposizione.
NOTIZIE PRELIMINARI
Benché la enunciata esposizione sulla prima parte della via Appia ,
compresa tra la porta Capena della vetusta cinta di Roma e l'antica città
di Boville, fatta astrazione di tutto ciò che può essere relativo alla sua
importanza, sia la più estesa di ogni altra pubblicazione che sin' ora sia-
si fatta sul medesimo argomento; pure mi è d'uopo dichiarare primiera-
mente, come già feci per altra particolare esposizione topografica, che il
dimostrare la celebrità della stessa antica via Appia con quanto ne han-
no riferito gH antichi scrittori, e trovasi tuttora palesato dai monumenti
superstiti , porterebbe a ripetere ciò che le tante volte fu esposto da tutti
coloro che hanno preso ad illustrare lo stesso importante argomento. Ed
anzi si rende opportuno l'osservare che è volgare consuetudine il ridire la
sentenza di Stazio, con cui vedesi attestato essere stata la via xVppia
considerata quale Regina delle vie lunghe. Ma è altresì necessario l'indi-
care che a tale sentenza non trovasi poi corrispondere l'altra dello stesso
poeta, con cui faceva conoscere che tale via non avrebbe mai invecchiato
coll'avauzare degli anni (1); perciocché, nonostante la indicata sì vantata
(1) Flectere iam cupidiim gressus, qua limite noto
Appia longarum teritur regina viarum.
f Stazio, Silv. Lib. II. l IL r. 11 e 12 J
Haec donec via, te regente terras.
Annosa magis Appia senescat.
(Stazio, Silv. Lib. IV. §. ///. in fine.)
La indicata prima notizia venne riferita da Stazio descrivendo la villa Surrentina di
Pollione Felice, alla quale si accedeva da Roma col mezzo della via Appia; e la secon-
da facendo menzione delle grandi opere fatte da Domiziano per la via da lui stabilita
che si diramava dalla medesima via Appia. La qualifica, data da Stazio alla stessa via
Appia di Regina, si potrebbe forse contestare pure da una iscrizione riferita dal Rei-
nesio (Classe II. N. 84), e rinvenuta tra la via Appia e Latina, in cui leggesi nella terza
12 VIA APPIA
sua celebrità, fu ridotta nella sua prima parie, ch'era la piìi nobilmente
decorata, non solo abbandonata, ma quasi per intero compresa nelle
private proprietà contro ogni autorevole prescrizione di pubblico diritto. È
eziandio a comune conoscenza la tradizione storica sull'origine dello sta-
bilimento o almeno del suolo di pietre fatto lungo la medesima via, che
ebbe luogo nellanno 412 di Roma, mentre era rimasto solo Appio Clau-
dio nella censura, come vedesi attestato da varii autorevoli documenti (2).
linea v. appiae regin se la stessa iscrizione non fosse tanto fram-
mentata, e se tale indicazione non si dovesse attribuire ad altro nome, come fu sup-
posto, per essere la iscrizione stessa relativa ad alcune opere fatte ad un tempio d'Iside.
(2) El censura darà eo aniw fài2,^ Appli Oaiidii et C. Plautii fuit: memoriae tamcnfe-
licioris ad posteros nomen Appii, qitod viam miinivit, et aquam in Urbem diixit, eaque unus
perfecit; quia oh infamem atque invidiosam senatus lectionem verecundia victus collega, magi-
stratu se abdicaverat. ("Livio. Lih. IX. e. 29.J Ciò è dicliiarato da Frontino indicando egli
quelPopera essersi impresa a fare nel trentesimo primo anno dopo il cominciamento della
guerra sannilica, che ebbe luogo secondo Livio nellanno 411 fLib. VII. e. 29;.- 31. Va-
lerio Maximo, P. Decio Mure Coss., anno post inilium Samnitici belli XXXI, aqiia in Ur-
bem inducta est ab Appio Claudio Crasso censore, cui postea Cucco fuit cognomen, qui et viam
Appiam a porta Capena usque ad urbem Capuam muniendam curavit ^Frontino, De aqueducti-
bus e. òj. Ne fu anche dato un cenno da Cicerone dicendo di Appio Claudio: ideo viam mu-
nivit. fOralio Pro M. Caelio. e. 14 e« De Senectute. e. Q.J E similmente ciò vedesi dichiarato
da Sesto Aurelio Vittore : Appius Claudius Caecus in censura libertinos quoque in sena-
lum legit Viam usque Brundisium lapidibus stravit; unde illa Appio dieta. Aquam
Anienem in Urbem induxit. Censuram solus omni quinquennio obtinuit. (De Viris Illustr. e. 34y'
In queir iscrizione, che esiste nel museo di Firenze, e che contiene un elogio dello stesso
Appio Claudio, si appropria a lui stesso la medesima opera: APPivs CLAVDivs m
CEssvBA VIAM APPLVsi STRAVIT fOrclK, luscript. N. ÒS9.J Da Diodoro poi giu-
stamente si riferiva che solo la massima parte della via Appia era stata lastricata da Ap-
pio Claudio ; poiché alcune parti di tale opera si conoscevano essersi eseguite nel seguito ;
[xs^x OS raùru r?,; à'f iav-cì» zJ.'/jSjjjvj; 'Arr-t'ag cosò zo tù.ìÌcj (xipo^ liBci; ariOcsT;
zxT-7roi)ff-y ixkò 'PcÓ/jI>jj p-iy^pi Kanv/i;, cvtcc zoO Siaff-Jj^aarc; a-xota-j nlBié'jcùv t yi-
Xf'cuv, zat To5y -órrwv tcO; p.h vn-pi/pvxxg dtxaxx'^xg, zov; 8i (pxpar/'^udii; 'h y.oikouz
xvxIyìij.'j.xgvj x^toXcyotg i^iiyasxg. (Diodoro. Lib. XX. e. 36.J Vedesi pure contestata tale
opera ad Appio Claudio da Procopio, dicendolo però console invece di censore, ed esegui-
ta novecento anni prima del tempo in cui egli la percorse : ~-r;j 'kznixj sósy àciìg vj
àptazspx, -fly "Atttijcj 6 'Pu;j.xiav vr.aro; ì'JVT/.caiot; èyixvzcìg npózzpo'j ìnoir,ui ts xaì
tn'irjMiio-i ET/sv. 'EffTÌ 5i h 'ATmia cShg ^ix-pSrj ni'jzz mopì vòZ,cùva' ìv. 'Pij/xvjg yap avrti
ig KxU'jYìv or/jXcj" tòpo- M £7T! T^; cQox) rau'-vj; cusv àfix^xg dva xX>:iìKaig ivxvzia:
rjvxt, y.xì inzvj x^toBixzo; t.x-ìz'stì \J.x\i.r:zx. (Procopio, Guerra gotica. Lib. I. e. lA.J Lo
stesso si rinvenne anche registrato nella cronaca di Eusebio, però in corrispondenza del-
NOTIZIE PRELIMINARI. 13
Però ciò che non è tuttora ben stato dichiarato, relativamente allo sta-
bihmento della prima parte di tale via, presa ora a considerare, è che
essa non dovette ancora essere nel detto primo suo stabilimento lastri-
cata e nemmeno resa di quella ampiezza che ebbe nel seguito; poiché
da Livio si dice solo nell'anno 456 essersi fatto il suolo con pietre squa-
drate della semita, cioè piccola via, che dalla porta Capena metteva al
tempio di Marte, ciò che costituiva il principio della via Appia; e quin-
di essersi nell'anno 459 lastricata con selci la stessa via che dal medesi-
mo tempio di Marte giungeva sino a Boville (3). Ma poi è importante
l'osservare che, per essersi consumato il suolo dell'indicato primo tratto,
posto tra la porta Capena ed il tempio di Marte, essendo fatto eviden-
temente con la pietra albana squadrata, che è di qualità molto tenera , si
dovette esso nell'anno 563 rifare con selci ed anche amphare; poiché da
Livio non si disse più semita , ma via (4). Così appropriando l'uso di for-
mare il suolo con ghiaia delle crepidini alle sole strade fuori di Roma, che in
città era fatto con pietre squadrate, si deve credere che nell'anno 578
Tanno 430 forse per errore dei trascrittori : Appius Claudius Caectis Romae clarus habetur,
qui aquam Claudiam induxit et viam Appiani stravit. Ann. R. CDXXX. Quindi in seguito
di tali autorevoli documenti si deve credere che, se per l'avanti esisteva una qualche
via nel luogo stesso occupato dall'Appia, come può dedursi da quanto è riferito da Li-
vio in corrispondenza dellanno 413 con queste parole dette a riguardo dei militi in-
sorti nella Campania che si avvicinarono a Roma: infesto agmine ad lapidem octavum
viae, quae mine Appia est, perveniunt (Lib. VII. e. 39j, doveva essere però tale via per
più gran parte semplicemente tracciata nel terreno e coperta con ghiaia ; giacché il
merito di averla impresa a lastricare con grandi selci si deve decisamente attribuire al
suddetto Appio Claudio.
(3) Eodem anno (456) Cn. et Q. Ogulnii aediles curules semitamqtie saxo
quadrato a Capena porta ad Martis straverunt. (Livio. Lib. X. e. 23 J — Eodem anno f459,) ab
aedilibus curulibus, qui eos ludos feceriml, damnatis aliquot pecuariis, via a Martis silice ad
Bovillas perstrata est. (Livio. Lib. X. e. il.J
(4) Censores Romae T. Quinctius Fìamininus et M. Claudius Marcellus senatiim perle-
gerunt Substructionem super Aequimaelium in Capitolio, et viam silice sternendam a
porta Capena ad Martis locaverunt. (Livio. Lib. XXXVIII. e. 28.^ Evidentemente nelPepoca
stessa, riducendosi da semita a via l'indieato primo tratto della via Appia, si dovette pure
spianare il clivo detto di Marte che faceva parte dello stesso principio, come può de-
dursi dalla ben nota iscrizione che indica una tale opera, la quale vedesi scritta con
ortografia vetusta e propria di quell'epoca : senatvs popvlvsqve romanvs clivom mar-
tis PECVNiA pvBLiCA IN PLAJJiTiAM REDEGENDVM cvRAViT. Siffatta circostanza meglio ver-
rà nel seguito dimostrata.
14 VU APPI A
fossero in tal modo coperti i suoli delle crepidini della via Appia, e
trattenute con margini sostruiti , come è eziandio dichiarato da Li-
vio (5). Diverse altre grandi opere furono nel seguito eseguite lungo la
medesima via, che saranno successivamente prese a descrivere : ma ciò
che merita speciale considerazione, perchè rendeva grandemente ammira-
bile la stessa via, era la quantità immensa dei sepolcri che furono edifi-
cati nei suoi lati per seguire il lodevole uso accennato da Varrone, cioè
di servire ad un tempo di ammonizione ai passaggieri, e di ricordo es-
sere essi mortali, come quei sepolti (6). Quindi è che questi stessi monu-
menti somministreranno principale argomento alla enunciata esposizione.
Però dell'indicata sì vantata magnificenza della stessa parte dell'an-
tica via Appia ora sussistono solo poche reliquie, le quali vedonsi inol-
tre grandemente spogliate dei più nobili loro ornamenti. Quel suo suo-
lo, che aveva fatto ancora nel quinto secolo l'ammirazione di Procopio
dicendolo composto con pietre levigate e piane con angoli perfettamente
congiunti che, nonostante l'atrito in lungo tempo prodotto dai molti carri
e dagli animali diversi che vi transitarono, non eravi avvenuto alcun
danno, quasi per intero si trova ora mancare; e ciò non già per difetto
di governative disposizioni , ma per particolari speculazioni (T). E si-
fa) Censores eo anno (578) creati Q. Fulvius Flaccus et A. Postumius Aìbinus legerunl
senatum Censores vias sternendas silice in Urbe, glarea extra Vrbem substernendas
marginandasque primi omnium locaverunt, pontesque multis locis faciendos. (Livio. Lib. XLI.
e. 21.J la seguito dei citati autorevoli documenti sul susseguente uso di lastricare con
selci le vie poste fuori di Roma, si deve limitare T anzidetto metodo di formare con
ghiaia i suoli alle sole crepidini , che in città si solevano formare con pietre, come
quello delle vie. Siffatta circostanza trovasi particolarmente dichiarata da Plutarco nel
descrivere le grandi opere imprese a farsi da Cajo Gracco lungo le vie romane in ge-
nerale ; poiché osservava essere state quelle vie per una parte lastricate con pietre po-
lite, e l'altra stretta da doppia crepidine con ghiaia: Eùxificu yài r/p'j-:o S'.y. rSv yu/ta-j
à-piiJLit?. xaì zè ij.èv ìa-ip'jvzo -i-px '^laz-Pj, ts 5' x[x^.ov y^ì^/jsii av'Jiiay.z^'i q s'ttuxvsDts.
(Plutarco, in C. Gracco, e. 1.)
(6) Ab eodem monere, quod is qui monet, proinde sit ac memoria. Sic monimenta quae
in sepulcris ; et ideo secundum viam, quo praelereuntis admoneant et se fuisse et illos esse mor-
talis. Ab eo celerà quae scripta ac facta memoria causa, monimenta dieta. (Varrrone, De Ling.
Lat. Lib. VL e. 45.;
(7) Procopio, dopo di avere esposto quanto si è riferito nella precedente nota
sull'epoca dello stabilimento della via Appia, ne dimostrava successivamente la sua sta-
bilità e conservazione nel seguente modo: Tsy -pp lì^ov xktj'.x, iiv^iziv zt ovzx Y.xì fjfjii
(jylrjpiv, iy. X^px; càlri; p.x/.px'J sÌjto; t£,u.O)v"A~~!jc h^rxvox hó[X'.'7-. zxvz-o; yxp ò/j tv;;
NOTIZIE PRELIMIxNARI. 15
milmente lo stesso è accaduto del più gran numero dei monumenti se-
polcrali che erano stati costrutti dagli antichi romani nei suoi lati. Quelle
poche colonne migharie, che avevano superato le devastazioni del medio
evo, e quelle iscrizioni, che servivano a denotare alcune particolarità dei
luoghi in cui furono rinvenute, vennero anche tolte senza conservare
precisa notizia del luogo in cui si scuoprirono. Nei grandi ritrovamenti,
fatti nel precedente secolo con animo di proteggere gli studj delle antichità,
ne fu tanto trascurata la conservazione, di modo tale che ora inutilmente
si ricercano. Quindi non si possono mai abbastanza lodare le cure che
prese il Governo pontificio in questi ultimi tempi per non solamente re-
stituire al pubblico l'antica via, ma eziandio per sruoprire le reliquie su-
perstiti dei monumenti sepolcrali che l'adornavano, e procurarne nel tem-
po stesso la loro conservazione nel modo che meglio potessero servire
alla storia ed allo studio sulle arti degli antichi.
Prima di passare a parzialmente descrivere la enunciata parte della
via Appia reputo ancora necessario di esporre alcune nozioni che concer-
nono la stessa via in generale , benché eziandio sieno esse pure ben cognite,
e riferite in tutte quelle descrizioni che si hanno sulle comuni vie degli
antichi romani: però quanto si prende ad esporre si limita non solo alla
via Appia, ma eziandio alla sua prima parte a cui unicamente è rivolta que-
sta esposizione. Quindi non ci tratterremo a considerare né quanto si de-
duce da Dionisio e da Strabone sull'avere nella costruzione delle vie i ro-
mani superato i greci e gli altri popoli dell'antichità, né le pratiche che
essi tenevano nella costruzione delle stesse grandi opere e la cura grande
che avevano per la loro conservazione e custodia, che si deducono da
molte importanti notizie esposte dagli antichi scrittori, e né a quanto si
estendevano le principali vie che uscivano da Roma, neppure come la
stessa via Appia dall' indicato termine prefisso a questa esposizione si pro-
traesse sino a Capua ed a Brindisi e come da essa si diramassero altre
lunghe vie: ma unicamente ci terremo ad indicare che, dopo i grandi la-
yìj; où3aju,yj néfVY.£. hiou: 8k toiÌs Xiàov; y.at ip-ukoùg ipyatJUfXBVog, iy^uviovg Ss r/j
bjTO(j.yi 7imoiYip.ivo;, kg «XXvjXsuj ^uvÉSvjffev, outs /«Xxsv èvtÒ; cute -£ aXXs èiJ.f:iBfi'kri[j.s-
-joz. CI §£ aXXvjXc;; c-j'tco te àatpa'Xag ^uvSc'osvTat v.oà iJ.iixiiY.aocj, w7Tc ó't( 8/3 cux tia'tv
vip 1X0(7 [j.i\iot, «XV iixr.KpVY.CiGtv (zXX-^Xcj:, oc^tj roi; cpàoi nocpt/vj-ii- y.uì y^p<i)jzv rot^EVTog
avyyau òr, svrco; àix(x%M; ts TiolloTt: /.où ^cóot; anaut dixiìxzoì ycvófxivot ic -^[x-tpav ìy.u-
(7T»jy orni Tvj; àp[J.ovia: nccjróazx'ji àixY.éy.pt'jzm ciirs rivi aÙTÓÒv Btuai3c(pr,vat ■/; [xncvt 7£V£-
c3«t '^uvinìGiv, où [x-/ì'j ou3È r^; à[xapuyYi; ri c-olic/liiBctt. za [jÀv Sri t»;; 'Anncc'tac sSsù
zitoòza 'zGZt. f Procopio, Della guerra gotica. Lih. I. e. ìi.J
16 VIA APPIA
vori fatti per il suo stabilimento e quegli aggiunti da Cajo Gracco pre-
cipuamente per togliere gli avvallamenti e determinare le distanze con le
colonne migliane, secondo Plutarco, e dal tribuno Curione, secondo Appia-
no, e dopo il parziale lavoro fatto per portare in piano il clivo del tem-
pio di Marte, come venne indicato nella iscrizione rinvenuta vicino al
primo miglio, si conosce da Plutarco che Giulio Cesare nel tempo che
era curatore della via Appia vi aveva fatto eseguire molti lavori a pro-
prie spese (8). Lo stesso si dovette portare ad effetto nei grandi ristabi-
limenti procurati da Augusto e dai suoi amici lungo le vie in generale,
come vedesi da Svetonio e da Dione accennato, quantunque non si fac-
cia particolare menzionR della via Appia, la quale però sembra essere
stata risarcita da Messala Corvino imitamente a quella che metteva al
Tusculo, come può dedursi da un cenno dato da Tibullo (9). Tra le me-
morie, che ci sono state conservate nei marmi scritti e che si possono
con piti sicurezza appropriare all'indicata prima parte della via Appia, si
rende importante il dare un cenno di quanto si deduce dalle iscrizioni esi-
stenti sulle colonne del primo e del settimo miglio della stessa via ; per-
chè in esse leggonsi le indicazioni di Vespasiano nel settimo suo consolato
e di Nerva nel terzo consolato, come in particolare meglio sarà dimo-
strato nel descrivere le stesse colonne migliarle; perchè è da credere
che sotto i medesimi principi si sieno non solamente rinnovate le stes-
se colonne, ma eziandio fatti diversi lavori lungo la via, come eziandio
viene contestato da varie simili lapidi che si sono rinvenute lungo la via
medesima che traversa l'agro Pontino. In simil modo da quanto fu trovato
scritto in una colonna del quarto miglio della stessa via Appia si deve
(8) 'Enei òi ramo {liv, cSsù fÀ; 'Annia; à-o^sty5cig knsiJ.ù.-rìr-^:, nd[JLno).'ka /ps-
ixxrx 7i05ffxvij).w7c Twv ÈKUTsù fPlularco, in Giulio Cesare, e. b.J Quanto si riferisce alle
grandi opere fatte eseguire da Cajo Gracco in generale sulle vie che uscivano da Roma,
senza però precisare TAppia, venne descritto nel cap. 7 della vita del medesimo tribuno.
Ciò poi che si riferisce alle opere eziandio fatte in generale lungo le vie dal tribuno Cu-
rione, si descrive da Appiano nel Libro II delle Guerre Civili; e da Cicerone nella let-
tera sesta del Libro Vili delle sue Epistole si ricorda la legge Viaria da lui promossa.
(9) Le indicazioni sulle opere fatte eseguire da Augusto e dai suoi amici lungo le
vie consolari sono riferite da Svetonio nella vita dello stesso Augusto, cap. 30 e 37, e da
Dione, Lib. XLIX. cap. 43. E quindi da Tibullo, Lib. L Eleg. VII, si fa menzione delle ope-
re fatte eseguire da Messala Corvino. Da quanto poi si trova accennato da Orazio sulla
stessa via Appia non può nulla dedursi su questa prima parte della via , giacche la
sua descrizione comincia daH.Vricia (Salire. Lib. I. V.J
NOTIZIE PRELIMINARI. 17
credere che pure alcuni lavori sieno stati fatti da Massenzio (10). Di-
verse memorie poi si rinvengono nelle antiche lapidi, che sono relative
ad alcuni impiegati della medesima via Appia, senza però determinarne
la precisa loro corrispondenza, come in particolare merita di far menzione
di quella di Giulio Aspro che ebbe, tra varie onorificenze, l'impiego di
curatore della via Appia; perchè si dice rinvenuta nelle adiacenze della
parte di essa presa a descrivere (il). Parimenti alle stesse adiacenze si
appropriò una iscrizione di un certo Cn. Cornelio Museo raancipe, cioè
appaltatore della medesima via (12). E così pure di, un tabellario o ar-
chivista della stessa via denominato M. Ulpio Eutichio, si ha pure me-
moria in altra iscrizione rinvenuta nella parte della via Appia corrispon-
dente in vicinanza da Roma (13). Come ancora merita considerazione la
memoria di un certo L. Stazio Onesimo che ebbe alcun negozio sui lavori
della stessa via (li). Altre notizie si hanno dalle iscrizioni antiche sulle per-
(10) Per le lapidi della prima colonna migliaria si veda la dissertazione del Revillas sul
Migliano Aureo inserita nella Parte II del Tom. I degli atti dell'Accademia di Cortona; e
per le lapidi delle colonne migliarie della via Appia nell'agro Pontino si veda Nicolai : Le
Bonificazioni delle terre Pontine. Cap. XIX. Quindi per la iscrizione della colonna del mi-
glio quarto della stessa via, posta da Massenzio, si veda il Marini : Atti e monumenti degli
Arvali. Tom. I. Pag. LXXXVI.
(11) G. IVLIO . ASPRO I COS | PRAETORI . CVRATORI f VIAE . APPIAE . SODALI .
AVGVSTALI I TRIB. PLEB. QVAESTORI | PROVINC. AFRICAE . CVRAT | AEDH'M . SACRARVM |
PRo^^^'CIA . britanma [ patrono. Il Marini in piìi ampio modo e con più esattezza prese
a considerare tale iscrizione unitamente ad altre simili nel Tom. II. Pag. 780 - 785 del-
l'opera sua sugli Atti e monumenti degli Arvali, e si assicura rinvenuta ai piedi dei colli
Tusculani. Di un certo G. Giulio Severo, che con altri diversi impieghi ebbe pure quello
di curatore della via Appia, si trova fatta menzione in un' iscrizione greca riferita dal Mu-
ratori alla Pag. CCCXXXII. N. 1. Anche di minore probabilità sulla pertinenza alla pri-
ma parte della via Appia è quella iscrizione di P. Claudio Sulpiciano che si dice curatore
della stessa via, la quale fu pubblicata dal Donati. Tom. II. Pag. 250. N. 5.
(12) D. M. S I CN. CORNELIO | CN. F. SAB | MVSAEO | MANCIPI . VIAE . APPIAE |
HERENTviA . PRISCILLA | coNiVGi | BENEMERENTI | FECiT. fPanvinio, Urbs Roma. Pag. 121.
Grutero, Pag. DCXXII. N. 2.J
(13) D. M 1 M. VLPI. AVG. LIB | EVTYCUI TABVL. VIAE APPIAE J VIX. ANN. XXXX |
FLAVIA I DAPHNE ] CONIVGI . B. M. FECiT. (Fabretli, Inscrtpt. Pag. 717. N. 390; Nicolai,
Basilica di S. Paolo. Pag. lì.)
(14) IN . HOC . T\'MVL0 . lACET . CORPVS . EXANIMIS [ CVIVS . SPIRITVS . INTER .
DEOS . RECEPTVS . EST ] SIC . ENIM . MERVIT . L. STATFVS . ONESIMVS | VIAE . APPIAE ,
MVLTOR . ANNOR . NEGOTiANS (Boldetti, in Caemit. Gali.)
3
18 VIA APPIA
sone che ebbero alcuna parte alla direzione dei lavori ed alla conservazione
della via Appia, ma sono esse di minore importanza ed anche di più incerta
appropriazione a quella parte della via a cui esse si riferivano; quindi non si
crede opportuno di farne menzione onde contenersi quanto più si può nei
limiti prescritti.
Tra le altre singolarità, che meritano di essere ricordate su quanto con-
cerne la stessa prima parte della via Appia avanti di passare alla sua par-
ziale decorazione, si deve prendere in considerazione primieramente la cir-
costanza di non essere il suolo della via discoperto certamente né quello che
venne stabilito nell'anno 4-5fi dagli edili curuli tra la porta Capena ed il
tempio di Marte con pietre quadrate e poscia rinnovalo con selci nell'anno
563, né quello protratto da detta porta sino a Boville nell'anno 459 impie-
gando i soliti massi di selci di forma poligona, come già si è osservato coll'au-
torità di Livio, e né anche appartenere ad alcuna rinnovazione fatta nel
tempo dell'impero romano (15): ma bensì solamente a ristauri fatti dopo la
caduta dello stesso impero soprapponendo massi informi di varia specie sul
suolo antico; percui n'é derivato un ragguardevole rialzamento e forse anche
alcun spostamento nelle crepidini che determinavano la larghezza della via.
E ciò si dovette eseguire anche dopo il sesto secolo, in cui fu veduta la stes-
sa via da Procopio; poiché nella surriferita sua descrizione si dimostra esser-
si conservato ancora intatto il vetusto suolo. Laonde da quanto rimane non
può riconoscersi il vero metodo tenuto nel comporre il suolo nei suddetti
grandi massi poligoni di selci, e né con le pietre squadrate; però sì dall'uno
che dall'altro metodo se ne hanno altrove diversi esenipj più conservati.
Pertanto sulla larghezza della via si rende importante l'osservare che per
legge delle dodici tavole stabiHte sino dall'anno 301, cioè circa 140 anni prima
della formazione della via Appia, venne essa determinata a otto piedi, allor-
ché erano le vie praticate in linea retta , e nei luoghi tortuosi sedici : ma per
convenzione posteriore si solevano stabiUre le vie alcun poco più larghe di
otto piedi ed anche più anguste purché avessero tanta larghezza da lasciare
passare un carro, come si dichiara nelle Pandette (16). Nelle parti più con-
(15) Per quanto concerne i suddetti primi lastrici, fatti nella via Appia, si vedano
le note 3 e 4, ove sono riferiti i corrispondenti passi di Livio; e come pure nella nota 4
è esposto quanto si riferisce al rinnovamento del suolo dell'indicata prima parte della via.
(16) Viae lalitudo ex lege XII Tabularum, in porrectum odo pcdes habet, in amfraclum,
id est ubi flexiim est , sedecim. Via constitui vel lalior odo pcdiòus vel angustiar potest ; ut
tamen eam latiludinem habeat qua vehiculum ire potest. fPand. Lib. Vili. Tit. Iti.)
NOTIZIE PRELIMINARI. 19
servate della via discoperta si è trovata ragguagliatamente tra un margine e
l'altro delle crepidini la larghezza di metri 4: 150, cioè piedi romani 14; percui,
essendo questa via per intero disposta in linea retta, si deve riconoscere es-
sersi praticata la maggiore dimensione prescritta , giacché si avvicina ai sedici
piedi determinati per le vie tortuose; e così potevano comodamente tran-
sitare due carri allorché vi s'incontravano, come venne osservato da Procopio
nella già esposta sua descrizione. Le crepidini, che si trovano poste nei lati,
tra la via lastricata ed i monumenti sepolcrali, si sono conosciute dilatarsi
irregolarmente, ma mai meno di cinque piedi; percui la totale larghezza
della via può considerarsi essere stata di ventiquattro piedi. Il suolo delle
stesse crepidini, che vedesi tuttora in diversi luoghi contenuto dai margini
composti di pietre comuni , può credersi essere stato formato più comune-
mente con semplici strati di ghiaia, come si trova prescritto in molte memorie
antiche, e precipuamente in quella memoria di Livio già citata sui lavori
appaltati dai censori nell'anno 578 , e da quanto venne esposto da Plutar-
co (17): ma in alcuni luoghi corrispondenti avanti ai più nobih sepolcri
sembrano essere stati interamente coperti con pietre squadrate, aventi sem-
pre a regolari distanze le pietre più elevate che si denominavano gonfi.
Sulla più esatta misura dell'antico miglio romano , in vista dei risulta-
menti ottenuti da documenti non ancora stati presi a considerare, se ne
tiene un particolare discorso nella prima Appendice aggiunta alla stessa de-
scrizione. E sulla più precisa collocazione delle colonne migliane che a nor-
ma di quanto venne primieramente stabilito da C. Gracco, secondo Plutarco,
dovevano essere poste lungo la parte della via Appia presa a descrivere, se
ne tiene ragionamento in principio di ogni partimento della enunciata espo-
sizione ; la quale viene suddivisa precisamente sugli spazj compresi tra le
stesse lapidi migliarle, che si distinsero col titolo tra l'uno e l'altro miglio
per denotare propriamente gì' indicati limiti, che pure migliari si dicevano da-
gH antichi. Quindi ci resterà solo a dare alcun cenno sulle notizie che si han-
no negli antichi itinerari sulla medesima prima parte della via Appia. Nell'iti-
nerario, detto di Antonino, si trova solamente determinata per prima stazione
1 Aricia a miglia XVI distante da Roma ; e questa misura si trova infatti
con esattezza corrispondere tra il luogo, in cui stava collocata la porta Ca-
pena e quello della parte dell'antica Aricia, che stava nella valle ove passa-
va la via Appia. Ma questa stessa prima stazione si trova fuori del limite
(17) Si veda la nota 5 ove sono riferite le memorie relative alle suddette opere. E
per la descrizione di Procopio si veda la nota 7.
20 VIA APPIA
prescritto alla parte della via prgfea a descrivere j perchè in essa si giunge solo
a Boville. Nella carta Peunlingeriana si trova bensì determinata per prima
stazione questa vetusta città del Lazio con il titolo Bohellas e con la rappre-
sentanza di una grande fabbrica: ma poi si assegna tra la distanza da Roma
a tale città miglia X e miglia III da essa all'Ancia ; laonde per giungere alle
miglia XYI, prescritte con esattezza nell'itinerario di Antonino, mancano tre
miglia. Questa mancanza si deve attribuire ad alcuni dei tanti errori che
si trovano sussistere nella stessa Carta ; percui ci porta a credere essersi in-
vece dei suddetti numeri posto il XI per la distanza da Roma a Boville,
come verrà dimostrato nell'ultimo partimento di questa esposizione sussi-
stere in fatto, ed il V per la distanza da Boville all'Aricia. In quell'itinera-
rio poi denominato comunemente Gerosolimitano, che si crede essere stato
stabilito nei tempi posteriori, si trova aggiunta una prima stazione, o muta-
zione di cavalli, a miglia IX da Roma, che fu distinta perciò col titolo ad
Nonum ; e quindi miglia VII tra essa e l'Aricia , ciò che con esattezza corri-
sponde a quanto si trova registrato nel suddetto più antico itinerario. Queste
particolarità vengono meglio dimostrate nella successiva esposizione in corri-
spondenza dei luoghi a cui esse sono relative.
Ma prima di passare ad esporre partitamente la enunciata descrizione,
per far conoscere ad un tempo quali sieno state le notizie che hanno servito
alla medesima esposizione, e la importanza dell'argomento preso ad illu-
strare , credesi opportuno di dare un cenno di tutte le principali pubblica-
zioni che si sono fatte sin'ora sulla illustrazione della medesima prima parte
della via Appia che si prende a descrivere. Ed in tale indicazione non si
giudica necessario di comprendere quelle moltissime e grandissime opere
che, essendo particolarmente dirette ad illustrare le antichità di Roma si
stendono a considerare i monumenti che trovansi nel principio della stessa
via, che venne compresa nella cinta delle mura Aureliane posteriormente
stabilita ; perchè esse ebbero altro scopo di quello che è proprio di questa
(isposizione. E solamente possono meritare qualche considerazione tra le piti
antiche descrizioni quelle ben cognite del Marliani e del Nardini partico-
larmente ; perchè si estendono alquanto più sui monumenti che si trovano
essere posti anche fuori della indicata seconda cinta e che venivano ad es-
sere collocati lungo il principio della via Appia al di là della porta ora detta
di S. Sebastiano.
Dopo le poche memorie, che ci vennero conservate sullo stato in cui si
trovava la stessa prima parte della via Appia verso il principio del secolo
deciraoquinto , in particolare dal Poggio Fiorentino limitate però al sepolcro
NOTIZIE PRELIMINARI. 21
di Cecilia Metella (18). E successivamente dall'Alberti nella parte della sua
descrizione suU" Italia che concerne la campagna romana , da Pomponio Leto
nei brevi suoi cenni sulla stessa classe di monumenti , e dall'Alessandro nella
sua varietà di notizie raccolte sulle antichità romane, e come ancora dal
Lipsie nella sua opera sulla grandezza dell'impero romano (19). E dopo
quanto venne da Raffaele di Urbino nella sua insigne lettera scritta per im-
pedire la distruzione dei monumenti antichi, tra i quali si comprendevano
quei della via Appia, che fu diretta al pontefice Leone X, e che si attribuiva
a Baldassar Castiglione, per procurarne la loro conservazione, come ne eb-
be egli autorevolmente la cura dal medesimo pontefice con breve del 27
agosto dell'anno 1516 (20). Eziandio dopo le grandi raccolte delle iscri-
(18) Juxta viam Appiam ad secundum lapidein integrimi vidi scpulcrum Q. Caeciliae
Metellae, opus egregium , et id ipsitm tot saecuìis intaclum , ad calcem postea majore ex parte
exterminatum. Ann. 1440. {Poggio Fiorentino, De Variet.Forl. Rom. SoUengrc. Tom. I.p. òOl.ì
Da queUepoca sino in prossimità dei tempi nostri si è continuato sempre a distruggere quan-
to di più conservato rimaneva della stessa via Appia. Di ciò ne oCfrono autorevole docu-
mento tutte le memorie che ci furono tramandate tanto dagli scrittori che presero ad illu-
strare i monumenti antichi neirepoca del risorgimento delle arti, quanto dai successivi
descrittori dei medesimi monumenti; poiché da tutti fu contestata la stessa distruzione.
(19) Alessandro da Alessandro: Genialium Dicntm. Lih. III. e. 2. — Alberti Leandro:
Descrizione di tutta l'Italia. Bologna 1550. E importante l'osservare quanto venne scritto
sulla via Appia dal medesimo Alberti dopo di averne a carte 109 indicata la sua princi-
pale direzione, e dopo di avere a carte 126 descritto alcuni ritrovamenti fattivi e preci-
puamente quello in allora tanto rinomato del corpo di Tulliola, riferiva lo stato in cui si
trovava la via stessa al suo tempo: Oltre alle sepolture che da ogni lato di questa via Appio
si veggiono etiandio appareno assai vestiggi di soperbi edifici, siccome fondamenti, mura mezze
rovinate, colonne grandissime spezzate, con capitelli, basi, pedestalli, cornici, architravi, avelli,
mensole, poste di grandi porte, con altre simili cose, che invero sono tante che parerà cosa quasi
incredibile, a quelli che non l'avranno veduti. Certamente sono cose da fare contristare quelli
che li veggiono, considerando la gran rovina di tanti nobilissimi edifìci. Ritornardo alla nostra
descritione. Partendosi adunque da Roma e camminando per essa via Appia sedici miglia fra
queste rovine, si giunge ad Albano, f Alberti, Descrizione dell Italia. Carte Ì2Q.) Altre notizie
si hanno del Lipsio: Della Grandezza di Roma. Lib. III. e. 10.
(20) Tra le lettere di Raffaele di Urbino, che ci sono stale conservate, merita con-
siderazione quella diretta al pontefice Leone X per la tutela dei monumenti antichi con-
cessa alla sua sopraintendenza e per impedirne la ulteriore loro distruzione; e perciò non si
saprebbe mai abbastanza raccomandarla alla universale considerazione. Essa fu appropria-
ta a Baldassar Castiglione sinché non venne rivendicata al Sanzio dall'abate Daniele
Francesconi. {Congettura che una lettera, creduta di Baldassar Castiglioni, sia di Raffaello da
Urbino. Firenze, Brazzini 1799.J
22 VIA APPIA
zioiii antiche, alle quali ne fornirono immenso numero i ritrovamenti fatti
lungo la via Appia, come è dichiaralo in particolare dal Mazzocchi, che le
espose in fine del suo libro distinguendole con un titolo particolare, dal
Pighio e dal Reinesio, ed anche dal Grutero, che nella sua grande raccolta si
trova spesso registrato per luogo del ritrovamento la via Appia ; e benché
questo vago titolo non presenti alcuna certa determinazione di luogo, pure
servono le stesse memorie a contestare la moltitudine grande dei monumenti
che esistevano lungo tale via, escludendo anche quelle notizie, non sempre
sicure, che sono provenienti dal Ligorio. Lo stesso si contesta dal Muratori, dal
Doni, dal Donati, dal Guasco e dall'Orelli, e da tutti coloro che si occuparono
di raccogUere le antiche iscrizioni in generale; tra i quali merita speciale con-
siderazione il Fabretti, perchè conservò più precisa memoria di quelle
rinvenute nelle adiacenze di Roma , e quindi aggiunse diverse altre notizie
sulla via Appia nelle altre sue pubblicazioni (21). Come ancora dopo le
memorie dei ritrovamenti fatti lungo la stessa via, che ci furono tramandate
da Flaminio Vacca , e da Santi Bartoli in particolare , il quale aggiunse di-
verse effigie dei sepolcri, che più conservati esistevano al suo tempo, e de-
gli oggetti rinvenuti in essi (22). Inoltre dopo quanto venne compreso
nelle descrizioni generali, che si hanno dal Cluverio con l'aggiunta delle
dotte osservazioni fatte dalfOlstenio, e quindi in quelle parziah del Kir-
cher, del Corradiuo e Volpi e dell' Eschinardi (23), devesi primieramente
prendere in considerazione il Bergier, che, scrivendo un ampio commento
sulle vie degli antichi in generale, espose pure diverse notizie sulla via Ap-
pia (24-). Quindi il Pratilli, che illustrando ampiamente la via stessa in tutta
(21) Fabretti Raffaele: Inscriptionum antiquarum. — De Aquis et Aquaeduclibus Ve-
teris Romae. Roma 1680 e 1702.
(22) Flaminio Vacca: Memorie di ritrovamenti fatti dall'anno 1594. Sono relative alla
via Appia quelle indicate con i N. 66, 81 , 82, e 83. — Santi Bartoli: Memorie di varie
escavazioni fatte in Roma e nei luoghi suburhani sino dall'anno 1720, tra le quali sono re-
lative alla via Appia quelle distinte con i N. 4, 15, 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 88.
Dallo stesso Santi Bartoli si hanno altre memorie nelle seguenti sue opere: Le antiche lu-
cerne sepolcrali, con illustrazioni del Bellori. Roma 1681. Gli antichi sepolcri. Roma 1704.
(23) Cluverio: Italiae Antiquae. Tom. II. Lib. IIL Pag. 910 - 920. — Olstenio Luca
nei commentarli fatti allo stesso Libro III del Cluverio. — Kircbcr Atanasio: Latium ve-
tus. Pari. I. e. 1. — Corradino Pietro Marcellino: Vetus Latium. Tom. IL Lib. 11. e. XX.
— Eschinardi Francesco : Descrizione di Roma e dell'Agro Romano. Via Appia.
(24) Bergier Nicola: De viis imperiis romani. Sect. XXVI. Nel Tesoro delle antichi-
tà romane di Grevio Tom. XI, con i commenti di Bos Giovanni Battista. Ed anche fu
NOTIZIE PRELIMINARI. 23
la sua estensione da Roma a Brindisi , descrisse pure in ampio modo la
indicata prima parte (25). L'Olstenio anzidetto, il Clarini, e più accurata-
mente il Revillas. che si fecero a dimostrare con i più autorevoli documenti,
come la numerazione delle miglia della via stessa cominciasse dall'antica
porta Capena e non dal Migliarlo aureo che stava nel foro romano da piedi
al Campidoglio, ed anche contestare il luogo in cui fu rinvenuta la prima
colonna migliarla a 512 palmi fuori dell'attuale porta di s. Sebastiano (26).
Importanti ed erudite esposizioni si ebbero poscia dal Gori, dal Bianchini e dal
Marangoni sui ritrovamenti fatti nei primi anni del secolo decimottavo dei
sepolcri dei liberti e servi della casa di Augusto e di Livia (27). Siffatti
ritrovamenti furono ritratti con dihgenza dal Piranesi unitamente a tutto
ciò che venne scoperto al suo tempo lungo la via Appia ed in particolare
il sepolcro dei Scipioni, che fu dottamente illustrato da Ennio Quirino
"N'isconti (28). Alcune effigie dei sepolcri , che si scuoprirono entro le due
pubblicata in francese col titolo: Histoire des grands chemins de l'Empire Romain. Bruxel-
les 1728.
(25) Pratiili Francesco Maria: Della via Appia riconosciuta e descritta da Roma a
Brindisi. Napoli 1745. Le osservazioni critiche su tale opera, fatte da Erasmo Gesualdo
in un grande volume pubblicato in Napoli nell'anno 1754, e quelle dell'arcidiacono Ca-
gnazzi, Sui valori delle misure. Napoli 1825, sono relative quasi unicamente alla parte
della via Appia che si trova compresa nel regno di Napoli e non a quella parte ora im-
presa ad illustrare.
26) Olstenio Luca : De Milliario aureo. Nel tesoro delle antichità romane del Grevio,
Tom. IV. pag. 1805. — Marini Gaetano: Gli atti e monumenti dei Fratelli Arvali. Tom. I.
pag. 8 seg. Anno 1795. — Revillas Don Diego: Sopra la colonna dagli antichi chiamata
Milliarium aureum. Dissertazione inserita nel Tom. I. Parte II degli atti dell'Accademia di
Cortona, Roma 1742.
\2~) Gori Francesco: Monumenlum sive Columbarium libertorum et serrorum Liviae
Augustae, et Caesarum, Romae detectum in via Appia, an. 1726. — Bianchini Francesco: Ca-
mere ed iscrizioni sepolcrali dei liberti, servi ed ufficiali della casa di Augusto scoperte nella
via Appia. — Descriptio monumenti sive columbarii liberi, et serv. Liviae Aug. Nel Tom. Ili
del Supplemento del Poleni al Tesoro delle antichità romane di Grevio. — Ghezzi Pier
Leone: Camere sepolcrali dei liberti e liberte di Livia Augusta ed altri Cesari, come anche
altri sepolcri che idtimamente furono ritrovati fuori della porta Capena. — Dal Marangoni
furono pure esposte alcune notizie sulle stesse scoperte nella sua opera: Delle cose gentile-
sche trasportate ad uso delle chiese.
(28) Piranesi Gio. Battista: Tomi II e III delle Antichità romane. Tom. V, Monumenti
degli Scipioni con illustrazione di Ennio Quirino Visconti, e Tom. XI, Atitichitù di Albano.
Roma Ann. 1756-1794.
24 VIA APPIA
prime miglia della via Appia, furono esposte dal Labruzzi con qualche di-
ligenza (29). Con maggiore dottrina si presero ad illustrare in particolare
dal suddetto Ennio Quirino Visconti le celebri iscrizioni triopee, che ser-
virono a determinare la situazione del Triopio al terzo miglio della stessa
via (30). Ed il Fea faceva conoscere come in un codice della biblioteca
Farnesiana di Napoli, attribuito a Pirro Ligorio, esistesse il disegno della
villa di Erode Attico, in cui furono rinvenute le dette iscrizioni; e quindi
esponeva diverse altre notizie sui ritrovamenti fatti lungo la stessa via in
tutto il tempo ch'egli fu alla direzione dei monumenti antichi. Ed oltre al-
la riproduzione delle memorie già indicate di Flaminio Vacca e di Santi
Bartoli, raccogheva pure diverse importanti notizie sulle stesse scoperte
dalle pubblicazioni del Winckelmann e del Ficoroni (31). Cooperò lo stesso
(19) Labruzzi Carlo: Raccolta di vedute dei Sepolcri della via Appia; impresa a pub-
blicarsi sino da verso il fine del passato secolo, e poscia di nuovo riprodotta con pochissi-
me variazioni dal cav. Agostino Rem-picei col titolo: Monumenti e ruderi antichi che veg-
gonsi lungo i lati della due prime miglia della via Appia. Roma 1843.
(30) Visconti Ennio Quirino : Iscrizioni greche triopee. Vi sono prese in conside-
razione le testimonianze riferite sulle stesse iscrizioni dal Casaubono, dallo Scaligero, dal-
l'Eschelio, dal Salmasìo, dai Montfaucon, dal Fabrelti e dal Burigny. Roma 1794. Ed al-
cune altre notizie di ritrovamenti fatti lungo la via Appia sono state inserite nel Voi. II
della Miscellanea del Fea edito nell'anno 1836. Inoltre alcune memorie sugli scavi fatti
dall'anno 1789 al 1792 nel luogo denominato volgarmente Roma Vecchia presso la
via Appia, sono state inserite nel Tom. I delie Opere varie dello stesso Ennio Qui-
rino Visconti che furono pubblicate a Milano nell'anno 1827. Ed in tale Volume si è
riprodotta la descrizione del sepolcro dei Scipioni, già pubblicata nell'opera anzidetta
del Piranesi. Quindi in tutte le sue grandi descrizioni dei Museo Valicano si trovano
esposte illustrazioni delle opere di scoltura rinvenute nelle scoperte della via Appia.
(31) Fea Carlo: Miscellanea antiquaria. Tom. I. Roma 1790. In tale volume sono
comprese le notizie eslratte dalle opere del Winckelmann da lui illustrate, e da quelle del
Ficoroni, tra le quali si trovano essere relative alle scoperte della via Appia le memorie
distinte con i N. 19, 20, 21, 26, 31, 33, 34 e 40. Nelle Varietà di Notizie, pubblicate
nell'anno 1820, all'articolo XXI, sono descritti i ritrovamenti fatti in detto tempo tra il
secondo ed il terzo miglio nelle vigne Cassini ed Ammendoin. E quindi diverse altre no-
tizie furono esposte nelle sue Osservazioni sid ristabilimento della via Appia da Roma a
Brindisi, pubblicate nell'anno 1833. Meritano poi speciale considerazione le importanti
notizie esposte dal Ficoroni nella Parte II del suo libercolo intitolato : La Bolla doro dei
fanciulli nobili romani, pubblicato nell'anno 1732. Mentre tali memorie erano già state
esposte in Latino nell'opera dello stesso Ficoroni sulle Gemme antiche stampata nel-
l'anno 1756. Relativamente al Winckelmann poi è d'uopo indicare che nel Lib. XI. e. 1
NOTIZIE PRELIMINARI. 25
Fea alla pubblicazione dell'opera del Bianconi sui circhi ed in particolare
su quello detto di Caracalla che si trova esistere lungo la stessa prima
parte della via Appia (32). Il Nicolai nella sua ampia esposizione sui boni-
ficamenti dell'agro Pontino, che era traversato dalla continuazione della via
Appia, ed in diverse sue ricerche sui luoghi della Campagna romana, già
abitati dagli antichi, aggiunse eziandio altre notizie che furono poscia ac-
cresciute dall'abate Coppi (33). E così il Lucidi, descrivendo il territorio
dell'Ancia, per il quale pure transitava la stessa via, prese ad esporre
alcune sue particolari ricerche (3i). Similmente il Riccy, tanto descriven-
do l'Albano moderno, ed il pago Lemonio, quanto il sepolcro consolare in-
cavato nel monte Albano, ha eziandio preso a considerare diversi docu-
menti degh antichi monumenti (35). E così pure il Ratti, tanto nelle sue
memorie sui monumenti di Albano, quanto su quei di Genzano, ove da
vicino transitava eziandio la via Appia (36). II Chaupy dalle ricerche sulla
della sua Storia dell'Arte e nelle sue Lettere famigliari del 16 settembre 1766 e 16
settembre 1767, scritte da Roma e pubblicate nel Tom. X. pag. 259 e 384 della rac-
colta delle sue opere complete edite a Prato nell'anno 1833, si trovano esposte no-
tizie sulle Cariatidi rinvenute nell'anno 1766 in vicinanza del sepolcro di Cecilia Metella,
ove corrispondevano gli edifizj di Erode Attico, ai quali si credettero appartenere le
stesse figure. Quindi nel Tom. II. Parte IV. Cap. 16 dei suoi Monumenti inediti si tro-
va esposto un dipinto di paesaggio rinvenuto nella villa dei Quintilii, in allora creduta
essere un antico pago. Seconda Edizione Romana edita nell'anno 1821.
'32) Bianconi Gio. Lodovico : Descrizione dei circhi e particolarmente di quello di Ca-
racalla con note dell' Avv. Carlo Fea. Roma 1786.
(33) Nicolai Nicola Maria: Dei bonificamenti delle terre Pontine. Roma 1800, e. XVI.
— Luoghi della Campagna Romana abitali dagli antichi: — Pago Lemonio. — Casal Ro-
tondo. Tomo I, Parte I, degli atti dell'Accademia romana di Archeologia. Roma 1821.
Siffatte memorie furono poscia continuate dall'abate Coppi nella pubblicazione dei mede-
simi atti deli" Accademia, il quale aggiunse ultimamente una disertazione sulle tenute con-
finanti con la stessa via, della quale se ne desidera tuttora la pubblicazione.
(34) Lucidi Emanuele : Memorie storiche dell'antichissimo Municipio ora terra dell'A-
rida. Roma 1796.
(3.5) Riccy Giovanni Antonio: Memorie storiche dell'antichissima città di Albalonga e
dell Albano moderno. Roma 1787. — Dell'antico Pago Lemonio in oggi Roma vecchia. Roma
1802. — Mausoleo consolare incavato nel Monte Albano. Roma 1828.
(36) Ratti Nicola : Storia di Genzano e della villa di Pompeo nell'agro Albano. Pubbli-
cata nel Tom. I, Parte II, degli atti dell'Accademia romana di Archeologia. Alle opinio-
ni, esposte dal Ratti anzidetto, successero diverse pubblicazioni di contraria opinione, le
quali però non sono di ragguardevole importanza per la descrizione della via .\ppia.
l
26 VIA APPIA
villa di Orazio, si slese a considerare alcuna parie dell'anlica via Appia,
che pure fu descrilla dal medesimo poela nel suo viaggio a Brindisi (37).
Parlicolari memorie sulle scoperle, falle nel fine del secolo passalo, si Iro-
vano inserite nelle pubblicazioni dell'Amaduzzi (38); ed anche con piij par-
licolarità dal Gualtani, il quale descrisse lanlo i rilrovamenti fatti nella vi-
gna Moroui , ({uanto quei promossi per cura del Canova intorno al sepol-
cro dei Servilii (39). Tra i varii scrittori, che in tale epoca descrissero le
antichità di Roma, merita di essere ricordalo, oltre il Ficoroni già citalo per
altre memorie, il Venuti ; perchè si estese alquanto di più a considerare i mo-
numenti della via Appia (40). Alcune utili ricerche furono esposte dall'abate
T ggeri sui monumenti antichi che esistono da vicino alla via Appia nella
valle della Caffarella ed in Albano (41). Anche piìi importanti notizie venne-
ro pubblicate dal Nibbv lanlo nella sua dissertazione sulle vie degli antichi,
che uscivano dalle porte di Roma, quanto nel suo viaggio antiquario ad Al-
bano, e nelle descrizioni degli orti dei ServiUi, del sarcofago della vigna
Ammendola e del sepolcro volgarmente denominalo degli Orazii e Curiazii
in Albano, come anche sul circo detto di Caracalla da lui riconosciuto es-
sere di Romolo figlio di Massenzio (42). Sul quale circo pure ne scrisse il
(37) Chaup): Découverle de la maison de campagne d' Borace. Tomo II, pag. 75 e
Tom. ni, pag. 366 e seg.
(38) Amaduzzi Giovanni: Anecdota Litteraria. Tom. I, pag. 465, 468, 471 e 475;
Tom. II, pag. 477; Tom. Ili, pag. 466. — Ficoroni Francesco: Le Vestigie e rarità di Ro-
ma. Lib. I. e. XXIV. Roma 1754.
(39) Guattani Giuseppe Antonio: Monumenti antichi inedili. Tom. IV, Scavi della
vigna Moroni; Memorie enciclopediche. Tom. III, Sepolcro dei Servilii scoperto da Canova.
Roma anno 1787 e 1820.
(40) Venuti Ridolfino: Accurata e succinta descrizione topografica delle antichità di Roma.
Edizione terza con aggiunte di Stefano Piale. Roma 1824. Parte II. Gap. I. Via Appia.
(41) Uggeri Angelo: Tom. XV, Capo di Bove et Vallee des Camènes. Tom. XVI. Ve-
dute degli stessi monumenti. Albano e Castel Gandolfo. Roma 1804 e 1808. Lo stesso Uggeri
asseriva di avere eseguito i disegni del cosi detto circo di Caracalla, che furono inseriti
nella sopracitata opera del Bianconi, sulla descrizione degli antichi circhi.
(42) Nibby Antonio: Delle vie degli antichi. Dissertazione aggiunta in fine del To-
mo IV dell'edizione della Roma antica del Nardini da lui corredata di note. Roma 1820.
— Viaggio Antiquario nei contorni di Roma. e. XXVIII. Roma 1819. — Analisi storico-to-
pografìco-antiguario della carta dei contorni di Roma. Tom. III. pag. 522 e seg. Roma 1837.
— Del circo volgarmente detto di Caracalla. Roma 1825. — Del rinomato sepolcro volgar-
mente detto degli Orazii e Curiazii. Roma 1834. — Degli orti dei Servilii. Nel Tom. VI
degli atti della Pontificia accademia di Archeologia. Roma 1835. — Sopra il sarcofago
NOTIZIE PRELLMINARI. 27
Burgess (13); come eziandio il Blackie prese ad illustrare l' indicato sarcofago
rinvenuto negli scavi della vigna Annuendola (il). Su i medesimi scavi furo-
no esposte erudite notizie dal marchese Melchiorri e dal commendatore Vi-
sconti, il quale poscia aggiunse un carme sulla prima parte della via Appia;
quindi dall'Amati furono sugli stessi ritrovamenti esposte diverse erudite
notizie e particolarmente sulle iscrizioni dei Volunnii rinvenute nella stessa
localilà (i5). Egualmente importanti notizie si ebbero dal cav. Tambroni e
dal cav. Poletli sulle scoperte di Boville (46). Il Geli ed il Vestphal. nelle
scoperto nella vigna Ammendola. Tom. IX degli atti della Accademia medesima. Roma
1840. Non tralasciò lo stesso Nibby di esporre altre memorie sui particolari monumenti
della via Appia in diverse relazioni sui molti ritrovamenti accaduti lungo la stessa via al
tempo in cui egli viveva.
^i3 Burgess Richard: Description of the Circus on the via Appia; Opera tradotta in
italiano col titolo: Descrizione del circo sulla via Appia. Roma 1829.
(44) Blackie: Batailles des Romains avec les Marcomans, has-relief dun sarcophage
Irouvé dans la vigne Ammendola. Annali deirinstituto archeologico. Anno 1831.
(45) Melchiorri Giuseppe e Visconti Pietro Ercole: Silloge d'iscrizioni antiche ine-
dite dfdotte dai ritrovamenti della villa Ammendola dell'anno 1823. Nelle Effemeridi romane
del medesimo anno e continuate nei volumi successivamente pubblicati col titolo: Memo-
rie romane di antichità e belle arti dal 1824 al 1827. Ed anche furono riprodotte con
alcune osservazioni dell'Amati nel fascicolo di decembre dell'anno 1825 dal giornale Ar-
cadico. Quindi le osservazioni dello stesso Amati furono estese sulle iscrizioni appropriate
a Terenzio nel fascicolo di ottobre dell'anno 1826 ed in quello di settembre dell'anno 1828.
E poscia sulle iscrizioni dei Volunnii nel fascicolo di giugno dell'anno 1831. In partico-
lare dal Visconti fu successivamente pubblicata una descrizione poetica sulla prima parte
della via Appia col titolo : La via Appia dal sepolcro dei Scipioni al mausoleo di Metella, Car-
me. Roma 1832. Dal medesimo commissario delle antichità romane furono esposte altre
notizie sulle scoperte della vigna Ammendola ed in vicinanza del sepolcro dei Serpilli e
di Boville nel Tom. II degli atti dell'Accademia romana di Archeologia. E quindi egli
si prese cura di pubblicare nel giornale di Roma tutti i ritrovamenti che si sono di re-
cente fatti negli scavi che si eseguiscono dal Governo pontificio per lo scuoprimento della
via Appia. E dal Melchiorri poi si è descritto nel Tom. Il degli atti dell'Accademia ro-
mana di Archeologia un bassorilievo rappresentante una scena fanciullesca rinvenuto nella
vigna Ammendola.
(46) Tambroni Giuseppe e Poletti Luigi: Sugli edifizj di Boville. Dissertazione inse-
rita nel Tom. HI degli atti dell'Accademia romana di Archeologia pubblicato nell'anno
1829. Nel volume delle Effemeridi romane, pubblicato nell'anno 1823, vi furono di-
verse esposte memorie del De-Romanis sugli stessi ritrovamenti. Ed anche nel fascicolo
del mese di giugno dell'anno 1823 del giornale Arcadico si trovano inserite le stesse
descrizioni di Tambroni e Poletti.
28 VIA APPI 4
loro esposizioni sulla topografia dei d'intorni di Roma, rilerirono pure no-
tizie sulla via Appia , come eziandio alcune particolarità topografiche si
trovano indicate tanto del suburbano di Roma della direzione del Censo
quanto in quella del barone di Moltke (47). Anche piìi parlicolarizzate e più
studiate sono le esposizioni dell'Angelini e dell'avvocato Fea sulla stessa
via, ed in particolare su tutti gli edifìzj antichi che esistono tra Roma ed
Albano e sue adiacenze (48). Similmente di considerevole importanza sono
le vedute degli stessi monumenti antichi pubblicate dal professore Rossi-
ni (49). E di ragguardevole utilità si considerano le esposizioni dei mo-
numenti Amaranziani del marchese Biondi, rinvenuti nel tenimento di Tor
Marancio che si comprende nella regione presa a descrivere (50). Meritano
inoltre considerazione le pubblicazioni del marchese Campana sui colombari
scoperti per sua cura nelle adiacenze del sepolcro dei Scipioni; perchè da
tali scoperte si può dire che ebbe principio il lodevole divisamento che
prese il Governo pontificio, in seguito di particolari mie premure, onde
procurare la conservazione dei sepolcri degli antichi, che si vanno dissot-
terrando, con apposite opere di moderna struttura (51). Meritano eziandio
di essere ricordate le recenti illustrazioni fatte dal P. Garrucci su alcune
pitture rinvenute in un sepolcro della stessa via Appia, benché già da lun-
go tempo ed anche già descritte da varii dotti scrittori dei monumenti
,47' Geli William: The (opography of Rome andits vicinity. London 1834, Tom. I.
pag. 127 e segg. — Westphal: Carta topografica della Campagna di Roma, con una de-
scrizione della stessa topografia pubblicata nell'anno 1827, in cui all'Articolo 10 è fatta
menzione della via Appia. E similmente nelle Tavole della stessa Campagna romana pub-
blicate di seguito a Berlino relativamente allo stato antico e moderno nell'anno 1829.
Anche nella Carta topografica del Suburbano di Roma, pubblicata dalla direzione del Censo
nell'anno 1839, vi sono espresse alcune particolarità della stessa prima parte della via
Appia. E similmente nella Carta topografica di Roma e suoi contorni del Barone di Moltke
pubblicata in Berlino nell'anno 1852.
(48 Angelini Giovanni ed Antonio Fea : / Monumenti più insigni del Lazio distribuiti
in vie. Parte I, Via Appia. Roma 1828.
(49; Rossini Luigi: Viaggio pittoresco da Roma a Napoli. Volume unico. Roma 1839.
(50) Biondi Luigi: / Monumenti Amaranziani. Roma 1843.
(51) Campana Gio. Pietro: Di due sepolcri Romani del secolo di Augusto, scoperti tra
la via Latina e l' Appia in vicinanza del sepolcro dei Scipioni. Roma 1840. Queste stesse
esposizioni si comprendono nel Volume XI degli atti dell'Accademia romana di Archeo-
logia. Nei successivi Volumi si aggiungerà la descrizione di altro importante colombario
successivamente scoperto dal medesimo marchese Campana nella stessa vigna Codini.
NOTIZIE PRELIMINARI. 29
sacri ed in particolare dal Bottari; perchè servono a confermare esservi
stato un edifizio sacro al culto di Mitra nel principio della stessa via, come
può dedursi da altre memorie rinvenute nelle stesse adiacenze (52). A ser-
vire poi di prima illustrazione delle scoperte fatte nell'anno 1851 furono
esposte alcune memorie dal sig. Agostino Jacobini ; con alcuni eruditi com-
menti del conte Bartolommeo Borghesi sulle iscrizioni più importanti ritro-
vate nelle stesse prime scoperte che gentilmente mi aveva comunicate (53).
Sono poscia da apprezzarsi alcune dotte osservazioni fatte dal dottor Hen-
zen sulle principali iscrizioni rinvenute nelle medesime ultime scavazio-
ni (5-1). In fine giudico opportuno d'indicare che furono già da me stesso
(52) P. Raffaele Garrucci : Tre sepolcri con pitture ed iscrizioni appartenenti alle su-
perstizioni pagane del Bacco Sabazio e del Persidico Mitra. Napoli 1852. Sul quale argo-
mento sono promesse altre notizie dal cav. G. B. De Rossi. Pertanto si osserva che
in circa nelle adiacenze del luogo, in cui furono scoperte le enunciate opere, si rinvennero
diverse memorie spettanti al culto del Sole che si prendono a considerare nel terzo parti-
mento. Le memorie sacre poi, che esistono nelle adiacenze della chiesa di s. Sebastiano,
si trovano esposte precipuamente nella dissertazione del cimitero di s. Calisto nelle ben
note ed erudite opere del Bosio, Roma sotterranea, del Boldetti, Osservazioni sopra i
cimiteri dei santi Martiri ed antichi cristiani, dal Boltari, le catacombe, dal Raoul-Rochette
su eguale argomento, ed anche piìi accuratamente dal P. Marchi nella sua opera sui
Monumenti Cristiani primitivi, impresa a pubblicarsi da qualche anno e che è da desi-
derare che sia portata ad illustrare anche piìi ampiamente i monumenti sacri degli anti-
chi cimiteri cristiani esistenti nel principio della via Appia. come già fece dottamente
per alcuni altri. Nulla poi ancora si conosce della pubblicazione degli stessi monumenti
sacri impresa a farsi a Parigi dall'architetto Perret.
i53) Jacobini Agostino: Memorie dello scavo della via Appia fatto nell'anno 1851. Vi
sono aggiunti i commenti del conte Bartolommeo Borghesi sopra alcune delle iscrizioni
trovate nello stesso scavo. Il Cavedonì pure espose alcune illustrazioni sugli stessi monu-
menti scritti. Si devono aggiungere alcune notizie che furono pubblicate dal dottor Carlo
Pancaldi sulle recenti scoperte che furono inserite nei fogli 45 e 46 dell'anno XVIU del
giornale intitolato Album; il quale inoltre ba promesso di rendere a pubblica cognizione
una sua descrizione sulla stessa prima parte della via Appia intitolata: Sguardo generale
estetico-storico-artistico. Diverse notizie poi sulle recenti scoperte furono pubblicate in altri
fogli periodici, e tra i quali quello del Debats, che hanno ser\ito a sempre più farne cono-
scere la loro importanza, e sotto questo aspetto si desiderano che sieno vieppiù estese.
54; Henzen Guglielmo : Sulle iscrizioni principali rinvenute negli scavi della via Ap-
pia. Nel Voi. IX deiranno 1852 degli Annali dell' Instituto di Corrispondenza Archeo-
lica. Pag. 301. In fine delle indicate iscrizioni si riferisce quella della gente Pompeia
con il supplemento proposto dal Comm. P. E. Visconti.
30 VIA .APPLI
esposte notizie tanto sulle grandi sostruzioni della via Appia, che esistono nella
valle dell'Ancia , quanto sui principali monumenti antichi, di cui rimangono
ancora rehquie lungo la medesima via, ed in particolare sulla topografia ge-
nerale della stessa prima parte della via dimostrata con tavole dehneate
ed incise da Pietro Rosa (55).
Fu colla conoscenza delle enunciale pubblicazioni che si è impreso ad
esporre la descrizione dell'antica via Appia contenuta nei limiti surriferiti.
E nonostante che a sifTatto accurato studio sulle indicate esposizioni dei più
ragguardevoli dotti scrittori di tali particolari memorie antiche, si sieno ag-
giunte le conoscenze acquistate dalle scoperte maggiori che mai si sieno
fatte con tanta regolarità; pure sono ben persuaso che molte cose man-
cheranno a soddisfare quanto si richiedeva dall'importanza dell'argomento
considerandolo esteso in ogni specie di memorie. Però spero che lo scopo
principale, quale è quello di offrire una idea generale della parte della via
Appia ultimamente discoperta, verrà raggiunto; poiché nulla si è trascurato
per dimostrare non solamente lo stato in cui si rinvennero le reliquie dei
più cospicui monumenti lungo la stessa via , ma eziandio quello più pro-
babile della loro intera struttura quale dovevasi ammirare nei tempi anti-
chi. Con tuttociò non si è trascurato di prendere a considerare quanto più
si rendeva necessario di esporre per avere una compiuta conoscenza della
stessa parte più importante della via antica. Ed in particolare per corri-
(55) Canina Luigi : Sostruzioni della via Appia nella valle deli Arida, nel volume de-
gli Annali deirinstituto archeologico dellanno 1837. Quindi sulla costruzione della via
Appia in generale e sui principali monumenti ctie si trovano sussistere lungo la medesima
via e sul circo di Massenzio, ne vengono riferite ampie esposizioni tanto nella Sezione III
della grande opera suWArchilctlura antica: quanto nelle diverse classi, a cui appartengono
gli stessi monumenti, dell'altra grande opera recentemente pubblicata sugli Edifizj antichi
di Roma. Volumi HI e IV, Classe XIV. Quindi una particolare descrizione sulP importante
ristabilimento della prima parte della via Appia tra Roma e la prima stazione dell'Aricia,
col mezzo di notizie preliminari fu inserita nel Tom. Vili della seconda serie degli An-
nali di corrispodenza archeologica dell'anno 1851. Successivamente nel Tom. IX delTan-
no 1852 è stata inserita la prima sezione della descrizione della medesima parte della
via antica, compresa tra il miglio quarto ed il nono, con tre tavole topografiche della
stessa parte della via delineate ed incise da Pietro Rosa. Nel successivo Volume sarà
protratta la descrizione stessa, tanto verso Roma quanto verso Albano, per quanto sa-
ranno progredite le scavazioni, ed anche su quanto si è compreso nella prescrizione di
tale esposizione tra la porta Capena e la prima stazione corrispondente all'Ancia.
NOTIZIE PRELIMINARI. 31
spendere nel modo che migliore si potesse desiderare, per quanto concerne
la illustrazione delle principali iscrizioni antiche, mi sono mollo giovato de-
gli autorevoli consigli del sommo Borghesi inserendo le stesse sue lettere che
gentilmente mi scrisse. Credo quindi giusto d'indicare che nella parte della
rappresentanza in disegno dei diversi monumenti, che formano il principale
corredo di questa esposizione , mi è stato di grande giovamento la coope-
razione dell'eccellente mio collaboratore Giovanni Montiroli.
Nonostante che con le indicate cure e considerazioni sulle precedenti
pubblicazioni si sia forse ottenuto di offrire una piìi palese dimostrazione
della stessa principale parte della via Appia di quanto si sia sin'ora espo-
sto; pure è mio proponimento di allargare la stessa esposizione anche in
più ampli dilatamenti tanto per la parte topografica quanto per quella mo-
numentale neir imprendere la descrizione dell'Albano e dell'Ancia nella
seconda parte dell'opera sugli Edifizj di Roma antica e della Campagna
romana, già portata a compimento per quanto concerne la prima parte
in quattro grandi Volumi in foglio; perciocché la stessa via Appia serve
come di principale avviamento alla illustrazione dei monumenti che si trova-
no nei suddetti due luoghi, per i quali essa transitava.
Pertanto in adempimento, a quanto spetta a questa particolare espo-
sizione, si dichiara che essa viene divisa nel seguente partimento.
In dodici distinte parti è suddivisa la principale esposizione dell'in-
dicata prima parte della via Appia , le quali corrispondono agli altri altret-
tanti spazj che si comprendono tra ciascuno dei termini migliarli che di-
videvano anticamente la stessa parte della via compresa tra la porta Ca-
pena e la vetusta città di Boville. Ed a ciascuno dei medesimi partimenti
sono appropriate tutte quelle memorie che si sono potute con più sicurezza
riconoscere avere appartenuto alla respettiva parte della via, non solamente
nelle recenti discoperte, ma eziandio in tutte quelle precedentemente ese-
guite, benché condotte per tutt'altro motivo di quello di procurare un be-
nificio alle stesse memorie antiche , e quindi ricordate con notizie assai va-
gamente esposte. E con tale esposizione si giunge a raccoghere tutto quanto
può maggiormente importare per la conoscenza delle principali memorie
superstiti che si possono appropriare alla parte della via Appia compresa
tra il suo cominciamento, che accadeva all'uscire dalla porta Capena, esi-
stente nella vetusta cinta delle mura di Servio, ed il suo trapasso a lato
dell'antica città di Boville, ove si è prescritto dovere succedere il limite a
questa stessa esposizione.
32 VIA APPU
Alla medesima generale descrizione si aggiunge primieramente per Ap-
pendice una esposizione delle principali iscrizioni antiche rinvenute lungo
la stessa parte della via Appia, che avrebbero portato troppo intralcia-
mento allorché si fossero imprese a considerarle nella indicata descrizione
generale, e che d'altronde non si sono potute con sicurezza determinare a
quale partimento esse si riferivano per mancanza di sicure notizie sul
loro ritrovamento.
Quindi in una seconda Appendice si prende a dimostrare ampiamente,
e col soccorso di nuove considerazioni sui monumenti , quale sia il preciso
valore dell'antico miglio romano, che ha servito a determinare la più pro-
babile collocazione delle antiche colonne migliarie lungo le vie dei roma-
ni in generale; sul qual riparto si è basata la enunciata esposizione ge-
nerale della prima parte della stessa via Appia.
Inoltre si è aggiunta una terza Appendice per servire di collegamento a
tutte le indicate parziali esposizioni ; poiché in essa si prende ad esporre
una succinta indicazione topografica dei più importanti ritrovamenti, fatti lun-
go la stessa parte della via Appia , riferendoli non solamente ai tipi espres-
samente annessi, ma eziandio a quanto venne esposto nella enunciata de-
scrizione generale, alla quale può servire d'indice.
In fine non si potrebbe meglio porre termine a queste notizie prelimi-
nari altro che colfattribuire giustamente somma riconoscenza non solamen-
te a chi regge il supremo potere di tutto quanto è proprio di questa dizione
Pontificia , ed al quale dominio è sempre stato di speciale decoro la prote-
zione concessa a favore dell'incremento delle arti e degli studj dei monu-
menti antichi : ma eziandio a chi ha la parziale cura di questo partimento
artistico e njonumentale, quale è il ministero del Commercio e delle Belle
arti, ora lodevolmente retto dal Commendatore Camillo Jacobini, che prese
particolarmente grandissima premura per la stessa opera, e ciò in modo
tale che senza la sua efficace cooperazione non si sarebbe forse portata a
compimento. E quindi giustamente si deve aggiungere lodevole commemo-
razione in favore dei miei insigni colleghi della Commissione generale di
Antichità e Belle arti che con molto zelo ed intendimento si prestano sem-
pre a coadiuvare con i loro autorevoli consigli ai lodevoli sovrani divisa-
menti. Si è soltanto con siffatto unanime accordo che si possono portare a
buon fine le cose che concernono le importanti memorie storiche ed ar-
tistiche di questa metropoli della sede del più vasto dominio che mai ab-
bia esistito e che forse non più si effettuerà in tanta ampiezza.
PRIMA PARTE
TRA LA PORTA CAPENA ED IL PRIMO MIGLIO
PORTA CAPENA. La via Appia aveva principio dalla porta Capena,
posta nella cinta delle mura di Servio Tullio, come chiaramente da Frontino
vedesi attestato senza avere bisogno di ricorrere ad altre autorità ed impren-
dere a dimostrare la insussistenza delle varie opinioni contrarie ( 1 ). La si-
tuazione di questa porta si trova determinata dallo stesso Frontino nel di-
re che l'acqua Appia, venendo condotta dalle sue sorgenti lungo la via Pre-
nestina, e portata nel luogo detto Speranza vecchia, per giungere sino
dove cominciava ad essere distribuita in vicinanza delle Saline e della
porta Trigemina, trapassava sopra la porta Capena; ed era ivi il suo acque-
dotto sostenuto con opere di soslruzione in parte inarcate per la estensione di
sessanta passi (2). Perciocché tra il monte Celio, che tale acquedotto trapas-
sava venendo dal detto luogo della Speranza vecchia, ed il monte Aventino,
ove esso aveva termine in vicinanza della porta Trigemina, non si trova altro
spazio che presenti maggior ristrettezza per contenere la indicata estensione
delle anzidette opere di sostruzione, che sostenevano l'acquedotto, della
stessa acqua , di quello corrispondente tra l'angolo del Celio più sporgente
verso il meridio della vigna dei monaci Camaldolesi di S. Gregorio, e quello
pure più sporgente verso settentrione della parte dell'Aventino che rima-
ne sotto la chiesa di S. Balbina. In tale posizione solo si può stabiUre essersi
potuto con la indicata estensione delle opere di sostruzione di passi sessanta,
cioè piedi romani trecento, corrispondenti a poco meno di metri novanta,
congiungere luna elevazione con l'altra e trapassare sopra alla porta Cape-
{V Viain Àppinm a porta Cnpenn usgue ad iirhem Capuani municndam curaiit. Fron-
tino, De Aqiinedurtibiis. e. ó.J Questa notizia venne esposta da Frontino nel narrare come
Àppio Claudio aveva nel tempo slesso impreso a condurre in Roma l'acqua pure detta
Appia dal suo nome.
(2) Diicliis rjitf hahet longìliidinem a capite usgue ad Salinas, qui locus est ad portam
Trigeminam passuum XICXC: subterraneo rivo pnssuum XICXXX; sitpra terram substruc-
tione et arcuato opere proxime portam Capenam passuum LX. (Frontino, De Aquaeduct. e. 5.y
In tale misura delle opere di sostruzione non dovevasi evidentemente comprendere la por-
ta Capena ; poiché essa, formando un'opera distinta, non poteva considerarsi nelle dette par-
ticolari sostruzioni: e così si ottiene una qualche magtriore dilatazione a traverso della val-
le, che di troppo sarebbe limitata colla misura prescritta.
5
34 VIA APPU PARTE I.
na stabilita in principio della via Appia. Tale coincidenza di luogo, quale
è determinata dalla naturale disposizione dei sovrastanti colli, che ivi solo di
pili si accostano, e quale viene anche richiesta dal migliore tracciamento che
dovevano avere le mura di Servio stabilite a traverso della parte più ristret-
ta della valle, è anche contestata da quanto il medesimo Frontino espose
sulla condotta dell'acqua Marcia ; poiché riferiva che una parte di essa dopo
gli orti Pallanziani, esistenti da vicino al suddetto luogo chiamato Speranza
vecchia, introdotta nel rivo , che si denominava Ercolaneo, era portata per il
CeHo, senza però servire agli usi di tale colle, essendo di livello inferiore; ed
aveva il suo acquedotto termine sopra la stessa porta Capena. Nel seguito
poi venne protratto sino sull'Aventino, seguendo evidentemente la stessa
direzione dell'acquedotto dell' Appia ; ma il rivo della Marcia doveva essere
soprapposto a quello dell' Appia, per essere il suo Hvello assai superiore,
come è dichiarato dal medesimo Frontino (3). È dal trapasso dei condotti
delle stesse due acque che, lasciandone cadere alcune goccio, aveva la porta
stessa acquistato il distintivo di bagnata e di antico arco stillante secondo
Giovenale ed il suo scoliaste, la quale condizione venne anche contestata
da Marziale (4). È confermata la stessa corrispondenza di luogo da Stra-
bone nel dire che la via Latina aveva principio dall' Appia, dalla quale
si separava deviando a sinistra in vicinanza di Roma (5) ; poiché la separa-
zione di tale via ben si conosce tuttora avere avuto luogo alcun poco dopo
della stessa posizione in vicinanza della chiesa di S. Cesareo. La importante
scoperta del sepolcro degli Scipioni, che stava fuori della porta Capena ed
entro il primo miglio, già aveva fatto conoscere dovere esistere tale porta
alquanto piiì verso l' interno della città; e così pure gU altri diversi sepolcri,
scoperti nella vigna Casali in circa d'incontro ed a lato del suddetto monu-
(3) Marcia autem partem sui post hortos Pallantianos in rivum, qui vocatur Hercu-
laneus, deiicit: is per Coelitim duclus, ipsiiis monds iisibus nihil. ut inferior, submi ni strans,
finitur supra portam Capenam. (Frontino, De Aquacduct. e. 19.J Quibus mine plurcs aquae, et
in primis Marcia reddita ampliare opere a Coelio in Aventimim usque perducilur. (Id. e. 81. J
I livelli poi delle diverse acque condotte sono dichiarati dallo stesso Frontino al cap. 18.
(4) Sìibstitit ad veteres arcus inadidamque Capenam.
Quia supra eam aquae ductus est, quem nuìic appellant Arcum stillantem. Primum enim usque
ibidem fuerunt portae quae porta Capena vocahatur. (Giovenale. Sat. III. v. II, e suo Scoliaste.)
Capena grandi porta qua pluit gutla.
(Marziale. Lib. Ili Ep. il.J
(5) 'Afi/jTX'. de (ri A«TfVvj^> ano riig 'Annioc; Jv àpi(7Z£pSr àn cà)V?iq i-xzpmoiivjfj
TÙoo'jió'j 'Vaiioz. (Strabone. Lib. V. e. 1.)
DALLA PORTA CAPENA AL MIGLIO I. 35
menlo, avevano contestata la stessa circostanza : ma verso il One dello scorso
anno 1851 da S. A. R. la contessa Marianna di Seitenberg principessa dei Pae-
si Bassi facendo eseguire a mia insinuazione alcuni scavi nella parte infe-
riore della sua villa Celimontana già Mattei, ove si trova aver lambito il
lato sinistro della via Appia, si scopersero reliquie di diversi sepolcri, che
servirono a far conoscere avere necessariamente quel luogo corrisposto
fuori della cinta delle nmra di Servio. Si può inoltre contestare la in-
dicata situazione della porta Capena da quanto venne esposto dal Guattani
nell'asserire che il suo maestro Orazio Orlandi in uno scavo, fatto nell'or-
to dei padri di S. Gregorio, apparvero gli stipiti di una porta che fu cre-
duta la Capena (6). Con maggior precisione poi ho potuto determinare
la vera posizione della stessa porta in seguito di quanto venne esposto sul
luogo del ritrovamento della colonna indicante il primo miglio della stessa
via Appia, che nell'anno 1692 dopo varie vicende fu collocata sulla ba-
laustrata del Campidoglio. Il Revillas prese a dimostrare, coll'autorità delle
più autorevoli memorie, che tale colonna milliaria era stata ritrovata nel-
l'anno 158i, unitamente al piedestallo dedicato dal collegio dei viatori ad
Adriano, che fu pure situato a lato della stessa colonna, in vicinanza della ca-
sa della vigna Naro che trovasi nel lato destro uscendo dalla porta S. Seba-
stiano, e precisamente a palmi romani 512 distante dalla stessa porta,
cioè palmi 8 prima di giungere all'angolo settentrionale di detta casa, ove
esisteva sino a poco tempo avanti una memoria che dichiarava il luogo di
detto ritrovamento, come gU venne attestato dall'abate Valesio e confermato
con le ricerche fatte dal Fabretti e dal Ficoroni (7). Quindi per conoscere
con più esattezza la estensione del primo migho di tale via, onde stabilire
il luogo in cui esisteva la porta Capena, s' imprese con accurate ricerche a
determinare la precisa lunghezza del miglio antico romano in relazione delle
misure moderne, e precipuamente basandole sui ritrovamenti della eleva-
zione delle due colonne coclidi Trajana ed Antonina, limitate dallo spigolo
inferiore del plinto della base a quello superiore dell'abaco del capitello, da
cui si ebbe per la prima volta l'autorevole misura di metri 29 : 655 corri-
spondenti a piedi romani antichi 100; percui erano dette centinarie le stes-
se colonne, come fu nella precedente esposizione chiaramente dimostrato.
(6) Guattani, Roma descritta ed illustrata. Tom. I. pag. 36, e Monumenti Sabini.
Tom. I. pag. 237.
(7) Revillas D. Diego, Dissertazione sopra la colonna chiamata Milliarìum Aureum,
inserita nel Tomo I. Parte II dei Saggi di dissertazioni dell'Accademia Etrusco di Cortona.
36 AIV APPIA PARTE t.
Costituita SU tale misura una catena, e con la diligente direzione dell'inge-
gnere Bravuzzi e dell'architetto Fontana fatta stendere da! suddetto luogo,
in cui fu ritrovata la colonna niilliaria, per cinquanta volte lungo l'attuale
strada di porta S. Sebastiano, che conserva la direzione della prima parte
dell'antica via Appia, si è giunto a fissare l'altro limite, ove si è segnato
con le lettere P C nella parte del muro di cinta della vigna dei PP. Camal-
dolesi di S. Gregorio, che corrisponde d'incontro al principio della nuova
piantaggione di alberi ed al ponticello costrutto sulla ÌMarrana che mette al
viottolo di S. Balbina ; perciocché il migho antico, essendo composto di mille
passi, cioè piedi cinquecento, si trova avere corrisposto precisamente alle
indicate cinquanta catene di piedi cento, o metri 29 : 655 che sono per il
miglio metri l-i82, 750. Si è con la stessa catena e colla direzione dei me-
desimi signori che si sono determinati i luoghi in cui dovevano corrisponde-
re le altre colonne miUiarie dalla prima anzidetta sino alla undecima, ove ha
termine il ristabilimento della via xVppia ed ove si congiunge all'attuale stra-
da di Albano corrispondente sull'andamento dell'antica via da vicino all'oste-
ria delle Fratocchie ed all'antica Boville; e tale determinazione si è trovata
collegarsi con le fosse milliarie della bonificazione Pontina stabilite in corri-
spondenza delle antiche colonne milliarie. Così venne fissato con precisione
il luogo della porta Capena, che corrisponde infatti ove i colli Celio ed Aven-
tino si avvicinano di più a norma di quanto viene prescritto per concordare
in miglior modo il giro delle vetuste mura di Servio in tale luogo, con
la indicata estensione delle opere di sostruzione fatte per sostenere l'ac-
quedotto delle acque Appia e Marcia, che trapassavano sulla stessa porta,
ed ove si dicono essersene scoperte tracce nella parte inferiore della an-
zidetta vigna dei PP. Camaldolesi. Relativamente alla medesima porta è
quindi necessario l'osservare che essa , esistendo sino dal tempo in cui fu co-
strutta la cinta delle mura di Servio, ed incirca due secoli e mezzo avanti
che fosse da Appio Claudio stabihta la via Appia da Roma a Capua, ed anzi
vedendola già ricordata da Livio nella narrazione della morte della sorella del
superstite Orazio del tanto noto avvenimento degli Orazj e Curiazj accaduto
sotto Tulio Ostilio, non poteva perciò avere ricevuto il suo nome né dalla
stessa città di Capua. come si volle dedurre, né eziandio dall'antica città di
Capena che esisteva nella parte opposta in vicinanza del monte Soratte lun-
go la via Flaminia, come pure si volle stabilire da un passo di Servio corrotta-
mente riferito ; ma bensì dal bosco sacro alle Camene che stava collocato
precisamente fuori della stessa porta e che era celebre sino dal tempo di
Numa, e perciò di più probabile derivazione come si deduce dalla miglior
DALLA. PORTA CAPENA AL MIGLIO 1. 3T
lezione della suddetta notizia di Servio, e ciò è anche contestato dall'antico Sco-
liaste di Giovenale (8). In seguito di tali considerazioni deve credersi che la
porta stessa preesistesse alla cinta di Servio, e fosse slata stabilita da Tulio
Ostilio allorché aggiunse il Celio alla primitiva città (9) ; e così si trova palese
motivo di essere stata essa tanto internata. In fine convien credere che al-
l'epoca di Domiziano fosse la stessa porta ridotta in uno stato di rovina; poi-
ché si trova annoverata tra le opere edificate dallo stesso principe nel cata-
logo viennese degl'imperatori romani pubbhcato dall' Eccardo.
SEPOLCRO DI ORAZIA. Livio narrando la battaglia degli Orazj e
Curiazj. riferiva in fine che il superstite Orazio, ritornando in Roma trion-
fante colle triplici spoglie dei Curiazj, per avere incontrato la sua sorella
avanti la porta Capena, che piangeva la morte di uno dei medesimi Curiazj
a lei promesso sposo, la uccise ; ed in tal luogo fu poscia costruito il suo se-
polcro con sasso quadrato ( 1 0). Mentre questa notizia serve a determinare
essere stato tale monumento collocato vicino alla porta Capena ed essere
stato evidentemente di piccole proporzioni e composto solo con poche pietre
albaue semplicemente squadrate, e non potersi perciò riconoscere apparte-
nere ad esso le reliquie dei grandi sepolcri che esistono a molta distanza da
detta porta, come fu supposto da diversi scrittori della topografia di Roma
del secolo passato ; offre poi palese ragione per determinare essere stata la
porta stessa stabilita da Tulio Ostilio in circa nel tempo medesimo in cui
accadde il suddetto avvenimento.
FONTE, ROSCO E TEMPIO DELLE CAMENE. In seguito delle
più accurate considerazioni, venendo ora comunemente giudicata impropria
quella opinione che stabiUva il luogo celebre dei privati congressi di Numa
con Egeria nella valle della Caffarella a grande distanza dalla porta Capena
ed anche dalla via Appia, come pure quella che lo confondeva con altro
luogo del bosco sacro a Diana della valle Aricina, pure rinomato per simili
(8) Lucosque Capenas Vnde et porta Capena, quae iuxta Camenas fai.
Capello» — Capenas — CamenosJ est, nomen accepit. fServio, in Virgilio, Aeneid. Lib. VII.
V. 697. Sletit expcctans rhedam, uhi solent pi'oconsiiles jurare in via Appia ad portam
Capenam idesl ad Camenas. (Scoliaste di Giovenale. Satira III. v. 11 J
(9) Coelius additur Urbi mons. (Litio. Lib. I. e. 30, Dionisio. Lib. III. e. 22, e S. Au-
relio Vittore, De Viris Ilhist. e. 4.J Da Strabene però con minore autenlicilà di memorie
si dice il monte Celio abitato da Anco Marcio (Lib. V. e. 3.J
{lOj Princcps Horatius ibat, trigemina spolia prae se gerens; cui soror virgo, quae de-
sponsa uni ex Curialiis fuerat, ohvia ante portam Capenam fuit Horatiae se-
pidcrum, quo loco corruerat icta, constructum est saxo quadrato. (Lino. Lib. I. e. 26.
38 ^ VIA APPU PARTE I.
memorie, si rende opportuno di prendere a considerare quanto si riferisce aU
l'enuncialo fonte, bosco e tempio delle Camene, cioè delle Muse ; perchè ser-
ve a contestare meglio tanto la preesistenza della stessa porta alla cinta di
Servio, quanto la provenienza del suo nome. Da Livio, venendo esposto che
Numa aveva consacrato tale luogo alle Camene, perchè esse si credevano in-
tervenirvi e trattenersi con Egeria, si dimostra chiaramente la corrispondenza
nella stessa posizione di quanto si riferiva al bosco, speco e fonte di Egeria,
con ciò che era appropriato alle Camene, come si contesta con altre me-
morie (11). Anche in modo autorevole si può stabihre essere stato collocato
il tempio delle Camene nelle adiacenze della porta Capena tanto dal vederlo
registrato nei cataloghi dei regionari della regione I, che si estendeva precisa-
mente lungo la via Appia tra la stessa porta e quella della cinta di Aureliano
ora detta di S. Sebastiano, quanto dal trovare annoverato nella base capitolina
il vico delle Camene tra i vici appropriati alla stessa regione, come è di-
mostrato nella descrizione di tal regione nella quarta edizione della Indi-
cazione topografica di Roma antica. Se ne trova poi chiaramente contestata
la prossimità tanto del luogo sacro alle Camene, quanto di quello relativo
ad Egeria, dai ben noti versi di Giovenale con cui egH descrive il colloquio
tenuto col suo amico Umbrico appena uscito dalla porta Capena e mentre
stava aspettando che fosse caricato il carro per il viaggio ; poiché si dimostra
distintamente essere stato il luogo, in cui Numa si portava a consigliarsi con
(11) Lucus erat, quem medium ex opaco specu fons perenni rigabat aqua: quo quia
se persaepe Numa sine arbitris, velut ad congressum deae, inferebat, Camenis eum ìocum sa-
cravit; quod eariim ibi concilia cum coniuge sua Egeria csscnt. ('Livio. Lib. I. e. 21.' Da
Plutarco fin Numa. e. 13j confermandosi la stessa consacrazione fatta da Numa alle Came-
ne del detto luogo, s' indicava essere stato nel luogo stesso caduto dal cielo l'Ancile celebre.
Da Servio poi si espone questa notizia : His (Musis) Numa aedicuìam aeneam brevem fecerat,
quani poslea de coelo tactam et in aede Honoris et Virtutis colìocatam Fuìvius Nobilior in aedem
Herculis translulit, linde aedis Hcrculis et Musarum appellatur. (Servio, in Virgilio, Aeneid. Lib. L
V. S.J Da Plinio, nelF indicare avere il poeta L. Accio posta una sua statua di grandi pro-
porzioni nel tempio delle Camene, si dimostra questo edifizio collocato vicino alla porta Ca-
pena : Notatum ab auctoribus et L. Accium poctam in Camenarum aede maxima forma statuam
sibi posuisse. (Plinio, Nat. Hist. Lib. XXXIV. e. lO.J Le quali notizie tutte dimostrano es-
sere stato quel rinomato luogo situato da vicino alla porta Capena ; mentre quanto si ac-
cenna da Virgilio (Aeneid. Lib. VII. v. 161J e dal suo commentatore Servio, da Ovidio (Fa-
sti. Lib. IH. V. 2&3,eMetam. Lib. XV. v. Ì82J, da Silio Italico (De Bello Punico. Lib. IV.
V. 365J e da Stazio (Sylvar. Lib. V. §. 3), si trova essere relativo al luogo sacro alla
stessa dea nella valle Aricina. E Marziale (Lib. VI. Epig. ilj dimostra in miglior modo
la distinzione dei due luoghi che erano consacrati ad Egeria.
DALLA PORTA CAPENA AL MIGLIO I. 39
Egeria vicino alla porta Capena, in allora bastantemente discosto dalle abi-
tazioni della città, ed ivi esservi stato il bosco bagnato dal sacro fonte che
era dato in affitto ai giudei, e ridotto a servire di ricettacolo ai niendici.
Anche la valle di Egeria con la spelunca , in cui sorgeva l'acqua anzidetta,
vedesi accennata in vicinanza della porta stessa (12). Laonde senza in-
golfarci nelle molte cose, che si scrissero su tale argomento, basterà per de-
finire la questione osservare che il medesimo luogo sì rinomato per i con-
(12) I seguenti versi di Giovenale della Satira IH dal v. 10 al 20 sono quelli che
dimostrano la suddetta condizione locale della porta Capena:
Sed dum tota domus redo componitur una,
Substitit ad veteres arcus madidamque Qipenam,
Eie ubi nocturnae Nutria constituebat amicae.
Niaic sacri fontis nemiis et deìubra locantur
Iiidaeis, quorum cophinus foenumque supellex.
Omnis enim popuh mercedetn pendere iussa est
Arbor, et eiectis mendicai silva Camenis.
In vaìlem Egeriae descendimm, et speluncas,
Dissimiles veris. Quanto praestantius esset
Numen aquae, viridi si margine dauderet tmdas
Rerba, nec ingenuum violarenl marmora tophum.
Si spiega poi la vicinanza dell' indicata valle di Egeria alla porta Capena nel far conoscere
che dal luogo, in cui Giovenale si era trattenuto a discorrere con Umbrico nella valle
stessa si erano intesi i cavalli che uscivano dalla medesima porta, come venne accenna-
to nei seguenti versi 315 e 316 della stessa Satira HI:
His alias poteram et plures subnectere causas,
Sed iumenta vocant, et sol inclinai : eundem est.
Ed anche la stessa circostanza si contesta dal suo Scoliaste spiegando tali versi: Stetit
exspectans rhedam ubi solent proconsules iurare in via Appia ad portam Capenam, id est
ad Camenas. Dai moderni scrittori della topografia di Roma si esposero tante interpre-
tazioni sulla stessa descrizione che porterebbero un lungo discorso il darne un solo cenno. E
colui che più ampiamente si diffuse per sostenere la volgare opinione con esami conside-
razioni, conclusioni, corollarj e simili distinzioni di discorso, fu il Guattani in fine del To-
mo I dei suoi monumenti Sabini pubblicati nell'anno 1827. Però il Fea, nonostante le
contrarie contestazioni, osservando che da Vitruvio si dichiarava l'acqua del fonte delle
Camene essère stata soave a bere come la Marcia : sunt autem etiatn nonnulli fontes calidi,
ex quibus profluit aqua sapore optima, quae in potione ita est soavis, itti nec fontinalis ab Ca-
moenis nec Mnrtia saliens desideretur. fVitruvio. Lib. Vili. e. 3', imprese a far analizare
l'acqua, che sorge da vicino a quel ninfeo della valle Caffarella, volgarmente detta di
Egeria, la quale invece di essere soave a bere fu trovata alquanto acidula {Prodromo di
varie osservazioni e scoperte fatte nelle antichità di Roma. Pag. 28, e Varietà di notizie.
40 VI\ APPIA PARTE l.
gressi di Nuiua , venendo consacrato alle Camene, ed il bosco con fonte e
tempio sacro a queste Muse sapendosi per tanti documenti collocato vicino
alla porta Capena, ne viene di conseguenza che tutti quanti i medesimi luo-
ghi corrispondessero nelle adiacenze della stessa porta. Quindi si può stabi-
lire con ragguardevole probabilità che il tempio stassc eretto lungo la via Ap-
pia a poca distanza dal luogo occupato dalla porta Capena ove incirca esistono
le fabbriche dette di S. Sisto vecchio; ed il bosco con il fonte, che l'inaffiava,
doveva corrispondere nell'orto botanico o nella parte inferiore dell'orto an-
nesso alla villa già Mattei, ove infatti si trovano tuttora scatturire ai piedi
del Celio acque che si ristagnano e che, per quanto si può conoscere da
quelle che vengono raccolte in un ricettacolo esistente sotto la casa posta nel
detto luogo, sono soavi a bere, come infatti si dichiararono da Vitruvio esse-
re state quelle della fonte delle Camene in modo simile alla Marcia. La
spelunca di Egeria poi doveva in conseguenza essere scavata entro la parte
inferiore del Celio che corrisponde verso queir incavamento esistente tra lo
stesso colle e quella sommità che s'innalza verso la porta Latina denomi-
nata volgarmente Celiolo, ove precisamente trovasi formato un basso piano a
guisa di valle, in cui ora scorre il canale dell'acqua detta Marrana. Si è alcuna
delle stesse acque sorgive che doveva costituire quella indicata da Ovidio
col nome di acqua Mercurio e creduta essere stata sotto la tutela di un nu-
me, della quale però non si conoscono altre notizie (13).
TEMPI DELL'ONORE E DELLA VIRTÙ. Anche più da vicino al-
la porta Capena dovevano esistere quei tempj che insieme congiunti erano
Pag. 182. ' Quindi da ciò egli potò aggiungere altro documento per provare non potere mai
il detto ninfeo avere appartenuto alla spelunca di Egeria ; come ancora ne veniva esclusa
la pertinenza dall'avere ritrovato che l'acqua in esso veniva portata da un particolare con-
dotto e non sorgeva in esso, come vedesi indicato nelle surriferite notizie antiche.
(13) Est agua Mercnrii portae vicina Capenae,
Si iuvat expertis credere numeri habet.
fOvidio, Fasti. Uh. V. v. 669.;
Dal medesimo Fea si fecero negli ultimi anni di sua vita diverse ricerche per conoscere
quanto si elevava naturalmente la stessa acqua, considerata raccolta entro la fabbrica an-
tica che esiste nella parte inferiore della vigna dei PP. Camaldolesi di S. Gregorio, onde
poterle condurre a beneficio della adiacente regione. E dalle livellazioni da me stesso
fatte ne risultò che esse avevano un livello corrispondente solo al piano della soglia della
chiesa di S. Maria in Cosmedin ; e perciò non potevano essere ridotte ad alcun utile
delle moderne abitazioni. Nei tempi antichi il piano della regione, essendo assai più basso,
dovevano corrispondere al livello del suolo adiacente al luogo in cui esse emergevano.
DALLA PORTA CAPENA AL MIGLIO I. 41
Stati dedicati allOnore ed alla VirtiJ sino dall'anno di Roma 520 da Q. Fa-
bio Massimo, secondo Cicerone, ma solo evidentemente in miglior modo sta-
biliti da INI, Marcello nell'anno 545 in seguito di un voto fatto a Clastidio
nella guerra contro i galli, come venne esposto da Livio dicendo che, essen-
dogli stato vietato dai pontefici di unire in una sola cella il culto di due numi,
egli aggiunse alla cella dell'Onore un'altra per la Virtìi, come eziandio venne
dichiarato da Valerio Massimo e da Plutarco. Il particolare tempio però
della Virtù fu soltanto dedicato dal figlio di M. Marcello nell'anno 548 ( 1 4).
In tutte le accennate memorie i medesimi due tempj uniti si trovano indi-
cati essere collocati ad portam Capenam; e ciò si trova anche contestato da
quanto si è interpretato dopo le più accurate ricerche sulle rehquie del-
l' iscrizione ancirana, ove è fatta menzione di un'ara eretta alla Fortuna Sa-
lutare per il ritorno di Augusto (15). Quindi non si può appropriare agli
stessi tempj quanto venne accennato da Vitruvio a riguardo dei simili tempj
architettati da Muzio che, per essere stati edificati in vicinanza dei trofei di
Mario, si denotarono sempre coli' indicazione ad Mariana. E se la iscrizione,
rinvenuta nel decimo quinto secolo tra il mausoleo di Augusto ed il colle de-
gli Orti, non è inventata o almeno supphta nella sua integrità da un semplice
frammento, si devono credere essere stati gli stessi tempj, edificati da Mario,
posti nelle adiacenze del luogo in cui fu rinvenuta la detta iscrizione, i quali
inoltre dovettero essere costrutti dopo l'anno di Roma 654, e per conseguenza
(14) La indicala prima notizia si ha da Cicerone f'De Nat. Deor. Lib. IL e. 23.)
Quindi da Lino si trova esposto : Marcellum aline atque aìiae obieclae animo religiones lene-
bant: in qtnbus, quod, quum bello gallico ad Clastidium aedcm Honori et Virtuti vovisset, de-
dicatio ejus a pontificibus impediebatur ; quod negabant unam cellam duobus recte dedicavi . . .
Ita addila Virtutis aedis apparato opere. (Livio. Lib. XXVII. e. 25,' Da Va-
lerio Massimo si descrive anche più distintamente la stessa prescrizione fLib. I. e. 1. §. 8 '
e così pure da Plutarco fin Marcello e. 28.J Altre notizie su tale edifiaczione si hanno da
Cicerone ( in Verre. Ad. IL Lib. IV. e. 54 e òò.J Da Livio poi, neir indicare precedente-
mente come M. Marcello aveva adornati tali edifizj con le spoglie riportate da Siracusa, li
dice posti alla porta Capena: Visebantur enim ab cxternts ad portam Capenam dedicata a Mar-
cello tempia propler excellentia ejus generis ornamenta, quorum perexigua pars comparet. f Livio.
Lib. XXV. e. 40.^ La quale situazione venne confermata da Livio stesso nel narrare co-
me in particolare il tempio della Virtìi era solo stato dedicato dal figlio di M. Marcello
diecisette anni dopo che erano stati ambidue votati da suo padre: Aedem Virtutis eo an-
no ad portam Capenam, M. Marcellus dedicavit, septimodecimo anno postquam a putre ejus
primo consulato vota Gallia ad Clastidium fuerat. [Lib. XXIX. e. 11.,'
(15) ARAM FORTVNAE SALVTARIS PROPE AEDIS HONORIS ET VIRTVTIS AD PORTAM
CAPENAM. (Iscrizione Ancirana illustrata dal dott. Zumpt. Pag. ÒZ.J
6
42i VL4 APPU PARTE I.
più di un secolo dopo dell'epoca in cui fu eretto ledifizio anzidetto di M. Mar-
cello (16). La corrispondenza poi degli stessi tenipj uniti all'anzidetto delle Ca-
mene trovasi particolarmente indicata da Simmaco ; quindi tutti i medesimi
edifizj essere stati collocati nella regione I, distinta col nome di Porta Capena,
si dichiara non solamente dal trovarli registrati nei cataloghi dei regionari,
ma pure da quanto concerne i vici delle Camene e dell'Onore e della Virtìi,
che sono insieme annoverati tra quei della stessa regione nella ben nota iscri-
zione della base capitolina (17). Così da queste notizie si può conchiudere che
i medesimi tempj gemelh stassero posti a poca distanza da quello delle Came-
ne nelle indicate adiacenze della porta Capena e nel lato sinistro della prima
parte della via Appia, ove dovevano esistere altri diversi tempj, come ven-
ne indicato da Cicerone ; ed avanti ad uno di essi doveva essere praticato il
secondo senaculo dei tre simili luoghi di cui fece menzione Festo coU'au-
torità di Nicostrato (18).
(16) Ad Mariana Honoris et Virtutis sino postico a Mutio facto. (Vilruvio. Lib. III.
e. 2.J E Io stesso Vilruvio ciò ripete nella Prefazione al Libro Vili. A questo edifizio
si deve riferire quanto venne accennato da Cicerone in diverse orazioni fPro Sext. e. ói,
Pro Piane, e. 22, e De Divin. Lib. I. e. 28.J Mentre ciò che da esso si accenna altrove a ri-
guardo di un tempio consacrato all'Onore in particolare, si deve attribuire a quello che
stava fuori della porta Collina, ove in vicinanza dell'Amene stava pure il sepolcro dello
stesso Mario che fu distrutto da Siila fDc Leg. Lib. II. e. 22 e 23J Sull' enunciata
iscrizione di Mario, rinvenuta in vicinanza del mausoleo di Augusto e del colle degli
Orti, si veda quanto fu da me scritto nell' Indicazione topograflca , edizione quarta, Re-
gione IX, pag. 426 e segg. sotto il titolo Monumenti Mariani. Il dottor Mommsen nella
recente pubblicazione delle iscrizioni latine del Regno Napolitano riporta la stessa iscri-
zione, che trascrisse da quella esistente nel Museo Borbonico di Napoli e che si crede ave-
re appartenuto a Pomponio Leto, la quale forse è una di quelle che furono supplite dal
frammento primieramente rinvenuto nel detto luogo (Inscript. Regni Neapolitani. N. 6802.^
Però se tali iscrizioni ed altre simili, che si conoscono, non sono state supplite nel
risorgimento degli studii, è da credere che sieno composte in tempo dell' impero e for-
se dall'autore dei cenni storici sugli uomini illustri, che si dice essere Aurelio Vittore.
17; Bene ac sapientcr maiores nostri, ut sunt alia aetatis illius, aecles Honori ac
Virtuti gemella facie iunctim locarunt Sed enim propter eas faedesj Camoe-
nariim religio sacro fonti advertitur. (Simmaco. Lib. I. Epist. 2i.J aedem honoris et vir-
TVTis — CA.MENAS fCuriosum et Notitia Urbis. Reg. I.) vico camenarvm
VICO HOXOR. ET viRTVT. . . [Base Capitolina Reg. I.}
(18) Quum venissem ad porlam Capenam, gradus templornm ab infima plebe completi
erant. (Cicerone, Epist. ad Attic. Lib. IV. Epist. I.J Senacula trio fuisse Romae in quibus
Senatus kaberi solitus est, memoriae rodidit Nicostratus dteriim ad porlam Ca-
penam. Pesto, in Senacula.J E se si dovesse prestar fede alla spiegazione data dallo sco-
DALLA PORTA CATENA AL MIGLIO I. 4-3
AREA RADICARIA E MUTATORIO DI CESARE. Trovandosi in
un frammento della ben nota pianta antica di Roma, collocato nella Tav. XI,
la indicazione dell'Area Radicaria, area radicarla, che è registrata nei cata-
loghi dei regionari della regione XII denominata Piscina Pubblica, con
quella del INIutatorio di Cesare, mvtatorivm, che si annovera negli stessi cata-
loghi nella regione I, ed anche la indicazione di alcuna grande via denotata
con le lettere vi si venne a stabilire che le fabbriche tracciate in tale
lapide dovessero corrispondere a quelle che stavano erette nei lati del prin-
cipio della via Appia ; poiché soltanto ivi poteva accadere la congiunzione
delle indicate due regioni, come fu dimostrato nell' Indicazione topografica
di Roma antica. Non si conosce precisamente ciò che fosse il detto Mutato-
rio, né è di alcuna importanza per lo scopo nostro il ricercarlo.
CASE DEI PARTI. Nei cataloghi della regione XII, che si stendeva
lungo il lato destro del principio della via Appia, si trovano registrate quelle
case che in numero di sette si attribuiscono essere state edificate dall impe-
ratore Alessandro Severo per i Parti, secondo quanto può dedursi da una
notizia riferita da Aurelio Vittore ; quindi è che convenientemente ad esse
si devono appropriare alcune reliquie di mura che esistono nellorto sot-
toposto alla chiesa di S. Ralbina (19).
TERME ANTONINI ANE. Succedono nella stessa parte destra della via
Appia, appartenente alla regione XII, le grandi terme denominate Antoni-
niane dell'imperatore Antonino Caracalla che le fece per piiì gran parte
edificare, e poscia nobihtate con portici ed altri ornamenti da Ehogabalo e
da Alessandro Severo, come venne indicato da Sparziano, da Lampridio, da
Aurelio Vittore e da Eutropio; quindi in particolare da Olimpiodoro si con-
siderarono tra le più grandi simili fabbriche di Roma indicandole avere conte-
nuto mille seicento sedili di marmo per comodo da bagnarsi (20). La grandez-
za di tale fabbrica e delle sue rehquie superstiti non permette che se ne possa
liaste di Giovenale ai surriferiti suoi versi relativi alle Camene, si dovrebbe credere che
tale Senaculo slasse avanti al tempio consacralo alle stesse divinità ; poiché scrisse : Slclit
expectans rhcdam, nói sohnt proconsnles turare in via Appia ad portam Capcnam id est ad
Camenas. (Scoliaste di Giovenale. Sat. III. v. 10 e segg.J Altre notizie sulla riunione del
senato fuori di porta Capena sono indicate da Livio (Lib. VII. e. 23 e Lib. XXIII. e. 32.)
(19) Sesto Aurelio Vittore, Epit. e. 20. E si veda l' Indicazione topografica di Roma
antica, Edizione quarta, Rcg. XII.
(20) Sparziano, in Antonino Caracalla. e. 9, ed in Alessandro Severo, e. 21; Lampri-
dio, in Eliogabalo. e. 17, ed in Alessandro Severo, e. 25 ; Sesto Aurelio Vittore, De Caesar.
e. 21; Eutropio. Lib. Vili. e. 11, ed Olimpiodoro, presso Fazio, Bibliot. Pag. 197.
4-4i VIA APPU PARTE I.
esibire breve descrizione, e né essa sarebbe coerente a quanto ora si richiede
di dimostrare. Perciò si rimandano coloro, che avessero piacere di pren-
derne cognizioni, a quanto è stato ampiamente esposto nella Classe IX della
grande opera sugli Edifizj antichi di Roma. Quindi ci limiteremo ad osser-
vare che, siccome si dicono da Lampridio tali terme essere state edificate
nel vico Sulpizio, e trovandosi nell'iscrizione della ben nota base capitoli-
na alla regione I annoverato tanto il vico Sulpizio Ulteriore quanto il Cite-
riore, così deve credersi che tali due vici dalla via Appia si stendessero nei
lati delle stesse terme.
VIA NUOVA ED ORTI ASINIANI. Concordando quanto venne espo-
sto da Sparziano e da Aureho Vittore sulla via Nuova, che trapassava sotto
le terme Antoniniane e che serviva a dare più ampio e nobile accesso alla
città da tale parte, con la indicazione riferita da Frontino a riguardo del-
l'acqua denominata Aniene nuovo, che veniva per una parte dal secondo
miglio della via Latina portata col mezzo dello speco detto Ottaviano nella
regione della via Nuova agli orti Asiniani, si viene a stabilire che la indica-
ta via transitava lungo quel portico che fu impreso ad aggiungere da Elioga-
balo e compito da Alessandro Severo lasciando un'ampia area tra la stessa
parte anteriore delle terme e la via Appia (21). La stessa via doveva far capo
alla porta Capena e congiungersi all'Appia alcun poco prima dell'arco di Dru-
so. In tal modo, venendo evitato il transito per la prima parte dell'Appia
che era stata in origine assai ristretta, percui denomina vasi semita, ed in-
gombrata da molli edifizj e sepolcri, si aveva ottenuto di dare un nobile
ed ampio accesso alla città. La stessa via Nuova doveva preesistere all'edi-
ficazione delle terme dal vederla ricordata nella indicata notizia di Frontino,
e perciò essere soltanto dai suddetti principi lastricata ed in miglior modo ador-
nata. La corrispondenza degli orti Asiniani nel luogo, occupato poscia dalle
indicate terme, si contesta precipuamente col ritrovamento fatto tra le sue
reliquie del grande gruppo in marmo, rappresentante Amfione, Zelo e Dirce
col toro, che volgarmente è detto Toro farnese ; poiché tale opera venne
descritta da Plinio tra quelle possedute da Asinio PolUone 5 e né dopo l'epo-
(21) Idem viam Novam munivit, quae est sub eius thermis, Antoninianis scilicet, qua
pulchrius inter Romanas plateas, non facile quidqimm invenias. (Sparziano, in Antonino
Caracalla. e. 'd.J Acgypti sacra per cum deportata Romaìn, atque aucta Vrbs tnagno accessu
viae Novae, et ad lavandum absolula opera pulchri cultus. fSesto Aurelio Vittore, De Caesar.
e. 21. J Inde intra II milliarium partem dat in specum, qui vocatur Octavianus, et perve-
nit in rcgionem viae Novae ad hortos Asinianos unde per illum tractum distribuitur. (Fron-
tino, De Aquacductibus. e. 2Ì.J
DALLA PORTA CAPENA AL MIGLIO I. 45
ca, in cui Plinio scriveva tale notizia, si hanno più notizie della sussistenza
dei suddetti orti (22). Lo speco poi denominato Ottaviano, che Frontino
indica avere servito per portare l'acqua detta Aniene vecchio nella regione
della via Nuova, doveva evidentemente seguire lo stesso andamento di quel
canale, volgarmente denominato la Marrana, che entra in Roma nella porta
della Ferratella e che scorre da vicino alle dette terme ; giacché il hvello
dello speco, in cui era condotta tale acqua, si conosce essere stato egual-
mente poco elevato.
TERME SEYERIANE E COMMODIANE. Nelle stesse adicicenze do-
vevano esistere le enunciale terme, ma però in quella parte che appartene-
va alla regione I, alla quale si trovano nei cataloghi dei regionari appropria-
te le stesse due terme. Di esse si hanno soltanto incerte notizie, né esistono
ragguardevoh reliquie che con sicurezza si possano attribuire (23). E soltan-
to si può stabihre, in seguito dell'indicata condizione, che esse furono collo-
cate nel lato destro della via Appia al di là delle terme anzidette Antoniane,
dopo le quali aveva termine la regione XII.
SEPARAZIONE DELLA YIA LATINA. Intorno alla terza parte del
primo miglio della via Appia si separava a sinistra la via Latina, come ven-
ne indicato nella già citata notizia di Strabene e come risulta ancora conte-
stato da quanto sussiste. Essa si vede tuttora essersi diretta alla porta Latina
(22) Polito Asinius, ut futi acris vehementiae, sic quoque spcctari monumenta sua vo-
luit. In iis sìtnl Zi:t1nis et Amphion ac Dirce et tanrus, vinciilumque, ex
eodum lapide Rhodo advecla opera ApoUonii et Taurisci. (Plinio, Nat. Hist. Lih. XXXVI.
e. i.J L'Aldobrandi nella sua raccolta delle statue di Roma, pubblicata neiranno 1551,
ha consen ata memoria del ritrovamento nelle terme di Caracalla del medesimo gruppo,
che ora esiste nel museo Borbonico di Napoli.
(23) Le poche notizie che si hanno sulle terme Scveriane e Commodiane, oltre le
indicazioni dei cataloghi della regione I, della Notizia e delle Curiosità, annoverandole col
titolo , THERMAS SEVERiANAS ET COMMODiANAS, sono esposte da Lampridio a riguardo del-
le Commodiane dicendo nella vita di Commodo e. 17 : Opera eius practer lavacntm, quod
Cleander nomine ipsius fecerat nulla exstunt. E da Sparziano relativamente alle terme
Severiane nella vita di Settimio Severo al e. 19, riferendo: Opera pubi ica praecipue ejtts
exstant, Septizoniam et thermae Severianae. Quindi nelle memorie cronologiche di Eusebio
e di Cassiodoro si dicono quelle di Commodo edificate mentre erano consoli MeruUo ed
Eliiano, e quelle di Severo nel tempo dei consoli Fabiano e Mudano. Le notizie del
medio evo poi, che si hanno in particolare dai Mirabilia, non si possono considerare di
alcuna autenticità; perchè s'indicano in esse le suddette terme poste a S. Sabina sul-
l'Aventino, ove mai poteva giungere la regione 1, e ciò neppure a S. Balbina, quando
si volesse sostituire questa chiesa alla suddetta di S. Sabina.
46 VIA APPU PARTE I.
della cinta delle mura Aureliane ; e quindi, traversando al terzo miglio l'at-
tuale strada di Albano, detta Appia nuova, metteva ai monti Tusculani, e si
univa poscia alla Labicana nel luogo detto perciò Bivio. Di tal via non è
di nostro scopo il parlarne ; quindi solo basterà averne indicato il luogo del-
la sua separazione dall'Appia.
SEPOLCRO DEGLI SCIPIONI E TEMPIO DELLA TEMPESTA.
Per una delle più importanti scoperte , che si siano fatte nel secolo pas-
sato, si deve certamente considerare quella del sepolcro degli Scipioni che
ebbe luogo nell'anno 1780, per casualità, entro la vigna Sassi, come venne
narrato da tutti quegli espositori delle antichità romane che vissero in ta-
le epoca, e più ampiamente dal Piranesi e dall'illustratore dei suoi disegni.
Ben sapevasi che tale sepolcro degli Scipioni, con quelli di Calatine, dei
Servilii e dei Metelli, stava fuori della porta Capena, come venne denotato
da Cicerone, ed anche da Livio indicando che nello stesso monumento ,
posto fuori della detta porta, eranvi tre statue, due che si dicevano di Pubho
e Lucio Scipioni e la terza del poeta 0- Ennio (24): ma poi assai variata-
mente si attribuiva la pertinenza di tale sepolcro a diverse reliquie di simil
genere di monunìenti che esistono lungo la prima parte dell'Appia ; e sarebbe
veramente di niuua utilità l'intrattenerci ora su tali varie opinioni dopo la
enunciata scoperta. Né poi può essere utile allo scopo prefisso il ridire tutto
ciò che si dedusse dalle iscrizioni sepolcrali scoperte in esso : ma bensì ci
limiteremo ad osservare che da una notizia, tramandata da Jeronimo ed in-
serita nella cronologia di Eusebio, si conosce che tale sepolcro stava entro
il primo miglio della via Appia. Poscia dalle indicate scoperte si trovò
avere avuto la sua fronte principale non già rivolta verso tale via, dalla
quale alquanto distava, ma verso una piccola via che dall' Appia comunicava
colla Latina. E quindi è anche importante l'osservare che da una iscrizione,
precedentemente rinvenuta ed appartenente a Lucio Cornelio Scipione Bar-
(24) An tu cgressus porta Capena quum Calatini, Sctpiomtm, Serviliorum, Melcllorum
sepulcra vides mùcros putas ìllos? (Cicerone, Tuscul. Lih. I. e. 1.) Et Romae extra por-
tam Capenam iti Scipionum monumento tres statuae sitnt, quorum dtcae P. et L. Scipionum
dicuntur esse, tertia poctac Q. Ennii. (Livio. Lib. XXXVIII. e. 5&.J II medesimo storico
confermava precedentemente la esistenza del medesimo sepolcro posto fuori della por-
ta Capena dicendo: et ad portam Capenam midtum proseculis funus. (Idem. Lib. XXXVIII.
e. òò.J Piranesi nel Yol. V della sua ben cognita grande opera, pubblicato dal suo fra-
tello Francesco nell'anno 1783, dette in piiì ampio modo notizie di tale importante se-
polcro. E nella Classe XVI dell'opera mia sugli Edifizj di Roma antica, se ne espose
la sua più probabile intera decorazione.
DALLA PORTA CAPENA AL MIGLIO I. 47
bato, si conosce che esso aveva edificato un piccolo tempio alla Tempesta
evidentemente non lungi dal luogo ove fu rinvenuta tale iscrizione, come pu-
re fu indicato da Ovidio e come nel seguito si descriverà (25). Inoltre si
reputa opportuno l'osservare che, seguendo l'ordine, con cui furono accennati
da Cicerone i sepolcri, che stavano fuori della porta Capena, si deve cre-
dere che quello di Calatino fosse collocato prima di quello degli Scipioni, e
forse in circa nelle adiacenze delle fabbriche di S. Sisto vecchio, ove furono
nell'anno 1722 scoperti diversi sepolcri dell'epoca repubbUcana. come si as-
serisce dal Ficoroni (26).
SEPOLCRI DIVERSI DELLA TIGNA MORONI. Nella parte destra
della via Appia d' incontro al suddetto sepolcro degli Scipioni, si sono sco-
perti nella vigna Moroni in principio del passato secolo moltissimi sepolcri
antichi in gran parte formati a guisa di colombari. Il Ficoroni, nel dare noti-
zie di tali scoperte fatte da lui stesso in cinque anni di tempo, indicava aver
fatto disotterrare novantadue camere sepolcrali, che dopo di essere state
smantellate altrettante camere superiori, che formavano mausolei, per ridur-
vi i luoghi occupati da esse ad essere fruttiferi, erano state nei tempi prece-
denti ricoperte con calcinacci e scarichi di terra. Tali scoperte furono con-
tinuate sino all'anno 1732 da certo Belardino Frasconi; e se ne ebbero noti-
zie, oltre il suddetto Ficoroni, dal YignoH e dal Labruzzi per altri scavi fatti
posteriormente: ma disgraziatamente i disegui, che furono dai detti scuopri-
tori fatti rilevare, ora non si conoscono precisamente ove siano. Benché nulla
di ben preciso si sia conservato sulle stesse importanti scoperte, si dedusse
però da alcune iscrizioni e da effigie scolpite che uno dei medesimi sepolcri
(25) Ennius poeta LXX tnaior ariìios arliailari morbo periit, sepullusque est in Scipio-
nis monumento, in via Appia, intra primiim ab Urbe miUiariìim. (leronimo, presso Eusebio,
Cronic. Lib. IL Neil' iscrizione di L. Cornelio Scipione Barbato, rinvenuta nell'anno 1616
ed esistente nella biblioteca Barberini, si trova accennato sul tempio della Tempesta
la seguente notizia: hec . cepit . Corsica . aleriaqve . vrbe . dedet . tempesta-
TiBvs . AIDE . MERITO. E da Ovidio sul medesimo oggetto si trova esposto:
Te quoque, Tempestas meritam delubro falemur
Quum pene est Corsis obruta classis aquis.
(Fasti. Lib. YL v. 193.;
(26) Le indicate scoperte, fatte nelle adiacenze delle fabbriche di S. Sisto vec-
chio, sono descritte dal Ficoroni nel suo libercolo sulla Bolla d'Oro pag. 49. La iscri-
zione distinta col consolato dei due Gemini, C. Fufio e L. Bubellio, rinvenuta negli
stessi scavi, fu oggetto di ricerche di diversi dotti illustratori del museo Capitolino ove
tuttora si conserva.
4-8 VU APPIA PARTE I.
doveva appartenere ad alcune persone della famiglia Furia ed altro a quelle
della Massilia (27). Merita pertanto di aggiungere una importante considera-
zione a riguardo di sì gran numero di sepolcri scoperti in tale vigna, i quali
pure si stendevano nell' altra vigna già del Collegio dementino e s' innoltra-
vano sino nelle adiacenze della chiesa di s. Cesareo; cioè che doveva esi-
stere una specie di cemitero, con sepolcri incavati nel masso, ai piedi della
parte del colle Aventino, che s'innalza a destra della via Appia dopo le
terme Antoniniane, i quali tutti erano formati a guisa di colombari per ser-
vire a varietà di defunti. Siffatta sussistenza è stata contestata dalle scoperte
fatte nei tempi posteriori nella medesima località.
SEPOLCRI DIVERSI DELLA YIGNA CASALI. Servirono a conte-
stare la indicata corrispondenza di un cemitero comune le grandi scoperte
fatte nella successiva vigna Casali, che si stende sempre a destra della via
Appia dalla suddetta vigna Moroni sino alle mura Aureliane. Di tali scoperte
ne furono conservate alcune più precise memorie ; e particolarmente nelle
tavole inserite in fine delle pubblicazioni fatte dal Gori, Rianconi e Ghezzi
sui colombari rinvenuti in altro luogo della via Appia che successivamente
saranno indicati. Il Piranesi pure ci ha conservata memoria di un nobile se-
polcro scoperto nella stessa vigna Casali, e così pure il Labruzzi. Anche nei
tempi a noi non lontani vi si fecero altre scavazioni che hanno vieppiià
dimostrata la sussistenza di moltissimi sepolcri comuni, e che ora sono quasi
per intero spariti. Solamente si possono ricordare alcune reliquie super-
stiti dell' indicato sepolcro particolare, composto di una cella quadrata de-
(27) Il Ficoroni descrisse le indicale scoperte da lui fatte nella vigna Moroni
neiroperetla da lui pubblicata uelPanno 1732 ed intitolata, La Bolla d'Oro dei fanciulli
nobili Romani. Ed è importante Tosscrvare la notizia esposta in tale operetta sui di-
segni da lui fatti ritrarre dai dipinti e dagli altri ornamenti rinvenuti nelle novanta-
due camere sepolcrali discoperte ; giacché riferiva che, non avendo mezzi per farli pub-
blicare, furono da lui donati al Cardinale D. Filippo Gualtieri. Il Vignoli nella pag. 200 e
segg. della sua opera sulla Colonna di Antonino Pio pubblicò alcune delle iscrizioni in esse
rinvenute, le quali furono trasportale nel musco Capitolino e poscia illustrate dal Guasco
nel Voi. I della grande descrizione di detto museo. Tra le iscrizioni stesse, quella che
merita considerazione, è quella di P. Cornelio Celado librajo abitante fuori la porta
Trigemina: p. cornelivs celadvs | librarivs ab extra porta ] trigemina vix. a>.
XXVI. Il Labruzzi si fece a ritrarre vedute delle scoperte fatte nella stessa vigna Mo-
roni negli anni 1789, 1790 e 1791, che furono pubblicate poi ultimamente dal cav. Ago-
stino Rem-picei nelle Tav. TV, V e VI nella riproduzione della stessa raccolta. Anche il
Guattani, nella pubblicazione dei Monumenti inediti degli anni 1787 e 1788, riferisce
diverse notizie sugli scavi operati in tale epoca nella stessa vigna Moroni.
I
DALLA PORTA CAPENA AL MIGLIO 1. 49
corata regolarmente con nicchie semicircolari nel mezzo e quadrangolari
nei lati e con volta a crociera ornata con cassettoni di stucco (28).
ALTRI SEPOLCRI COMUNI SCOPERTI NELLA VIGNA CODINI.
La stessa sussistenza di molti sepolcri comuni, componenti un vasto cemitero e
formati a guisa di colombari, nei lati della medesima prima parte della via Ap-
piè, si conferma pure con quanto si dedusse dalle scoperte fatte nelle vigne
del lato sinistro della via stessa d' incontro alle vigne fioroni e Casali, e parti-
colarmente nella vigna Codini posta tra la via Appia e la Latina su quel picco-
lo colle che dicesi Celiolo. Narra il Ficoroni che le scoperte in tale luogo eb-
bero principio sino dal tempo di Pio IV e che erano state descritte da Pirro
Ligorio^ ma poscia furono riprese nell'anno 1726 da certo Giovanni France-
sco Bevilacqua che vi smantellò quantità grande di camere sepolcrali. Tra
medesimi monumenti distrutti deve comprendersi quello importantissimo ap-
partenente a diverse persone addette alla famiglia Pompeia, del quale lo
stesso Pirro Ligorio ha conservati i disegni che furono poscia pubblicati
dal Santi Bartoli (29). Non così avvenne a riguardo delle ulteriori scoperte
(28) I principali sepolcri, scoperti dall'anno 1726 al 1732, si sono pubblicati nel-
le Tav. XXXVIII, XXXIX e XL che vennero inserite nelle illustrazioni del Gori, Bian-
chini e Ghezzi sulle Camere ed iscrizioni sepolcrali dei liberti e servi della casa di Livia
Augusta. Dal Tiranesi nel Voi. Il, Tav. LV e LVI si espose altro importante sepolcro sco-
perto in tale vigna. E similmente dal Labruzzi furono esposte vedute degli stessi sepolcri
con quelle di un altro scoperto nell'anno 1791, le quali furono riferite nelle Tav. Vili,
IX e X deiranzidetta recente pubblicazione fatta dal Cav. Rem-picei. Nel volume dell' Ug-
geri, intitolato Capo di Bove e Valle delle Camène, pubblicato nell'anno 1804, si riporta
nella Tav. VI, Fig. 1 la pianta dell' indicato sepolcro nobilmente decorato che in parte
si conserva. Diverse memorie poi si ebbero dal Ficoroni nella citata sua operetta sulla
Bolla doro, e così pure dal Guattani nei primi volumi dei suoi monumenti inediti, e da
tutti gli altri scrittori delle antichità romane di tale epoca. Presso la famiglia Casali
si conservano alcuni dei moltissimi oggetti che furono dedotti da tali ritrovamenti : ma
diverse opere figurate sono passate ad adornare altri musei esteri.
(29) Il Ficoroni, nella citata operetta sulla Bolla d'oro alla pag. 47, descrisse le
anzidette scoperte, e particolarmente indicò essersi rinvenuto un dipinto rappresentante
un giovine architettto con gli istrumenti dell'arte sua, che fu tolto con cura e poscia con-
servato dal marchese Capponi. Delle scoperte, fatte al tempo di Pirro Ligorio, se ne
possono rinvenire notizie nelle sue memorie inedite che si conservano nella biblioteca
Vaticana. I disegni del sepolcro, appartenente a diverse persone addette alla famiglia
Pompeia, che furono ricavati da Pirro Ligorio e che si dicono conservarsi nella bi-
blioteca Vaticana, vennero pubblicati dal Santi Bartoli nelle Tav. 39, 40 e 41 della
sua raccolta sugli antichi sepolcri, indicando essersi esso scoperto avanti da uscire la por-
7
50 VIA APPIA PARTE I.
latte nella stessa vigna precipuamente per cura del marchese Campana ; per-
chè due dei più importanti sepolcri scoperti, oltre ad altro posto verso la via
Latina, furono conservati e ricoperti con stabili opere murarie in modo da
offrire tuttora una idea approssimativa della loro intera struttura, e ciò si
fece precipuamente per una delle tante simili lodevoh disposizioni del Mini-
stero che ha la tutela e la conservazione dei monumenti antichi. Lo stesso mar-
chese Campana si prese cura di pubblicare le iscrizioni rinvenute nei mede-
simi colombari in alcune dissertazioni, che vennero inserite negli ultimi volumi
degli atti dell'accademia romana di archeologia che devono apparire alla luce
tra breve. Tutte le stesse iscrizioni furono collocate con diligenza al proprio
luogo, e si possono osservare senza andarle a ricercare in luoghi non a tutti
accessibili e confusi con altre tante, come si fece per il passato. Se in tal mo-
do si fosse operato in antecedenza si sarebbero conservate le tante preziose
memorie che ora disgraziatamente andarono quasi per intero perdute. Seguen-
do le indicate lodevoli cure, sarà pure conservato altro colombario scoperto ul-
timamente nella stessa vigna Codini assai da vicino alla via Appia, nel quale
furono eziandio rinvenute importanti iscrizioni che pure verranno collocate
al proprio luogo unitamente a quei frammenti della decorazione apposta ai
loculi (30). Altro particolare e vetusto sepolcro fu rinvenuto tra lo stesso co-
la di Roma. Dal Muratori flnscript. Class. XII. Pag. CMXXIXì, riportando le iscrizioni
rinvenute in tale sepolcro, lo dice posto a sinistra di coloro che si portavano dall' interno
della città alla porta di S. Sebastiano, come si denota dal Ficoroni nel fare menzione delle
scoperte fatte sotto il pontificato di Pio IV nella vigna posta d'incontro a quella da lui
stesso di molto scavata. È a tale sepolcro che si devono appropriare le osservazioni
fatte dal Borghesi nel Voi. XX degli Annali dell' Instituto Archeologico pag. 245, e suc-
cessivamcnlc nella Memoria sulla via Appia pubblicata da Agostino lacobini nell'anno
1851. Quindi ci limiteremo ad esporre la seguente giusta osservazione fatta dal Fi-
coroni alla pag. 48 dell' indicato suo libercolo : « La prodigiosa quantità dei mauso-
» lei e sepolcri sopraddetti, tutti da me veduti, che erano già fuori del recinto del-
» l'antica Roma, per il divieto ben noto di non seppellire i defunti entro le mura, ven-
» nero poscia inclusi dentro le odierne mura dilatatevi, al dire di Vopisco, dall' impera-
» tore Aureliano. » E così resta da questa osservazione sempre più confermato che
tali luoghi corrispondevano fuori della cinta delle mura di Servio, che servì in ogni tem-
po antico di limite alla città.
(30) Tra le iscrizioni, rinvenute nel colombario di recente scoperto nella vigna
Codini in prossimità della via Appia, si crede solo opportuno di far menzione di una
appartenente ad un certo Soterico servo pubblico adetlo alla biblioteca dei portici di Ot-
tavia : SOTERICUI . PVBLICI | VESTRICIANI . A [ BVBLIOTECE {sic) . PORTICIBVS | OCTAVIAE |
STATiLiA . UEI.PIS | coMVGi . B. M. F. V. A. xxviH. Perchè serve questa iscrizione a
DALLA PORTA CAPENA AL MIGLIO I. 51
lombario e la via Appia che venne di nuovo ricoperto e che doveva apparte-
nere ad alcuno distinto personaggio dell'epoca repubblicana. Però con i sud-
detti tre sepolcri comuni viene conservata memoria di quei moltissimi si-
mih monumenti che esistevano nel luogo stesso lungo il lato sinistro della via
Appia, e che costituivano unitamente a quei rinvenuti nel lato opposto una
vasta e nobile necropoli praticata lungo la prima parte della slessa via ; giac-
ché i sepolcri suddetti non erano limitati solo a corrispondere lungo i lati della
crepidine della via, come si rinvengono in tutta la sua estensione, ma si di-
latavano assai largamente nelle adiacenze in certo modo simile a quanto lu
rinvenuto sul Gianicolo in corrispondenza del principio della via Aurelia.
ARCO DI DRUSO. Poco prima di giungere alla porta Appia, detta ora
di S. Sebastiano della cinta di Aureliano, esiste un antico arco monumenta-
le, formato a guisa di quei denominali trionfali, che si giudica comunemente
•essere quello che fu innalzato a Druso per decreto del senato nella via Ap-
pia, e che fu decorato con scolture rappresentanti trofei, come venne riferito
da Svetonio, Tacito e Dione, e come si può in certo modo contestare con
quanto vedesi esposto nel rovescio di una medaglia di Claudio (31). Venne
successivamente ridotto a servire di acquedotto, come si fece della preceden-
te porta Capena, per far trapassare sopra la via Appia l'acqua che fu desti-
nata al servizio delle grandi terme Antoniniane, come è dimostrato tanto
dallo speco, che esiste incavato nel suo attico, quanto dagli archi minori, si-
mili a quei degli altri acquedotti, che si protraevano nei suoi lati, e precipua-
contestare quanto già era stato indicato nella seguente altra iscrizione riferita dal Fa-
bretti alla pag. 337 e dal Mommsea riprodotta nella recente pubblicazione delle iscri-
zioni del regno di Napoli N. G889 : puiloxenvs . hlian | pvblic. de . porticv | octa-
VL\E . A . BiBLioTHECA | GRAECA. Cioè csscrvi decisamente esistita nel detto portico di Ot-
tavia una biblioteca greca e latina, come fu dimostrato nella descrizione di tale monu-
mento neiropera sugli Edifizj antichi. DalfortograCa, con cui è scritta tale iscrizione e
dal nome Soterico del detto servo publico, si deve credere ch'egli fosse greco e depu-
tato al servizio della biblioteca greca, come era Filosseno; giacché per a'jìrny.yoz s'in-
tendeva denotare dai greci un consenatore. Si sono trovate nello stesso colombario
iscrizioni di altre persone addette alla biblioteca Palatina del tempio di Apollo, come
diversi altri simili esempj si hanno nelle iscrizioni antiche.
(31) Praeterea senatus inter alia complura marmoreum arcum cum trophaeis via Ap-
pia decrevit. (Svetonio, in Gaudio, e. l.J Da Tacito (Annali. Lib. II. e. 83 e da Dione
(Lih. LV. e. 2', si trova confermata la stessa onorificenza concessa a Druso. Nella me-
daglia poi di Claudio, che nel rovescio porta impressa la effigie di un arco assai simi-
le a quello superstite nel detto luogo, con la epigrafe: nero . clavdivs . drvs . ger-
siAN. iMP. s. e. ; si trova altro valido documento per contestare la stessa appropriazione.
52 VIA àPPIA PARTE 1.
mente nel lato destro sino alla conserva praticata nel mezzo superiore delle
dette terme (32). Facendosi pochi anni sono costruire un muro di cinta nei
lati dello stesso arco, si scopersero altre reliquie di sepolcri che si sono la-
sciate visibili e che appartengono a monumenti dell'epoca inoltrata dell' im-
pero. Quindi è importante l'osservare che il medesimo luogo faceva parte della
regione I ; poiché nei cataloghi dei regionari trovasi annoverato un arco di
Druso ; e nella iscrizione della base capitolina è indicato nella regione
stessa il vico di Druso, ciò che serve a dimostrare essersi tale vico esteso
nei lati del medesimo arco, dal quale ne doveva ricevere il nome.
PORTA APPIA DETTA DI S. SEBASTIANO. In corrispondenza
della cinta delle mura Aureliane venne aperta la grande porta sussistente dopo
il descritto arco di Druso, che conservò sino incirca al decimoquinto secolo
il nome Appia dedotto dalla via che vi transitava ; il quale nome mutò poscia
in quello di S. Sebastiano dalla chiesa consacrata a questo santo martire che
esiste lungo la stessa via. Nei lati di tale porta s innalzano due alte torri co-
strutte nella loro parte inferiore, come la porta stessa, con grandi massi di mar-
mo che furono tolti evidentemente dagU antichi monumenti che esistevano nel-
le adiacenze, e probabilmente dal tempio di ÌMarte e dagh altri edifizj che sta-
vano eretti nel suo d'intorno, come nel seguito vengono indicati. Pertanto a
compimento di quanto appartiene all'enunciato primo partimento dell' Appia
ci faremo solo ad osservare che a pochi passi fuori della stessa porta a sinistra
furono scoperti diversi sepolcri che dovevano essere posti in continuazione
di quei precedentemente descritti , prima che venisse stabilita la cinta delle
mura Aureliane, e comporre il cemitero anzidetto. Il Pratilli nel primo li-
bro della sua opera sulla via Appia riporta diverse delle iscrizioni in essi rin-
venute, le quali però dedusse da memorie non abbastanza circostanziate per
potere essere utili allo scopo prefìssoci.
(32) I suddetti archi dell'acquedotto antico furono in gran parte distrutti verso
il fine del secolo passato, come assicura il Venuti (Descrizione di Roma antica. Parte IL
e. i.J Si deve credere poi che l'acqua condotta a trapassare sul detto arco di Druso
fosse la Marcia; poiché nella terza iscrizione, che leggesi sul monumento delle acque
Marcia, Tcpula e Giulia, esistente sulla porta S. Lorenzo, diccsi tale acqua Marcia rista-
bilita da Antonino Caracalla ed accresciuta di un nuovo fonte detto dal suo nome An-
toniniano. Quest'acqua denominavasi Jopia o Jovia nel medio evo, come trovasi indi-
cato dall'Anonimo Einsiedlense pubblicato dal Mabillon, in cui si accenna essersi decisa-
mente tale acqua derivata dalla 3Iarcia : Inde ad portam Appiam. Ri forma Jopia (Jovia)
quae venit de Marcia et currit usque ad ripam. Laonde viene con ciò tolto ogni dubbio
sulla pertinenza dell'acqua condotta sul detto arco.
SECONDA PARTE
TRA IL MIGLIO PRIMO ED IL SECONDO
COLONNA DEL PRIMO MIGLIO, In seguito di quanto fu osservato
nel descrivere la situazione della porta Capena il luogo, in cui fu ritrovata la
enunciata colonna del primo miglio, corrisponde a palmi romani 512, che si
ragguagliano a metri 1 1 4 : 480 fuori della porta S. Sebastiano, cioè palmi 8
prima di giungere all'angolo settentrionale della casa della vigna Naro che
s' incontra a destra lungo la via Appia uscendo da detta porta , come con
molto studio venne dimostrato dal Revillas (1). La corrispondenza di detta
colonna in tale luogo fu anche contestata da altri documenti autorevoli,
in modo tale che da quel punto si può stabilire con precisione avere avuto
principio il secondo Partimento preso a considerare.
TEMPIO DI MARTE. Il più cospicuo edilìzio, che esisteva dopo l'indi-
cato primo migho, era il tempio di Marte, il quale, trovandosi annoverato col
fiume Aimone nei cataloghi della regione I, denominata Porta Capena, si deve
credere che, mentre esso era compreso in tal regione, non fosse poi molto di-
scosto dall' indicato fiumicello (2). Infatti se per una parte da Ovidio e dal suo
scoliaste, come pure da Servio e da altre notizie, si trova denotato il tempio
(1) Sulla detta colonna milliaria, che ora vedesi collocata sul lato destro della
balaustrata del Campidoglio, si leggono le seguenti due iscrizioni; cioè la prima posta
in una riquadratura espressamente fatta sotto al Numero I indicante il primo miglio : imp.
CAESAR 1 VESPASIAMS . AVG. \ PONTIF. MAXIM. ] TRIB. POTESTAT. VII. [ IMP. XVII. PP. CEN-
SOR 1 COS. VII. DESIGN. VIII. E la seconda incisa posteriormente sulla parte del fusto
sottoposta alla detta cartella : imp. nerva . cassar [ avgvstvs . pontifex [ maximvs .
TRrB%T<ICIA I POTESTATE . COS. III. PATER [ PATRIAE . REFECIT. Su di UH piedestallo pOÌ
rinvenuto nello stesso luogo, e che però non sembra essere stato posto sotto alla detta
colonna, come fu supposto, si legge la seguente altra iscrizione che si riferisce alla stessa
via : IMP. CAESARI . DIVI 1 TRAIAKI . PARTHICI . F. | DIV I . NERVAE . NEP0TI j TRAIANO .
HADRIANO I AVG. PONTIF. MAXIM ] TRIB. POTEST. II. COS. II. ] VIATORES . QVI . IPSI . ET .
COS. ET j PR. CETERISQ. MAGISTRATIB | APPARENT . ET . H. V. È da Credere cbs BSSO
abbia invece servito a sostenere alcuna statua di Adriano eretta dai viatori dell'Appia
fD. Diego Revillas, Sopra la colonna chiamata Milliarium Aureum. Dissertazione dell'Ac-
cademia di Cortona. Tom. I. Parte II.)
(2) AEDEM MARTIS, FLVMEN ALMOXIS. (Curìosum. Reg. I.J AEDEM MARTIS ET MINER-
VAB ET TEMPESTATIS, FLN^MEN ALMOMS. (Notitia. Reg. I.J
5i VIA APPI4. PARTE II.
stesso colla semplice indicazione di essere fuori della porta Capena; da altra
parte poi viene dichiarato con diverse memorie avere esso corrisposto anche
fuori delia porta Appia ora denominata di S. Sebastiano, ove si trovava in
vista della parte retta della via Appia che cominciava dopo di avere trapassato
l'Aimone, e non di prospetto alla porta Capena secondo la comune opinione;
poiché in tal modo viene megho spiegata la notizia esposta da Ovidio (3).
Quindi è da credere che Servio, facendo menzione del tempio di IMarte in
confronto di quello di Quirino, che stava fuori della città in vicinanza delle
mura e della porta, abbia voluto ciò attribuire alla cinta di Aureliano che
racchiudeva la città al suo tempo ed alla porta Appia in essa aperta, e non
alla cinta di Servio ed alla vetusta porta Capena (i). Infatti tutte le memo-
rie, che si hanno dei tempi anche posteriori a Servio, dimostrano quel tem-
pio collocalo fuori della stessa porta Appia; ed anche il Bufalini lo indica
(3) Lux eadem Marti festa est; quem prospicit extra
Adpositum rectae porla Capena viae.
Te quoque, Tcmpestas, meritam dclubra fatemur
Cum paene est Corsis obruta classis aquis.
All'indicata notizia sulla posizione del tempio di Marie, si trova esposta la seguente
spiegazione dell" antico scoliaste di Ovidio: templum Martis stai recta fronte cantra Ca-
penam portarn et est appositum extra a viam tectam quae et hodie est Romae. (Ovidio, Fa-
sti. Lih. VI. V. 191 e segg.J In seguito di tale spiegazione si verrebbe in certo modo a
contestare la voce teclae invece di rectae o dextrae che si credettero di sostituire nei
citati versi: ma trovando più propria alle condizioni della via Appia la qualità di retta
che quella di lastricata che aveva in comune con tutte le altre vie consolari, giusta-
mente essa si deve preferire. Quindi sulla più probabile interpretazione della stessa indica-
zione di Ovidio è da osservare che il tempio di Marte doveva trovarsi più in vista
della parte retta della via Appia, la quale aveva principio dopo di avere trapassato
l'Aimone di prospetto al luogo in cui si trovava collocato il tempio stesso, che di cor-
rispondere di fronte alla porta Capena, come comunemente si spiega, per essere stato
decisamente collocato alquanto distante da essa. E quindi necessario l'osservare che il
surriferito scoliaste di Ovidio, scrivendo nel tempo che la porta Capena era stata so-
stituita dall'Appia, confuse evidentemente l'una coli* altra, allorché disse il tempio di
Marte avere la sua fronte rivolta alla porta Capena.
(4) Mars enim cum saevit, Gradivus dicilur: cum tranquillus est, Quirinus. Denique
in Urbe duo eiiis tempia sunt; unum Quirini intra Urbem quasi custodis et tranquilli :
alliud in Appia via extra Urbem prope portarn, quasi bellatoris id est Gradivi. (Servio, in
Virgilio, Aeneid. Lih. I. v. 292.J Servio, egualmente dello scoliaste di Ovidio anzidetto,
dovette intendere la porta Appia e non la Capena nelf indicare la posizione del tem-
pio di Marte estramuraneo.
TRI IL MIGLIO I. ED IL II. 55
fuori della indicata cinta nella ben nota sua pianta di Roma (5). Alcune
scoperte poi, imprese a farsi sino dal principio del passato secolo, come se
ne conservò memoria dal Santi Bartoli, hanno in modo più preciso fatto
conoscere la vera posizione tanto del tempio stesso quanto degli altri cdifizj
che stavano nel suo d'intorno; la qual posizione poi è stata contestata dai
ritrovamenti fatti nella vigna Marini nell'anno 18i8, di cui già se ne fece
menzione (6). Le più accurate considerazioni esposte sulla importante iscri-
zione di Salvia Marcellina, che aveva fatto dono di varie opere al collegio
di Esculapio e d'Igia, hanno tolto ogni dubbio sulla determinazione del luo-
go occupato da tale tempio ; poiché in essa vedesi dichiarato la località, deno-
minata ad Marlis dal tempio stesso, avere corrisposto tra il primo ed il
secondo miglio della via Appia a sinistra di coloro che uscivano dalla città.
La quale indicazione di luogo, stendendosi ad abbracciare una grande area
con diversi edifizj, tra i quali comprendevansi quegh accennati nella stessa
iscrizione, si doveva appropriare a quanto si trovava effettivamente pro-
(5) Le notizie, che servono a dimostrare essere stato il tempio di Marte posto
fuori della porta Appia, si trovano indicato nei seguenti passi degli atti dei SS. Mar-
tiri : Jussilque eum duci ad T. Marlis et ibidem dieta sentcntia capite Iruncari si non aquie-
sceret adorare nefandi Martis simulacrum. Tane B. Stephanus ductus a militibus foras mu-
ros Àppiae portae ad T. Marlis iterum sacrifìcent. (Alti di S. Stefano e S. Giu-
lio.) Et dadi foras rnuritm portae Appiac cocpit B. Syxtus dicere diacones du'
xerunt in cliviim Martis ante tcmplnm et ibidem decoìlatus est. (Atto di S. Sisto.) Tale
corrispondenza di luogo vedesi contestata in vario modo nelle vaghe memorie di Roma
che sono cognite col titolo Mirabilia; ed in quelle meno scorrette delle quali riportate dal
Montfaucon nel Diarium Italicum pag. 283, si dice: Haec sunt loca qime invenientur in
passionibus sanctorum foris portam Appiam, ubi beatiis Syxlus decoìlatus fuit, et ubi Domi-
nus apparuit Petra Domine quo vadis ? Ibi temphim Marlis inlus portam arcus Sijllae. Nella
citata pianta del Bufalini si denota tale tempio con però poca verità in forma rotonda,
ed anche più da vicino alle mura Aureliane di quanto cflettivamente esisteva.
(6) La indicazione dei ritrovamenti fatti in detto luogo, nel principio del secolo
passato, fu esposta dal Santi Bartoli nel seguente modo: cf Incontro alla detta vigna.
» (cioè quella appartenente alla famiglia Naro in cui al suo tempo furono scoperti diver-
» si sepolcri) dall'altra parte della strada, un poco più abbasso, vi furono cavati bellis-
» simi corniciamenti e colonne di marmo parlo, quali si crede che siano del tempio
» di Marte, nel quale fu condotto il S. martire Sisto. » (Fea, Miscellanea. Tom. I. Pag.
CCXLVI.) I ritrovamenti poi fatti nellanno 1848 nel luogo stesso furono da me de-
scritti nel foglio V del Bulleltino dell' Instituto Archeologico dell'anno 1850. Quindi è
da credere che i marmi, impiegati nella ediCcazione della anzidetta porla di S. Seba-
stiano, siano stati tolti dagli stessi edifizj, come già fu indicato.
56 VIA APPIA PARTE li.
trarsi tra il primo ed il secondo miglio della stessa via (7). Così si può sta-
bilire decisamente che il detto tempio, col suo bosco sacro, stava eretto in
quel piano inclinato verso la valle dell'Aimone che corrisponde a sinistra
della via Appia dopo il luogo in cui fu rinvenuta la detta colonna milliaria,
ed ove furono ultimamente scoperti alcuni grandi marmi scorniciati. Ed al-
quanto più inferiormente dovevano esistere gli anzidetti piccoli edifizj sacri
(7) La surriferita iscrizione, che si dichiara esistere nel palazzo Barberini, fu ri-
ferita dallo Spon nelle sue Miscellanee, pag. 52 , e dal Marini (Fratelli Arvali pag. SJ,
ma più esattamente ed anche per intero dal Fabretti flnscript. pag. 724. N- 443J e così
ancora dal Morcelli (Epig. Tom. I. pag. 521.J E la prima parte di essa è così espres-
sa: LEX . COLLEGI . AESCVLAPH . ET . UYGIAE | SALVIA . C. F. MARCELLINA . GB . ME-
MORIALI . FL. APOLLONI . PROC. AVG. QVI . FVIT . A . PINACOTHECIS . ET . CAPITO-
NIS . AVG. L. ADIVTOR ] EIVS . MARITI . SVI . OPTIMI . PIISSIMI . DOPO'M . DEDIT . COLLEGIO .
AESCVLAPI . ET . HYGIAE . LOCVM . AEDICVLAE . C\HI . PERGVLA . ET . SIGNVM . MARMO-
REVM . AESCVLAPI . ET . SOLARIVM . TECTVM . IVNCTVM . IN | QVO . POPVLVS . COLLE-
GI . SS. EPVLENTVR . QVOD . EST . VIA . APPIA . AD . MARTIS . INTRA . MILLIARIVM . I.
ET . II. AB . VRBE . EVNTIBVS . PARTE . LAEVA . INTER . ADFINES . VIBIVM . CALOCAERVM .
ET . POPVLVM iTEM SuU' indicata iscrizione di Salvia Marcellina è da osservare
che ben è vero che successivamente si trova fatta menzione di una edicola con un so-
lario coperto, o cenacolo, che serviva per la riunione del collegio di Esculapio e di
Igia che stava nel luogo stesso, e che costituiva ciò che dicevasi ad martis in scho-
LAM, come è registrato nella stessa iscrizione ; ma è altresì vero che i medesimi marmi
scorniciati si trovano aver appartenuto ad un più nobile e grande edifizio di quello che
poteva essere costituito da una edicola o da un cenacolo qualunque. Non è ben cogni-
to in qual tempo fosse stata rinnovata la prima fabbrica del tempio eretta sino dal-
l'anno 368 di Roma, secondo Livio fLib. VI. e. òj ; perchè dalle posteriori memorie si
conosce essere stata più vasta e più nobile di quella che poteva esistere ncll' indicata
prima edificazione : ma per quanto può dedursi da un bassorilievo dell'arco di Costan-
tino, appartenente ad altro arco più antico di Trajano, in cui vedesi effigiato questo
imperatore trattenuto avanti ad un tempio tetrastilo corintio, prima di entrare trion-
fante in Roma dopo la vittoria dacica, come precisamente accadeva avanti al tempio
di Marte, portandosi però ad esso dalla città, come già fu osservato, si deve stabilire es-
sere stato in tale epoca edificato con architettura corintia propria dèi tempo imperia-
le; ed a tal genere di architettura effettivamente si conoscono avere appartenuto i
surriferiti marmi. Quindi è da osservare che evidentemente al medesimo luogo sacro ad
Esculapio e ad Igia, doveva appartenere quella iscrizione riferita dal Muratori alla pagi-
na XX, N. 2 ; perchè si dice comunicata dal marchese Capponi, che fece diversi scavi
in tale località. E propriamente al tempio di Marte doveva appartenere quella iscri-
zione che fu riferita dal Grutero pag. LVT, N. 7, in cui si trova indicato: martei .
M. CLAVDIVS . M. F. coNSOL. DEDIT ; perchè si dice rinvenuta precisamente in vicinan-
TRA IL MIGLIO I. ED IL II. 57
ad Esculapio e ad Igi'a. Nella stessa posizione doveva essere collocato quel
piccolo tempio, di cui si trova fatta menzione nella iscrizione di L. Cor-
nelio Scipione Barbato primieramente rinvenuta nelle adiacenze del sepol-
cro degli Scipioni ; poiché da Ovidio nei surriferiti versi se ne fece men-
zione dopo di avere ricordato il tempio di Marte, e nei cataloghi dei regio-
nari si annovera dopo lo stesso tempio unitamente a quello di Minerva, di
cui però non si hanno altre notizie (8).
CLIVO DI IMARTE. Apparteneva al luogo detto ad Marfis princi-
palmente il clivo denominato di Marte, che si è reso ben cognito in se-
guito della importante iscrizione che si conservava sino all'ottavo secolo
lungo la via Appia, come si è attestato nella raccolta delle iscrizioni anti-
che del codice Einsiedlense, e che venne successivamente riconosciuta ave-
re esistito nel muro di cinta dell'anzidetta vigna Naro, ove da vicino fu
rinvenuta la già descritta colonna milliaria ; perciocché vedcsi in tale iscrizio-
ne, ora trasportata al museo Vaticano, dichiarato essersi dal senato e po-
polo romano, evidentemente avanti l'epoca imperiale, ridotto con pubbli-
co dispendio il clivo di Marte a pianezza , cioè essersi agevolato il piano
inclinato di detto clivo; giacché la riduzione a piano perfetto di qualunque
salita non può ottenersi altro che col toghere una elevazione intermedia tra
due piani proclivi in senso opposto e non con uno soltanto (9). Siccome
za della porta di S. Sebastiano, la quale notizia serve pure a contestare la corrispondenza
dèi tempio stesso in tale luogo. Altre iscrizioni si dicono rinvenute nel luogo stesso.
le quali, mentre contestano la situazione in tale località del tempio di Marte, non sono
poi di niuna importanza per la topografia, e sono riferite dalPAmaduzzi fNov. litt.
Firenze. Anno 1786. A'. ì), in cui si trova scritto: mart. sac. t. livivs . t. f. . . . Inol-
tre dairantico scoliaste di Giovenale, spiegando la notizia esposta al v. 7 della Satira I
con le parole, quam mihi luciis 3Iarlis, osservava, Lucum Martis dicit qni Romac est in
Appio, in quo soìebant recitare poetae, si viene così a conoscere che unitamente al tempio
stesso esisteva un bosco sacro. Infine si crede opportuno pure far cenno dì quella pietra
Manale, la quale solevasi portare per Roma in caso di siccità per ottenere la pioggia,
come venne indicato da Festo in Manalcm e da Nonio in Tntlìum.
(8; Si veda la Nota 25 del precedente partimento, e le antecedenti 2 e 3.
(9) La indicata iscrizione, denotante il suddetto spianamento fatto nel medesimo cli-
vo dal senato e popolo romano, che ora esiste nel Museo vaticano, e che offre scolpite con
vetuste lettere: senatvs | popvlvsqve | romanvs | clivom | martis ] pecvnia . pvblica f
i-\ . PLAMTIAM I REDiGEXD\"M | CMiAviT. csistcva aucora siuo allottavo secolo lungo la via
Appia. come è dichiarato dalla raccolta d" iscrizioni dell'anonimo viaggiatore edita dal Ma-
hillon. Quindi apparisce da ciò che feltra simile iscrizione, che venne riferita dal Ma-
zocchi come esistente nel rione Trevi in altro modo scritta, sia una contrafazione. E
8
58 MA APPIA PARTE II.
da molte autorevoli memorie si può solo riconoscere la corrispondenza
di detto clivo di Marte in quella parte della via Appia che dal fiume Ai-
mone sale sul piano elevato ora occupato dalla porta di S. Sebastiano
e dall'arco di Druso; così la indicata riduzione si deve credere essersi ef-
fettuata coU'avere abbassata la sommità di quella elevazione che serviva
di collegamento tra la estremità meridionale dell'Aventino e quella del così
(letto Celiolo. Infatti, mentre si trova il detto arco di Druso, stabiUto cer-
tamente dopo la detta riduzione, corrispondere al piano attuale della stra-
da, si rinvengono poi i monumenti sepolcrali di più vetusto stabilimento,
e principalmente quello degli Scipioni e quegli scoperti nelle vigne Codini.
siccome il luogo, in cui fu nel passato secolo discoperta la stessa originale iscrizione, in
vicinanza del casino delia vigna Naro, corrispondeva precisamente d'incontro a quello, in
cui si sono rinvenuti i marmi riconosciuti appartenere al tempio di Marte ; così ne viene
di conseguenza che il clivo di Marte non fosse altro che quella parte della via Appia in
declivo che dall'attuale porla di S. Sebastiano, o Appia, discende sino al luogo in cui tran-
sita l'Aimone, come in particolare è dichiarato dalla surriferita iscrizione di Salvia Mar-
cellina, in cui si stabilisce il luogo detto ad Martis precisamente lungo la via Appia. In-
fatti se si prendono a considerare le seguenti notizie di Livio: semitamque saxo quadrato a
Capala porta ad Martis straverunt. (Lib. X. e. 23J; via a Martis silice ad Bovillas per-
slrata est. (Lib. X. e. 47,'; viam silice stcrnendam a porta Capcna ad Martis locaverunt.
(Lib. XXXVIII. e. 78', si troverà dimostralo chiaramente che l'indicato clivo non pote-
va essere disgiunto da quella parte della via Appia che dalla porta Capena metteva nel luo-
go detto ad Martis e da questo luogo a Boville. Né può appropriarsi al clivo di Marte
quella salita che esiste vicino al sepolcro di Cecilia Metella, che è l'altro solo piano incli-
nato che si possa considerare quale clivo nella stessa prima parte della via Appia, come è
opinione di alcuni scrittori ; poiché tale luogo si trova avere corrisposto assai da vicino al
terzo miglio, e non tra il primo ed il secondo, come è dichiarato dai suddetti documenti.
D'altronde la corrispondenza del clivo di 3Iarte nella surriferita prima discesa, oltre al-
l'essere contestata dal ritrovamento ivi fatto della esposta importante iscrizione, è anche
dimostrata da Cicerone con questa notizia : Romae et maxime Appia ad Martis, mira prolurics.
Crassipedis ambtdatio aliata, horli, tabernae plurimae : magna vis aqiiae, iisque ad Piscinam
publicam. (Ad Quintum Fratrem. Lib. ITI. Ep. 1); perchè si dimostra una vicinanza tra il
luogo detto ad Martis e quello della Piscina pubblica che stava compreso entro la porta
Capena nella regione duodecima, dalla quale essa riceveva il nome. Dalle indicate notizie di
Livio si viene in tal modo anche a dimostrare che la via Appia cominciava propriamente
soltanto dopo TAlmone, come vcdcsi accennato dalle seguenti parole di Stazio: Est locus
ante urbetn, qua primum nascitur Appia. (Silv. Lib. VI. v. 222,'; perchè effettivamente sol-
tanto dopo lo slesso fiumicello la via Appia si trova avere avuto una direzione retta, men-
tre nel tratto anteriore era tortuosa, e forse anche di molto ristretta, e perciò distinta con
il nome semita dallo stesso Livio.
TRA IL MIGLIO I. ED IL II. 59
Moroni e Casali, corrispondere ad un piano più elevato quantunque fos-
sero per la loro specie di struttura già costrutti sottoterra. Percui può sta-
bilirsi con molta evidenza essersi la parte della via antica, compresa tra
la porta Appia, o di S. Sebastiano, ed incirca il sepolcro degli Scipioni, ab-
bassata forse non meno di quaranta piedi ; ed essersi ridotta così la succes-
siva parte della via, che discendeva verso l'Aimone e che costituiva il clivo
di Marte, ed avere di altrettanta misura minore proclività.
ARCHI DI YERO E DI TRAJANO. Nei surriferiti cataloghi dei re-
gionari, trovandosi annoverati dopo il tempio di Marte gli archi dei divi
Vero e Trajano con quello di Druso già considerato, e quindi in alcune
memorie del medio evo conoscendosi che alcuni archi trionfali esistevano
nel luogo stesso sino almeno al duodecimo secolo, si può così stabilire che gli
enunciati archi stassero collocati precisamente lungo il suddetto clivo di
Marte che transitava lateralmente al tempio consacrato allo stesso nume.
D'altronde in uno dei bassorilievi, che adornano l'arco di Costantino e che
si conoscono avere appartenuto ad altro di Trajano non evidentemente com-
pito, si conosce essersi rappresentato l'arco anzidetto eretto in onore del
divo Trajano nel clivo di Marte con la effigie del tempio quale doveva esi-
stere nell'epoca del medesimo imperatore. In tale rappresentanza non deve
riconoscersi il principe in atto di entrare in Roma venendo dalla via Ap-
pia, ma bensì andando dalla porta Capena al tempio di Marte; giacché
vedasi il tempio stesso figurato alla sua sinistra. Dell'arco del divo Vero
poi non se ne hanno precise notizie, ma è da credere che esistesse piiì
verso la parte inferiore del clivo in vicinanza del fiumicello Aimone ; poi-
ché secondo tale ordine vedesi esso cogli anzidetti altri archi annoverato
nelle citate memorie (10).
CAMPO DI MARTE. Nel piano sottoposto al luogo, in cui stava il
tempio di Marte e corrispondente lungo il fiumicello Aimone sempre a si-
nistra del cammino lungo la via Appia, doveva esistere quel campo in cui
si riunivano le mihzie prima di entrare in Roma precipuamente in occa-
(10) AEDEM MARTIS, FLVMEN ALMOMS, ARCVM DIVI VERI ET TRAIAM ET DRVSI.
(Curtosum. Reg. I.) Arms .... foris Appiam portam ad templam Martis et triumphalis ar-
cus. Tale notizia, che si rinviene registrata nei Mirabilia, trovasi espressa in vario modo nel-
Tarticolo sugli Archi e nell'epilogo finale delle diverse edizioni che si hanno di tal libercolo,
ed anche vedesi il detto arco trionfale confuso con quello di Teodosio, Valentiniano e Gra-
ziano che stava vicino alla chiesa di S. Celso nella regione IX. Il bassorilievo poi dell'arco
di Costantino, in cui vedesi rappresentato il tempio di Marte con l'arco anzidetto di Traja-
no, si prese a considerare nella Tav. CCLVII dell'opera mia sugli Edifizj antichi di Roma.
60 VIA APPIA P.ARTE II.
sione (li alcune pompe trionfali 5 perciocché da Appiano, nel determinare il
luogo in cui si trattennero le milizie di Cesare condotte dalla Campania, s'in-
dica avere corrisposto a quindici stadj distante da Roma, cioè tra il primo
ed il secondo miglio, nel quale spazio si comprendeva tutto ciò che era
distinto col titolo ad Martis, come già fu dichiarato. E si è solo collo sta-
bihre in tale posizione il detto luogo di riunione per le minzie, che si
possono concordare quelle notizie che sono relative alla solennità che si ce-
lebrava nel mese di luglio in memoria della vittoria riportata al lago Re-
gillo; poiché, mentre i cavalieri in numero di cinque mille soltanto si po-
tevano riunire in tale ampio spazio in vicinanza del tempio di jMarte, come
venne accennato da Dionisio, la processione poi regolarmente ordinata ve-
niva ad avere solo principio da vicino al tempio dell'Onore e della Virtù,
collocato successivamente lungo la via Appia in luogo ristretto, da dove
si portava con ordine al tempio di Castore e Polluce stabilito nel foro Ro-
mano, come si deduce da Aurelio Vittore e da Dione, il quale perciò in-
dicava tale celebrità col titolo dell'Onore e della Virtiì. Ed è soltanto nel
medesimo campo che potevano riunirsi le milizie di ritorno dalle guerre
ed appendere le armi nel tempio di Marte, come si accenna da Proper-
zio e da Livio precipuamente (11). Quindi si può dedurre che evidente-
mente uno dei suddetti archi di trionfo fosse posto nell'accesso al medesimo
campo praticato lungo la via Appia prima di giungere all'Aimone.
ORTI DI TERENZIO. Sapendosi da Svetonio che Terenzio, celebre
poeta, possedeva alcuni orti dell'estensione di venti jugeri nelle adiacenze
della via Appia nel luogo detto ad Martis, e conoscendosi per alcuni ri-
trovamenti fatti nell'anno 1826 nella vigna Frediani già appartenente a
(11) Tcàlxo!. Sdizà'j, £cr-/37c zòv Kxiaxpx, (xvliaixp.vjov npò tov àa-tipoi ani craoj'wv
mvmxcd-y.x Èv tw tsÙ "Apia; IzpS). {Appiano, Guerre Civili. Lih. III. e. ii.J 'ApHaf^.ivs;
u.h àr.ò \zpCf\> Tjvcg "kpza^ È^w rÀ; tls^sw; topu[J.i'jo'j ^iiyi'jxi^ 3c TV7V zc/jXr,v r.ol'.'j 0'.:<
Tvjj àrppxt, v.oà napà x6 xàv Ato<ji{ovpc>ì-j. (Dionisio. Lib. VI e. Ì3.J Eie primus instituit, uti
equites Romani idibtis quinctilibus ab acde Honoris, equis insidentes, in Capitolium transirent.
l'Aurelio Vittore, De Viris Ulust. e. 32.J T/jv t£ ttj; TjjW.^; y.xì tvjs'A.oitvj; nay^'jvptv ig rà;
vùv r,ij.ipci(.: iJ-iricrr^a-. (Dione. Lib. LIV. e. 18.J Con i seguenti versi di Properzio {Lib. IV.
Ehg. IIIJ, si fa menzione delle arme votive che si appendevano dalle milizie alla porta
Capena, cioè al tempio di Marte posto fuori di tale porta :
Armaque quum tulero portae votiva Capenae
Subscribam, Stdvo grata pnella viro.
Come venne attestato da Livio con la seguente notizia: qmim omnes extra portoni Capenam
ad Martis aedem convenire armatos juniores iussisset. [Livio. Lib. VII e. '23.y
TRA IL mano I. ED IL II, 61
Pieri collocata nella piccola via suburbana detta delle Tre madonne, che
da vicino alla porta di S. Giovanni mette alla Latina, i quali si conobbe-
ro avere alcuna corrispondenza con lo stesso Terenzio e principalmente un
busto di marmo, in cui si volle da Alessandro Visconti vedervi la sua ef-
figie, si deve così stabilire essere stati in tale luogo decisamente collocati
i suddetti orti di Terenzio nonostante la contraria opinione palesata dal-
l'Amati che prese ad illustrare le dette scoperte ; perciocché effettivamen-
te l'indicato luogo, corrispondendo da vicino alla porta Latina, si acco-
stava pure a quello preso a descrivere, in cui stava il tempio di Marte
cogli altri accennati monumenti compresi sotto lo stesso titolo (12). Ed è
importante l'osservare che dalla medesima scoperta si può stabilire che il
luogo detto ad Martis si stendeva dalla via Appia alla Latina al di fuori
della cinta delle mura Aureliane; e così resta sempre piti confermato es-
sere stato effettivamente il medesimo tempio di Ì^Iarte collocato nello spa-
zio compreso tra le dette due vie.
SEPOLCRI DIVERSI A DESTRA DEL CLIVO DI MARTE. Nella
vigna Naro anzidetta, in cui fu rinvenuta tanto la iscrizione relativa al cli-
vo di Marte quanto la colonna del primo miglio, furono nel secolo pas-
sato scoperti diversi sepolcri, di cui ci sono state tramandate poche me-
morie dal Santi Bartoh e dal Ficoroni principalmente ; quindi dal Labruzzi
si pubblicò il disegno di una celia costruita con bellissima opera laterizia
(12) La notizia, esposta da Svctonio sugli orti di Terenzio, è contenuta in queste po-
ctie parole : Rdiquil filiam, qiiae post eqiciti romano niipsil : item hortulos vigiliti jiigcrum in
via Appia ad Martis villani. (Svetonio, nella vita Terenzio, e. ò.) II vocabolo villam posto in
fine della riferita notizia, si crede un'aggiunta intrusa dagli trascrittori o sostituita al verbo
denotante il possedimento degli stessi orti. Le notizie poi delle scoperte fatte nell'an-
no 1826 nella vigna Frediani, posta nella via detta delle Tre madonne, si trovano esposte
dall'Amati nel Voi. XCIV del Giornale Arcadico del mese di ottobre dell'anno 1826 pag.
105 e segg. e nel Voi. CXMI del mese di settemlire dell'anno 1828, pag. 221, ove si pren-
dono ad illustrare le iscrizioni, che si rinvennero nelle adiacenze dello stesso luogo, tra le
quali si annoverano alcune appartenenti agli Scipioni. Con esse si venne a determinare ave-
re corrisposto eziandio tra le vie Appia e Latina e gli orti suburbani degli Scipioni indicati
da Cicerone nel suo libro sulla Repubblica. Dal Mazocchi poi ai foglii CLXXXIII e
CLXXXIV della sua raccolta d'iscrizioni antiche, ne riferisce diverse esistenti al suo
tempo in tale luogo, le quali però non hanno alcun interesse per lo scopo nostro. Così
questa indicazione può supplire a quanto vagamente sotto il titolo generale di Via Appia
fu esposto dal Grutero nel riportare molte delle stesse iscrizioni, precipuamente dalla pa-
gina MXXXI alla MXLH.
62 Vl.V APPIA PARTE II,
e coperta con volta adornata elegantemente di stucchi che in gran parte
ancora si conservano (13).
FIUME ALIMONE. Tra le pertinenze della regione I si annoverava
pure l'Aimone, che doveva prescriverne il limite meridionale. Per esso vie-
ne riconosciuto quel fiumicello che scorre nella valle della Caffarella e che,
traversando la via Appia nel luogo detto volgarmente Acquatacelo, va a
scaricare le sue acque nel Tevere in vicinanza del primo miglio della via
Ostiense. Lo stesso fiumicello era divenuto rinomato presso gU antichi a mo-
tivo della celebrazione che facevasi dai sacerdoti di Cibele nelle calende
di Aprile per lavare il simulacro e gli utensili proprii alla stessa dea, co-
me venne ricordato da Ovidio, da Lucano, da Marziale e da altri espo-
sitori di memorie storiche (14).
SEPOLCRO DI PRISCILLA. Siccome da Stazio venne descritto che
il sontuoso sepolcro eretto da Abascanto, liberto favorito di Domiziano, alla
sua moglie Priscilla si trovava subito dopo di avere oltrepassato l'Aimone
anzidetto lungo la via Appia, e che vedevasi coperto da un tolo con va-
rie statue che lo adornavano ; così si venne a determinare avere apparte-
nuto a tale monumento quella grande reliquia d'interna struttura che esiste
entro la casa dell'osteria di Acquatacelo quasi d' incontro alla piccola chie-
sa denominata Domine quo vadis? perciocché esso presenta la forma di un
monumento che da sopra un basamento quadrangolare s' innalzava un cor-
po rotondo assai adatto ad essere coperto da un tolo ed avere nelle gran-
di nicchie, superstiti nel suo d' intorno , diverse statue, come s'indica nei
versi di detto poeta. E tale opinione venne confermata dalle scoperte fatte
(13) Santi Bartoli, Memorie. N- 87; Ficoroni, Memorie. ^V. 110; Labruzzi, Via Appia.
Tav. XII. Dair Uggeri fVol. XV. Capo di Bove e Valle delle Camene. Tav. V. Fig. \J si ripor-
ta la pianta del medesimo sepolcro della vigna Naro di più conservato.
(14) Est locus in Tiberini qua lubricus influii Almo
Et nomen magno pcrdit in amne minor,
lllic purpurea canus cum veste sacerdos
Almonis dominam sacraque lavit aquis.
(Ovidio, Fasti. Lib. IV. v. 335 e segg.J
Et parvo lotam revocant Aimone Cybclem.
(Lucano, Farsalia. Lib. I. v. 600.^
Phrygiaeque matris Almo qua lavat ferrum.
(Marziale. Lib. III. Epig. iT.J
Così si trova registrato da Vibio Sequestre nelle sue memorie : Almon Romae, ubi Mater
Deum VI. Kal. Apr. lavatur.
TRA IL MIGLIO I. ED IL II. 63
nel secolo passato intorno alla medesima grande reliquia ( 1 5). E se tale
monumento venne eretto nelle proprietà dello stesso iVbascanto, come era
consuetudine presso i romani, si dovrà credere che nelle slesse adiacenze
fossero collocati quei bagni di Abascanto che si trovano registrati nei cata-
loghi della regione I : ma su di ciò nulla di positivo può determinarsi.
(15) Stazio, dopo di avere narrato come il corpo di Priscilla non fosse stato abbru-
ciato ma involto in un velo purpureo, dimostra essere stato collocato in una tomba di
marmo posta lungo la via Appia subito dopo di aver oltrepassato TAImonc con i se-
guenti versi :
Est locus ante urbem, qua jjrimitm nascitur ingcns
Appia; quoque Italo gemitus Aimone Cybcle
Ponit, et Idaeos jam non reminiscitur amnes.
Hic te Sidonio velatam moUiter ostro
Eximius cunjux fnec enim fumantia busta
Clamoremque rogi potuit perferrej beato
Composuit, Priscilla, toro: nil longior aetas
Carpere, nil aeri poterunt titiare laborcs
Siccatam tnembris; tantas venerabile marmar
Spirai opes: max in varias mutata novaris
Effigies; hoc aere Ccres, hoc lucida Gnosis,
Ilio Maia tholo, Vcnus hoc non improba saxo.
Accipiunt vultus, haud indignata, decoros
Numina; circumstant famuli, consuetaque turba
Obsequiis: tum rite tori, mensaeque parantur
Assiduae: dotnus isla, domus; quis triste sepulcrum
Dixerit?
(Stazio, Silvar. Lib. V. N. I v. 221 e segg.J
Negli scavi, fatti intorno al detto monumento nell'anno 1773, si rinvenne la seguente iscri-
zione che servi di documento per considerare in esso la corrispondenza del sepolcro di Pri-
scilla : DIS . M. SACR 1 AHPBODISIO ] VERNAE . SVO . DVLC ] FECIT . T. FLAVIVS | EPAPHRO-
DITVS 1 AEDrrV\'S I ABASCANTI . ET . PRISCIL ] LAES . PATRONOR | ET . SIRI . SVIS . B. B.
Perciocché si trova in essa attestato che Epafrodito, liberto di Ahascantoe di Priscilla, fu
edituo del loro sepolcro e consenò il nome degli stessi suoi padroni, e che dovette essere
slato sepolto in vicinanza del monumento che ebbe in custodia. Da altra iscrizione, rinve-
nuta nel luogo stesso, si conosce che ivi fu pure sepolto un certo Lamiro liberto del me-
desimo Abascanto dichiarato segretario privato di Domiziano: lamtro . abascanti | avo.
LlB. AB. EPISTVLIS ] DOMITIA . NEREIS j COMVGI . OPTIMO. Da qUCStC ÌSCrÌZÌonÌ, chc furO-
no pubblicate dalKAmaduzzi (Anecdota litteraria. Tom. I. pag. 477 ', conoscendosi la perti-
nenza ad Abascanto ed alla sua moglie Priscilla, che ebbero sepoltura nel luogo stesso, si
venne a stabilire avere effettivamente appartenuto al descritto sepolcro di Priscilla la gran-
64 VIA APPIA PARTE II.
SEPOLCRO DI GETA. Venendo narrato da Sparziano che il corpo
di Gela fu riposto nel sepolcro dei suoi maggiori, cioè dei parenti di Se-
vero, che stava lungo la via Appia a destra di coloro che si avvicinavano
alla porta, e che era formato a guisa di Settizonio, e quindi essendo di-
moslrato che per tale monumento non può intendersi il Settizonio di Set-
timio Severo che stava nell'angolo meridionale del Palatino entro la città,
non si può trovare miglior reliquia che offra tracce di un monumento ador-
nato con sette zone di distinta decorazione, che compiesse la forma prescrit-
ta ai Settizouii, altro che quell'avanzo di interna costruzione che esiste nella
parte opposta all'anzidetto sepolcro e che corrisponde alla destra della via
di coloro che si portano verso la città, come è prescritto nella surriferita
notizia \ giacché tutto ciò che sussiste serve di documento per stabilire es-
sere stato in tal modo decorato (16).
COLOMBARIO DETTO DEI LIBERTI DI AUGUSTO. Dopo la
edicola di Domine quo radis? la via Appia piega alquanto a sinistra se-
guendo l'andamento antico, come è contestato da alcune reliquie di se-
polcri che esistono nei lati. Quindi dopo la deviazione della via moderna,
che mette nella valle della Caffarella, rivolge di nuovo alquanto a destra
per prendere dopo breve salita la direzione della lunga via che in linea
retta si protrae sino ad Albano. È da tale luogo che precisamente aveva
principio la via distinta con la qualità di retta e regina delle lunghe vie,
mentre la parte anteriore era primieramente indicata col titolo di semita,
0 via ristretta, e di clivo di Marte, come vedesi accennato nelle spesso
citate notizie di Livio relative ai primi lastrici fotti in essa. Ed infatti
de reliquia superstite. Tale monumento poi si trova già essere stato dimostrato dal Santi
Bartoli nella sua raccolta sugli antichi sepolcri, dal Piranesi nel Voi. II, Tav. XXVII e
XXVIII delia sua grande opera sulle Antichità Romane e dal Labruzzi nella Tav. XV della
sua raccolta delle vedute della via Appia. Da tutte queste notizie si è potuto stabilire una
idea della sua intera decorazione quale è esposta nella Tav. CCLXX dell'opera sugli Edifizj
di Roma antica.
(16) Ulatusque est mniorum sepulcro, hoc est Severi quod in Appia via euntibiis ad por-
tarli dextram specie Septizonii extructum, quod sibi Uh vivus ornaveral. (Sparziano, in Geta.
e. 7. Per avere conoscenza della diCfcrcnza che vi era tra il detto sepolcro di Geta ed il
Settizonio di Settimio Severo, posto entro Roma nell'angolo meridionale del Palatino, si
veda quanto fu espósto nella descrizione dello stesso monumento esibito nella Classe XIII
delfopera sugli Edifizj di Roma antica, e quale fosse farchitettura del sepolcro di Geta,
quanto fu rappresentato nella citata Tav. CCLXX dell'opera stessa. Il Labruzzi nella
Tav. XIV ne dimostra in modo più palese lo stato di rovina in cui si trova ridotto.
TRA IL MIGLIO I. ED IL II. 65
Stazio, neir indicare la posizione dell'anzidetto sepolcro di Priscilla, accenna-
va precisamente esservi stato da vicino il primo accesso alla via Appia dopo
di avere oltrepassato l'Aimone. Nel salire dal medesimo luogo inferiore al
superiore, s'incontra a sinistra una grande reliquia di un sepolcro di forma
rotonda esteriormente e nell'interno quadrangolare con soli quattro luoghi
distinti per collocare depositi ; e scorgesi essere esso stato tutto costrutto con
grandi pietre in modo da potere appartenere solo ad alcuni distinti per-
sonaggi, di cui restano ignoti i nomi (17). Di seguito dalla stessa parte
sinistra si vedono incorporate nella casa della vigna, ora Vagnolini, le reli-
quie di uno dei piìi grandi sepolcri comuni a più persone, denominati co-
lombari dai molti loculi, che mai si sia scoperto. Esso consisteva in tre gran-
di celle, nelle di cui pareti erano praticati più centinaia di loculi. Inoltre si
riconosce essere stato decorato con pilastri ed altri ornamenti fatti coH'ope-
ra laterizia, come si trovano eseguiti diversi altri simili monumenti della
via Appia. Si volle credere avere questo colombario appartenuto ai liberti
di Augusto, col quale titolo si distinse: ma ciò senza alcun autorevole do-
cumento, mentre a gran varietà di defunti si conosce essere stata data se-
poltura nelle dette tre celle (18). La maggiore delle indicate celle sepol-
crali offrì poscia opportuno mezzo per stabilirvi un ampio tinello ad uso
dell'anzidetta vigna; cosi al deposito dei defunti si è sostituito quello dei
vini. Quasi di fronte al medesimo colombario, nella parte opposta della
(17) Tale sepolcro venne in modo più ampio preso ad esporre dal Piranesi nel Vo-
lume II delle Antichità Romane, Tav. XXXVI e XXXVII, e se ne determinò la sua esi-
stenza in vicinanza della vigna in allora Buonamici ed ora Vagnolini. Nelle stesse adia-
cenze si dovette scoprire il musaico che il Ficoroni dice rinvenuto nell'anno 1720 al di là
della chiesuola di Domine quo Vadis? in cui si lesse il nome deHartelìce severvs con rappre-
sentanza di giuochi circensi. (Memorie. N. 19. ' Ed in vicinanza della stessa chiesuola si atte-
sta dal Gruferò, colTautorità dell'Ursino principalmente, essersi rinvenute le iscrizioni che
riferisce alle Pag. xMXXXI. N. 4, MXL. N. 1, MXLI. N. 8. MXLIl. N. 7, N. 16 e N. 17.
Ed anche quella della Pag. MXLin. N. 1, che si dice rinvenuta vicino allAlmone e che si
riferisce ad un sepolcro dell'epoca più antica. E sulla asserzione del Ligorio si dice avere
esistito pure nel luogo stesso il sepolcro degli Arrii.
(18) Il colombario comunemente detto dei liberti di Augusto, esistente nella vigna
già Buonamici ora Vagnolini, è stalo in più ampio modo dimostrato nella sua intera forma
dal Piranesi nel Voi. II delle Antichità Romane. Tav. XL, XLI e XUI; e dal I.abruzzi,
Tav. XVI e XVII. Dal Fabretti si riportano alla Pag. 50 alcune iscrizioni rinvenute in es-
so, con cui si dimostra la poca convenienza della particolare pertinenza sua ai liberti di
Augusto, come si prese a dichiarare pure dal Nibby. (Analisi. Tom. IH. Pag. Ó36.J
9
66 VIA API'IA PARTE II.
via, esiste una reliquia di altro grande monuuiento sepolcrale, di cui s igno-
ra la pertinenza e la sua precisa forma per essersi spogliato di lutti i pro-
pri ornamenti, e per non essersi conservata alcuna memoria dei ritrova-
menti fatti nel suo d'intorno nel passato secolo.
COLOMBARIO DEI LIBERTI E SERVI DI LIVIA AUGUSTA.
Negli anni 1725 e 1720 fu scoperto, sempre a sinistra dell'Appia, nella suc-
cessiva vigna, in allora appartenente a Giuseppe Benci, l'enunciato impor-
tante colombario dei liberti e servi di Livia Augusta , del quale ora disgra-
ziatamente si rinvengono soltanto pochissime tracce. Il Ficoroni ne descrisse
il modo con cui si venne casualmente a scuoprire; quindi il Gori ed il
Bianchini esposero le iscrizioni in esso rinvenute illustrandole con somma
dottrina. Dal Tiranesi e dal Ghezzi furono poscia riprodotte le stesse im-
portanti memorie corredandole con alcuni disegni per dimostrare la fornia
che aveva il monumento (19). Nella stessa posizione esistono avanzi di
sepolcri particolari costrutti per più gran parte con l'opera laterizia, tra i
quali inerita considerazione quello su cui fu stabiHta la piccola casa della
vigna Casali, che si trova corrispondere vicino al termine prefisso al secon-
do parlimento; poiché esso offre uno dei molti esempj di quei sepolcri
che furono costrutti coll'opera laterizia in forma quadrangolare e con de-
corazioni di pilastri corintii eseguiti colla stessa struttura (20).
(19) Ficoroni, La bolla d'Oro. Pag. 65 e segg.; Gori, iloni/mendim sive Columbariinn li-
bertorum el servorum Liviae Auguslae ; Bianchini, Camere ed iscrizioni sepolcrali dei liberti,
servi ed ìtlJiciali della casa di Augusto. Le stesse tavole furono riprodotte dal Ghezzi. Il Pi-
ranesi nel Volume IH delle antichità Romane, dalla Tav. XXI alla XXXIX, prese ad
esporre lo stesso monumento con tutte le iscrizioni in esso rinvenute. Merita considerazio-
ne tra le stesse iscrizioni quella di Batillo edituo del tempio di Augusto sul Palatino, che
si rinvenne scolpita su di un piccolo sarcofago ; perchè ha servito per togliere ogni dubhio
sulla vera posizione di un tale tempio : dis . manibvs | . . . avg. lib. batbyllvs . aeditvvs.
TEMPLI . DIVI . AVG. [ . . . ET . DIVAE . AVGVSTAE . QVOD . EST . IN . PALATIVM | IM-
MVNis . ET . iioNORATVs. Alcuue di tali iscrizioni si conservano nel museo Capitolino.
Ma di molle altre non si tenne verun conto, ed andarono perdute, come perduto fu quasi
per intero P importante monumento che conteneva tante preziose memorie.
(20) I sepolcri, che si trovano esistere in vicinanza del suddetto colombario dei servi
e liberti di Livia Augusta, furono in parte esposti dal Piranesi nel Volume III delle Anti-
chità Romane, Tav. XX, e dall'Uggeri nel Volume XV. Tav. V. Fig. 2, 3 e 4. Dal medesi-
mo Uggeri si fece conoscere esistervi nella piccola casa della vigna Casali due iscrizioni, che
egli trascrisse alla Pag. 41 di detta sua opera su Capo di Bove e valle delle Camene, le
quali non presentano alcuna importanza ragguardevole per essere prese in considerazione.
TERZA PARTE
TRA IL SECONDO ED IL TERZO iMIGLIO
CAMPO ED EDICOLA DEL DIO REDICULO. La lapide del se-
condo miglio, secondo la indicata diligente misura estesa dal luogo in cui fu
rinvenuta la prima colonna milliaria, si è trovata corrispondere a jM. 6 : 930
dopo di avere oltrepassato l'angolo meridionale della anzidetta piccola casa
della vigna Casali. Precisamente in vicinanza della stessa lapide doveva
esistere quel campo che con una edicola fu consacrata al dio Rediculo in me-
moria di esser Annibale, nella scorreria fatta intorno a Roma nel suo ritor-
no dalla Campania, rimasto da quel luogo atterrito da una visione ; poiché
da Plinio si accenna essere stato lo stesso luogo collocato alla seconda la-
pide della via Appia a destra di chi vi andava dalla città ; ed avere poi
corrisposto fuori della porta Capena si dimostra da Pesto (1). Percui può
stabilirsi essere stato situato tale campo in circa nella parte media della
(1) Plinio, nel descrivere i funerali celebrati con pompa al corvo che ogni mat-
tina dai Rostri salutava Tiberio con Germanico e Druso, esponeva la citata importan-
te notizia con queste parole: praecedente (ihicine, et coronis omnium generttm, ad rogum
usq>ie qui conulruclus dextra viae Appiae ad secundum lapidem, in campo Rediculi appel-
lato, fuit. i Plinio, Nat. Hist. Lih. X. e. 60.J Da Paolo poi venne esposta la seguente al-
tra notizia, compendiando Pesto nella spiegazione del vocabolo Rediculo, che ci è giunta
assai imperfetta: Rediculi fanum extra portam Capcnam fuit, qui accedens in Urbem Han-
nibal ex eo loco redicrit quibusdam perterritus visis. La varietà tra il vocabolo Rediculuf
e Ridiculus fu bastantemente spiegata dallo stesso Fasto e dal detto suo compendiatore
senza avere bisogno di altra dichiarazione. Forse lo spavento, che ebbe Annibale da ta-
le luogo nellavvicinarsi a Roma, dovette essere stato aumentalo dal campo che vi po-
se il console Fulvio Fiacco; perche egli in tale circostanza fece entrare da quella par-
ie l'esercito in Roma passando dalla porta Capena per andare a collocarsi tra la
porta Collina e la Esquilina quasi d'incontro airaccampamento di Annibale situato al
fiume Aniene distante tre miglia dalla città, come più chiaramente venne descritto da
Livio: In hoc tumullu Fulvius Flaccus, porta Capena cum exercitu Romam ingressus, me-
dia irbe per Carinas Esquilias conlendit. Inde cgressus, inter Esquilinam Collinamque por-
tam posuit castra Inter haec Hannibal ad Anienem /luvium Iria millia pas-
suum ab Urbe castra ndmovit. (Livio. Lib. XXVI. e. iO.J
68 VIA APPU PARTE III.
vigna Aniuiendola. ove infatti corrisponde un'ampia area piana capace di
avere potuto contenere un campo militare, quale esso si distinse con
lenunciato titolo. Nel lato settentrionale del medesimo campo doveva esse-
re collocato quel sepolcro, in cui nell'anno 1830 fu rinvenuto dal proprie-
tario della stessa vigna l'importante grande sarcofago, nel quale vedesi, se-
condo una opinione, scolpito un combattimento dei romani contro i guadi e
marcomanni, e secondo altra opinione, una battaglia degli stessi romani con-
tro i galli; percui, seguendo la prima attribuzione, si venne a credere il
sepolcro, in cui fu rinvenuto tale sarcofago, avere appartenuto ad alcun
capitano di Marco Antonino, e secondo l'altra ad alcun individuo della fa-
miglia Attilia che visse nella stessa epoca degli Antonini, nella quale più
comunemente si scolpirono grandi rappresentanze figurate nei sarcofaghi (2).
Ma qualunque sia la vera spiegazione di tale scollura, sempre si vede in
essa effigiato un combattimento di romani contro i barbari ; e perciò, ap-
partenendo il monumento ad alcun distinto mihtare, assai bene conveniva
il suo collocamento in vicinanza di quel campo che fu rinomato per avere
offerto terrore ad Annibale. E se in esso si fosse voluto conservare alcuna
memoria dei combattimenti fatti dai duci romani contro i cartaginesi, se
ne sarebbe forse con più convenienza trovata una appropriazione al con-
sole Fulvio Fiacco; poiché egli in quella circostanza fece entrare l'esercito
in Roma dalla porta Capena percorrendo necessariamente la via Appia, o
ad alcun altro duce che combattè contro i cartaginesi comandati da An-
nibale : ma su di ciò nulla di certo si può determinare. Quindi ci basterà
l'avere accennato il luogo del ritrovamento dell'indicato monumento, che
può offrire maggiore importanza per la storia che per la topografia della re-
gione presa ad illustrare.
(2) Blackie, Combattimento di Romani e Barbari. Sarcofago rinvenuto nella vigna
Ammendola, Annali deli Instituto archeologico. Tom. III^ anno 1831. Tav. XXX e XXXI;
Nibbij, Sopra un sarcofago scoperto l'anyio 1830 nella via Appia entro la vigna Ammen-
dola. Dissertazioni della Pontificia Accademia Romana di Archeologia. Tom. IX anno 1840.
Nel BulleUino dello slesso Instituto delFanno 1830, Pag. 122, 254, 262 e 274, si trova-
no raccolte altre notizie sul medesimo ritrovamento e sulle varie spiegazioni che si
diedero della stessa scoltura. È da osservare inoltre clic in circa nella medesima posizione
doveva esistere quel fundo, che si dice di Prode ncU' iscrizione riferita dal Fabretti
Pag. 416, linea 6; perchè si accenna al secondo miglio dell'Appia: fvnd proclis in int.
VIA APPIA . MI. II. CVMPANTAN. Diverse altre osservazioni furono esposte sullo stesso
monumento, che, non essendo relative al nostro scopo, si tralasciano di prenderle in
considerazione.
TRA IL MIGLIO II. ED IL III. 69
COLO>IB.\RIO DEI LIBERTI DELLA FAMIGLIA CECILIA. Ben-
ché si conosca esservi stati altri monumenti sepolcrali distinti con il no-
me dei Cecilii, e particolarmente lungo il principio della via Aurelia sul
Gianicolo, ove tra i varj sepolcri discoperti nel secolo passato se ne rin-
venne uno dei Palangarii acquistato da Q. Cecilio, come venne dichiara-
to dal Santi Bartoli, ed eziandio al quinto miglio di questa stessa via Ap-
pia, come nel seguito sarà esposto ; pure per i ritrovamenti fatti negli an-
ni 1820, 1821 e 1822 nella parte della vigna Ammendola, ora Molinari,
che succedeva a quella, in cui si è determinato essere stato collocato l'an-
zidetto campo, si deve stabilire avere corrisposto uno di quei tanti sepol-
cri comuni distinti con il nome di colombari, in cui ebbero sepoltura di-
verse persone addette alla famiglia Cecilia ; poiché in esso furono rinve-
nute diverse lapidi che ad essa appartenevano, delle quali si è conservata
memoria unitamente alla forma e decorazione principale della cella sepol-
crale ora di nuovo sotterrata (.3).
COLOMBARIO DEI LIBERTI E SERVI DELLA FAMIGLIA VO-
LUSIA, Tra i moltissimi monumenti sepolcrali scoperti nel luogo stesso,
e nella medesima indicata epoca, merita che sia fatta menzione di quello
pure formato a guisa di colombario in cui furono rinvenute moltissime iscri-
zioni appartenenti ai liberti e servi addetti alla famiglia dei Volusii Satur-
nini. Ma mentre si è conservata memoria delle stesse iscrizioni ed anche
di alcune altre siniih, che furono dopo varie vicende ricuperate dal governo,
non venne poi tramandata alcuna precisa notizia della cella sepolcrale in
cui furono rinvenute. Solo si può stabihre, in seguito di particolari notizie,
che le prime furono ritrovate nel lato destro della via e le altre nella
parte opposta, cioè forse solo a motivo di alcun incognito e facile tra-
sferimento. Però è da osservare che nel lato sinistro si rinvennero diversi
frammenti di una monumentale decorazione scolpita nel peperino secondo
lo stile dei tempi che precedettero l'epoca imperiale, che si possono be-
nissimo appropriare ad un tale sepolcro : ma non si hanno poi precise me-
morie per stabilire siffatta appropriazione con qualche autenticità. Quindi
(3) Le iscrizioni dei Cecilii, rinvenute nella vigna Ammendola negli anni 1820,
1821 e 1822, furono esposte con illustrazioni del niarcticse G. Mekhiorri e del cav.
Pietro Visconti nel XXIII fascicolo delle EITemeridi Letterarie pubMicalo nel mese di
agosto dell'anno 1822, nel quale d'incontro alla Pag. 198 è riportata una veduti-
na con la pianta della cella sepolcrale in allora discoperta, in cui vedevansi in uno dei
lati praticati tre distinti loculi ornati con pilastrini e frontispizj.
70 VIA APPIA PARTE III.
per la importanza, che hanno le slesse iscrizioni, si ò credulo opportuno
d'indicare il luogo approssimativo del loro ritrovamento (i).
VIA ANTICA TRAVERSANTE L' APPIA TRA IL SECONDO E
TERZO MIGLIO. Sull'andamento della strada attuale, che a sinistra del-
l'Appia mette alla moderna strada di Albano al ponte Pignatelli, si cono-
sce avervi corrisposto una via antica, la quale dopo di avere trapassato l'arco,
che dava accesso al circo di Massenzio nel mezzo della parte semicircola,
e di seguito continuato lungo le fabbriche antiche esistenti nel lato setten-
trionale dello stesso circo, si vede esser stata portata ad unirsi coll'Appia tra
il secondo e terzo miglio; e quindi, trapassando la stessa via, si trova essere
slata rivolta verso la via Ostiense. La direzione di detta via, prima di giun-
gere a traversare l'Appia, viene determinala da alcuni grandi sepolcri che
offrono tuttora reliquie ragguardevoU. Esse sono contenute nella vigna già
Vidasca, che corrisponde tra le stesse due strade, e furono coll'autorilà del
Serlio specialmente considerati dal Labruzzi e dall'Uggeri. Ino di taU se-
polcri si conosce avere avuto una grande cella tonda con sei nicchie semi-
circolari, e l'altro vedesi disposto in forma quadrangolare con simili incava-
menli. La piccola casa della stessa vigna, che corrisponde nell'angolo della
detta deviazione, si trova pure essere collocata sopra un monumento sepol-
crale di forma quadrangolare e di costruzione laterizia (5). Più importanti
(4) Le dette iscrizioni dei liberti e servi della famiglia dei Volusii Saturnini, sco-
perte nella vigna Ammendola intorno Tanno 1822, si dicevano possedute dall'Amati sino
dall'anno 1826, e furono da lui pubblicate ed illustrate, in seguito di osservazioni fatte
dal Borgbesi, nel Tom. L del Giornale Arcadico delTanno 1831, dalla Pag. 250 alla
276, prendendone ad esporre trentacinque. Nciranno 1849 poi ne furono acquistate dal
Ministero del Commercio e Belle arti venti delle stesse iscrizioni dei Volusii, che pos-
sedeva il sig. Molinari, divenuto anche proprietario della vigna posta d'incontro a quella
di Ammendola, e furono inviate al museo Lateranense, ove si conservano ammucchiate
ancora nei depositi con diversi piccoli cippi ed altri marmi pure nella stessa circostan-
za acquistati.
(5; Il più ragguardevole sepolcro, che in forma curvilinea rimane Inngo la via.
che dall'Appia mette alla moderna strada di Albano, passando lungo il lato settentrio-
nale del circo di Massenzio, fu primieramente preso a considerare dal Serlio nel suo
libro sulle Antichità di Roma, e poscia riprodotto con due vedute dal Labruzzi nelle
Tav. XX e XXI della sua esposizione sulla via Appia, e successivamente dall'Uggeri
con le piante dèi due piani esibiti nella Tav. Vili, Fig. 1 e 2 del Voi. XV, e con
due vedute del Voi. XVI, N. 10 e 11. Quindi lo stesso Uggeri nel citato Voi. XV
espose nella Tav. VIII, Fig. 3. la pianta dei due piani del sepolcro quadrangolare che sus-
siste da vicino al suddetto di forma curvilinea. E nella Tav. Vili. Fig. 4 dello stesso
TRA IL MIGUO II. ED IL III. 71
nionunicnti. o almeno più riserbati dalle maggiori devastazioni, si rinvennero
nella protrazione della stessa via dopo di avere traversalo lAppia, ed essersi
inoltrata tra le vigne già Cassini ed Ammendola- poiché, rimanendo in tale
parte la via chiusa e per conseguenza negletta, non andò essa soggetta alle
comuni distruzioni. Infatti sino dall'anno 17G9 si narrano essersi fatti in tale
luogo importanti ritrovamenti, dei quali ne fu conservata memoria dall'Ama-
duzzi; e quindi si accrebbero in seguito delle scoperte imprese a fare
negli anni 1818, 1819 e 1820 dall' Ammendola anzidetto divenuto proprie-
tario dei detti due poderi, come venne indicato dal Fea. dichiarando egli
esservi stato nel luogo stesso, per la moltiplicilà dei sepolcri scoperti, un ci-
miterio gentilesco; mentre sembra invece essere slato ciò prodotto solo
dall' indicata protrazione di via secondaria che era rimasta occulta ai de-
^astato^i sino alla delta epoca (6). Furono nello stesso luogo rinvenute im-
Vol. XY delle opere di Uggeri si espone la pianta del sepolcro esistente nella casa
della detta vigna già Vidasca; ed è esibito nella veduta N. 9 del Voi. XVI. Quindi si di-
mostra aver dovuto appartenere ad esso la iscrizione di L. Cercenio da lui riferita
alla I*ag. 43 del suddetto Voi. XV; mentre poi dal Labruzzi si espone rinvenuta nel-
l'anzidetto grande sepolcro di forma curvilinea, come è dimostrato nella Tav. XX. In
ogni modo, non offrendo tale iscrizione certezza di avere appartenuto ad un singolare
monumento, non si rende importante il contestarne la sua pertinenza.
(6) Dall'Amaduzzi nella sua pubblicazione, intitolata Anedocta litteraria, furono espo-
ste le iscrizioni principali rinvenute nel suddetto luogo da D. Giulio Cassini nell'an-
no 1769 e seguenti, e ciò nel Tom. I, Pag. 465 e 468, 471 e 475; e nel Tom. III.
Pag. 466. Dal Marini (Momimcnù Arvali. Pag. 8, 691 e 699 ', e dal Peter in una dis-
sertazione pubblicata nell'anno 1815 su di un antico orologio solare, la quale fu inse-
rita nel Tom. I, Parte II degli Atti dell'accademia romana di Archeologia, si esposero
altre notizie sui ritrovamenti fatti in tale luogo, tra i quali si comprendeva lo stesso og-
getto preso ad illustrare, che può meritare considerazione per l'analogia del suo uso
con quanto erasi ivi stabilito. Al luogo, in cui fu rinvenuto il medesimo orologio solare, do-
vevano appartenere le due ben cognite are capitoline rinvenute nell'anno 1745, come ven-
ne asserito dal Ficoroni, nell'una delle quali si lesse: i. o. .m. soli . serapidi | Scipio .
OKFiTvs . V. G. I AVGVR j VOTI . cosipo . s. REDDiTvs. E nell'altra: M. D. M. ET .
ATIDI I L. CORNELIVS . SCIPIO . ORFITVS . V. C. | AVGVR . EX . VOTO | TAVROBOLIO . SI-
VE I CRiOBOLiO . FACTO. (Fea, Miscellanea. Tom. I. Pag. CLXII.Ì Percni può stabilirsi
esservi stato un qualche edifizio consacrato al Sole. La prima di dette are vedesi espo-
sta nel Voi. IV, Tav. 64, 65, 66 e 67 del Museo Capitolino illustrilo dal Foggini, e
la seconda dal Mazocchi che si dice esistere nella chiesa di S. Sebastiano. Il Fea poi,
nel volume intitolato. Varietà di Notizie, e pubblicato nell'anno 1820, all'articolo XXI
conservò più accurate memorie degli stessi importanti ritrovamenti, ed in particolare
T2 VIA APPIA PARTE IH,
portanti niomorie cristiane, che offriranno documento a coloro, che hanno
autorità di studiarle e di esporle, precipuamente dopo le ulteriori scoperte
che resero sempre piij meritevole di considerazione la stessa località. Negli
scavi, continuati dopo l'anno 1821 dal medesimo anzidetto proprietario, si
rinvennero altre memorie di ragguardevole interessamento, tra le quali si
annovera quella denotante la disposizione presa da trentatre distinte perso-
ne di portare a compimento uno dei tanti monumenti sepolcrali comuni
che doveva esistere nel luogo stesso (7). Moltissime poi furono le iscrizio-
ni sepolcrali che si rinvennero in tale posizione tanto negli scavi fatti per
più anni dal suddetto Santi Ammendola quanto successivamente dal Mo-
linari, il quale passò in possesso dello stesso fondo suburbano 5 e diverse
di tali iscrizioni, portando la indicazione di quanto la proprietà del mo-
numento si stendeva nella fronte e nell'agro, dimostrano avere appartenuto
a sepolcri particolari, che dovevano rendere quella parte di strada assai
importante, la quale ora è rimasta per più gran parte spogliata da tante
preziose memorie (8).
del testamento di Dasunio che fu poscia piiì accuratamente illustrato dal dottore Giu-
lio Ambrosch nel Tom. Ili degli Annali dell' Instituto Archeologico pubblicato nelKan-
no 1831, per esservi stato nelle Tav. agg. B C esposta correttamente la intera iscrizione.
(7) La enunciata iscrizione, denotante la unione di trentatre persone per por-
tare a compimento un monumento comune, fu esposta primieramente ed illustrata dal
march. G. Melchiorri e dal cav. P. Visconti nel fascicolo XVIII delle Effemeridi let-
terarie pubblicalo nel mese di marzo dellanno 1822 dalla Pag. 473 alla 493. Quindi
venne meglio dichiarala dalPAmali nel Voi. LXXXV del Giornale Arcadico pubblicato
nel dicembre dell'anno 1825, Pag. 347 e 348.
8) Le iscrizioni rinvenute nella vigna Ammendola dall'anno 1821 all'anno 1826,
furono esposte con illustrazioni dai suddetti march. G. Melchiorri e cav. P. Visconti nelle
Effemeridi letterarie pubblicate dall'ottobre 1820 a tutto fanno 1823, e particolarmente
nei Fascicoli XVII del fcbbrajo, XVIII del marzo, XIX dell'aprile, XXI del giugno,
e XXIII delfagosto 1822, XXVIII del gennajo, XXXI dell'aprile, XXXII del maggio,
XXXIV del luglio, XXXVI del seltendire, e XXXVII dell'ottobre 1823. Poscia furo-
no contiuate le stesse pubblicazioni nelle distribuzioni 1 e 2 delle Memorie Romane di
Antichità e di Belle arti che succedettero alle suddette Effemeridi, e che si stampa-
rono dall'anno 1824 al 1827. Tra le indicate diverse memorie faremo un cenno solo
(li quella di certo T. Elio Primitivo Archimagiro liberto di Adriano ; perchè in essa
si trova data notizia di un collegio dei cuochi che stava sul Palatino: t. aeuvs . avg.
LIB. PRIMITIVVS 1 ARCIIIMAGIRVS . ET ] AELIA . AVG. LIB. | TVCHE . COMVNX ] FECERVNT .
SIRI . ET . SVIS . LIB. LIBERTABVSO. [ POSTERISQ. EORVM | CVSTODIA . M0MME>TI . INHA-
BITANDI . NE . OVIS . INTER 1 CERE . VEI.LIT . QVOD . SI . NEMO . DE . H.^C . MEMORIA .
TRA IL MIGLIO II. ED IL III. 73
SCUOLA E COLLEGIO DEL DIO SILVANO. La memoria più im-
portante, che si sia rinvenuta nel medesimo luogo, è quella della iscrizio-
ne scoperta nell'anno 1773 da D. Giulio Cassini nella vigna di sua pro-
prietà che poscia passò all'anzidetto Santi Ammendola ; giacché da essa si
trova dichiarata la precisa corrispondenza di tale luogo tra il secondo ed
il terzo miglio della via Appia, come infatti venne determinata nella siste-
mazione della anzidetta misura milliaria fatta ultimamente. Ed avere pre-
cisamente lo stesso luogo corrisposto a destra andandovi da Roma, come
venne indicato nella detta iscrizione, si trova contestato infatti da quanto
succede tuttora. Ivi si denota esservi stato l'agro Curziano e Talarchia-
no con i predii di GiuHa Monime e socii, ove fu edificala una scuola sot-
to i portici, consacrala a Silvano con un collegio sodalizio, come vedesi
espresso nella citata importante iscrizione (9). A confermare la corrispon-
NOSTRA I TITERIT . PERTIXERE . DEBEBIT . AD . COLLEGmi . COCORVM | VG. N. QVOD .
CONSISTIT . IN . PALATIO . QVOD . NEQVE . DONARI 1 NEQVE . VENIR! . PERMITTIMVS . QVOD .
SI . QVIS . CONTRA ] LEGEM . S. S. FECERIT . DARE . DEBEBIT . CORPORI . QVI . SM<T |
IN . HAC . STATioNEM . US. L. M. N. (Effemeridi ìetlerarie. Fase. XXXI. Pag. 40.) Ma
poi tra le indicate iscrizioni si trovano annoverate memorie di persone appartenenti co-
me liberti a diverse delle principali famiglie di Roma, oltre a quella dei Volusii e dei
Cecilii particolarmente già prese a considerare per la maggiore loro copia. Sarebbe stato
assai utile, per stabilire la posizione occupata dai diversi monumenti, se dai suddetti
espositori si fosse procurato di conservare memorie precise dei luoghi in cui furono
trovate le dette iscrizioni. Altri monumenti, rinvenuti nella stessa vigna Ammendola
posteriormente, furono acquistati dal governo nell'anno 1846. Le iscrizioni rimangono
tuttora neglette e due cippi si sono depositati tcmporariaraente alle terme Antoniniane.
(9) La indicata iscrizione fu primieramente pubblicata dall'Amaduzzi nel Tom. III.
l*ag. 466 dei suoi Anecdota Litteraria. E quindi dal Fea nel Volume intitolato. Va-
rietà di Notizie, Pag. 175, con alcune importanti osservazioni. Ed in particolare nella
Tav. II, annessa alla Pag. 182, ci ha conservata memoria della pianta della scuola rotonda
che fu discoperta nei suddetti scavi. La iscrizione si contiene nel seguente modo : locvs .
SIVE . IS . AGER I EST . QVI . EST . VIA . APPIA . INTER ] MILLIARIV.M . SECVNDMM .
ET . Ili I EMVTIBVS . AB . ROM.AE . PARTE . DEXTERIORI | IN . AGRO . CVRTIANO . TA-
LARCHIANO . IN ] PRAEDIS . IVLIAES . MONIMES . ET . SOCIORVM | LOCVS . IN . QVO . AE-
DIFIC.VTA . EST . SCUOLA . SVB . POR [ CONSACRATA . SILVANO . ET . COLLEGIO . EIVS .
SODALIC I MANCIPIO . ACCEPERVNT . IMMVNES . ET . CVRATOR | ET . PLEPS . VMVERSA .
COLLEGI . EIVS . DE . IVLIA . MONIME | ET . SOCis . EIVS . SESTERTIO . NVMMO . VNO .
DONATIONIS I CAVSA . TVTORE . C. MEMIO . ORIONE . IVLIAES . MONIMES | ET . AD . EVM .
LOCVM . ITVM . ACTVM . ADITVM . AMBITV.M | SACRIFICIA . F.\CERE . VESCI . EPVLARI .
ITA . LICEAT j QVANDIV . IS . COLLEGIVS . STETERIT . QVOD . SI . ALITER [ FACTVM .
10
lì VIA APPIA PARTE III.
(lenza in tale luogo di un edifizio sacro al dio Silvano servono le diver-
se altre notizie di ritrovamenti, fatti anteriormente nelle stesse adiacen-
ze, d'iscrizioni antiche indicanti alcune offerte consacrate al medesimo nu-
me ; tra le quali se ne annovera una di Cornelio Repentino fatta a Silvano
denominato Santissimo, ed altra in cui si attribuisce il titolo di Ermadio-
ne. ed eziandio un'altra che offre la unione di dedica a Silvano e ad Er-
cole Invitto, come si trova contestato da altri documenti scritti (10). Della
indicata scuola, disposta in forma circolare, se ne conservarono sino al-
l'anno 1820 ragguardevoli tracce, come dal Fea furono indicate in un pic-
colo disegno: ma poi nulla più ora ci è dato di conoscere degli altri edi-
lizi ^^^ erano stati eretti al medesimo nume nella inrlicata località.
SEPOLCRO DI L. VOLU.MNIO ESISTENTE TRA IL SECONDO
E TERZO MIGLIO DELLA VIA APPIA. Dopo gli anzidetti edifizj sa-
cri a Silvano, progredendo verso la chiesa di S. Sebastiano, si conosce
che doveva esistere il sepolcro enunciato ; perchè da una antica iscrizione,
che il Reinesio attestò avere letto lungo la via Appia in vicinanza di det-
ta chiesa, si dichiara avere A. Fabricio Onesimo riposte le ossa di L. Vo-
lumnio, evidentemente detto Fortunato, e di Giulia Tirannide, tra il se-
condo ed il terzo migUo della via Appia, la quale posizione effettivamente
FVERIT . QVOD . AD . COLLEGI\TM . PERTINET | SiLVANI . IS . LOCVS . SACRATVS . EE-
STITVETVR I PI . SINE . VLLA . CONTROVERSIA . HAEC | ICI . . .
I . . . SVNT. fOrclli, Inscript. N. iMl.J
(10) La indicata prima iscrizione si trova riferita primieramente dal Mazocchi co-
me esistente nell'orto annesso alla chiesa di S. Sebastiano, e quindi dal Grutcro alla
Pag. LXV. N. 5, come pure esistente negli orti di S. Sebastiano lungo la via Appia sulla
autorità dello Smezio: silvano | sanctissi.mo ] cornelivs . re | pentinvs | v. c. fecit.
La seconda venne esposta dal Fabretti, Pag. 694. N. 146, come esistente lungo la via
Appia e tratta da alcune schede Chigiane : sancto . silvano | hermadion | q. crepe-
rei . MARTIALIS I ARCARIVS . SVA . PECVNIA . D. D. | DEDICATVS . XI. K. NOVEMBR. |
SEX . ERVCCio . CLARO . II. ET ] CN. CL. SEVERO . COS. Il Fca , nel Contestare la sus-
sistenza di una tale memoria con uno scritto della biblioteca Chigiana, indicava essersi
tale monumento rinvenuto Tanno 1661 fuori della porta S. Sebastiano. (Miscellanea
Filologica critica ed antiquaria. Tom. I. Pag. CXI.) Della stessa iscrizione poi ne ven-
ne conservata memoria dal Labruzzi nella Tav. XX, rappresentante l'anzidetto sepol-
cro di forma curvilinea esistente da vicino al medesimo luogo. È importante poi l'os-
servare che nella memoria, distinta col N. 80 del Santi Bartoli, si dice essersi rinvenu-
ta una bella statua del dio Silvano entro le reliquie di un nobile edifizio scoperto al
suo tempo a sinistra della via .\ppia prima di giungere alla chiesa di S. Sebastiano.
TRA IL MIGLIO li. ED IL III. 75
si trova corrispondere nel medesimo luogo (11). Benché non offra la no-
tizia di tale sepolcro alcuna ragguardevole importanza per le persone a cui
fu destinato, presenta essa però molto interessamento per la determinazione
del luogo in cui fu stabilito ; giacché serve la stessa notizia di valido docu-
mento per sempre più contestare la corrispondenza delle colonne milharie
lungo la via Appia nel modo che fu determinato.
SEPOLCRO DI CLAUDIA SEMNE. Con più precise indicazioni si
può stabilire, tanto la posizione quanto la pertinenza, di un sepolcro sco-
perto nell'anno 1793 nella vigna contigua al monastero di S. Sebastiano
in allora posseduta dal cav. Corbet ; poiché, concordando le memorie con-
servate da E. 0- Visconti con quelle esposte dal Labruzzi, si può appro-
priare la reliquia di una cella sepolcrale, adornata nel lato di prospetto
all'ingresso con una nicchia distinta, che venne scoperta nella surriferita
vigna, al sepolcro di Claudia Semne stabilito da M. Ulpio Crotonense li-
berto dell'imperatore Ulpio Trajano, come venne dichiarato dalle iscrizio-
ni scoperte tra le stesse rehquie (12).
(11) La enunciata iscrizione venne trascritta nella collezione del Reinesio coli' indi-
cazione, Romae, in via Appia prope S. Sebastiani. ; CI. X VI. N. Ì6J, nel seguente modo :
L. VOLVMNIO TO I ET . IVLIAE . TIRANNIDI | A . FABRICIVS . ONESI-
MVS 1 VIA . APPIA . INTER . II. ET . III. MILLIAR | ADIT\-M . AMBITVM . INTROITVM f OSSA .
KEPONERE . LICEAT . SIBI | ET . POSTERIS . LIBERTIS . LIBER | TABVSQ. EORVM. La COF-
rispondenza nel luogo stesso di persone addette alla famiglia Volumnia, si trova contesta-
ta dal vedere nella già citata iscrizione delle trentatre persone, che si unirono per por-
tare a compimento un sepolcro comune, e rinvenuta nella vicina vigna Ammendola, anno-
verato nella quinta linea un M. Volumnio Priamo {Effemeridi Letterarie. Fase. XVIII. Pag.
476.) Di un A. Volumnio si ha notizia unitamente di un C. Volumnio in una iscrizione di
Signia denotante alcuni quatuorviri di quel municipio ^'Annali di Archeologia. Ann. 1829.
Pag. 87. Come poi la gente Volumnia fosse di origine Etrusca fu ampiamente dimostra-
to dal Vermiglioli nella descrizione dei sepolcri dei Volumnii scoperto da vicino a Pe-
rugia nell'anno 1840.
(12) Le iscrizioni, rinvenute nellanno 1793 nella suddetta vigna posta da vicino
alla chiesa di S. Sebastiano, furono pubblicate nel Tom. II della Miscellanea filologica,
critica ed antiquaria del Fea alla Pag. 61, su di una nota di Ennio Quirino Visconti.
Tra le quali merita di essere considerata quella che stava scritta su di un grande archi-
trave, posto evidentemente nella decorazione della fronte del monumento, in cui si legge-
va: CLAVDIAE . SEMNE . COMVGI . DVLCISSIMAE | M. VLPnS . AVG. LIB. CROTONENSIS .
FECiT. Quindi su altra iscrizione, che doveva essere collocata sulla fronte interna della
cella sepolcrale, in cui stavano riposte le reliquie di Claudia Semne, veniva dichiarato :
CLAVDIAE . SEMNE . ^'XORI . ET ! M. VLPIO . CROTONENSI . FIL [ CROTONENSIS . AVG. LIB.
^
76 VIA APPI A PARTE III.
SEPOLCRI NEL LATO SINISTRO DELLA VIA. In corrispondenza
dello stesso spazio, tra il secondo e terzo miglio, nella parte sinistra della
via d'incontro ai surriferiti monumenti, esistono nella vigna già Bellucci di-
verse reliquie di simili monumenti sepolcrali, le quali però non offrono
nulla d'importante per l'arte, e né si sono conservate ragguardevoli memo-
rie degli oggetti e delle iscrizioni in esse rinvenute. IMerita non pertanto
considerazione un grande colombario, di cui rimangono reliquie di tre ar-
chi sopra terra in vicinanza della casa dell'osteria posta quasi d' incontro alla
chiesa di S. Sebastiano; poiché dal Piranesi si attesta avere egli veduto
in uno scavo, fatto nell'anno 1750, il modo con cui era adornata la cella
sepolcrale a guisa di colombario avente però colonne nel mezzo ed altre
particolarità non comuni con altri simili monumenti. E dai frammenti delle
iscrizioni rinvenute si conobbe avere servito di principale sepoltura ad
una persona di nome Cresto, di cui se ne hanno altre memorie nelle iscri-
zioni sepolcrali della via Appia (13).
FF.CIT I IIVIC . MONVMENTO . CEDEX | UORTVS . INQVO . TRICLIAE [ VINIOLA . PVTEVM .
AEDICVLAE | IN . QVIBVS . SIMVLACRA . CLAVDIAE | SEMNES . IN . FORMAM . DEORVM .
ITA . VTi I CVM . MACERIA . AME . ciRCVMSTRVCTA . EST | H. M. H. N. s. Inoltre in Con-
ferma che i simulacri di Semne fossero fatti sotto la forma di divinità, cioè della Fortu-
na, della Speranza e di Venere, si trovò un'ara, in cui si legge : fortvnae | spei . ve-
neri I ET I MEMORiAE ] CLAVD. SEMNES | SACRVM. Le altrc iscrizioni, rinvenute nello stesso
monumento, ed esposte nella surriferita pubblicazione, essendo per lo scopo nostro di
niuna importanza, si tralasciano di prenderle in considerazione. Giova però il far menzio-
ne delle esposizioni prospettiche esibite dal Labruzzi nelle Tav. XXIII e XXIV della sua
raccolta dei monumenti della via Appia; perchè in esse non solamente si trova conservata
memoria della decorazione della cella sepolcrale, ma pure dei cippi e delle lapidi che fu-
rono in essa discoperte.
(13) Il detto colombario, scavato nell'anno 1750 lungo la via Appia quasi avanti la
chiesa di S. Sebastiano, venne esposto dal Piranesi in tutta la sua forma nelle Tav. XLIII,
XLIV, XLV. e XLVI del Tom. II delle Antichità Romane. Nelle due ultime delle citate
Tavole conservò una diligente memoria degli oggetti rinvenuti nel medesimo scavo, tra i
quali si comprendono grandi sarcofaghi di marmo ed alcuni frammenti degli stucchi e dei
dipinti, con cui erano adornate le pareti e la volta della cella sepolcrale, ed anche espose
i frammenti delle lapidi discoperte nello stesso monumento. Evidentemente al medesimo
sepolcro deve appropriarsi la notizia riferita da Flaminio Vacca al N. 82 delle sue memo-
rie, in cui si accenna essersi presso la chiesa di S. Sebastiano in una vigna di rincontro,
trovate molte statue in un luogo ornatissimo di pavimenti mischiati con belli scomparti-
menti e molte medaglie bruciate, come anche molli musaici scrostati dal muro ; poiché si
dice esservi stato un non grande edilizio, ma delizioso e ricco di ornati, come si è trovato
TRA. IL MIGLIO li. ED IL lU. 77
CHIESA DI S. SEBASTIANO. L'enuaciato edifizio, che è il princi-
pale che s'iucotra lungo la prima parte della via Appia, e che diede il
nome alla porta della cinta di Aurehano che ora da accesso alla stessa
via, è universalmente visitato per le venerabili memorie sacre che si con-
tengono precipuamente nelle ampie catacombe ad esso sottoposte che sono
cognite col titolo di S. Calisto. Solo ci limiteremo ad osservare sul medesimo
sacro ediGzio che nelle sue adiacenze rimangono ragguardevoh reHquie di
muri evidentemente appartenenti alla prima fabbrica impresa a costruire
con più ampiezza e stabihtà sino dal quarto secolo ; e che esso si deno-
tava ancora nell'ottavo secolo avere corrisposto al terzo miglio della via
Appia nel luogo distinto col nome Catacombe, come venne indicato da
Anastasio nella vita del pontefice Adriano (U). Questa notizia è impor-
tante a prendersi in considerazione per lo scopo prefisso ; poiché serve a
sempre più contestare che anche dopo lo stabilimento della porta Appia
continuavansi a numerare le distanze lungo la via Appia dalla porta Capena,
dalla quale solo potevano corrispondere incirca le tre miglia indicate; ed
è da credere che si denotò tale numero con precisione, solo perchè si
trovava tale luogo più da vicino alla colonna del terzo miglio che a quel-
la del secondo. È importante poi indicare, per l'oggetto preso ad esporre,
che nel mese di giugno dell'anno 18.52 fu eretta la colonna, che ora si
ammira avanti la fronte della chiesa stessa , per dichiarare sotto un titolo
pio il ristabilimento fatto dal Pontefice Pio IX della parte della via Ap-
pia che ha principio dal luogo stesso e giunge sino nelle adiacenze di
Boville, come pure venne contestato nella grande medaglia coniata nel
settimo anno dello stesso suo Ponteficato.
TEMPIO DI ROMOLO FIGLIO DI MASSENZIO. Oltrepassando al-
cun poco la chiesa di S. Sebastiano, si trovano esistere nel lato sinistro
infatti esistere nelle dette ulteriori scoperte. Il Jlazoccbi poi al foglio CLXXJI, della sua
raccolta delle iscrizioni antiche, ne riferisce diverse che stavano ancora al suo tempo nel-
Torto annesso alla chiesa di S. Sebastiano.
;14) Da Anastasio bibliotecario nella vita del pontefice Adriano I, indicando la
chiesa del S. Martire Sebastiano con il titolo degli Apostoli ad esso appropriato, per
io memorie del sacro cimiterio ad essi attribuite, si dichiarava posta la medesima al
terzo miglio dell' Appia con queste parole : Ecclesiam Àpostolorum foris porlam Appiani
milliario lertio, in loco qui appellalur Catacumbas, uhi corpus B. Sebastiani Martyris eum
aliis quiescii, in ruinis praeventam, a novo restauravit. Altri diversi grandi ristauri si di-
cono essersi fatti alla medesima chiesa sino a tanto che venne quasi per intero riedi-
ficata dal cardinale Scipione Borghese con architettura di Flaminio Ponzio.
78 VIA APPIA PARTE IH.
della via le grandi reliquie di un tempio rotondo con portico sporgente in
fuori e circondato da un'ampia cinta di portici arcuati. Mentre questo
monumento presenta reliquie bastanti da fare riconoscere la intera sua ar-
chitettura, e particolarmente quanto sussiste dell'edifizio rotondo ha offerto
considerazioni ed anche applicazioni ai più distinti maestri dell'architettu-
ra sino dal tempo del risorgimento delle arti , non si trova poi con sicurezza
determinala la sua destinazione e l'epoca precisa della sua edificazione.
Però in seguito di essere stato il vicino circo riconosciuto opera di Massen-
zio, dedicata al suo figlio Romolo, si venne a stabilire con qualche auto-
revole corrispondenza doversi riconoscere in tale monumento quel tempio
che fu eretto allo stesso Romolo dopo la sua morte e dopo di essere stato
ascritto tra i Divi, come si contesta precipuamente con una medaglia coniata
a tale oggetto. Ma considerando tanto l'effigie dell'edifizio rotondo, posta nel
rovescio di tale medaglia, convenire di più a quel tempio pure rotondo che
fu eretto lungo la via Sacra e ridotto a servire di vestibolo alla chiesa dei
SS. Cosma e Damiano, al quale si conosce essersi dai tempi antichi ap-
propriato il titolo di Romolo, quanto la sua costruzione eseguita in modo
migliore di quella del circo, ed anche non avere con esso alcuna corrispon-
denza di giacitura, sembra potersi stabilire che sia stato edificato alcun tem-
po avanti al medesimo circo per servire di nobile sepoltura ad alcuno dei
principi che succedettero agli Antonini, come può contestarsi dai ritrova-
menti fatti tra le sue reliquie (15). Dopo la edificazione del vicino circo
dovette il portico, con la grande area circoscritta, servire opportunamente di
luogo per preparare le pompe circensi ; e perciò si suole denominare volgar-
mente stalla per i carri destinati alle corse del medesimo circo. Nel lato me-
ridionale della stessa cinta esiste un grande sepolcro, che volgarmente vien
distinto col nome dei Servilii, ma in sostanza non si conosce la sua pertinen-
za. È però palese la sua forma principale, quale in circa venne dimostrata con
più diligenza dal Santi Rartoli nella sua raccolta degli antichi sepolcri. Dal
modo, con cui si trova congiunto all'anzidetta cinta del tempio rotondo, si de-
ve credere essere stato costrutto anteriormente al medesimo edifizio per al-
cun distinto personaggio dell'epoca media dell' impero.
15' Quanto con più sicurezza può appropriarsi al suddetto edifizio rotondo con
il portico, che lo circonda, è stato esposto nelle Classe II e Vili della mia opera su-
gli Edifizj di Roma antica, dimostrando in essa potere più convenientemente la medaglia
di Romolo appartenere al tempio rotondo, esistente avanti la chiesa dei SS. Cosma e
Damiano, che al suddetto edifizio della via Appia.
TUA IL MIGLIO II. ED IL III. 79
CIRCO DI MASSENZIO. Il circo, che dall'anzidetto edifizio si protrae
trasversalmente nella \alle sempre a sinistra della via Appia verso la Caffa-
rella, conserva tuttorr< la sua forma principale in modo più distinto di quanto
ci rimane di tutti gli altri simili luoghi destinati alle corse. Ed anzi esso ha
servito per determinare diverse particolarità ragguardevoli che non si han-
no in altri circhi ; poiché conserva tuttora, tracce delle carceri, delle torri
poste nei lati, della spina con le mete nelle estremità, e delle sostruzioni che
reggevano i sedili degli spettatori tanto nei lunghi due lati quanto nella par-
te semicircolare, come ancora il pulvinare imperiale ed il tribunale dei giu-
dici. Tutte siffatte particolarità sono dimostrate nella Classe Vili della mia
grande opera sugli Edifizj di Roma antica, nella quale si prendono a dimostra-
re i circhi, di cui rimangono tracce, ed in particolare il suddetto circo più con-
servato. Quindi ci limiteremo ad osservare che dopo di essersi rinvenuta in
vicinanza dell'arco medio della parte luneata la iscrizione, posta in onore al
divo Romolo figlio di Massenzio, si venne a riconoscere tale circo essere
opera di Massenzio, come si trova registrato nel catalogo viennese degli
imperatori romani, in cui si denota essere stato da lui edificato un circo nel-
le Catacombe, "ossia in quel luogo che sovrastava ad esse, come infatti si
trova corrispondere. E così si venne a riconoscere impropria la volgare de-
nominazione di circo di Caracalla che gli fu attribuita senza veruna autorità
nei tempi anteriori. Se non si conoscesse da Aurelio Vittore, che Massenzio
aveva la sua villa al sesto miglio della via Labicana, si dovrebbero credere
avere appartenuto ad alcuna grande delizia dello stesso imperatore le gran-
di reliquie di fabbrica che esistono nel lato orientale del circo e che si vedono
collegarsi col pulvinare stabilito in tale parte: ma nonostante che non si possa
determinare la pertinenza di tale villa con autorevoli notizie, però sembra
per la costruzione, impiegata in essa, essere stata edificata alcun tempo prima
di Massenzio, come doveva essersi costrutto l'anzidetto edifizio rotondo ( 1 6}.
(16) La indicata iscrizione fu scoperta negli scavi fatti nell'anno 1825 dal pro-
prietario del luogo colla direzione del Nibhy, ed è espressa nel seguente modo: Divo .
KOMVLO . N. SI. V. I COS. ORD. II. FILIO | D. N. MAXENTII . INVICT. | Vin . et . pcrp. AVG.
NIPOTI I T. DIVI . MAXiMiAM . SEM | ORis . AC . bts . augusti. La notizia poi, riferita nel
catalogo viennese degli imperatori romani, si contiene in queste parole : Maxentius Imp.
Ann. VI. Hoc Imp. templum Romae arsit et fabricatum est. Thermos in Palatio fecit, et
Circum in Catacumhas. Fames magna fuit (Eccardo, Uist. Mcdii acvi. Tom. I.
Pag. 'àl.J In tale circo è da credere che accadesse il fatto narrato da Lattanzio, nel
tempo che si celebravano i giuochi circensi nel giorno natalizio di Massenzio, in cui
egli intese dal popolo non potere vincere Costantino. (Lattanzio, De Mort. Pers. e. 44.'
80 ^^\. APPIA PARTE III.
TEMPIO DI BACCO. Volgendo alquanto verso oriente il cammino, si
giunge a quel luogo che sovrasta alla valle dell'Aimone e che viene creduto
essere stato, anche dopo la caduta dell'impero romano, occupato da un pago,
cioè borgata. Si trova in tale luogo esistere quelledifizio composto con vario
genere di costruzione a norma di quanto facevasi nella decadenza delle arti il,
quale venne consacrato al culto cristiano in onore di S. Urbano papa nel no-
no secolo dal pontefice Pasquale I. Tra le diverse appropriazioni sulla desti-
nazione dello stesso edifizio, che aveva nei più antichi tempi, cioè di tempio
delle Camene e dell'Onore e della Virtù, per essere stati questi edifizj assai
più vicini alla porta Capena, come fu precedentemente dimostrato, si venne
a dare la preferenza a quella più autorevole opinione che lo riconosce per
un tempio di Bacco ; poiché nei suoi sotterranei fu rinvenuta l'ara, che porta
scolpita in carattere greco la indicazione di essere stata consacrata a Bacco da
Aproniano lerofante, e che si conserva ancora nel medesimo edifizio. Si co-
nosce poi essere stato esso racchiuso in un recinto di fabbrica, di cui ne ha
Tra coloro, che impresero ad illustrare il medesimo circo, merita considerazione il Bian-
coni ; poiché per cura del Fea e dell'Uggeri fece pubblicare una grande opera sul me-
desimo monumento intitolala il Circo di Caracolla. L'obelisco, che stava sulla spina di
tale circo, venne trasportato in adornamento della fontana di piazza Navona e si at-
tribuisce a Domiziano. Il Ficoroni poi fVesligie di Roma antica. Pag. 163J, accenna es-
sersi trovate nel circo stesso le statue di Caracalla e di Giulia sua madre, le quali for-
se dovevano servire ad adornare la grande fabbrica posta nel lato orientale del circo
che era evidentemente di costruzione dei tempi anteriori. Dal Santi Bartoli poi si co-
nosce essersi rinvenuti nel circo stesso i grandi bassirilievi in marmo del palazzo Mat-
te! che si conoscono precisamente avere adornalo le carceri di un circo. {Memorie. N. 83.J
La citata autorevole notizia, che esclude la pertinenza a Massenzio della villa esistente
nel lato orientale del medesimo circo, si contiene in queste poche parole di Sesto Au-
relio Vittore: Maxentins imperator in villa sex miììibus ab Urbe discreta, itinere Lavica-
110. fEpit. e. 40.) Ed alla stessa villa si deve appropriare quanto venne riferito da Eu-
tropio senza denotare però la sua situazione, ma qualificandola come pubblica: Romae
interea praetoriani excitato tumultu, Maxentium, Herculii fdiiim, qui haud procul ab Urbe
in villa publica morabatur Augustum niincupaverunt. (Eutropio. Lib. X. e. 2.J Ma se si po-
tesse contestare la sussistenza di alcun errore nella trascrizione della suddetta notizia
di Aurelio Vittore, come sussiste nel nome Lnvicano invece di Labicano, si troverebbe
in modo più conveniente appropriare la condizione di una villa, non distante da Roma
e pubblica, all'anzidetta posta a lato del circo dello stesso Massenzio, che non ad alcu-
n' altra posta lungo la via Labicana a sei miglia distante: per rendere vera tale attribu-
zione bisogna supporre esservi corso errore non solo nel nome della via, ma anche nel
numero delle miglia. Quindi tutto ciò rimane senza potersi validamente dichiarare.
TRA IL MIGLIO II. ED IL ITI. 81
i
conservata più diligente memoria il Piranesi con tutto ciò che al medesimo
monumento si riferisce (17). Vuoisi poi allo stesso luogo, alquanto ap-
partato dalla via Appia e discosto dal maggior concorso, appropriare quan-
to venne accennato da Cicerone e dal suo commentatore Asconio sul ri-
covero che vi trovavano i ladri in vicinanza del sepolcro di certo Basilio:
ma nulla di positivo su di ciò può stabilirsi (18). Però ciò che sembra
potersi stabilire, precipuamente in seguito di quanto si conosce essersi man-
tenuto nel medio evo, è quel pago o quella borgata che doveva esistere
in tale posizione, della quale se ne può dedurre una qualche autorità da
quella iscrizione che si rinvenne scritta su di un'ara antica del museo Va-
(17) La delta ara si assicura dall' Olstenio essersi rinvenuta nell'anuo 16 16 nel
sotterraneo dell'enunciato edilìzio, evidentemente allorché s'imprese ad eseguirne il rista-
bilimento sinché fu poi consacrato dal Pontefice Urbano Vili neiranno 1634. In tale
ara leggesi EITIAI AIONl'IOT | AnPQNIAN03 lEPO^ANTH^, cioè all'ara di Bacco
Aproniano lerofante. Si riconoscono nello stesso edifizio essersi fatti altri ristauri nel-
l'anno 1011 da un certo frate denominato Bonizzone. Ma poi si appropria al luogo in
cui esiste il medesimo tempio, il nome Trucidatorum ricordato negli atti dei Santi Mar-
tiri, il quale si dice precisamente essere stato posto tra le vie Appia e Latina non lungi
dalla città, come si vede in particolare dichiarato negli atti di S. Nemesio : Ilìwn etiam
secKri perculi jiisscrunt in loco ilio, qui est inter diius vias Appiam et Latinam, non lon-
gc ab Urbe Roma. Il Martinelli nella giornata X della sua Roma Ricercata, ed il Nardini
nel Gap. Ili del Libro HI della sua Roma Antica, sono quegli scrittori che si presero
maggior cura di prendere in considerazione le dette memorie sacre. Quindi su di ciò,
unicamente per contestare la corrispondenza in detto luogo di un pago, citeremo quan-
to venne esposto nella passione di S. Cecilia pubblicata dal Bosio, in cui accennando
al suo marito Valeriano il luogo ove pote\ a trovare S. Urbano, diceva : in terlium mil-
Harium ab Urbe via quae Appia nuncupatur. E poscia a riguardo dei due suoi fratelli, che
erano stati condannati, aggiungeva che furono condotti, ad agrmn Pagum ubi erat sta-
tua Jovìs. Se però con questa seconda notizia non volevasi denotare l'altro luogo che
di seguito si descrive. Il Piranesi poi nella Parte I del Voi. VI della sua grande opera
sulle Antichità di Roma prese in modo più ampio a dimostrare l'architettura del me-
désimo edifizio che lo distingue col titolo di tempio dell' Onore e della Virtù. E nella
Tav. Vni espose diligentemente in disegno la anzidetta ara.
;^18; L'nas video mihi a te non esse redditas; guas L. Qitintius, familiaris meus,
quum ferrei, ad biistiim Rasilii vulneratus et despoliatus est. f Cicerone, Epist. ad Attico.
Lib. VII. Epist. ^.) A quanto veniva esposto dal medesimo Cicerone nel Cap. XIX della
sua Orazione per Milone, si trova riferita dal suo commentatore Asconio, la seguente
notizia: Via Appia est prope Urbetn monumentnm Rasili, qui locns latrociniis fuit per qiiam
infamis, quod ex aliis quoque midlis intelligi potest. Quindi se nell' indicato luogo esiste-
va il busto, come venne esposto nella surriferita notizia di Cicerone, cioè luogo desti-
11
82 VIA APPIA PARTE III.
ticano. nella quale si fa menzione di un certo T. Quinzio maestro dei due
pagi e vici Sulpizj ; poiché è ben palese in particolare dalla così detta
base capitolina, in cui sono annoverati diversi vici di Roma, che nella re-
gione I esisteva tanto il vico Sulpizio ulteriore che il Citeriore (19). Così è
da credere che in quella parte del suburbano, che corrispondeva nelle adia-
cenze di detta regione, vi fossero i suddetti due paghi Sulpizj ; giacche sta-
vano solto la giurisdizioue di uno stesso maestro. Il luogo, che presenta
pili opportunità per soddisfare a tale considerazione, è certamente quello
preso ora a considerare, nel quale le abitazioni del pago si dovevano sten-
dere evidentemente in tutto Y intorno del circo di Massenzio ed anche nella
posizione occupata dal sepolcro di Cecilia Metella.
NINFEO DETTO VOLGARMENTE GROTTA DI EGERIA. Quanto
sia impropria la volgare denominazione, attribuita all' indicato ninfeo di cre-
derlo avere costituito quel luogo rinomato nelle memorie delle più vetu-
ste età di Roma, in cui Numa si recava in secreto a consigliarsi con Ege-
ria, si è già dimostrato nella Parte I facendone di esso menzione unita-
mente al tempio e bosco delle Camene , a cui si trovava unito in vicinanza
della porta Capena. Quindi ci limiteremo ad osservare ciò che serve a ri-
conoscere in tale piccolo edilìzio, che esiste incavato nella rupe adiacente
alla valle dell'Aimone, un luogo di delizioso trattenimento formato a guisa
di ninfeo, che doveva appartenere ad alcuna delle nobih ville che eranvi
nel suburbano di Roma precipuamente in tale più abitata parte della regio-
ne ed in vicinanza della più frequentata via. Perciocché dalle più accurate
nato ad ardere i corpi dei defunti , e non il monumento di Basilio , come si rilerisce
nella spiegazione di Asconio, si troverebl)e essere opportuna la suddetta località per
essere alquanto discosta dalla via Appia onde evitare di recare nocumento col fuoco
ai diversi sepolcri esistenti lungo essa: ma anche su di ciò nulla di preciso può sta-
bilirsi sulle notizie che si hanno dei surriferiti documenti.
(19) La indicata iscrizione venne primieramente presa a considerare dal Marini
''Atti dei fratelli Armli. Tav. 1. Pag. 18, e si contiene in due linee scritte sopra e sot-
to nell'ara del museo Vaticano tra la rappresentanza di festoni con crani bovini, ed
un'ara custodita da due sacrificanti. Così superiormente leggesi : t. qvintivs . q. f.
TVLLi CALTiLi . CALT. L. Ed inferiormente, mag. de . dvobvs . pageis . et
viCEi . SVLPiCEi. Quindi la indicazione dell'esistenza dei due vici Sulpizj nella regio-
ne I si trova registrata nella base Capitolina in questo modo: vico svlpici vlterior ....
VICO svlpici citerioris. Per la più probabile posizione occupata dai medesimi due vici
si veda la descrizione della Regione I della quarta edizione dell'opera mia intitolata:
Indicazione Topografica di Roma antica.
TRA IL MIGLIO II. ED IL III. 83
ricerche, fatte per conoscere la forma sua, si ritrovò essere esso opera in-
leramente fatta nell'epoca imperiale^ e l'acqua fluente dalla statua, ivi col-
locata, non essere altrimenti sorgiva nel luogo stesso, ma condotta dalle
sue adiacenze, come fu contestato dal ritrovamento del condotto che la por-
tava, ed anche esser l'acqua medesima acidula e non grata a bere, come
doveva essere quella sorgente nelle adiacenze del luogo sacro alle Came-
ne, come fu attestato da Vitruvio. Le quali condizioni tutte, riconoscendosi
contrarie a quelle prescritte per la spelunca di Egeria, oltre a quelle già
osservate sulla sua posizione, sono di valevole documento per escludere la
volgare appropriazione e riconoscervi un ninfeo appartenente ad alcuna vil-
la sussistente nel sovrastante colle (20).
ACQUA FLUENTE NELLA SOTTOPOSTA VALLE DETTA RE-
TRICINE E VIA ARDEATINA. Da Pesto, coli'autorità di Catone, venne
esposto che dalle Retrici si appellava quell'acqua che stava al di sopra
della via Ardeatina tra il secondo ed il terzo miglio, la quale serviva
ad irrigare gli orti posti di sotto alla stessa via Ardeatina ed all'Asinaria
sino alla Latina (21). Nelle quali parole il Nardini osservava che gran
mostri apparivano ; perciocché , essendo di volgare conoscenza la sussisten-
za della via Ardeatina inferiormente all'Appia, non si poteva immaginare
(20) La volgare denominazione, appropriata al suddetto ninfeo, fu sostenuta da una
memoria che erasi posta nel decimoquinto secolo per accreditare quel luogo ed atti-
rarvi concorrenti , come venne indicato da Flaminio Vacca nella Memoria N. 83, la
quale non più esiste. Le scoperte fatte nell'interno e nelle adiacenze del medesimo
ninfeo, per cura speciale dell'avvocato Fea, furono da lui descritte nel Prodromo di va-
rie osservazioni e scoperte Pag. 28 e nelle Varietà di notizie Pag. 182. Per escludere
la indicata volgare approvazione si veda quanto già fu osservato nelle Note 11 e 12
della Parte L E per conoscere la più probabile forma e decorazione, che aveva il me-
desimo ninfeo, si veda la Classe X dell'Opera sugli Edifizj di Roma antica Tav. CCXXXVI.
(21) Retricibus cum ait Gito in ea, guani scribsit, cura edisserlavit Fulvi Nobilioris
censuram, significai aguam eo nomine, quae est supra viam Ardeatinam inter lapidem se-
rundum et tertium, gua inrigantur horti infra viatn Ardeatinam et Asinariam iisque ad
Lalinam. (Testo, in Retricibus.) Tale nome evidentemente fu dato all'indicata acqua a
motivo della retribuzione che di essa facevasi per irrigare i suddetti orti ; e forse per
consimile motivo si conservò presso i romani moderni il nome Retrecine dato a quel-
la ruota orizzontale che viene mossa con acqua retribuita per muovere le macini im-
piegate nella molitura dei grani. E tale spiegazione, che si deriva dal verbo retribuo. è
forse più propria di quella che si suol dedurre dal vocabolo greco piìòpov per indica-
re un rivo fluente.
81 VU APPIA PARTE III.
come da tali autorevoli scrittori si fosse fatta menzione delle anzidette vie
senza parlare dell'Appia ch'era più celebre e che doveva essere, secondo
tale volgare opinione, interposta alle medesime vie secondarie. Ma spari-
ranno tutte le difficoltà quando si considera che non vi è alcun documen-
to autorevole che contesti avere la via Ardeatina avuto lo stesso andamen-
to di quello che ora si prescrive, cioè della via moderna che si separa
dall'Appia da vicino alla cappella detta Domine quo Vadis? e che, metten-
do all'altra cappella della Madonna del Divino Amore, viene distinta con
lo stesso nome; perciocché ne si può sostenere la sussistenza di avere
l'attuale chiesa di S. Balbina corrisposto lungo la via Ardeatina, come si
vorrebbe dedurre dalla notizia esposta da Anastasio sulla edificazione fatta
dal pontefice S. Marco di altra chiesa distinta con tale titolo ; poiché co-
me osservava lo stesso Nardini. essendo essa indicata fuori di Roma, non
poteva essere quella che esiste sull'Aventino entro la città. Né poi si han-
no notizie che da tale parte, dopo lo stabihmento delle mura Aureliane
vi fosse uscita alcuna via, e né l'Ardeatina avesse come la Latina avuto
comune principio coll'Appia (22). Quindi resta precisamente libero di con-
(22) Le enunciate osservazioni del Nardini sono esposte nel Libro ni Gap. 3
della sua Roma antica. Ed in prova di non potersi riconoscere l'attuale chiesa di S.
Balbina, che esiste entro Roma sull'Aventino, per quella ricordala da Anastasio nell" in-
dicare esservi stato seppellito S. Marco, che stava lungo la x'm Ardeatina fuori della
città, con queste parole , hic fecit duas basilicas, imam via Ardeatina ubi requiescit, et
aìiam in Urbe Romae jtixta Pallacinis; trovasi accennato dal Martinelli, Balbinae templi
via Ardeatina meminit Bosius Lib. 111. Cap. 18j ex Damaso in vita sancti Marci. Ve-
runi legimus Marcum aedificasse duas basiìicae, non autem sanctae Balbinae. Roma ex Elhni-
ca Sacra. Cap. 12.y Quindi è duopo ossenare che non vi è dubbio che da vicino al
luogo dell'Aventino, sovTastante le terme di Caracalla, in cui esiste la chiesa di S. Bal-
bina, doveva trovarsi la porta Nevia nella parte della cinta delle mura di Servio che
circonscriveva tale colle; e lungo il principio della via, che usciva da tale porta, do-
veva trovarsi quel grande e vetusto sepolcro che il Santi Bartoli ne conservò il dise-
gno nelle Tav. XLV e XLVI della sua raccolta sui sepolcri antichi, dicendolo scoper-
to sull'Aventino tra la chiesa di S. Saba e le mura della città, e che continuando la
stessa via si giungeva alla selva Nevia ricordata in specie da Yarrone [De Ling. Lat.
Lib. V. e. 163) e da Pesto (V« ì^aevinm.' Ma poi è pure palese che nell'epoca in circa
stessa, in cui Anastasio esponeva la suddetta notizia, non esisteva nella cinta delle mu-
ra Aureliane nessuna porta in corrispondenza di tale via ; poiché nell'accuratissima de-
scrizione delle mura di Roma, riferita dairanonimo Einsiedlense, non si trova fatta men-
zione tra la porta Appia e la Ostiense di alcuna porta intermedia: A porta Appia mgue
ad Ostiensem turres XLVIII propugnactila DCXI. ■ ■ .; mentre vedesi ricordata tra le
TRA IL MIGLIO II. ED IL III. 85
cordare la prima parte della via Ardeatina in modo che si trovi corri-
spondere alle indicale autorevoli e più vetuste memorie. Venendo essa
evidentemente stabilita anche anteriormente all'Appia, doveva avere una
uscita dalla città difTerente da questa via e più collegata con la parte
centrale dell'abitato, quale era il Celio, ove nella cinta delle mura di
Servio, che circondava tale colle nel lato meridionale, eravi la porta
Fontinale che fu poscia sostituita dalla porta Metrovia nella cinta delle
mura Aureliane, e che con assai convenienza si può attribuire la deriva-
zione del nome, che essa ebbe, dalla ben nota celebrità dei fonti detta
FonUmulia, secondo Varroue e Pesto, dai molti fonti che esistevano nel luogo
a cui essa metteva, e principalmente quello che dava origine alle annun-
ciate acque; come ancora si trova opportunamente convenire la notizia
esposta da Livio sul portico che stava fuori di detta porta e che giun-
geva sino al campo di Marte collocato nella sottoposta valle dell'Aimo-
ne (23). Quindi in seguito di queste considerazioni si può stabilire che
la via Ardeatina aveva fatto capo alla porta Fontinale, posta nella parte
che circondava il lato occidentale del Celio, nella cinta delle mura di
Servio, e dopo di avere oltrepassato la porla Metrovia, della cinta Aure-
liana, si fosse portata a raggiungere la strada moderna della CatTarella e
trapassare la valle dell'Aimone in vicinanza del piccolo edifizio volgar-
porte Asinaria e Latina quella detta Metrovia. Le tracce della sussistenza di una porta,
che si rinvengono nelle stesse mura prima di giungere al grande bastione del San Gallo,
e della via che usciva dalla stessa porta, che si protraggono a traverso della sottoposta
valle deirAlmone lungo il vicolo detto della Travicella, dovevano evidentemente appar-
tenere più alla via Laurentina che all'Ardealina, quando tale via aveva ancora una di-
stinta uscita dalla città e non si era portata a far parte dell'Ostiense sino al terzo mi-
glio. Non si hanno poi notizie alcune sull'esistenza di alcuna porta delta Ardeatina della
cinta Aureliana, ma bensì di quella detta Metrovia tra l'Asinaria e la Latina, dalla
(juale doveva uscire tale via.
i^23) Della porta Fontinale, oltre alle notizie riferite da Varrone (De Ling. Lat.
Lib. VI. e. 22 ' e da Pesto e dal suo commentatore Paolo fin Fonlinalia), se ne trova
fatta menzione da Livio nell' indicare esservi stato fuori di essa un portico che si pro-
traeva sino al campo di Marte, posto precisamente verso tale parte, come fu dimo-
strato precedentemente : alteram fporlicumj a porta Fontinali ad Martis arnm qua in cam-
pmn iter esset prodiixcrunt (Zivio. Lib. XXXV. e. iO.J Ed infatti lungo la via Appia, colla
quale doveva comunicare l'Ardeatina. fu rinvenuta la seguente iscrizione che concerne
la porta Fontinale : Dis . mambvs \ a . afidi \ maioris ] tabellari | a . porta | fonti-
mali. (Grillerò. Pag. DCXXIV. N. II. Romae ad viam Àppiam. Vidit Smetiiis.J
<S(ì VIA APPIA PARTE III.
mente denouiiiiato tempio del Dio Redicolo. ove infatti rimangono tracce
di una antica via, e dove veniva a corrispondere la distanza accennata
da Pesto tra il secondo e terzo miglio. Per le acque, che sorgevano su-
periormente a detto luogo, si possono intendere solo quelle che ora, ve-
nendo dal luogo denominato Acqua Santa, fluiscono nella valle detta della
CafTarella in vicinanza del suddetto ninfeo denominato Grotta di Egeria;
ed esse, venendo sostenute in alcun regolare canale, potevano benissimo
servire ad inaffiare gli orti che dovevano trovarsi inferiormente alla detta
via Ardeatina, ed anche all'Asinaria che ben si conosce avere avuto capo alla
porta che tuttora sussiste in vicinanza di quella di S. Giovanni, e giun-
gere sino alla via Latina che eziandio pure si conosce essere uscita dalla
porta che ne conserva il nome. Quindi la via Ardeatina, secondo il sud-
detto andamento, si portava a trapassare l'Appia a lato della chiesa di
S. Sebastiano, e raggiungere la strada detta della Madonna del Divino
Amore percorrendo il vicolo detto di S. Sebastiano, e poscia introdursi nella
strada della Madonnina che più rettamente conserva la direzione verso Ar-
dea che doveva avere l'antica via anzidetta. In tal modo resta sempre
più confermata la indicazione, che si rinviene negli atti dei Santi Martiri del
cimitero di S. Calisto, sul quale venne stabilita la detta chiesa di S. Se-
bastiano, in comune tanto alla via Appia quanto all' Ardeatina; giacché
quest'ultima traversava precisamente il luogo distinto anche dagli antichi
col nome delle Catacombe che al di sotto stavano scavate; mentre la
strada, alla quale attualmente si appropria il nome di Ardeatina, si trova
trapassare alquanto distante. Quindi è da credere che questa medesima
strada sia stata aperta posteriormente per dare una qualche particolare co-
municazione tra le dette due vie.
SEPOLCRO VOLGARMENTE DETTO TEMPIO DEL DIO RE-
DICOLO. Tra i monumenti superstiti nella località, corrispondente a si-
nistra della via Appia nella parte ora considerata, non si può tralasciare
di far cenno di quel monumento costrutto coll'opera laterizia che esiste
nella valle dell'Aimone e che viene volgarmente distinto col titolo di
tempio del Dio Redicolo. Come sia impropria questa denominazione è
bastantemente dimostrato da quanto si è già accennato sulla precisa po-
sizione occupata dal luogo in tal modo distinto, che stava a destra della
via Appia al secondo miglio. E come in esso non si possa riconoscere
altro che un sepolcro si può dichiarare con i diversi esempj di similissimi
monumenti che esistono lungo la via Appia stessa ed anche lungo la Latina;
e perciò non può eziandio riconoscersi in esso la pertinenza di alcun al-
TRA IL mOLlO II. ED IL ITI. iS /
Irò tempio, come in particolare di quello dedicato a Cibele. o dell'altro
anche più rinomato della Fortuna Muliebre, come pure si volle supporre
senza alcun autorevole documento. Quindi è che per un qualche distinto
sepolcro si può solamente annoverare lo stesso monumento. E siccome si
è determinato avere transitato per lo stesso luogo la via Ardeatina ; così per
un sepolcro eretto a lato di tal via, secondo il metodo comunemente prati-
cato, si trova dichiarato (24).
SEPOLCRO DI CECILIA METELLA. Ritornando sulla via Appia
in vicinanza dell'ultimo edifizio preso a descrivere, quale il tempio di Ro-
molo, si presenta di prospetto sull'alto della salita il grande sepolcro che la
iscrizione, sussistente sulla sua fronte, non lascia dubbio alla conoscenza della
sua pertinenza; perchè con minor numero di lettere possibile si dichiara ap-
partenere a Cecilia Metella figlia di Q. Cecilio Cretico e moglie di Crasso :
CAECiLiAE I Q . CHETICI . F | METELL.iE . CRASSI. Il monumento, sì dall' iscrizione
stessa, sì dalla sua forma, appare avere servito per la indicata sola distinta
persona che dalla gente Metella passò sulla Licinia divenendo moghe di
Crasso; e perciò non può giustamente riconoscersi per quello dei Metelli
che venne annoverato da Cicerone nella ben nota indicazione di quei sepol-
cri che si trovavano fuori della porta Capena , come comunemente si volle
stabilire (25). La forma e decorazione dello stesso monumento, quantunque
superiormente mascherata dall'essere stato ridotto a servire di principale
propugnacolo dell'arce dei Caetani, stabilita nel luogo stesso nel decimoterzo
secolo, si può bastantemente determinare da quanto sussiste di conservato.
(24) Nella classe II Tav. LXXMI delfopera sugli Edifìzj di Roma Antica si è pre-
so in miglior modo ad esporre la intera architettura del suddetto monumento di ope-
ra laterizia esistente nella valle deirAImone.
'25' Si conviene di riconoscere nella Cecilia Metella, a cui apparteneva il detto
sepolcro, la figlia di quel Quinto Cecilio Metello che acquistò il cognome Cretico dal-
l'avere soggiogato r isola di Creta come proconsole nell'anno di Roma 686. Da quanto
si trova esposto sul Crasso suo marito, che si conosce essere morto nella guerra contro
i parti nell'anno 700, si venne a dedurre essere stato il monumento stesso eretto tra
i medesimi due periodi di tempo. E comune opinione che il grande sarcofago di mar-
mo, che esiste sul palazzo Farnese, sia stato rinvenuto entro la cella del medesimo se-
polcro nel pontificato di Paolo III : ma ciò non potendosi contestare con autorevoli me-
morie, nonostante che nelle esposizioni di tale monumento del Santi Barloli e del Pira-
uesi si denoti persino il modo come fu estratto, né riconoscendosi nei suoi ornamenti
scolpiti lo stile proprio dell'anzidetta epoca, si volle supporre essere stato invece rin-
venuto negli scavi fatti nella medesima epoca nelle sue adiacenze, nei quali vennero sco-
8S VTA APPU PARTE IH.
e COSÌ pure dalla sua cella interna che venne soltanto in miglior modo rico-
nosciuta negli scavi fatti nell'anno 1836, dai quali si conobbe non esservi stata
quella seconda cella e quell'accesso dalla parte del prospetto che venne sup-
posto dal Santi Cartoli e dal Tiranesi nelle loro esposizioni, ed essere perciò
dubbia la pertinenza del detto sarcofago.
SEPOLCRI DI 0. GRANICO LABEONE E DI T. CRUSTIDIO.
Negli sterramenti ultimamente eseguiti per scuoprire l'anzidetto sepolcro di
Cecilia xMetella, si rinvennero nelle sue adiacenze e precipuamente avanti
la sua fronte, diverse reliquie, di varii sepolcri che dovevano esistere lun-
go la via a poca distanza dal medesimo grande monumento. I più impor-
tanti oggetti rinvenuti in tali scavi si sono collocati nel muro che rac-
chiude il cortile del vecchio castello. Tra essi si distinguono principal-
mente due grandi iscrizioni che fanno conoscere esservi stati nelle stesse
adiacenze i due enunciati sepolcri; poiché in una leggesi: Q. gramvs . m.
F I LABEo . TR. MiL | LEG. TERTiAE. Chi sia stato qucsto Q- Grauio Labeo-
ne tribuno dei militi della terza legione non è altrimenti cognito. Si co-
nosce bensì esservi stato un Granio Silvano che fu impiegato da Nerone
per far morire Seneca, come venne narrato da Tacito, e come nel se-
guito ampiamente si prenderà a considerare: ma costui era tribuno di
una corte pretoriana. Nell'altra iscrizione, frammentata però in principio,
leggesi: T. CRvsTmivs . t. f. fabbriso | praef.
EQVIT . VIXIT . ANN. XIX | EX . TESTAMENTO . PRO . PARTE . DI-
m«DiA Anche minori notizie si hanno di questo T. Crustidio, benché ab-
bia avuto pure una miglior qualifica. Quanto poi sussiste dei marmi scol-
piti, che dovevano appartenere alla decorazione dei medesimi monumenti
sepolcrali e principalmente una ben conservata e grande antefissa angolare,
dimostra essere stati eseguiti in circa nell'epoca media dell'impero (26).
perle le importanti memorie di Erode Attico, che di seguito si prendono a considerare.
Nelle Tav. CCLXXII, CCLXXIII, e CCXC degli Edifizj di Roma antica tanto il monu-
mento che il sarcofago anzidetto si sono presi a dimostrare in tutta la loro intera
forma e decorazione.
(26) Esistono inoltre tra gì" indicati oggetti alcuni frammenti di altre iscrizioni,
dai quali però nulla può determinarsi, come è quello in cui leggesi : .... l. accolei .
M. I .... X. E Taltro con le semplici lettere .... cephor .... Una piccola par-
ticolare iscrizione intera esiste in un frammento di sarcofago in cui leggesi: d. m. [ aelia .
e. F. I AGATAE . AN. X. | DIES . XV. AELIVS . | CORNVTVS . ET . CON | COBDIA . PAREN | TES.
Ma non offre nessun interesse, come nulla d'importante può dedursi dagli altri piccoli
Oggetti collocati nella stessa parete.
QUARTA PARTE
TRA IL TERZO ED IL QUARTO MIGLIO
TRIOPIO. Siccome dalla anzidetta diligente operazione, fatta per de-
terminare con precisione la corrispondenza delle colonne milliarie lungo la
via Appia , si venne a riconoscere essere quella del terzo miglio stata col-
locata a metri 102 : 75 dopo la parte centrale del sepolcro di Cecilia Me-
tella ; così ne deriva la conseguenza che quel pago o borgo distinto col
nome Triopio. che slava nei predii di Regilla e che si dice nelle iscrizio-
ni Triopee collocalo al terzo miglio della via Appia, doveva corrispondere
precisamente in tale luogo ed estendersi ad occupare in circa quanto ven-
ne racchiuso nella cinta del castello dei Caetani. Nel luogo stesso doveva
esistere l'agro di Erode Attico, in cui quel Triopio fu stabilito con i campi
consacrati a Cerere e Proserpina. come venne dichiarato nelle due co-
lonnelle rinvenute sotto il pontificato di Paolo III precisamente in vi-
cinanza del sepolcro di Cecilia Metella (1). Dalle altre importanti iscri-
(1) Il Grillerò alla Pag. XXVII. N. I, coirautorità dello Smezio, ci ha conservata
memoria del luogo in cui furono rinvenute le dette due colonnette che furono collocate
negli orti Farnesiani e poscia trasportate nel museo borbonico di Napoli cogli altri monu-
menti dei Farnesi: Romae, in duabiis columnis via Appia, apud septilcbrum MeteUae re-
perdf, alqtie hortos Farnesianos translatis. Smetius exscripsit. Dal Fea poi venne indicato
alla Pag. 7 del suo opuscolo intitolato Osservazioni sulla via Appia, che nel codice di Pirro
Ligorio della biblioteca Farnesiana di Napoli si conserva il disegno della villa di Erode
Attico, in cui furono rinvenute le dette iscrizioni. Benché non si soglia prestar gran fe-
de alle memorie lasciate dal Ligorio; pure in siffatte semplici memorie topografiche non
si può supporre una intera invenzione sua. Percui ho fatto pregare il dotto archeologo
.Minervini di compiacersi a farne estrarre copia per poterla aggiungere in corredo di questa
esposizione onde vieppiiì dimostrare il luogo preciso del medesimo importante ritrova-
mento. La indicata iscrizione, scolpita sulle due colonnette Farnesiane, si è ridotta da En-
nio Quirino Visconti nella sua opera sulle Iscrizioni Greche triopee nel seguente modo:
OÙ0£V£ Bc'JLtrè'J fj^roc/uvr^uxi ix ~o\) Tptcniov o sarjv im tcv rptzsv Iv tv; coi zr, Knruy.
HiijSsu ìr/,<ow. o\) 'f).p Xóiiz-j rù xiv/jtxvt;. M«3tu; oai'xuv ri vjo^'.x y.oct ci xicyi:
A-^fjivjTOsg /.xì Kóyr,; my.9r,ixot. ym '/Bo'A'^'j 3ìwj ym (Pij'/ìX)./;?}. Si appropria poi comu-
nemente al medesimo luogo quella iscrizione che ha servito poscia per denotare il settimo
miglio, evidentemente della via Appia stessa, ivi posta ai tempi di Massenzio, come è di-
chiarato con la seguente iscrizione che si legge in un lato: domi>"0 | nostro . màxemio [
12
90 VIA APPIA PARTE IV.
zioni, scoperte di seguito nello stesso luogo sotto il pontificato di Paolo V.
si è trovato poeticamente esposto in una tavola come Erode Attico avesse
invocato le due divinità attiche, IMinerva e Nemesi, ad onorare quel luogo
a loro sacro nell'ospitale borgo denominato Triopio, evidentemente da Trio-
pe cultore di Cerere, il quale luogo era stato dallo stesso Erode a tale
effetto cinto di mura e decorato con tempj in onore delle stesse divinità
eretti; e poscia come venisse nel particolare tempio dedicato a Minerva
egli stesso sepolto ad imitazione di Erittonio che ebbe sepoltura nel tempio
di Minerva Poliade in Atene. Quindi nell'altra tavola si descrive come nel
luogo stesso esistesse un bel tempio consacrato tanto a Cerere antica, di-
vinità ben cognita, quanto a Cerere nuova, cioè a Faustina giuniore moglie
dell' imperatore Marco Aurelio, nel quale era posto il simulacro di Regilla
che vantava una discendenza eroica da Enea, e che era divenuta sposa di
Erode in Maratona sua patria (2). Così da queste autorevoli notizie si vie-
pio . FELICI [ iNviCTO | AVGVSTO f Vili. E ncl lato opposto SÌ Iradusse in lettere latine
la seguente notizia : anxia . regilla [ herodis . vxor [ lvmen . domvs | cvivs . uaec .
PRAEDiA I FVER\'>T. La qualc iscrizione però prima che fosse collocata nel museo Ca-
pitolino stava negli orti annessi al monastero di S. Eusebio, come si dichiara dal Fabretli.
flnscript. Pag. 412. N. 355.J E con questo documento, supponendolo trasportalo dal
terzo al settimo miglio dellAppia al tempo di Massenzio, e poscia per una di quelle tante
traslocazioni, che sì sono fatte nei tempi successivi, portata nei detti orti, si venne a
stabilire che il Triopio, con i luoghi consacrati a Cerere ed a Minerva e con l'agro di
Erode Attico, stavano nei predìì dì Annia Regilla sua moglie che si conosce essere stata
sorella dì Appio Annìo Atilio Bradua che fu console nell'anno 160 dell'era cristiana.
(2) Quanto venne indicato sussistere nella Tav. I delle celebri iscrizioni Trìopee si
contiene dal 1 al 15 verso che, secondo la trasposizione in carattere comune, vennero espo-
sti da Ennio Quirino Visconti nella citata sua illustrazione nel seguente modo :
IIsTV! 'A^vjyaojv kra-fipoi'JS, Tpno-^/ivcta,
Ht ini ipyx ^porSiv cpacc;, Paixvcvjid? Ovm,
rdrovcg (xyyjBvpoi 'Pap./i; ì)(C(Tovronvhco,
Aflusv Ar/J)oio (ptXó^ctvov Tptinxc;,
Tófpx XI xzì TptóniiM vj òùmóxoirn }.h/-r}a3ov
Q; ò' ÓT£ xx! Vocy.-jowzx xstì vjpvyópouz è; A3>7vx;
H)3cTc, ^'Mxzx nxzpòg sprpov-cuo hnovaui,
Qj xrfJQi pdiij'bi nokoGxx(^\jkov v.xx òXflJvjv,
Av7i« T3 (7ra/ui)y, xaì 3£v5|0h« iSorpuoivra,
Asf^acóvcoy rs X5|u.«; ànxloxpz'fsuv krpinovcxt.
Xtxfj.' yàp Hpw3»35 hp>3V àvx-/x(xv svjkj.
TRA IL MIGLIO HI. ED IL IV. 91
ne a conoscere essere stato quel luogo nobilmente decorato con varii tem-
pj e diverse altre fabbriche di abitazione che costituivano il borgo denomi-
nato Triopio, in modo veramente degno di quell'insigne e dovizioso perso-
naggio, cognito col nome di Erode Attico, che aveva nel tempo dell'impe-
ro di Trajano e di Marco Aurelio edificato lo stadio Panatenaico coi mar-
mi estratti dalle cave del Pentelico di sua proprietà ; percui vennero esse
A'j^p^GL'j òér/ivotGtv àxjv/jr/jv xat «gvIov
E/^Ucvat
Quindi con i successivi versi 30 e 31 si dimostra quanto si riferiva alla sepoltura di Ero-
do nel tempio di Minerva ad imitazione di Erittonio :
ìial -jxp ASyjvatij t£ Epr/póyisv [icKailvioi
Nvji) È'/xareS'/jxj, gu^jÌgtccv iij.[j.zvm ip^v.
In seguito di questa notizia può in certo modo contestarsi avere a tale sepolcro apparte-
nuto la grande urna di marmo, esistente nel palazzo Farnese, che volgarmente si crede
essere stata rinvenuta nel sepolcro di Cecilia Metella ; poiché, mentre mancano i docu-
menti autorevoli per contestarne la estrazione da tale sepolcro, si trova poi la sua deco-
razione scolpila appartenere più al tempo imperiale degli Antonini, in cui cessò dì vivere
Erode Attico, che a quello della repubblica, in cui venne a morire Cecilia Metella; ed il
meandro greco, scolpito nella fascia superiore, contesta questa seconda pertinenza. D'al-
tronde essendosi fatti degli scavi dai Farnesi più nel luogo in cui si rinvennero le iscrizioni
Triopee, che propriamente nel sepolcro anzidetto, è da credere che se ne sia confusa la
provvenienza a motivo solo della vicinanza del sepolcro stesso al Triopio. Quanto poi si è
accennato relativamente a Regilla, come sussistente nella Tav. II, è contenuto nei versi
dal 1 al 8 della indicata illustrazione delle stesse iscrizioni Triopee :
Acùs hs, Qv(ìptuoig, v/jsv noxì tsvos, yuvaìxsj,
P-zjyiXXs; i'Sc; a,ayj Sussxoa tpd (ùkpovaut.
H Sì -jXuzrsavwv ij-vj i'vjv k^ kh-y^y.av,
k'iyjci'jì yIvtòv aip-Ci y.ui iSxj'/jj Kfppo^ivt}:.
T-Tiij.cao 3' È; MapaSiva. ^toù di [xcv ovpxviàvca
Tjcu(7jy, Arjó Tc vsvj, Aija te nalat-^,
TflU! /i£(3 ùpò jÌSss éul^cóvcto Yuvaixcg
Ayxijr«J
Le enunciate iscrizioni, oltre al Visconti suUodato, furono in precedenza illustrate dal
Casaubono, dallo Scaligero, dall' Hoeschelio, dal Salmasio, dal Montfaucon, dal Fabretti e
dal Burigny nelle loro ben cognite opere, nelle quali si possono rinvenire tutte le notizie
che, per essere aliene al nostro scopo, si sono omesse dall' indicarle. Tra i ritrovamenti dei
più nobili oggetti di arte, fatti nello stesso luogo, meritano considerazione le Cariatidi della
villa Albani, che si conobbero essere opera di Critone e Nicolao Ateniesi. {Marini, Iscri-
zioni Alhnne. Pag. 176.J
92 VIA APPI A PARTE IV.
esaurite, come venne dichiarato da Filostrato nella sua vita e da Pausania
nella descrizione di Atene. Ora però di sì grandi magnificenze non riman-
gono più nel luogo alcune memorie, per essere stato il tutto devastato, e
le preziose reliquie rinvenute furono altrove trasportate somministrando es-
se però argomento a dottissime illustrazioni. Da quanto si trova accen-
nato dalle varie memorie tramandateci sembra che le fabbriche principali
di tale borgo stessero nella parte destra della via nelle adiacenze della
chiesa edificata da Bonifacio YIII ora anch'essa rovinata. Alcuni marmi,
rinvenuti posteriormente nel luogo stesso, furono collocati a lato del se-
polcro di Cecilia Metella, i quali però non sembrano avere appartenuto
agli edifizj anzidetti. Si può inoltre credere che avanti l'indicato stabili-
mento di Erode vi si fosse esteso quel pago, distinto con il nome di Sul-
pizio, che nel precedente partimento si è dimostrato avere corrisposto nel
lato orientale del circo di Massenzio precipuamente coll'aulorità di quanto
si può dedurre dall'iscrizione esistente sull'ara Vaticana di Q. Caltilo.
PREDIO AiNIARANZIANO. Prima di progredire ad osservare i mo-
numenti esistenti lungo la via Appia si rende necessario di volgersi al-
quanto a destra per non tralasciare di dare alcun cenno delle importanti
scoperte che si fecero dall'anno 1817 al 1823 nel lenimento detto Tor
Marancia ; poiché esso si trova corrispondere assai da vicino al luogo oc-
cupato dagh anzidetti ampj possedimenti di Erode Attico e di Annia Re-
gilla sua moglie. Gli oggetti rinvenuti in antecedenza nello stesso tenimento,
tra i quali si annovera una statua di Faustina giuniore, dimostrano esse-
re stato quel luogo adornato con edifizj precisamente eretti nellepoca me-
desima, in cui si decorava l'anzidetto Triopio di Erode Attico, come venne
contestato dagli enunciati successivi grandi scavamenti che fruttarono que-
gli oggetti antichi che ora si ammirano nel museo Vaticano distinti col tito-
lo di monumenti Amaranziani in seguito del dono fattone dall'augusta pro-
prietaria di quel fondo. Benché il suddetto predio avesse accesso verso oc-
cidente dalla via Ostiense tra il primo e secondo miglio a sinistra, come
si dimostra con una antica iscrizione di Elio Creste pubbhcata dallo Sine-
zio ; pure è da credere che si stendesse sino a congiungersi verso oriente
con i suddetti predii di Erode Attico e si collegasse col suo Triopio in mo-
do da appartenere alla giurisdizione dello stesso pago o vico. Ed è per
tale motivo che precipuamente si è creduto opportuno di farne menzione
quantunque quasi più nulla d' importante si sia conservato di antico in tale
tenimento. Però è meritevole di essere osservato il luogo in cui esisteva
una grande casa di campagna, appropriata a Munazia Procula per essersi
TRA IL MIGLIO III. ED IL IV. *J3
rinvenuto scritto un tale nome su alcuni tubi di piombo che avevano ser-
vilo per portare l'acqua al medesimo edifizio. Parimenti meritano consi-
derazione alcune reliquie di sepolcri che furono discoperte nella parte me-
ridionale del lenimento; perchè servono a dimostrare avere esistito una
via antica che si separava dalla moderna strada del Divino Amore e che
si dirigeva verso il casale di Grotta Perfetta, lungo la quale dovevano es-
sere collocati gli stessi sepolcri secondo il costante uso tenuto dagli an-
tichi romani (3).
SEPOLCRI DIVERSI TRA IL TERZO ED IL QUARTO MIGLIO.
Riprendendo il cammino lungo la via Appia, diverse ragguardevoli reliquie
d'antichi sepolcri si trovano esistere tanto a destra quanto a sinistra nel-
l'enunciata parte della stessa via dopo la cinta che costituiva il castello dei
Caetani, e particolarmente si distinguono quelle di tre grandi sepolcri posti
a sinistra circa alla metà del medesimo spazio , i quali dovevano essere
nobilmente decorati. Ma di tutti tali monumenti non si possono appropria-
re memorie della loro pertinenza; perchè non si tenne nessun conto pre-
ciso dei ritrovamenti fatti intorno ad essi allorché furono spogliati di tutti
i loro ornamenti. Però venne dal Fabretti, tra le varie sue importanti me-
morie, fatta menzione di una iscrizione di C. Duranio, rinvenuta in tale
parte della via Appia, che si può credere avere appartenuto ad alcuno
dei medesimi sepolcri, e così pure quella di Ponzia Prima riferita dal
(3) Le enunciate scoperte, fatte nel teniniento di Tor Marancia negli anni 1817
e seguenti dalla principessa reale di Savoja duchessa dello Sciablesc proprietaria di
quel fondo, furono ampiamente descritte dal marchese Luigi Biondi in un grande vo-
lume intitolato / Monumenti Amaranziani e pubblicato nellanno 1843 a spese del Go-
verno Pontificio per commissione del Pontefice Gregorio XVI onde far seguito alla
grande descrizione del Museo Vaticano per essere stati gli oggetti, rinvenuti in detti
scavi, donati dall'augusta proprietaria anzidetta al medesimo museo. La iscrizione di
Elio Cresto, che si riferisce al predio Amaranziano, e che venne pubblicata primiera-
mente dal Reinesio Pag. 486, N. XVI, contiene la seguente importante indicazione :
P. AELIVS . CHRESTVS | MARTIALIS . AVGG. LIB. PROX. TA-
BVLAR I SCRIBSI . ME . ACCEPISSE . AB. AEL. CHRE | STO . PRO . PODISMO . STRVCTIOXIS .
SCA I LARIS . QVOD . EST . VIA . OSTIENSI . PAR ) TE . LAEVA . INTER . MIL. I. ET .
II. QVOD I CO^■DVCT^•M . HABET . SVLPICIAmS | E. BONIS . AELIORVM . ONESIMI . ET |
FORTIS . IN . PRAEDIS . AMARANTIA | NIS . SECVNDVM . RENVNCIATIONEM | MENSORVM . PRO .
AREAE . PiD. s. N. s. Ma poi particolarmente nei detti scavi sì sono rinvenute iscrizioni
su di tubi di piombo che denotarono esservi stato in detto predio una casa di Mu-
nazia Procula, come è dichiarata neiropera suddetta.
i>l vii AI'l'lA l'ARTE IV.
Grulero (i). Merita pertanto considerazione una grande reliquia di sepol-
cro, che sussiste a sinistra della via e che s'innalza sopra tutte le altre
a maggior altezza ; perchè presenta tuttora tracce di avere appartenuto ad
un monumento decorato con diversi ordini di pilastri e corrispondenti or-
namenti in marmo a somiglianza in certo modo di quei monumenti che si
denominavano Settizonj. A tale reliquia ne succede un'altra anche di mag-
giore grandezza che si trova essere stata compresa entro alcune fabbriche
moderne e che si palesa per avere appartenuto ad un nobile e grande
sepolcro costrutto parimenti nell'epoca media dell'impero. Contiene esso
una cella con quattro grandi nicchie per altrettanti luoghi distinti di depo-
siti; ed a lato di esso esistono ragguardevoli avanzi di un'altro sepolcro
però di minor grandezza. Nello stesso lato della via le rehquie dei simili
monumenti si succedono assai frequentemente, ed anche ove il suolo si
trova assai avvallato in modo tale che i più alti sepolcri si trovavano intera-
mente sotto il piano della via. Vi esistono eziandio alcune reliquie di un
piccolo monumento formato a guisa di tempio, che nella parte posteriore
e nei lati presenta alcuni avanzi di mura che sembrano avere apparte-
nuto ad una villa suburbana.
SEPOLCRO DI M. SERVILIO QUxiRTO. Da vicino al termine di
questa quarta parte della via, si presenta a sinistra quel muramento di co-
struzione moderna che fu eretto espressamente per conservare nel luogo
stesso le reliquie scoperte nell'anno 1808 dal Canova, come vedesi dichia-
rato dall' iscrizione che egli vi fece apporre sulla fronte. È questo il primo
nobile esempio che si sia dato di tale importante disposizione ; e se ne de-
vono perciò attribuire lodi allo stesso Canova, giacche senza tali cure quel-
le memorie si sarebbero trasportate in qualche luogo occulto a motivo della
loro poca importanza artistica ed ora in vano si cercherebbero. Mentre
si rende a tutti palese essere quelle reliquie appartenenti a M. Servilio
Quarto che di propria spesa aveva edificato il monumento, come appa-
risce dall'iscrizione antica che venne collocata sulla parte superiore di detto
(4) Fabrelli, Inscript. Cap. IX. P(ig. 610. A'. 165. Via Appiu ad III. Lap. ex sche-
(lis Lcìii Vaticnnis. Il monumento però a cui apparteneva tale iscrizione, non era mollo
grande ; poiché si attribuivano solo ventidue piedi di fronte e di estensione nell'agro. Si
crede essersi rinvenuta nella stessa parte della via Appia la iscrizione di Ponzia Prima
riferita dal Grutero alla Pag. MXLII N. 13, che è molto importante. Evidentemente diver-
se altre iscrizioni, che si trovano comprese nelle stesse raccolte, dovevano appartenere ad
alcuno dei medesimi sepolcri, ma sono esse annoverate senza veruna precisa indicazione
del luogo del loro ritrovamento o solo col vago titolo di via Appia.
TRA IL MIGLIO HI. ED IL IV. 95
muramento, m. servilivs . qv.vrtvs | de . sva . pecvma . fecit: non poi si
può determinare con precisione chi sia stato quel Servilio. Allorché si fece
tale scoperta si pensò che le stesse reliquie appartenessero a quel monumen-
to dei Servilii che venne ricordato da Cicerone come esistente fuori della
porta Capena dopo di quello di Calatine e dellaltro dei Scipioni, al quale
succedeva quello dei Metelli. Ma per tutto ciò che si rinvenne della sua deco-
razione, che certamente non è di vetusta fattura da corrispondere ai tempi
più prosperi della repubblica, ai quali si dovevano attribuire i medesimi mo-
numenti, si viene ad escludere essere neppure del tempo di Cicerone che ne
espose la surriferita notizia ; poiché tutto concorda nel dovere riconoscervi
un'opera dell'epoca imperiale. D'altronde il sepolcro anzidetto dei Servilii si
deve credere essere stato collocato assai più da vicino alla porta Capena, e
forse non distante da quegli orti che erano distinti collo stesso nome e che si
conobbero essersi alquanto accostati alla prima parte della via Appia in
seguito delle più accurate ricerche fatte ultimamente. Eziandio corrisponde-
vano da vicino allo stesso cominciamento della via Appia gh altri enunciati
sepolcri che succedevano a quello degli Scipioni, discoperto nei medesimi
limiti, escludendo perciò la pertinenza del grande sepolcro di Cecilia Me-
tella a quello dei MetelH. secondo le osservazioni già accennate nella sua de-
scrizione. Laonde le suddette reliquie, più di appartenere al vetusto sepolcro
dei Servilii, si devono credere avere costituita quell'opera che si dichiara
essere stata costrutta da quel M. Servilio Quarto, di cui non se ne trova fat-
ta precisa memoria nella storia antica, ma che evidentemente dovette essere
un qualche liberto della famiglia Servilia ed avere vissuto nel tempo medio
dell'epoca imperiale, com'è dimostrato dallo stile con cui furono scolpiti gh
ornamenti superstiti. Il sepolcro stesso poi si è trovato composto con tre
celle, che non si sono potute conservare a motivo del lorct stato di grande de-
perimento. E nella fronte esterna di esso si conobbe esservi stato un piccolo
portico decorato con alcune statue in marmo: ma di tutta questa decorazione
non rimangono altro che gli accennati frammenti con alcuni altri pochi che
furono rinvenuti nelle recenti scavazioni (5). D'incontro allo stesso sepolcro
esistono reliquie di altri grandi monumenti sepolcrali evidentemente destinati
(5) Le scoperte del saddetto monumento di M. Servilio Quarto furono primiera-
mente descritte dal Quattani. ^Memorie Enciclopediche Romane. Tom. III. Pag. 136./ Si
volle credere, oltre all' indicata generale pertinenza ai Ser>ilii, essere stato particolarmente
il monumento proprio a M. Servilio che ebbe il consolato nell'anno 756 di Roma con L.
Elio Lama ; ma lutto ciò senza potersi contestare con alcun autorevole documento. Furo-
no tra le sue reliquie rinvenute due statue togate, l'una virile e l'altra muliebre . che
96 VIA APPIA PARTE IV.
per singolari distinte persone, dei quali però non rimane conservato altro che
il nucleo spogliato da qualunque rivestimento esterno e loro decorazione.
Quindi ci limiteremo ad osservare che da vicino al suddetto monumento
dei Servilii ebbero principio gli scavamenti, che s' impresero a fare nel fine
dell'anno 18.50 dal Governo Pontificio per il ristabilimento della via Appia, ri-
serbandosi di avvicinarli di più verso il sepolcro di Cecilia Metella sinché lo
spazio laterale non viene ingombrato dai muri di cinta delle vigne adiacenti.
Ed è sul suddetto esempio, dato dal Canova, che si sono conservate al pro-
prio luogo tutte le reliquie dei sepolcri che si vanno scuoprendo, e che, supe-
rando ogni ostacolo, si spera di compiere il proposto ristabilimento sino alle
adiacenze di Boville, ove la via moderna di Albano si trova posta sulla di-
rezione dell'antica via Appia. Quindi, progredendo in questa esposizione col-
l'ordine stabilito, ne emergeranno più importanti notizie basate sulla precisa
cognizione dei ritrovamenti e sulla conservazione nel luogo delle reliquie di-
scoperte, benché ne sia risultata una dimostrazione palese di assai mag-
giore distruzione di quanto si attendeva. Non pertanto sono meritevoli di
ogni considerazione le poche reliquie superstiti; perché servono sempre
di valido documento per contestare la immensa quantità dei nobili monu-
menti sepolcrali che erano stati senza interruzione veruna stabiliti nei lati
della via stessa per non essere stati del tutto distrutti i loro fondamenti.
E tale dimostrazione si renderà anche più palese quando verranno appro-
fondate sotto al suolo attuale le scavazioni ; poiché il suolo della via an-
tica , essendosi nel medio evo alquanto rialzato, si vennero a cuoprire in
gran parte i basamenti dei sepolcri più vetusti, i quali rimasero così illesi
dalle comuni devastazioni. Si é dovuto limitare lo scavo generale al detto
suolo rialzato per conservare alcuna traccia della via e non scomporre
tutto ciò che rimaneva : ma questa necessaria disposizione però non toglie
che nei lati si possano poscia profondare di più le scavazioni intorno ai
sepolcri più vetusti, dalle quali ne emergeranno importanti scoperte.
si vollero appropriare al detto M. Scrvilio ed a sua moglie, e che furono collocate nel mu-
seo Vaticano ; mentre i frammenti, appartenenti alla decorazione del monumento, furono
conservati nel luogo del ritrovamento. In diverse descrizioni poi, posteriormente esposte,
si prese a dimostrare la poca probahililà di riconoscere nello stesso monumento il ve-
tusto sepolcro dei Servilii ricordato da Cicerone. fTusc. Lib. I. e. 1.) Ed in particolare il
Nil)i)y ha ampiamente dimostrato la posizione degli orti dei Servilii tra il principio della
via Appia, ove evidentemente doveva essere collocato quel sepolcro, e la via Ostiense.
{'Dcgìi Orli Serviliani, Dissertazione del Prof. A. Nibby inserita nel Voi. VI degli atti dell'Ac-
cademia Romana di Archeologia.)
QUINTA PARTE
TRA IL OlARTO ED TL QUINTO MIGLIO
COLONNA DEL QUARTO MIGLIO E LUOGO IN CUI ACCAD-
DE LA MORTE DI SENECA. La colonna del quarto miglio, secondo la
enunciata diligente misura fatta sempre sulla base del luogo determinato per
la colonna del primo miglio, si è trovata avere corrisposto a metri 2 : 30 pri-
ma del centro del monumento volgarmente detto di Seneca, e metri 68: 30
prima del mezzo del successivo sepolcro rotondo. In tal luogo si dovette rin-
venire la colonna milliaria del medesimo quarto miglio avente la iscrizione
in onore dell'imperatore Massenzio, come ne venne conservata memoria dal
Marini (1). Si è in seguito di tale corrispondenza di luogo, per il collocamento
dell'indicata colonna milliaria, che si venne ad appropriare il nome di Se-
neca ad un piccolo monumento scoperto nel principio dell'anno 1 8.52 precisa-
mente ove trovavasi tale colonna milliaria ; perciocché, essendo a comune co-
noscenza che la morte di Seneca avvenne al quarto miglio distante da Roma,
e vedendo in un bassorihevo, che doveva adornare la parte superiore di tale
monumento, figurato un uomo moribondo, si diede ad esso il suddetto vol-
gare titolo. Benché non si possa sostenere con alcuna buona ragione la
stessa volgare opinione; pure per la importanza della scoltura e per l'e-
nunciato avvenimento, che è assai rinomato nella storia, si reputa necessa-
rio di trattenersi alquanto sul medesimo monumento. Collautorità di Tacito
si conosce che Seneca subì la trista fine couìandata da Nerone in un fondo
rurale suburbano, posto vicino alla quarta lapide distante da Roma , venendo
dalla Campania, che si dice anche villa nell'indicare come tale luogo fu circon-
dato dai mihti, e che da Giovenale si denota pure col titolo di grandi orti (2).
(1) Il Marini nell" Indice generale , che aggiunse dopo terminata la stampa delia
sua opera sugli atti e monumenti dei fratelli Arvali, alla Pag. LXXXVI, espose la se-
guente iscrizione che disse in allora rinvenuta lungo la via Appia a quattro miglia distante
dalla porla: imp. dn. | m. avr. | Valerio | maxextio | pjo . felici . invic [ to . ac .
PERPETVO I AVG. | IV.
(2) Js, forte, an prudens, ad eum diem ex Campania remeaverat, quartumque apud la-
pidem, subxrfiano rare, substitcrat. Ilio propinqua vespera Iribunus venit et villam globis
miìitum sepsit. (Tacito, Ann. Lib. XV. e. 60.'
Longinum et magnos Senecae, praedivitis hortos
Clausit (Giovenale. Lib. IV. Sat. X. r. 16.;
13
98 VIA APPLV PARTE V.
Ma quantunque si dicesse dallo stesso Tacito avere Seneca posseduto ville
ed orli di tanto splendore quasi da sorpassare Nerone, e che egli stesso
avesse particolarmente descritto le sue delizie della Campania a Baja, il
suo predio di Nomento, ed anche quello di Albano (3); pure non si tro-
vano precise memorie che servano a dichiarare avere Seneca posseduto orti
o ville lungo la via Appia nel suburbano di Roma. Però siccome per venire
dalla Campania, nella quale regione si comprendeva la sua villa di Baja,
non si poteva trovare altra via piti diretta e più breve dell'Appia ; giacché
la Latina, che pure teneva una direzione verso tale regione, era assai piii
divergente dalla linea interposta tra Baja e Roma, e d'altronde conoscendosi
per altre memorie che, tanto il suo predio Albano quanto il Nomentano, sla-
vano assai pili discosti da Roma per essere ambidue non meno distanti di
dodici miglia da Roma ed anche compresi in territori attribuiti ad altre
vetuste città da non potersi considerare nel suo suburbano 5 così ne deriva
di conseguenza che tra i grandi possedimenti, che Seneca aveva ricevuti da
Nerone, vi doveva essere unito anche quel fondo rustico che stava al quarto
miglio distante da Roma, necessariamente lungo quella prima parte della via
Appia che si comprendeva nel suburbano, come venne determinato da Ta-
cilo, e come ne convengono i piiì eruditi interpreti di questo storico. Tale
fondo doveva propriamente annoverarsi sotto il titolo di orti, come in par-
ticolare si dichiara da Giovenale; giacche con tal nome erano distinti solo i
luoghi suburbani di delizia degli antichi romani, mentre erano denominate
ville quei simili luoghi che stavano a maggiore distanza. Tra i più accurati
descrittori di questi luoghi il Nibby in particolare prese a contestare la corri-
spondenza del predio di Seneca, in cui ebbe a soffrire la condanna Ne-
roniana, in vicinanza del quarto miglio della via Appia, colf indicare ave-
re nel luogo stesso rinvenuto un frammento d' iscrizione, in cui leggevasi
il nome di un Granio figlio di Lucio e tribuno dei militi (4-); giacché si
(3) Hortorum quoque amoenitate et viìlarum magnificentia quasi principem supergre-
deretur. {Tacito, Ann. Lib. XIV. e. 52 ed anche nel 53 e 5A.J Seneca Epist. LI, 11, e LF, 6.
CIV, 1. e ex, 1. CXXIII, 1. E Cohtmella. De Re Rust. Lib. IH. e. 3. e Polibio Lib.
XXXVL e. 4.
(4) GRANI . L. F. TR. MIL. (Nibby, Analisi Storico topografico antiquario del-
la carta dei d'intorni di Roma. Tom. lU. Pag. 544J Se però questo frammento non appar-
tenne a queir iscrizione di Q. Granio Labeone tribuno dei militi delia terza regione, che
venne presa a considerare in fine delia Parte III e che esiste nel muro di cinta stabilito
a lato del sepolcro di Cecilia Metella : ma è da osservare però che si trova qualche va-
rietà nel nome e nel luogo del ritrovamento.
TRA IL MIGLIO IV, ED IL V. 99
conosce da Tacilo che il ministro incaricato da Nerone a far perire Seneca
lu Cranio Silvano tribuno di una coorte pretoria, il quale per tale servizio
ottenne evidentemente il possesso dello stesso fondo suburbano : ma essen-
do poco dopo anche egli costretto a morire, come pure si dichiara dallo
slesso storico, è da credere che gli si fosse eretto un sepolcro nelle slesse
adiacenze (5). Il monumento anzidetto si è conosciuto essere formato a
guisa di un sarcofago, come se ne hanno moltissimi simili esempj. Si è dal
vedere nel fregio, che adornava la fronte del coperchio, rinvenuto quasi
nella sua integrità, un uomo nudo in atto da morire, che si venne a dichia-
rare, da coloro che eseguivano lo scavamento, essersi rappresentato Seneca
svenato. Mentre non si può di questa dichiarazione volgare trovare effetti-
va corrispondenza in tale bassorilievo; giacché non è da credere che nel-
l'umile sepolcro, quale egli stesso aveva determinato che si stabilisse,
quantunque venisse a morire dovizioso, si fosse potuto rappresentare la
crudele morte per essere stata comandata dall'imperatore come complice
di congiura (6); si può poi invece autorevolmente confermare la perti-
nenza di un tale monumento a Seneca da quanto ho potuto conoscere
essere stato effigiato nello stesso bassorilievo. Al riconoscere la vera rap-
presentanza di tale scoltura fui messo sulla giusta via dal mio amico in-
signe scultore commendatore Tenerani, il quale mi diceva potersene rin-
venire la spiegazione in Erodoto. Infatti trovai che questo storico nel suo
primo hbro, intitolato Cho, narra che Creso dopo di avere inteso con
sommo dispiacere da Solone, che non era più beato chi molte ricchez-
ze possedeva , di chi aveva il quotidiano sostentamento, se la fortuna non
l'avesse di tanti beni fornito a terminare bene la vita. E dopo di aver-
lo rimandato senza considerazione veruna, perchè egli si credeva il più
beato di tulli gh uomini possedendo dominj amplissimi e ricchezze gran-
dissime con due figli l'uno muto e l'altro di nome Ali di bellissime forme, gli
apparve in un sogno che questo stesso secondo figho, da lui molto amato, sa-
rebbe morto da una ferita di un ferro a punta. Creso per evitare la pronosti-
cata triste fine del suo figlio Ali dispose di fargli prendere moglie, e gli fece
loghere tutte le armi che avessero potuto ferirlo: e così dopo di avere già ca-
pitanalo i lidi nelle guerre fu ridotto a vivere malamente. In quel tempo però
(5) Tacito. Ann. Lib. XF. e. 60 e 71.
(6) Exin balnco Hiatus, et vapore eius exanimatus, sine itilo funeris solenni crema-
tur. Ita codicillis praescripserat, cum etiam titm praedives et praepotens supremis sors con-
suleret. (Tacito. Ann. Lib. XV. e. 64 J
100 MA APPIA PARTE V.
lo Storico anzidetto narra essersi nella casa di Creso introdotto Adrasto t'u^iiito
dalla Frigia sua patria per avere ucciso il fratello, il quale ottenne da Creso
di essere purificato dell'involontaria uccisione. Quiudi aggiunse che in pari
tempo apparve sull'Olimpo Misio un grande cignale che recava molti danni e
che non si era potuto uccidere. I misi avendo chiesto a Creso che fossero in-
viati con loro alcuni giovani lidi con molti cani ed il suo figHo, e sovvenen-
dosi egU della visione, disse loro che ben concedeva d'inviare il fiore dei lidi
a tale oggetto, ma non mai avrebbe permesso di mandarvi il figlio che, essen-
do sposo, si occupava solo delle nozze. Inteso però lo stesso Ali tale risolu-
zione del padre ed amando di prender parte di quella spedizione, dopo di
avere conosciuto il motivo che lo tratteneva cercò di convincere Creso che il
cignale, non potendo far uso di veruna punta di ferro, si rendeva impossibile
che si fosse verificata in tale circostanza la visione ; quindi egli cangiando
sentenza gli permise che partisse per la caccia. Volle però che gh fosse com-
pagno e custode Adrasto affinchè lo salvasse da qualunque offesa. In seguito
di tale disposizione partirono Ati ed Adrasto insieme ad un'eletta gioventù
con molti cani; e giunti al monte Olimpo trovarono la fiera, e facendo cer-
chio la saettarono. Accadde in quella cacciata che Adrasto, sbagliando il col-
po, invece di coghere il cignale, colse Ati , il quale ferito da una punta diede
compimento alla predizione del sogno. Dopo di essersene reso consapevole
Creso dell'accaduto , comparvero ad esso i lidi portanti il cadavere e dietro
loro seguiva l'uccisore. Costui, passando avanti al cadavere, consegnava se
stesso a Creso stendendo le mani e pregando che lo uccidesse sul medesimo
cadavere col dire che oltre la sua calamità, avendo fatto perire il figlio del
suo espiatore, non doveva piiì vivere. Creso nel convenire avere ricevuto
dallo stesso Adrasto piena vendetta, giacché da se stesso voleva uccidersi, le
accennava essere stato in ciò solo l'esecutore di un destino di un nume:
e così, dopo di essere stato sepolto Ati, Adrasto da se stesso si uccise so-
pra la tomba di Ati (7).
(7) Tutta la enunciata narrazione trovasi esposta nel Libro I di Erodoto dal Cap. S'À
al 45. Ma particolarmente neHultima parte si trova dichiarato con le seguenti parole
quanto vedesi rappresentato nel suddetto bassorilievo: Uaprjaav oi p^xà. tsÙto ci Ayos!
'/ipyjxiz T5V v^XjSsv, oma^z Si cineró oi é tpoveug. azà; Sì curo; npò xoìi vexssS nxpidtoou
ia-jrc-j Kpo'.'j'^, noozivj'ji'j za; y^^px;, ir.'.y.c(xc(Tfu^M p.':j xsXsuuv tw vex.oÌ). Xéy-ov T-/jy t=
nporipriv iavxov a\jp.^opr,v, v.aì co; ili ÈXct'v/j tÒv y.oàripocJiot. ùnoluliv.i:; ùo, suos ot cvn
[ii'ixjtu.ov. KpcTtGo; 5c tcutwv iy.ovaa;, tÓv te "Ao/jvjttsv y.xxoiy.rv.pEt, y.ximp Éoiv» Iv y.0(X'2
ocy.r/i<jì xcaovTa, y.xt XÌ'/bì Kpè; ccòzó-j, « E/a, a 2sfV£, napà <JVJ nxsocv .r<jy àiy:/]V, imtBr,
ffsauTSv xartaStxKwcjj sxvcczov. -ì; Ss où av u.ot tjOSh tsu xxxcJ) aìrisr, ti irr, ì'tiv à-.y.uv
TRA IL MIGLIO IV. ED IL V. 101
Tale narrazione, e particolarmente l'ultima parte di essa, serve di chia-
ra descrizione di quanto vedesi rappresentato nel suddetto bassorilievo: per-
chè dal lato sinistro si vedono effigiati i cacciatori con i loro cani che ri-
tornano dalia spedizione, ed anzi uno di essi, per meglio dimostrare la
qualità della gioventìi della Lidia scelta per la stessa caccia, si scorge avere
uno scudo con la figura di. un cane su di esso scolpita. Quindi succedono le
figure delle tre Parche collocate convenientemente per dimostrare essere
stato compito il destino stabilito dal nume secondo la visione apparsa a
Creso nonostante che egli avesse cercato con ogni mezzo d'impedirne l'adem-
pimento. Nel mezzo del bassorihevo appare Ali moribondo sostenuto da
un suo compagno della caccia ; ed a lato vedesi altro cacciatore ancora ar-
mato del ferro solito adoperarsi dagli antichi nelle caccie, il quale porge
inutilmente entro un vaso alcun rimedio. Lo circondano altri cacciatori , e da
altro lato vedesi un uomo con tunica che è figurato in atto di essere allonta-
nato dal moribondo Ati da altro cacciatore; ed in tale figura deve evidente-
mente riconoscersi Sandani sapiente lidio che in molte cose aveva consi-
gliato Creso, secondo l'autorità del medesimo storico. Nel lato destro poi si
rappresenta Adrasto in ginocchio ed in atto di chiedere a Creso di essere
ucciso per l' infelice avvenimento precisamente nel modo che venne de-
scritto da Erodoto. A lato di Adrasto vedesi effigiato il figlio muto di Creso
che compiange la perdita del fratello ; e per dichiarare la qualità sua, di non
poter parlare, venne esso sapientemente rappresentato con una mano sulla
bocca. Creso poi è effigiato in modo da dimostrare chiaramente, col tenere il
braccio sinistro sopra un tripode, che dalla purificazione concessa ad Adrasto
ne era avvenuto l'adempimento della sua visione, e nel tempo stesso dimostra
approvare, che egli da se medesimo si uccidesse. Questa stessa rappresen-
tanza vedesi confermata da un frammento della scoltura che adornava la par-
te media del grande sarcofago con figure di piìi grandi proporzioni ; poiché
apparisce in esso effigiato un cavaliere in atto di ferire il cignale ; ed in tale
figura deve riconoscersi Adrasto che invece di portare il colpo del ferro al
cignale, coglieva il figUo di Creso che doveva trovarsi da vicino ad inseguire
i^cpXocsM, aXXà SeSv zi-J zig, i'g txot xai tìoùccì npcsG-^ijxctVi ra /jcsXXsyTa IcsaSat.» Kpoi-
aog [isv vuv ì3x^c, àg et'xcg yjv, ts'v IwuXsD nxìoci- "A8p-fi<jzcg dì é TcpSiEW zcv Mimico.
cure; §V7 é tpovEv; [xèv zov kavzcv à^ù^-ov 7£V5jasvv3j, tpovsvg Ss tcù xaSVjpavTcc, ìttìits
Y)'jjyÌYì Twv àv3,oi)~wv J'/evcTS mpt ts ff'^,ax, (jvyyiv'j)T/.iu.vJo; àv^pcónr^'j ó'tvxt tóÒv aù-ò:
•<;5n l'iccpu'j-jtj^'jÓTCf.zog , kojyrìv iruy.uzd'j'fó'.ì^zi tóÒ Tua/Sw. i Erodoto. Lib. I. e. 45.y Nel
Libro I degli amorosi ragionamenti di Acliille Tazio Alessandrino si espone in circa il me-
desimo avvenimento mutando però i nomi delle persone.
102 VIA APPIA PARTE \.
lo Slesso animale. Quindi è da osservare che lulta la slessa esposizione ve-
desi rappresenlala più col costume delle età remole che con quello proprio
della Lidia del tempo, io cui circa nel sesto secolo avanti l'era cristiana, ac-
cadde il suddetto avvenimento j e ciò non solamente in riguardo della celebri-
tà dello stesso fatto, ma pure per collegare il carattere mitologico, dichiarato
dalle rappresentanze delle Parche, con lo storico più sublime. Benché in
sostanza la slessa esposizione sia più propria della mitologia che della storia,
per essersi rappresentalo radempimeulo di un destino dei numi onde dimo-
strare non essere beato l'uomo che solo possiede grandi ricchezze e vasti
dominj ; pure a confermare la effettiva corrispondenza del medesimo avveni-
mento in tale scoltura, contro la sentenza di coloro che intendono escludere
dai sarcofaghi figurati degli antichi romani qualunque esposizione di fatti
storici e di costumanze greche e romane, perchè trovansi più comunemente
effigiate tradizioni mitologiche, basterà l'osservare quanto il detto Ennio Qui-
rino Visconti espose nell' illustrare il sarcofago del museo Pio dementino
nel quinto Volume della sua grande descrizione che volle intitolare sarcofa-
go Proconsolare, in cui riconobbe effigiala una azione dei romani contro i
daci scolpila nel tempo medio dell'impero romano tra l'epoca di Adriano e
quella di Caracalla (8). E quindi anche quanto si scrisse sul grande sarco-
fago rinvenuto da pochi anni nella vigna Ammendola a poca distanza dal
luogo in cui fu scoperto quello preso ad illustrare; poiché in esso appare
scolpito non un fatto mitologico, ma bensì un combaltimento dei romani
contro i marcomanni, come si volle spiegare con una opinione, o secondo
altra spiegazione la battaglia di Telamone data nell'anno 528 di Roma dai
romani ai galh in cui da una parte rimase spento il console Cajo Atilio
Regolo e dall'altro il re Aneroesto (9). Altri simili esempj si potrebbero ci-
tare, e tra i quali uno grandissimo rinvenuto pochi anni sono lungo la via
Labicana, se fosse mestieri di avere maggiori giustificazioni. Ma poi sono
frequentissime le rappresentanze di giuochi circensi e scenici, di caccie ed
altre simili costumanze proprie dei greci e romani dei tempi storici, che si
vedono scolpite nei sarcofaghi anche rinvenuti in gran numero lungo la
(8) Visconti Ennio Quirino, Museo Pio Clementina. Tom. V. Tav. XXXI. Sarcofago Pro-
consolare.
(9) Blackie, Bataille dcs Romains uvee les Marcomans, basrelief d'un sarcophage trouvé
dans la vigne Ammendola. (Annali dell' Jnstiluto Archeologico dell'anno 1831.^ Nibby, sopra
il sarcofago scoperto nella vigna Ammendola. (Atti dell'Accademia Romana di Archeologia.
Tom. rX.J
TRA IL MIGLIO W. ED IL V. 103
via Appia stessa, ed escludono la voliila metodica applicazione mitologica in
ogni simile monumento, senza anche tenere conto dei moltissimi sarcofaghi
che portano scolpile figure proprie delle persone in essi sepolte o loro
parenti ed amici. La convenienza poi della stessa rappresentanza al monu-
mento di Seneca si rende palese dall' osservare che, non potendosi espor-
re sotto l'impero di Nerone alcuna memoria che si riferisse propriamente
al tirannico avvenimento, si prescelse con perspicacia grande quello che
meglio poteva convenire a simile circostanza per dare effetto al modesto
modo di sepoltura che lo stesso Seneca aveva prescritto che fosse effettua-
to alla sua morte. Perciocché in egual modo che Solone aveva fatto cono-
scere a Creso non essere beato quel uomo che possedeva ricchezze e so-
stanze grandissime, ma doversi attendere il suo fine, come infatti avvenne a
quel potente e dovizioso sovrano che, credendosi beatissimo, fu reso infelicis-
simo prima per la morte di Ali suo amato figlio, poscia per essere stato vin-
to e portato sino sul rogo vicino ad essere arso vivo da Ciro; così Seneca
non mancò di spesso ricordare le stesse massime a Nerone tanto in tempo
della sua educazione quanto allorché già aveva acquistato l'impero e che si
credeva in ogni modo superiore a tutti gli altri uomini, come si trova indi-
cato sì nei molti scritti filosofici dello stesso Seneca e sì da Tacito e Sveto-
nio nelle diverse narrazioni relative a Nerone ed a Seneca esposte da tali
scrittori. Ed in simil modo Nerone ebbe anche piiì triste fine di Creso. Non
adunque più conveniente esempio si poteva scegliere per conservare memo-
ria di Seneca nell'adornare la sua toniba , che doveva evidentemente essere
posta in vicinanza di quegli orti, che furono da lui posseduti lungo la via Appia
secondo le pratiche quasi costantemente tenute dagli antichi romani nel collo-
care i loro sepolcri. È inoltre da osservare che lo stile della scoltura può benis-
simo appropriarsi all'epoca Neroniana. Connestando in fine tutto ciò che fu
esposto sulla corrispondenza del luogo, in cui accade il tristo avvenimento,
al quarto miglio della via Appia, ove infatti si è scoperto lo stesso monu-
mento, si può stabihre con molta probabihtà avere esso appartenuto alla
tomba di Seneca, eretta con semphcità alcun poco tempo dopo la sua morte
a norma di quanto egli stesso aveva prescritto. Quindi si può anche stabilire
che gli orti, posseduti dallo stesso Seneca in tale posizione, dovevano essere
protratti tra la stessa via Appia e le adiacenze della Latina.
SEPOLCRO ROTONDO. Succede a sinistra un monumento rotondo
che conserva nell'interno una cella sepolcrale di eguale forma con quattro
grandi nicchie per contenere evidentemente sarcofaghi distinti. Il tutto però, sì
nell'esterno che nell'interno, si trova essere stato spogliato di ogni orna-
101 VIA APPIA PARTE V.
mento, e non rimane che il nucleo della struttura cementizia con alcune
tracce soltanto del rivestimento; percui non si può in nessun riconoscere
la sua pertinenza nò la sua precisa decorazione. Nel suo d'intorno esterno si
sono murati ultimamente molti frammenti di marmi rinvenuti tra le reliquie
dei sepolcri scoperti nelle adiacenze per essere in certo modo conservati
più da vicino al luogo del loro ritrovamento che fosse possibile quantunque
non appartenessero allo stesso monumento.
SEPOLCRO DEI FIGLI DI SESTO POMPEO GIUSTO. Per
una delle più importanti scoperte, fatte nella prima parte dello scavamento,
si deve al certo considerare la grande iscrizione metrica che fu rinvenuta
nel lato destro della via alcun poco dopo l'indicato monumento, la quale è
alquanto però mancante e spezzata; ma con cura grande furono raccolti
tutti i pezzi, e con diligenza murati nella parete eretta nel luogo stesso del
ritrovamento. Tutti i medesimi pezzi si congiungono nella rottura, e sol-
tanto non si è trovato collegamento per due o tre lettere disgiunte che non
sono richiamate da alcun certo segno e che possono far parte di qualunque
vocabolo. La iscrizione si trova adunque sussistere nel seguente modo :
me . SOROR . ET . FRATER . VIV A . P.ARENTIS
AETATE . IN . PRIMA . SAEV lA . . . . T
POMPEIA . HIS . TVMVLIS .CO NTEI . . . RIS
HAERET . ET . PVER . INMITES . QVE DEI
SEX . POMPEIVS . SEXTl . PRAEC . . A VSTVS
QVEM . TENVIT . MAGN VS
IXFELIX . GENITOR . GElfiNA CTVS
A . NATIS . SPENRANS . QVm . EI OS
AMI6S\ M . AVXILIVM . FViVCTAE . POS INATAE
FVNDITVS . VT . TRAHERENT . INVIDA AREM
QVANTA . lACET . PRORITAS . PIETAS . QVAM . VTR . . VLTA . EST
MENTE . SEN'ES . AEVO . SED . PERIERE I
QVIS . NON . FLERE . MEOS . CASVS . POSSITIQ . DOLORE
VRARE . Q\EAM . BIS . DATVS . ECCE . ROGIS
SI . SVNT . DIMAN'ES . lAM . NATI . N"V>IEN . HABETIS
PER . VOS . CV . . . VOTI , NON . VEMT . HO .... MEI
Subito dopo del suo ritrovamento fu da me comunicata al Borghesi, il quale
opinò che fosse stata posta da Sesto Pompeo Giusto liberto di uno dei Sesti
Pompei, collaterali a Pompeo Magno, a due suoi figli defunti in tenera età.
dei quali la femmina aveva pure per nome Pompea ; ed in ciò si confermava
anche dopo di averle esposte alcune notizie su di varie osservazioni fatte
TRA IL MIGLIO IV. ED IL V. 105
(lai dotti che si accinsero ad illustrare la stessa iscrizione (10). Non credo
opportuno, né utile allo scopo prefisso d'instituire una discussione per deter-
niinere se più ad uno della famiglia stessa di Pompei che ad un liberto, o a
quale dei Sesti successori di Pompeo Magno si debba attribuire la perti-
nenza di tale monumento, come neppure a ricercare quaU fossero le parole
(10) Nella citata lettera direttami dal conte Borghesi il 30 luglio 1851, già pubbli-
cata dal signor Agostino Jacobini, espose la seguente sua opinione sull" indicata iscrizione
metrica : « Resta l'epitaffio metrico posto da un padre a due figli defunti, dei quali la feui-
» mina doniandavasi Pompea. I cultori della poesia latina potranno agevolmente ristau-
» rarla; perchè in generale il senso s'intende bastantemente, e perchè non contiene se
» non querele comuni a tutti i genitori.
« Ciò che ci è di particolare si racchiude nel terzo distico, tenendo conto non
» tanto delle lettere, che sono chiare, quanto di quelle, di cui mi ha notato le vestigia.
» sembra non dubbio che nell'esametro si abbia da supplire sex . pompeivs . sexti .
» PRAECo . A^fnc/Hine . ivsTvs, con che avremo 1" intera nomenclatura , non che la pro-
» fessione di chi fece porre la lapide. Nel Voi. XX degli annali archeologici p. 245,
» ho ricordato un ampio colombario scoperto nel secolo XV a mano sinistra di chi
» usciva dalla porta S. Sebastiano (Muratori, Inscr. Pag. 929 i, di un lato del quale ci ha
» dato il disegno Pier Santi Bartoli (AA. GG. Gronovii T. XII. sig. 39 ' e di cui trovo
» notato nelle mie schede aver parlato a lungo il Ligorlo nel L. 15. p. 42 dei suoi ma-
» noscritti di Torino , che volendo si potrà confrontare colla copia che esiste nella Bi-
» blioteca Vaticana. In questo colombajo foronà sepolti i servi ed i liberti di un Sesto
» Pompeo, che ho creduto il console suffetto nel 749, il che non toglie che ci siano stati
» ricevuti anche quelli dell'altro Sesto Pompeo suo figlio console ordinario nel 767, in
» cui si estinse la sua famiglia. Uno di questi liberti reputo che fosse anche il nostro
» Pompeo Giusto, ed appoggio la mia opinione al pentametro, nel quale mi pare di poter
» leggere qvem . texvit . mag>« domvs, avendo già mostrato che quei due
» consoli provennero realmente in linea collaterale dalla famiglia di Pompeo Magno.
» onde questo cognome viene apertamente attribuito al console del 767 da Idatio, dai
» fasti Siculi, dalla cronica Pasquale, e da S. Epifanio (Haer. b\.J La qualità libertina
» di Giusto viene poi chiarita , non tanto dal suo nome sex . pompeivs , quanto dal suo
» impiego PRAECO . sexti , cioè di praeco di uno di questi Sesti Pompei in tempo
» del suo consolato, di tale condizione solendo essere comunemente i pracfo?jfs. Dalle
» circostanze, che hanno accompagnato l'invenzione di questo epitaffio, si potrà argo-
j' mentare. s'egli sia stato estratto, quando che sia da quel colombario, o se Giusto aveva
» eretto ai suoi figli un monumento loro proprio ». Quindi per avergli fatto conoscere
alcune osservazioni che cransi esposte, non però ancora pubblicate, sulla stessa iscrizione, e
precisamente sul colombario di cui egli fa menzione, il quale stava assai discosto dal luogo
in cui fu rinvenuta la stessa iscrizione , come si è indicato nella Parte I descrivendo i se-
polcri scoperti entro le mura della cinta Aureliana nella vigna Codini, e chiesto se egli
11
106 VIA APPU PARTE V.
che mancano in tale iscrizione. Quindi mi limiterò ad indicare che lo stesso
epitaffio deve considerarsi per uno dei migliori scritti con tal metodo me-
trico che si sia rinvenuto e che si renda importante per le notizie storiche a
cui si collega. Il monumento sepolcrale poi nulla più offre per l'arte di buo-
no essendo stato per intero spogliato dei suoi ornamenti proprii allorché
Tu distrutto sino al paro del suolo ; ed i devastatori si sarebbero anche
prevalsi delle lastre di marmo, su cui fu scolpita la detta iscrizione, se non
fossero state tanto sottili ed infrante in minuti pezzi.
TEMPIO DI GIOVE E SECONDO PAGO SULPIZIO AL QUAR-
TO MIGLIO. Sempre lungo il lato sinistro ed alcun poco distante dalla
nulla aveva da aggiungere alle indicate cose, egli mi fece conoscere con sua lettera del 19
ottobre 1852 la seguente conferma alla sua opinione.
« Non ho che aggiungere a ciò che dissi sull'iscrizione metrica di Sesto Pompeo.
» Ho esposto qualunque siasi, il mio sentimento sopra costui, ed avrei sentito volentieri
» se altrui aveva veduto meglio di me. Non osta alla mia opinione, se la sua lapide è stata
» rinvenuta molto lontano dal sepolcro dei Pompei, non essendo insolito che i liberti an-
» che delle case, che avevano un colombario pei loro famigliari, quando erano doviziosi
» si costruissero una tomba tutta loro particolare. La grandezza del suo marmo mi darà
» indizio che anch'egli erasi fatto ricco in un'arte, che Marziale (Lib. V. Epig. 56j chiama
» pecuniosa: ma non mi persuaderà mai ch'egli fosse un distinto personaggio, proibendolo
» appunto la professione di praeco da lui contestata. Essa vedcsi quasi sempre in mano di
» liberti, o al più di libertini, ed era anzi così poco stimata, che la legge Giulia aveva esclu-
» so chi l'esercitava dagli onori municipali; ne eum qui praeconium, dissignationem, libiti-
» namque faciet Ilvirum IlIIvirum renuntiato ». Si potrebbero però aggiungere alcune
osservazioni sulla pertinenza del medesimo liberto a quale dei Sesti Pompei che suc-
cedettero a G. Pompeo Magno, se lo scopo prefisso lo comportasse. Laonde si lascierà
di più trattenerci su tale argomento; come pure non ci faremo a proporre alcun sup-
plemento alle mancanze rinvenute nella lapide per essersene di già ampiamente occu-
pato il comm. P. E. Visconti in una dissertazione che lesse ultimamente nell'adunan-
za dell'Accademia Romana di Archeologia, la quale sarà stampata nel volume XIII degli
atti che si deve tra breve pubblicare. Pertanto si rende necessario d' indicare che nei
lati del muramento, in cui fu collocata la suddetta lapide, si sono poste le seguenti
due iscrizioni che sono relative però ad altro monumento. In una incisa su di un cippo
di pietra liburtina leggesi : dis . manibvs | avoniae . m. v | vix. ann. xxxv | sex .
AVONivs I svcCESSvs | FECiT . CONIVG | BENEMERENT. Ed in altro cippo di marmo, man-
cante però nella parte destra, trovasi sussistere : d ] sex . avg | .mar-
TIA I STRAC I AVONIA . PE | CONIVX . AVON | E
SEX . AVON 1 LIB. PATRON | MERENTI [ TE . ROGO . PRAEFE . . . |
AvoNivs . RESTiT ... In altro frammento d' iscrizione collocato da vicino leggesi : m.
CEDRivs I MAioR scuza uuUa di più conoscere.
TRA IL MIGLIO IV. ED IL V. H)7
Strada rimangono reliquie di mura che si conoscono avere appartenuto ad
un edifizio di forma mista circolare e quadrangolare con avanti un portico
di quattro colonne e nel d'intorno una cinta di fabbrica, il tutto disposto in
circa egual modo delfaltro già descritto edifizio che esiste da vicino al
circo di Massenzio e che fu riconosciuto essere il tempio consacrato al suo
figlio Romolo, ma di proporzioni alquanto minori. Si è creduto che questo
edifizio avesse servito di sepolcro per alcun altro principe dell' impero de-
gli ultimi tempi che aveva ottenuto di essere dichiarato divo, come lo di-
mostra la qualità delle reliquie superstiti : e dopo che si era cessato di sep-
peUire i principi nel mausoleo di Adriano, il quale fu detto degli Antonini per
avere servito ai principi che portavano il nome di tale famiglia: ma non si
rinvengono memorie autorevoU per poterne determinare la pertinenza. Però
quando si considerano quelle memorie sacre, che si hanno negli atti dei
Santi che soffrirono il martirio da vicino alla via Appia, si viene a co-
noscere che eranvi due luoghi distinti che si denotavano col nome di pa-
go o borgo. L'uno al terzo miglio da vicino al tempio di S. Urbano ed al
circo di Massenzio, come fu precedentemente dimostrato ; e l'altro al quar-
to miglio, ove si è indicalo esservi stato un tempio con statua di Gio-
ve (Il ). Infatti da quanto sussiste di tale monumento ben si conosce es-
servi state nella sua cella tre grandi nicchie, luna evidentemente per con-
tenere la statua di Giove, e le altre due laterali le statue di Giunone e
di Minerva ; e ciò precisamente a norma di quanto solevasi praticare nelle
borgate ad imitazione dell'edifizio Capitolino. Seguendo poi quanto si è os-
servato sulla importante iscrizione di T. Quinzio Caltilo dell'ara Vaticana,
si può stabilire con molta probabihtà essere quel pago l'altro che era de-
nominato Sulpizio ; e come i vici, che stavano nella regione prima, i quali era-
no con lo stesso nome distinti, si doveva questo secondo pago denominare
Sulpizio ulteriore mentre quello che si è già stabilito corrispondere da vicino
al circo di Massenzio si doveva distinguere col titolo di Sulpizio citerio-
ill) I più importanti passi degli atti dei Santi Martiri, ctie dimostrano la sussi-
stenza di un pago al quarto miglio e di un edifizio con una statua di Giove, sono i
seguenti che si leggono, nella passione di S. Cecilia pubblicata dal Bosio : Locm igitur
qui vocabalur Pagus, quarto milliario ab Urbe situs erat. E quindi negli atti di S. Urba-
no leggesi : Almachius dixit ut ducuntur ad Pagum juxla lemplum Jovis et ibidem custodirle
mancipenlur .... Venientes igitur ad temphim Jovis iuxta Pagum. Mentre poi il tem-
pio, che stava al tèrzo miglio e che venne poscia dedicato a S. Urbano, si è conosciuto
essere stato primieramente dedicato a Bacco.
108 VIA APPIA PARTE V.
re (12). A comprovare poi la sussistenza nel luogo stesso di un pago ser-
vono le diverse reliquie di fabbriche che si rinvennero nelle sue adiacen-
ze. Scavandosi nell'anno 1850 nel d'intorno dell'anzidetto tempio, prima che
si fossero imprese a fare le regolari scavazioni del governo, furono rinvenute
le colonne di granito con i loro capitelli corinti e corrispondenti basi che dove-
vano appartenere al portico stabilito nella fronte delledifizio: ma invece di
conservare tali reliquie nel luogo stesso, che avrebbero servito in ogni tempo
a dare alcuna idea del monumento, furono trasportate altrove per farne altro
uso. Evidentemente doveva appartenere allo stesso pago, a cui fu desti-
nato tale edifizio, la grande fabbrica, che fu scoperta nel principio dell'an-
no 1823, ad un mezzo miglio distante dal sepolcro anzidetto dei Servi-
lii, nella quale si rinvennero oggetti diversi e principalmente belhssimi
pavimenti di musaico con i nomi dei loro artefici, che servirono a far cono-
scere la nobiltà dell'edifizio (13).
SEPOLCRO DI C. PLINIO EUTICO ERETTO DA C. PLINIO ZO-
SIMO. Nel lato destro della via, quasi d'incontro al suddetto tempietto, sussi-
ste alquanto entro la campagna una grande reliquia di opera laterizia mista
con la cementizia, sulla quale venne stabilita una casa rurale. Quindi sul mar-
gine della strada tra le reliquie di altro monumento si rinvenne la seguente
iscrizione su di un non grande cippo: T. nAEINfìl | EYTYXIfìl | KO-
MfìAm I r. nAEINIOC l ZfìCiMOC l CYNTPOOm . KAI I AHE-
(12) La iscrizione, che esiste su di un'ara rotonda del museo Vaticano, si vede dispo-
sta sopra e sotto di un ornamento composto di alcuni festoni con cranj bovini, un'ara con
fuoco e con due sacrificanti, nel seguente modo cioè sopra : t. qvinctivs . Q. f. tvlli ....
CALTELI . CALT. L. C SOttO : MAG. DE . DVOBVS . PAGEIS . ET . VICEI . SVLPICEI. (ìltt-
rini, Atti e Monumenti degli Anali. Tom. I. pag. \S.)
(13) Di tali scoperte, fatte nel gennaro dell'anno 1823 da Francesco Capranesi a
mezzo miglio distante dal sepolcro dei Servilii, ne conservò memoria il comm. Pietro Vi-
sconti in una relazione inserita nel Tom. II degli alti della Accademia Romana di Archeo-
logia alla Pag. 668 e seguenti. In particolare sono in tale relazione descritti i pavimenti
di musaico scoperti, nei quali si leggono i nomi degli artefici t. flavivs ed
ARiSTO . FAC. Si scoprirono inoltre negli stessi scavi alcune memorie sepolcrali che dove-
vano appartenere ai monumenti posti più da vicino alla via Appia ; ed in tale relazione si
sono pure riferite le iscrizioni appartenenti ai medesimi. In una di esse, leggendosi il no-
me di un liberto dell'Augusto Massimo figlio di Massimino, ed in altra quello di Filippo for-
se in relazione dell* imperatore di tal nome, si può credere che ai medesimi principi doves-
sero appartenere gli edifizj anzidetti scoperti in tale luogo: ma nulla di preciso si può de-
terminare mancandoci documenti autorevoli e precise descrizioni delle stesse scoperte.
TRA IL MIGLIO IV. ED IL V. 109
AEYOKPfìI 1 TEIMIflTATm. Da questa iscrizione il Borghesi volle ri-
conoscere una pertinenza a quel C. Plinio Zosirao, che Cu un Uberto ca-
rissimo a C. Plinio Secondo, come si deduce da una sua lettera a lui di-
retta (li). Ma nulla poi di ben determinato può conoscersi sulla forma
del sepolcro, a cui apparteneva il cippo avente tale iscrizione, e simil-
mente di quei moltissimi che si trovano posti nella stessa posizione. Non
pertanto si è essa collocata con diversi frammenti, che furono rinvenuti tra
le rehquie dei medesimi sepolcri adiacenti, d' incontro ad un nucleo di un
grande sepolcro che forse sarà stato quello di C. Plinio Eutico eretto dal
suo fratello Zosimo ; giacché la sua costruzione si trova corrispondere preci-
samente all'epoca di Trajano, in cui visse C. Plinio Secondo.
SEPOLCRO DI C. LICINIO. Tra diversi frammenti di un sepolcro
costrutto in marmo, evidentemente nell'epoca media dell' impero, che si so-
no rinvenuti a poca distanza dal suddetto grande sepolcro di opera late-
rizia, si scuoprì una iscrizione scolpita pure su grandi massi di marmo in
cui leggesi: Licinia . l. f ] e. liclmvs . l. f. ser |
LICINIA . e. F. PA-NTLA | T. QVINCTIVS . 0. L [ P.iMPHILVS (15).
I medesimi frammenti si sono murati nel luogo stesso del loro ritrovamento.
SEPOLCRO DORICO. A lato dell'anzidetto sepolcro dei Licinii si
rivennero diversi frammenti di un monumento interamente costrutto col-
(14) « C. Plinio Secondo nell'Ep. 19 del Lib. V ricorda un suo liberto Zosimo, che
» gli era carissimo, ed a cui fa molti elogi, il quale dovette chiamarsi C. Plinio Zosimo.
» siccome ci dice chi fece incidere questa lapide greca sulla tomba di C. Plinio Eutico.
» Ma se Eutico fu fratello di latte, e insieme liberto dell'autore della lapide, sarà assai
» diflìcile che questi due Zosirai siano la stessa persona; perchè se il primo fu liberto del
» Plinio legato della Bittinia, nacque per conseguenza in stato servile, e quindi la sua
» famiglia non poteva avere libertà. Lo che essendo converrebbe ammettere che egli dopo
» essere stato manomesso avesse comprato Eutico, e quindi l'avesse assoluto dalla schia-
» vitià. Ma non è da credersi così di leggieri, che il Bglio di una serva sia stato allevato
» non dalla propria madre, ma da un'altra serva. Parmi assai più probabile che il figlio
» del liberto Pliniano abbia portato gli stessi nomi di suo padre; che egli sia stato allat-
» tato nella casa paterna da una sena di lui; e che per diritto ereditario, divenuto po-
» scia padrone del fratello, gli donasse la libertà ». (Tetterà del conte Borghesi del 30 Lu-
glio 1851.;
'15'^ Sull'anzidetto frammento d'iscrizione il Borghesi osservò che una Licinia Pao-
la ricordasi altresì nella Muratoriana della Pag. MCLXXXIIl, N. 3: ma non può essere
la stessa persona ; perchè la nostra si dice nata da un Cajo, mentre l'altra si annovera
quale figlia di un Publio.
Ilo VIA APPU PARTE V.
la pietra albana, che dovette essere slato edificato nei tempi più vetusti.
Si rinvenne tra le stesse reliquie un frammento d'iscrizione, scritto nella
medesima pietra, che deve avere appartenuto allo stesso sepolcro: ma nulla
di ben determinato può conoscersi. Però quanto sussiste di tale monumen-
to merita ragguardevole considerazione ; perchè si trova costrutto con la
pietra albana, ed adornato con quella bella maniera dorica che era solo più
propria dei medesimi più antichi tempi; ed anzi può servire tale esem-
pio a supplire quanto di tal genere di decorazione si trova ora scarseggia-
re nei monumenti romani.
SEPOLCRO D'ILARIO FUSCO. Succede quindi altro monumento
ristabilito con diversi frammenti rinvenuti nel luogo stesso, tra i quali si
distingue la seguente iscrizione che ne palesa la sua pertinenza : . . hila-
RIVS . FVSCVS I PHILVS . PATUONVS | TRATV |
Qvi . FLACci . GAESA ... | RN iNGENvi. Ma poi uulla può deter-
minarsi sulla epoca precisa in cui fu eretto tale monumento. Però veda-
si avere servito per più persone ; giacche ad esso si potè appropriare un
bassorilievo in marmo, in cui vedonsi scolpite cinque effigie differenti, che
fu rinvenuto tra le stesse reliquie e che fu collocato nel mezzo del me-
desimo nmramento. Tutto ciò serve a far conoscere essere stato quel mo-
numento eretto nell'epoca degli Antonini e nulla più. Meritano conside-
razione poi i basamenti di opera laterizia che sussistono nel lato meridio-
nale dello stesso monumento e che appartenevano a due in circa eguali
sepolcri eretti nei buoni tempi dell'arte ; perchè offrono tuttora belli esem-
pj di quella decorazione fatta interamente colla detta opera, quantunque
si siano conservati soltanto alcun poco al di sopra della base dei pilastri
che costituivano la principale loro decorazione.
SEPOLCRO DEI SECONDINI. A poca distanza dall'anzidetto mo-
numento si rinvennero diverse iscrizioni che portano i nomi dei Secondi e
Secondini , i quali si possono credere avere avuto alcuna relazione con C.
PHnio Secondo che protesse grandemente il suddetto suo liberto C. Plinio
Zosimo, ed anzi avere evidentemente appartenuto ad uno stesso monu-
mento. In un frammento di una grande lapide di tale iscrizione si legge:
ti. Qaudius . avG. lib. secvndvs | Pkilippianus ar «cceNSVs
velatUS . SCRIBA . librar . VIAT . . . . [ FLAVIAE . IRENE . VXORI . OP .... | ... .
TI. CLAVDIO . SECVNDINO | CLAVDIAE , SECVNDLNAE .... Ed iu alcuui pie-
destalli, che appartenevano allo stesso monumento, si legge primieramente:
TI. CLAVDIO I TI. FILIO . PAL | SECVNDINO [ AN. NAT. IX. M. IX | DXXIIX. | EQVO .
PVB I F. DVLCISSIMO [ FLAVIA . IRENE | MATER | E quindi nell'altro: TI. CLAVDIO I
TRA IL MIGLIO IV. ED IL V. 1 1 1
AVG. LIB I SECV.VDO | PHILIPPI.ANO | COACTORI | FLAMA IREXE | MARITO . INDVLGEN-
TissiMO. Quanto poi sussiste del medesimo monumento, costrutto in marmo
ed adornato con corniciamenti scolpiti con semplicità e buono stile, dimostra
essere stato stabilito precisamente in circa nel tempo di Trajano, a cui si
può con più convenienza appropriare la pertinenza delle persone indicate
in tali iscrizioni (16). I medesimi frammenti rinvenuti, conoscendosi chia-
ramente avere appartenuto ad un basamento, servono a dimostrare essersi
sul monumento innalzato un finimento piramidale con la statua di T. Clau-
dio Secondo sull'alto ; e negli angoli dovevano essere posti i suddetti piede-
stalli sostenenti altre statue, come apparisce dalle incassature che ancora
sussistono nel piano superiore della cornice.
SEPOLCRO DI Q. APPLLEO PAMFILO. Succede nello stesso lato
un moderno muramento, che venne fatto per collocare alcuni belli fram-
menti di soffitti in pietra tiburtina, che dovevano appartenere ad un mo-
numento adornato con colonne e pilastri di eguale pietra, come se ne sono
trovate reliquie nelle adiacenze ; di modo che tali frammenti dovevano
essere collocati nell'opera antica in piano entro alcun piccolo portico. Tra
le stesse reliquie si è rinvenuto il seguente frammento d' iscrizione che
sembra denotare la pertinenza del monumento : . . . q. appvleas | a . . .
PAMPHiLvs .... ma senza potere nulla di più conoscere. Dopo un invito
di strada traversale succede il basamento di una tomba costrutta colla pie-
tra albana con buon artificio dei tempi repubblicani.
GRANDE SEPOLCRO DI OPERA LATERIZIA. Si presenta quin-
di nello stesso lato della via una ragguardevole rehquia di un grande mo-
numento di forma quadrangolare e costrutto a guisa di un edifizio sacro
con due celle l' una situata sopra dell'altra. Diversi esempj si hanno di
(16) Per qaanto può dedursi dalle varie memorie, che si coUegano con il tempo in
cui visse C. Plinio Secondo e la sua amministrazione tenuta sotto Trajano, si può inoltre
stabilire che diverse altre persone, distinte col soprannome di Secondo o Secondino, fosse-
ro impiegate, come esattori o raccoglitori della stessa pubblica amministrazione, come è
indicato da una iscrizione di T. Staberio Secondo raccoglitore argentario, che si trova in-
serita nella collezione del Grutero Pag. DCXXVII, N. 1 e dell'Orelli N. 3252, e da un'al-
tra riferita dal Muratori alla Pag. CMXVI, N. 10 di T. Claudio Prisco Secondiano pure
esattore, o raccoglitore, come meglio si voglia spiegare la voce coactor. In un lato del
medesimo monumento si è murato il seguente titolo lapidario che fu rinvenuto nelle
sue adiacenze: terentia . p. f. | clavdiana . c. f ] viva . siBi | fecit. E nel lato op-
posto altro frammento d" iscrizione fu collocato, da cui però non può dedursi nulla d'im-
portante per lo scopo prefisso.
112 VIA APPIA PARTE V.
simili monumenti costrutti in tal modo con l'opera laterizia, che per la loro
l'orma si vogliono credere essere stati altrettanti tempj, come venne suppo-
sto quello detto del Dio Rediculo considerato nella Parte III. Ma la loro
destinazione sepolcrale è abbastanza palese dal vedere il modo con cui
sono formate e decorate le celle; e sulla loro fronte in vece di esservi
stato alcun portico con colonne, come comunemente si crede, vi era pra-
ticata quella decorazione che è propria dei sepolcri. Esso sembra essere
stato stabilito nei tempi imperiali di dietro ad altri minori sepolcri di più
vetusto collocamento, come apparisce dalle traccie scoperte. Per il tut-
tora imponente aspetto, che lo stesso edilìzio presenta, meritò di essere
considerato tra i diversi monumenti superstiti della via Appia in parti-
colare nella raccolta del Piranesi.
SEPOLCRO DI RABIRIO ERMODORO DI RABIRIA DEMARIDE
E DI USIA PRIMA SACERDOTESSA D'ISIDE. II monumento, che se-
gue sempre nel lato destro, si rende importante non solo per la pertinenza
delle indicate persone, ma per la eleganza dei suoi ornamenti; percui ha
meritato di avere la preminenza su tutti gli altri per essere ristabilito nel mi-
glior modo che fu possibile impiegandovi tutti i frammenti che furono rin-
venuti tra le sue rovine. Sotto alle respettive immagini scolpite in alto rilie-
vo si leggono i loro nomi nel modo seguente:
e. RABIRIVS . POST. L. RABIRIA | VSIA . PRIMA . SAC
HERMODORVS . DEMARIS | ISIDIS
Ed a lato della indicata effigie della sacerdotessa Usia Prima si vede scolpi-
to il sistro che era uno degl'istrumenti proprii del culto d'Iside.
SEPOLCRI DIVERSI DEL LATO DESTRO. Ognora a destra in
vicinanza del luogo, in cui furono rinvenuti diversi frammenti di decorazio-
ne architettonica, consistenti in basi e capitelli diversi, ed appartenenti a
due sepolcri distinti, l'uno formato con la pietra albana e l'altro con la tibur-
tina, colla quale prima pietra vedesi pure sussistere un piede di candelabro,
fu scoperta una grande lapide che denota la pertinenza di uno dei medesimi
sepolcri, che esistevano in tale luogo, alle persone in essa registrate nel
modo seguente: a. aemilivs . a. l | alexsa | aemiliae . a. l | philvsa [ m. clo-
Divs . M. L. PHiLOSTORGvs. Di scguito poi si è couservata memoria di un mo-
numento formato con la pietra albana nei tempi evidentemente repubblicani
e con eccellente artifizio, come in particolare si conosce da un fregio deco-
rato con puttini sostenenti festoni, e dai pulvini che stavano nella sua som-
mità. Quindi diversi belli frammenti di altro nobile sepolcro, formato con la
pietra tiburtina, furono scoperti a lato dell'anzidetto, tra i quali si distingue
TRA IL MIGLIO IV. ED IL V. 113
UH timpano triangolare. Al medesimo monumento si sono riconosciute ap-
partenere quattro effigie scolpite in bassorilievo nel marmo che dovevano
rappresentare le persone in esso sepolte. E tutti i medesimi frammenti fu-
rono nel miglior modo possibile murali in alcune opere moderne erette sul-
le reliquie degli stessi monumenti. Un frammento di una lapide, in cui si
legge il nome antiochvs. dimostra esservi stato di seguito un piccolo sepol-
cro di forma rotonda costrutto in marmo. Si rinvennero ancora molti belli
frammenti di decorazione dei successivi sepolcri , che servono a dimostrare
la nobiltà dei medesimi monumenti. Particolarmente si distingue tra le stes-
se rehquie un basamento di un sepolcro formato con la pietra albana e
con sagome di bellissima forma; e similmente un pulvino della stessa pie-
tra che doveva servire ad adornare la parte superiore del medesimo ve-
tusto monumento. È quindi importante il prendere in considerazione una
specie di cippo, pure fatto con la pietra albana, in cui vedesi effigiata la
fronte di un sepolcro con una porta nel mezzo e la traccia di due late-
rali ; poiché da esso si può dedurre quale fosse la decorazione che veni-
va impiegata nei comuni sepolcri più antichi costrutti con la stessa pie-
tra, la quale vedesi da tale rappresentanza avere partecipato alquanto del-
la maniera etrusca precipuamente negli ornamenti delle porte. Quindi suc-
cedono le rehquie di altro sepolcro di epoca meno remota , in cui furono
rinvenuti alcuni frammenti di una statua togata. Nelle stesse adiacenze, e
precisamente nelle rehquie del sepolcro distinto con il numero 4-0, fu rin-
venuta una importante iscrizione assai frammentata però e divisa in due
pezzi, che offrì motivo a dotte illustrazioni del Borghesi che ne riconobbe
la pertinenza a lasdio Domiziano capitano dell'imperatore Alessandro Se-
vero (IT). Ma nulla di sicuro può stabilirsi sul monumento a cui apparteneva
(17 II conte Borgtiesi dopo di avermi partecipato diverse importanti sue osserva-
zioni sulle iscrizioni della via Appia con la sua lettera spesso citata del 30 luglio 1851,
clie furono pubblicate nella citata descrizione del sig. Agostino Jacobini, mi aggiunse in al-
tra sua lettera dell" 8 settembre deiranno stesso la seguente erudita illustrazione alfenuncia-
ta iscrizione: « Dopo inviatale l'altra mia mi risovvenni, che anche l'Henzen appena venuti
» fuori dagli scavi dellAppia mi trascrisse i due frammenti del titolo onorario di quel-
» l'ignoto legato di un Augusto: ma non potei allora occuparmene distratto come era da
» altre brighe. Ricercatane ora la di lui copia vi trovo notate alcune lettere di piìi che nella
» copia da lei inviatami, le quali probabilmente saranno perite nel maneggiare quei mar-
» mi: ma ciò che più importa si è ch'egli mi assicurava 1" indubitata lezione di quel iasdu
» DOM, sul quale appunto, perchè non ne intendeva il significato, mi diceva di aver posto
» speciale avvertenza, e mi testificava insieme l'esistenza della finale liae , su cui pure
15
I I 'l Vl\ Al'PIA PARTE V.
l indicala lapide. Parimeiili nelle stesse adiacenze si rinvenne quel frammento
d' iscrizione in cui si lesse il nome di Eschino tribuno militare che fu uc-
» l'aveva pressata di nuovi riscontri, che in tal modo più non mi occorrono. Per le ragioni,
» cbc ho addotte l'altra volta, io non poteva dubitare, che in quel iasdii si nascondesse
» il nominativo plurale di un gentilizio, ma dubitava che fosse stato mal letto riuscendo-
» mi nuovo quel nome fra le migliaja, che ce ne hanno conservate le lapidi. Ora però
» che il mio dubbio è stato dissipato profitterò della certezza che gli è succeduta per
» trarne fuori non solo un'altro esempio, ma per rintracciare di più una delle persone
» qui memorate. Nel Bulletlino del 1848 Pag. 188 furono pubblicate due basi della
» Transilvania , di cui l'una supplisce l'altra, mandate dal cav. Neigebaur, le ultime
» due righe delle quali così erano da lui rappresentate dedicante . as . dio | domitia-
» NO . i.EG. AVG. PR. Pii. Riusccudo inaudita tanto all' Henzen quanto a me la terminazio-
» ne in Latina di asdio, supponemmo, che quel punto intermedio volesse significare la
» mancanza di una lettera, onde vi supplimmo un'I, e ciò portò che credemmo di dover
» ristaurare neirallra lettera, che si confessava essere un N o un P, onde farne la non in-
» solita denominazione di Nasidio e Pasidio. Ma dopo il confronto col marmo dclTAppia
» conosceremo che si aveva da prestar maggior fede alla copia del Neigebaur; che anche
» ammessa l'esistenza di quel punto intermedio egli poteva prendersi per uno di quei
» non rari esempj a comparire fra le sillabe, ed anche fuori di luogo, nelle lapidi di tempo
» scadente, che in vece di un N o di un P doveva ristaurarsi un I, e che finalmente questo
» lasdio Domiziano non è diverso dal figlio, il quale pose a suo padre la nostra iscrizione
') frammentata. Consta da quelle due basi ch'egli fu legato della Dacia nell'impero di
» Alessandro figlio di Mammea, del che ne deriva che il genitore deve aver fiorito ai
» tempi di Settimio Severo, e se anche si vuole di Caracalla. Lo che essendo scemerà di
» molto la maraviglia della novità della sua casa, sapendosi quanti dei provinciali anche
» più lontani furono introdotti in senato da quei principi. Ed in tal caso potrà anche tro-
» varsi una radicale di quel nome, leggendolo ricavato per esempio del greco ìy;, ìxdo;,
» onde sia un gentilizio geografico dedotto dalla provincia della Ionia. Intanto se suo pa-
» dre fiorì ai tempi di Settimio Severo, egli non potrà più esser stato legato della Licia
» e della Pamfilia non ignorandosi che sotto Adriano, o al più sotto Antonino Pio invece
» dei legati s'incominciò a mandarsi i proconsoli, essendo stata ceduta al senato in cam-
» bio della Bitinia. E ciò starà bene anche a senso dell'altro ulPicio da lui sostenuto di cu-
» ratore dei Fulginati, attestando Capitolino che M. Aurelio fu quello che introdusse o
» per lo meno propagò l'istituzione di dare ai senatori la cura delle città. Ma da ciò ne
» consegue pure che la voce terminante in hae non può più essere il nome di una pro-
» vincia da attaccarsi al Legatus propter per la ragione invincibile che dopo Adriano non si
« ha più alcuna provincia cesarea con questa desinenza. Convien dunque trovare un'altro
» uffizio , a cui essa volle adattarsi. Ma ciò può farsi senza invertere l'ordine che si era
» dato a quei due frammenti , e senza ammettere che sia primo quello che s'era reputato
» secondo. Eccole dunque un diverso supplemento foggiato secondo questi nuovi bisogni :
TRA IL MIGLIO IV. ED IL V. 115
riso nella Lusilania (18). A poca distanza si sono anche rinvenute due altre
iscrizioni che possono meritare considerazione; poiché nella prima di esse
leggesi: L. VALERIVS . L. F. OVF. GmDO | L. CALPVRMVS . M, L. MENOPHIL | VALERIA-
Ms I VALERIA . L. L. TRVPHERA. E quesla ha meritato alcune considerazioni
del Borghesi (19). Nell'altra poi si trova scritto soltanto .... niciae |
leg. AVG. PR. praet. provinciae
syrim . phoemciAE . leg. avg. pr. pr. prov. ractiae . curai
viae . acmÌLiKE . praef. alìiìi . leg. ìeG. xiiii. GE5u'«ne . curat
rei ■ P. FVLGiNATiVM . praetori . aedili . Cvrvli . quaeslori
prov. ACHAIAE . TRIB. LAT. heg. i. ad HIV. cap. iasdii voMÌlianus
et filli . paTRi . optiino . feceriint.
» La lunga lacuna ileirultima riga, nella quale doveva necessariamente ricordarsi un'altro
» Gglio, si riempirà sia supponendo che questi figli fossero più di due, sia ritenendo che
» Domiziano occupasse già a quel tempo una carica; dell'una e dell'altra delle quali cose
» si ha esempio tra gli altri nella lapide del console A. Egnatio Proculo veduta del Gudio
» Pag. 122. N. 4, tra la fine della quale si memorano: egnati . secvndilla . proclia-
» N\'s . iniviR . viAR. CVR. ET . LLD. FILI. È inutile il dire, che i ristauri della
» prima e della seconda riga sono capricciosi, diretti solo a mostrare come coi pochi
» avanzi, che ci sono rimasti, si possino esse riempire, e che i supplementi sicuri, e con
» qualche fondamento non comincino se non che dalla terza linea, benché si abbia da no-
» tare che in vece della via Emilia, potrebbe con egual diritto sostituirsi l'Aurelia. In
» seguela adunque di questo confronto avremo il vantaggio di conoscere nella genta lasdia
» una nuova famiglia consolare, e di aver ricavato da questo miserabile frammento, che
» non parevano di alcun'uso, il nome, l'età, e alcuna delle cariche sostenute da un perso-
» naggio ignoto alla storia «. (^Borghesi, Lettera dell'S settembre 1851.^
(18) ESCHiyVS . pater . TR I OCCISVS . EST . IN . LvsiTAnea. In
questo importante frammento d' iscrizione osservava il Borghesi che molto raramente
solevano indicare le lapidi antiche il genere della morte, onde reputava egli che non
meritava di essere sprezzato questo titoletto che ci faceva sapere che l' ignoto Eschino
fu ucciso nella Lusitania.
(19; Secondo l'autorità del Borghesi in tale iscrizione leggesi francamente : Lu-
cius . VALERIVS . Marci . Filius . 0\Fentina . giudo . Lucius . calpvrmvs . Marci . Li-
herlus . MENOPUUj/s . VALERIAMS . VALERIA . Lidi . Liberta . TRVPHERA. « E evidente.
» che vien nominato un padrone con due suoi liberti, uno maschio, l'altro femmina.
» Ma è da osservarsi che contro il consueto Menofilo non porta il gentilizio del suo pa-
» drone, ed è anche più strano, che dopo essersi appellalo Lucio si professi liberto di
» Marco. Però se ne travede la ragione, e ciò può servire di norma in qualche altro
» caso consimile. Tengo per fermo che qui sia ripetuto il fatto di Cicerone (ad At-
» tic. Lib. IV. Epist. XV), che manomettendo il suo servo Dionigi non lo chiamò già col
I 1 6 VIA APPIA PARTE V.
LACCI . ET, (la cui nulla d'importante può dedursi. Si sono trovati però nel
luogo stesso diversi frammenti di cornici in pietra tiburtina con una sta-
tua in marmo togata, che meritano qualche considerazione, come pure al-
cuni pulvini in pietra albana. Di maggiore importanza devesi poi tenere
la seguente iscrizione che fu rinvenuta di seguito alle suddette reliquie:
A. ARGENTARI . A. L. ANTIOC .A | COACTOR . INTER . AERARIOS .A |
ocTAviAE. A. L, EPicHAR . sOROR Merita considerazione la indicazione di
esattore fra gli erarii; perchè credo che sia senza esempio, né si può spiega-
re se non attribuendo a tale raccoglitore argentario la partecipazione del
suo servizio a più di un erario.
SEPOLCRI DEL LATO SINISTRO. Quasi d'incontro ai suddetti
sepolcri si rinvengono diverse traccie di altri molti simili monumenti, ma
però assai più distrutti che nel lato destro. Primieramente vedesi il pian-
tato di un sepolcro quadrangolare costrutto eccellentemente coll'opera late-
rizia, avanti al quale si è nei tempi posteriori stabilito altro sepolcro, di cui
sussiste il solo nucleo. Quindi tra i successivi monumenti si rinviene la se-
guente iscrizione di P. Cacurio: p. cacvrivs . p. l. l. [ philocles . ab | ara .
MARMOREA [ CACVRIA . P. L. CALLIOPA ] MAELIA . GÈ. CACVRI . R E quindi
un cippo in cui vedesi effigiato un milite che tiene per mano altra persona,
e sopra di tali figure leggesi: dis . manibvs | q. flavio . critoni . conivgi . be-
ne I MERENTI . et . Q. FLAVIO . PROCVLO [ MILILI . COH . XII. VRB [ BASSI . nLlO .
piENTissiMO I ivNiA PROcvLA FEciT. Di soguito esiste uua lapide in pietra tibur-
tina che porta impresso il seguente semplice titolo: p. faianivs . t. p. l. sa-
TVRio I V. A. VII. Sul quale nome nulla d'importante può osservarsi. Merita
però maggiore considerazione una statua in marmo togata che fu rinvenu-
ta da vicino al detto monumento; perchè offre un buon esempio di tale
» proprio nome di Tullio, ma con quello di Pomponio, in commemorazione del suo ami-
» co Pomponio Attico. Altrettanto avrà praticato il padre di Giddo o per parentela o per
» amicizia, quando nel concedere la libertà a Menofilo gli diede il nome estraneo di I..
» Calpurnio, invece del proprio di M. Valerio; ma ciò non tolse, che questi si dicesse li-
» berto di Marco, come era realmente, e che di più a denotare la sua origine si aggiun-
» gesse l'agnome Valeriano all'uso dei servi, che così costumavano d'indicare il loro
» primitivo padrone , come fu già riconosciuto dal Fabretti , e dal Marini (Mon. Arv. p.
» 214.J Nuovo mi riesce il cognome giddo, che non sembra nato da origine né latina,
» né greca ». (Lettera del conte Borghesi del 30 Luglio \8ól.J Piacque al sig. Carlo Pan-
caldi di appropriare ai nomi, espressi in tale iscrizione, alcune significazioni veneree e
libidinose che si potranno conoscere leggendo il foglio 45 dell'anno XVIII del Gior-
nale intitolato V Album.
TRA IL MIGLIO IV. ED IL V. 1 1 7
genere di siffatte tanto comuni opere. Alquanto più distante leggesi in una
lapide : chrestvs | lictor . caesaris, che il Borghesi credette di fare
alcune osservazioni sul nome Cresto (20). Vedendo in questa rehquia
d'iscrizione impiegato il nome Cresto in caso retto, si dovrà credere che
egli avesse fatto alcun monumento in onore di altri, e forse di alcuna per-
sona che poteva essere stata onorata dai fasci ; poiché effettivamente si è
trovato da vicino un frammento marmoreo di fasci consolari, i quali poteva-
no essere stati portati dal medesimo littore Cesareo. Tutto ciò doveva esse-
re dichiarato nelle hnee superiori che si trovano mancare nella lapide.
E di seguito si rinvenne altra iscrizione scolpita sulla pietra tiburtina con
caratteri di vetusta forma che ricorda diverse persone dei Trebonii: e. p. p.
TREB0n2bRVM . P. P. C. [ TVRARIE?> . ET . LIBERTEIS | P. TREBONIVS | L.
NICOSTRATS (sic) \ M C. P. L. MARCfflO | D C. L. OLOPAN-
TVS I M C, P. L. MACEDO ] A C. P. L. ALEXANDER | TREBOMA ,
c. p L. IRENA I TREBONiA . c. p. L. AMMiA. A questa stcssa iscrizione si deve
appropriare il cippo terminale in cui leggesi : sex . l. mLARA | sex . trebo-
NI I VS . SEX , L I TRVPHO . TVRA | RIES . IN . AGRO ] P. XX. IN . FR. P. XXIIX. Men-
tre può essere di qualche interesse la conoscenza del nome dei medesimi
Trebonii, non si può poi dalle reliquie superstiti determinare in alcun mo-
do la forma e decorazione del loro monumento, che doveva evidentemente
esser fatto con un puro stile quale si conveniva ai tempi indicati dalle
iscrizioni surriferite.
MEMORIE DI\TRSE DEL LATO DESTRO. Di seguito ai monu-
menti già indicati nel lato destro merita primieramente considerazione un
grande monumento di opera laterizia, che vedesi dilatarsi alquanto verso
la campagna e che offre visibilmente l'esempio di alcune ragguardevoli ag-
giunzioni fatte tanto nei lati, quanto nella parte anteriore con eguale ap-
(20) « L'appellativo grecanico chrestvs nei tempi, a cui questo titoletto deve riferirsi.
» fu proprio dei servi, e dei liberti; e costui portando unicamente quel nome si avrebbe
» da credere della prima condizione, se non si sapesse che i servi erano esclusi dairufficio
» di apparitores. Sta bene adunque che il marmo comparisca rotto sul principio, che così
» la frattura ci avrà rapito il suo gentilizio, ed egli passerà nella classe dei liberti, alla
» quale realmente appartenne la più parte dei littori. Il eh. Mommsen nella sua bella mo-
» nograGa, de apparitoribus , in cui ha raccolto tutte le lapidi rimasteci di costoro, non ne
» conosce alcuna anteriore di età al l. aninivs . l. l. eros . lictor . avgvsti . caesaris.
» del Muratori (Pag. 886. 10): ma il nostro Cresto sarà più antico di lui, se fu al ser-
» vigio di Cesare il dittatore, o almeno di Ottaviano prima che assumesse la denomi-
» nazione di Augusto ». {Borghesi, Lettera citata.)
I 1 S VIA APPI V PARTE V.
parecchio, ma però eseguito con assai minor cura ed esaltezza ; percui si
rendono ben palesi le due differenti costruzioni. Parimenti con artifizio
assai distinto si sono trovate eseguite alcune opere di scoltura scoperte
nella sua parte anteriore ; poiché mentre si ebbe il piacere di vedere la
parte inferiore di una statua in marmo panneggiata, eseguita veramente con
buonissimo stile, che meritò di essere ritirata per inviarsi in adornamento
del museo Vaticano, si trovò poi un'altra statua pure panneggiata ed in
marmo che si conserva nel luogo stesso e che offre nulla d'importante
per l'arte. Di eguale somma varietà di artifizio sono gli altri frammenti di
scollura che si dedussero dallo stesso monumento; percui, sì per la sua
costruzione sì per le altre opere, si conosce chiaramente essere stato pri-
mieramente edificato forse nei primi tempi dell' impero e poscia accre-
sciuto anche dopo dell'epoca degli Antonini (21). Alquanto più verso la
campagna e nel lato destro del sepolcro esiste un'altra grande reliquia
egualmente costrutta coll'opera laterizia, ma spogliata di ogni suo orna-
mento, in modo da non poterne precisare la sua pertinenza, la quale sembra
però avere appartenuto più ad una fabbrica di abitazione che ad un mo-
numento sepolcrale. Di seguito progredendo lungo la via dopo un gran
marmo su cui leggesi: lotivs . li | otia . l. f. ed in un lato pesidiorvm, si
trovano in circa d'incontro ai suddetti sepolcri del lato sinistro, le seguenti
principaU memorie che meritano di essere considerate tra le tante reliquie
ivi discoperte. E primieramente si rinvengono alcuni frammenti di cornici
tanto in pietra albana quanto nella liburtina, che meritano di essere con-
siderati. Poscia vedesi una bella antefissa angolare scolpita in marmo con
ricercato intaglio. Di seguito esiste un frammento d' iscrizione, su cui leg-
gesi : BV1FI4JWS . Q. Succede la seguente più importante iscrizione
(21) Olire i surriferiti oggetti di scoltura, rinvenuti nel suddetto sepolcro, si sco-
prì il seguente titoletto che doveva appartenere alla seconda sua destinazione: d. m |
CRESCENTINAE . CONIVGI [ INCOMPARABILI . B. M. DE | ME . FECI . TANTIIIMVS . CON | IVNX .
DVLCISSIMAE . ET | EYRESI . FILIAE . QVAE . VIXIT ] AN. VNO . M. X. D. Villi.
(22) I tre nomi indicali nella surriferita iscrizione hanno offerto le seguenti eru-
dite osservazioni esposte dal dotto abate Celestino Cavedoni nel foglio 3C dell'anno XVIII
del Giornale intitolalo Album. Dopo di avere ricordalo, coll'autorità di Giovenale, che i
giudei avevano preso in aflitto il piccolo bosco che stava da vicino al tempio delle Ca-
mene, come fu esposto nella Parte I, opinò potersi con molta probabilità appropriare
la origine dei medesimi nomi allo slesso popolo. « achiba. Forse risponde al nome
» biblico ACHAB (III. Reg. XVI, 28J, che vale patntelis, od alPallro acuban (I. l'a-
» ralip. Il, 29.) che nella volgata rendesi auoban ffraternus? J. Potrebbe pur dirsi com-
TRA IL MIGLIO n\ ED IL V. l | i)
che ricorda tre cognomi esolici : l. valerivs . l. l | baricha | l. valerivs .
L. L I ZABDA I L. VALERIVS . L. L | ACHiBA [22). Quindi la successiva altra iscri-
zione scolpita in un gran masso di marmo: t. hdiclamvs . t. l. apella [
EX . testamento . ARBITRATV [ FELICIS . PHILARGVRI . L. ET . ATTICE . L. SÌ rin-
venne di seguito un importante cippo sepolcrale con rappresentanza di un
elefante evidentemente con un'ara sul suo dorso, oppure carico di denti del-
la sua specie, come meglio si voglia dedurre dalla non ben decisa scoltu-
ra, e con la iscrizione denotante il deposito delle ossa del suo padrone:
OSSA [ M. coNSi I CERDOMS. Quindi sempre di seguito è tornata alla luce la
seguente iscrizione scolpita su di una grande lapide di marmo: l. arellio .
GLABRAl . L | DIOPILiNTO | TITIN.AI . NOBILI | VXSORI (23).
SEPOLCRO KOTONDO VICINO AL QUINTO MIGLIO. Tra le mol-
te reliquie di sepolcri che si sono scoperte nello stesso luogo, meritano con-
siderazione quelle di due monumenti rotondi fatti a guisa di tumuli, dei
quali si cercherà di attribuirne la pertinenza nel successivo partimento.
Però è d'uopo prendere ad osservarne uno bensì pure di forma rotonda, ma
tutto rivestilo di marmi sino alla sommità . i quali furono ridotti in minuti
» posto dalle due voci ebraiche ach achj in composizione'i e ba, che verrebbe a si-
» gnillcare frater venit. baricha. Però forse rispondente all'ebraico bariach / Parai. III.
» 22, vulg. BABiAy), che vale fugitivus: ovvero al Caldaico berik berich f Daniel. Ili, 28'.
» che vale benedictus, del pari che l'ebraico barvk, barvch. Altri potrebbe pure cre-
» derlo corrispondente allo scritturale baraq, barac Indie. IV, 6', ed al punico bau-
» CAS, BARCHAS , chc valc ftiìmen belli, zabda. Questo nome non è senza meno lo
» stesso che il biblico zabdi, posto per zabdiah fJosue VII, JJ, che torna lo stesso
« che il primo zebadiah, Zebedaeus, e viene a dire Donum Jeorhae, Donum Dei. L'o-
» rigine di esso evidentemente semitica torna in conferma delle sovra esposte origini
» congetturali degli altri nomi analoghi ». Nel modo stesso egli prese a ricercare la
derivazione del nome giddo compreso nella iscrizione di L. Valerio, precedentemente
osservata, paragonandolo con lo scritturale caddi , o geddi. ( jY«m. XIII. II. Fortunatus;)
e ciò tanto piìi perchè dalla stessa radice ebraica gadad si forma il nome Mageddo
{Josue XVII, II, al) che dai Massoreti leggesi: ma giddo. Altre ben diverse origini si
dedussero dal sig. Carlo Pancaldi nei fogli 43 e 46 dello stesso Giornale.
^23 SuU" indicata iscrizione il conte Borghesi nella citata lettera del 30 luglio
1851, osservava che il dittongo arcaico ai invece di ab nei due nomi femminili glabbai.
e TiTiMAi rimanda questo marmo al secolo di Augusto. Fino da quel tempo era cognita in
Roma la gente Arellia, giunta molto più tardi anche agli onori del consolato, avendole
dato nome Q. Arellio Fosco il padre, ricordato da Orazio l.ih. II, Sat. 6 . e che dal re-
tore Seneca viene frequentemente citato come uno dei principali declamatori fra i suoi
contemporanei.
120 VIA APPIA PARTE V.
pezzi nei tempi passali per evidentemente farne calce. Quei pochi che si
conservarono in qualche maggiore volume e che si sono rinvenuti negli ul-
timi scavi, dimostrano una eccellenza di lavoro tale da far credere il monu-
mento eretto nei primi anni dell'impero: che non si può in nessun modo
conoscere la sua pertinenza. Nonostante tanta distruzione si può dedurne
una idea della sua intera decorazione prendendo a considerare distinta-
mente e con studio i diversi frammenti discoperti, i quali in vista di tale
loro importanza verranno murati intorno al nucleo superstite. Ed è prin-
cipalmente da prendersi in considerazione la decorazione della porta ; per-
chè non se ne sono rinvenuti altri esempj migliori. Altre reliquie di se-
polcri di ragguardevole grandezza si trovano sussistere nel luogo stesso:
ma sono esse sì spogliate da ogni loro ornamento che non possono ora
pili presentare altra considerazione di quella di servire a dimostrare es-
servi stati in tale luogo diversi distinti e nobili monumenti sepolcrali.
SEPOLCRO DI OPERA LATERIZIA. Quindi è da osservare che
in vicinanza del limite prescritto a questa Parte V nel lato sinistro si pre-
senta una ragguardevole reliquia di un grande sepolcro costrutto coU'opera
laterizia quasi in forma di tempio, ed in circa modo simile a quello prece-
dentemente descritto ed esistente nel lato destro. Benché nelle sue adiacen-
ze si sieno rinvenute diverse memorie, ma per la moltiplicità dei sepolcri ivi
esistenti, resta impossibile appropriarne la pertinenza; e solo può stabilirsi
che esso venne eretto nei tempi imperiali di dietro ad alcuni piccoli monu-
menti sepolcrali che in precedenza erano stali posti lungo la crepidine della
via. Per la imponente reliquia, che sussiste, meritò, come il simile prece-
dente, di essere considerato tra i diversi monumenti superstiti lungo la via
Appia in particolare nella grande raccolta dei sepolcri antichi del Piranesi.
E si è solo per l'indicala quahtà di struttura che si deve la conservazione di
tale reliquia, mentre se fosse stato costrutto di pietra o di marmo sarebbe
stato più grandemente distrutto. Chiudendone la sua fronte con un muro.
is è potuto ridurre la cella a servire di ripostiglio per collocare i piccoli og-
getti che si rinvengono negli scavi; e sul medesimo muro si sono collocati
diversi dei medesimi oggetti minuti che appartenevano alla decorazione de-
gli adiacenti monumenti. Esiste nel suo lato destro, alquanto più discosto
dalla via, altro incirca simile monumento che però nulla più presenta di
ragguardevole importanza.
MEMORIE DIVERSE RI]>rVENUTE TRA IL QUARTO ED IL
QUINTO MIGLIO. Oltre a tutto quanto fu esposto nell' indicata quinta par-
te della via si sono rinvenute altre memorie di minore importanza, che non
TRA IL MIGLIO IV. ED IL V. 121
si poterono con precisione determinare a quale monumento esse avevano
appartenuto ; ed altronde contenendosi in semplici titoletti che non hanno
altro interessamento di quello di denotare nomi incogniti, non si sono giudi-
cati di prendere in distinta considerazione (24). In fine si reputa opportuno
;24) Nella descritta quinta parte della via antica si sono rinvenuti inoltre diversi
privati titoli mortuari di minore importanza e che per la loro piccolezza si sono ritirati.
Essi si contengono principalmente nei seguenti titoli cbe sono di seguito annoverati coli' in-
dicazione dei numeri appropriati ai luoghi in cui furono rinvenuti.
In principio dello scavo e da vicino alla colonna del quarto miglio fu rinvenuto a
sinistra della via, tra le reliquie indicate con il N. 464, il seguente titolelto : l. sextii .
L. L. PUILIPPI I LICTORIS . CVR.
Di seguito, sempre a sinistra, nel monumento indicato col N. 478 si rinvenne questa
piccola iscrizione : diis . manibvs | p. .^tini . fort\'NATI | vixit . annis . xi | atinia .
TICHE . MATER | FECIT.
Sempre a sinistra al N. 489 si sono rinvenute le seguenti due altre iscrizioni; cioè
la prima divisa in tre parti : ocvlxia [ m. 3. l | erato | — ■ ocvlma . m. i | helena | —
ocvLNivs I L. FELIX. E la sccouda, che doveva appartenere ad un distinto sepolcro : l. tos-
SIVS . e. L. L I AMPHIO . PRAECO | DISSIO | TOSSIA . L. L HEDON | FR. XIIX. AG. XIIX.
Al N. 496 sempre a sinistra e nelle medesime adiacenze fu rinvenuto quest'al-
tro titolelto: TI. CLAVDIVS I TROPUrMVS I P. FVRIO I DEMETRIO | SODALI . BENE | ME-
RENTI . FEC.
A destra poi alquanto pili distante nel monumento distinto con il N. 35 si rinvenne
con diversi altri frammenti scolpiti questo titoletto : M. m | lvcillae . c. f ] poste-
RISQVE . EIVS.
Al N. 306 a sinistra si rinvenne in un piccolo cippo scritto : dis . manibvs | m. lvc-
CEIO I ABASCANTO . VIX [ annis . LV. FECIT | CLAVDIA . SECVNDA | CONrVGI . BENEMER.
Ed anche la seguente altra iscrizione : dis . manibvs | c. ivlivs . phronimvs | fecit .
PRISCO . BENT: I MERENTI . VIXIT [ AN'NIS . XXV.
E quindi al N. 300 a destra ed alquanto più distante, con diversi marmi scolpiti
ed anche con un frammento di statua panneggiata, si rinvenne la seguente iscrizione: d. m |
LEONI . FI I LIO . DVLCIS | SIMO . IVLI | ANVS . ET . CA | MPANA . PARENTES . B. M.
E di seguito al N. 301 si legge su di un piccolissimo cippo : d. m ) cvspia . eglec-
TE I ET . HERMES . CVSPIO ) LVCHICO . FILIO | DVLCISSLMO | VIXIT . ANNIS |
MENSIBVS
Nel lato destro al N. 253 su di un piccolo cippo si lesse : dis . manibvs | costo-
RI . TERPONTIS | IVLIA . CONIVGI . BENEMERENTI | FECIT.
Ed al N. 248 si rinvenne il seguente altro titoletto che offre l'esempio di molte
superlative distinzioni: d. m | aelia . beronice | sanctissimae ] reverendissimae | ob-
SEQVENTISSIMAE | KARISSIMAE . AELIVS | SECVNDVS . AVGVST0R | LIB. D0MINAE . OPTI-
mae . VIX I ANN. XXVIII. MENS. I. DIE. XXVII. E quindi il seguente altro: dis . m.\ki-
16
122 VIA APPIA PARTE V.
d'indicare che fu nel medesimo tratto di via che si eseguirono le scava-
zioni imprese a farsi nel principio dell'anno 1850 per private speculazio-
ni, le quali dettero motivo dell'intero scuoprimento della via Appia ese-
guito dal Governo Pontificio. Gli oggetti, che si dedussero dalle stesse pri-
vate scavazioni, furono trasportati in diversi luoghi, percui riesce ora diffi-
cile il poter precisare con esaltezza la posizione del loro ritrovamento;
e d'altronde offrono nulla di ragguardevole importanza per lo scopo prefis-
so in questa esposizione.
BVS 1 L. CVNTILIO | CVPITO . L. ET | MARCI . L | CELADVS . ET j APRVLLA | FILI | PIIS-
SIMI I POSVERVNT.
Quindi al N. 48 a sinistra si rinvenne, tra diversi frammenti di scoltura, la se-
guente più importante iscrizione : hoc . cenotaphi\'M . avr | inachi . avg. lib. optio |
TABEI.L . A . RIORVM . C. TA [ PATRIMONI . ET . AVRELIAE | MACARIAN. ETIC. ET | AV-
RELIAE . RODOGYNE | ET . LIB. B. LIBERTABVS | QVAE . POSTERISQ | EORVM. Allo SteSSO
monumento apparteneva il sarcofago coli' iscrizione seguente : macnRiANETi .
CONIVGI I DVLCISSIMAE ] QVAE . VIXIT . ANMS [ XXVII. M. VI. DIEB. XVIII | HORAS . VI ]
INACHVS . CONIVGI | BENEMERENTI | MACARIANAE . DVLCIS.
E successivamente si rinvennero al N. 49 questi tre altri titolctti: cioè il primo
D. M 1 VICTORIAES ] TUEMISON | ET . CELICIA | SS. V. V. M | Vili. Il secOndo". D. M | VO-
LVMNIVS I GELASIVS . CR j YSIDI . BENE ] M . FEC. V. .\N. XXI. Ed il terZO : L. CASSI .
L. L I THEVDA.
Nel luogo stesso si rinvenne quest'altra iscrizione : d. m [ arrivs . ht ] pnvs .
ET . VO 1 LVMMS . EV | TVCHOS ] MENOGE | SVO . BENE | MERENTI | FECERVNT.
Al N. 75 si rinvenne il seguente titoletto greco : .'Vykta . xphcth | xaipei |
ZHCAETH . XII [ MHNANENH3IEK. ] WPACI.
Quindi al N. 268 a sinistra, ove fu scoperta una buona statua togata, si rinven-
ne la seguente altra lapide : D. m | zenae . bebi | ae . corneliae [ cellario | ivlia .
EPICUARIS I CONIVGI | B. M.
Ed al N. 214 sempre a sinistra in un nobilissimo monumento in cui furono rinve-
nuti diversi frammenti di marmi scolpiti ed in particolare un grande antifisso di mez-
zo ed altra angolare , si ritrovò il seguente titoletto : d. m ) .ìvuelia | caratine | m.
ANNIO I ADACTO | BENEME | RENTI.
Il seguente altro titolo greco rinvenuto alquanto più distante merita pure consi-
derazione : 0 . X I OA . EPACICTPA 1 TEIA . XAPIKAEI | DAIPI . KAICEPA |
niAC . CTNBIOC I MNEIAC . XAPIN | EnOIHCAN.
E similmente il seguente latino : d. m | m. vlpio . devtiae | vlpiae . marthi |
CONIVGI I benemerenti | FECIT . ET . SIBI.
Alcuni altri simili titolctti si sono rinvenuti tra le medesime reliquie : ma sono
essi assai meno importanti ed anche molto mancanti per essere presi in qualche con-
siderazione.
SESTA PARTE
TRA IL QUINTO ED IL SESTO MIGLIO
COLONNA DEL QUINTO MIGLIO E FOSSE CLUILIE. Seguen-
do la enunciata accurata misura, estesa lungo la via Appia, si è trovalo il prin-
cipio del quinto miglio avere corrisposto a metri 44: 20 prima del centro di
quel grande monumento rotondo che si vede ora sormontato da una piccola
torre del medio evo. Si è inseguito di questa determinazione che si può con
qualche probabilità appropriare a quell'area racchiusa da vetusto muro,
che corrisponde dietro allo stesso monumento, la posizione degli alloggia-
menti che stabilirono gli albani per opporsi ai romani nel principio del re-
gno di Tulio Ostilio, e che, venendo circondati da un fosso, si distinsero
col titolo di fosse Cluihe dal nome di C. Cluilio loro capitano; perciocché
tanto da Dionisio indicandole poste a quaranta stadj distanti da Roma .
quanto da Livio dimostrandole corrispondere a cinque mille passi dalla cit-
tà , si trova concordare la prescrizione del quinto miglio della via Appia
che venne posteriormente a tale avvenimento stabilita. Da Dionisio si co-
nosce che, mentre gli albani avevano assicurato il loro campo con le dette
fosse, i romani poi si erano collocati più verso la città scegliendo una sede
più idonea. E da Livio si dichiara che le dette fosse Cluilie eransi conser-
vate per alcuni secoli sino a tanto che per lungività erasi spento il nome e
la cosa (1). Infatti non poteva avere lunga durata uno scavamento fatto in-
(1) Iwózcav c/j.5!7c, y.uì xaTaarpaTs^udsuivra! TSTTa/oaxovTa (ttkSjcus tv7ì 'PwjUvjr
(/.no<j/_cvri;;' ci 'j.vj 'AJ^jSxvsì, nipì zx; y.xl^vij.fjy.; KlaXla; zxrppcv;- fvldrrovGt yào
h'. -.TiJ Tov xxraT/.vjxGTJtog aùzx^ i-j'xX-zjffiv 'Poìiixlci òè, óJ.r/sv svàorÉpa rè-j émrri8-tc-
rtpo-j zi; c-px'oni^iixv Tsnjv iy^li^xaivot. (Dionisio. Lib. HI. e. 4,' Albani priores in-
genti exercitu in agritm romanum impelum fccere. Castra ab Urbe haud plus quinque millia
passuum locant, fossa circumdant : fossa Cluilia ab nomine ducis per aliquot saecula appellata
est, donec cutn re nomen quoque vetustate abolevil. {Livio. Lib. I. e. 23.J La stessa corrispon-
denza della fossa o fosse Cluilie al quinto miglio distante da Roma e confermata dal me-
desimo Livio facendo menzione dell'avvicinamento a Roma di Coriolano: et ad fossas Qui-
lias quinque ab Urbe millia passmim caslris positis. (Lib. II. e. 39.^' E similmente da Plutar-
co nella vita del medesimo Coriolano indicandole a quaranta stadj, come da Dionisio ven-
ne determinato, e come da questo storico si conferma nel descrivere distintamente il primo
avvicinamento fatto da Coriolano a cinque miglia distante dalla città presso le fosse Clui-
lie e poscia il secondo dopo trenta giorni con maggior numero di milizie a trenta stadj di-
stante da Roma lungo la via Tusculana, o Latina. Lib. Vili. e. 22 e 36.
124 VIA API'IA PARTE VI.
torno al luogo scelto da tali milizie per temporanea assicurazione campale;
percui sarebbe veramente stoltezza il pretendere ora di ritrovarne le tracce.
Però da quanto venne aggiunto da Dionisio nella narrazione del medesimo
avvenimento, cioè che era stato destinato per il singolare combattimento
degli Orazj e Curiazj il campo che separava i confini di Alba e di Roma
tra i respettivi alloggiamenti posti a tre o quattro stadj di distanza tra di lo-
ro, si viene a contestare avere in tale luogo corrisposto l'uno di quei luoghi
sacri che erano denominati Pesti e che stavano nei confini del primo posse-
dimento dei romani, e che precisamente si trovavano tra la quinta e la sesta
lapide milliaria delle vie successivamente stabilite, ove facevasi il sagrifizio
denominato Ambarania , o Arabarvale , come si attesta da Strabene (2).
Quindi da queste notizie si può stabilire che il campo degli albani fosse
stato posto alquanto distante dalla colonna del quinto miglio in luogo non
troppo elevato per avere avuto bisogno di essere munito con fosse, ed
in circa avanti l'ingresso della villa dei Quintilii; e quello dei romani nelle
adiacenze della stessa colonna milliaria, in quella elevazione che s'innalza
a destra del detto luogo, affinchè si fosse potuto trovarvi una stazione ido-
nea, ed esservi lo spazio intermedio dei tre in quattro stadj prescritti da
Dionisio per il luogo del combattimento. Si è soltanto di questo campo,
distinto col nome degli Orazj, che se ne conservava più precisa memo-
ria nei tempi successivi, e che si trovava precisamente lungo la via Ap-
pia, come si rinviene dichiarato da Marziale descrivendo il viaggio, che fa-
ceva Basso, per portarsi alla sua villa situata all'ottavo miglio della
stessa via (3).
(2) 'Ezct 8è xxTzazpxzimSBUGXVTo Ttkfìiiov òàX^lav, p.B-:ar/_iJMV notrì(j(xp.vjot rìv
8uif,yo)Jxx T17V 'P'JìiJ.xiav ànò tvj? 'AX/3«V(MV opsv, Iv3a mi npózcpov ii'/ov kmzzooi t5Ù;
yó.pcMy.';, -cpiirj ■/} nzrocpa'j azx^iav ró ixtxocé,ù y^Mio^j zol; òcjaviaoiu-
voc; KxzxXmóvrz?. (Dionisio. Lib. III. e. 18.J Msra^iì yoùv ts" ns/jiTrrsu, xaì xov èx-su h5sv
TÙv T« ixìhcic àixGYjfj.o'.tvózav Tvj; 'Paixvi? xaXc'jTat tono; Ovìcttoi. toOtcv à''optsv ànomivouat
T^S T5TS 'Vaixxiùì'j y/];. o'i 3' t £/35|xv)7/X2V£g dvaiocj ènir^kovaiv syraOSa te, xaì év xXlm
rónotg TÙ.do'Jtv, oò; oiiioi; aùBrìHipov ri'J yaloì/ijiv ' kix^xpomxv. (Strahone. Lib. V. e. 3.)
Su i luoghi detti Anibarvali si veda quanto fu dottamente esposto dal Marini nella sua ope-
ra sugli Atti e monumenti dei fratelli Arvali, ed in particolare sulla corrispondenza della
loro posizione ciò che fu esibito nel Libro II della Parte I dell'opera mia sulla Storia e
l'opogralia di Roma antica e sua Campagna.
(3) Capena grandi porta, qua pluit gutla,
Phrtjyiacque matris Aimo, qua lavai fcrrum
Horaliorum, qua viret sacer campus.
(Marziale. Lib. IH. Epig. il.J
TR-i IL MIGLIO V. ED IL VI. 125
SEPOLCRO DEGLI ORAZJ E CLRLVZJ. Essendosi determinato con
evidente probabilità il luogo in cui avvenne il combattimento degli Ora-
zj e Curiazj tra i due alloggiamenti dei romani ed albani, si può con
eguale probabile evidenza stabilire il luogo occupato dai sepolcri eretti
agli estinti : perciocché da Livio si dicono chiaramente i due dei romani po-
sti in uno stesso luogo più da vicino ad Alba, ed i tre degli albani piìi ver-
so Roma, l'uno però dall'altro distanti come accadde la loro morte nella
pugna. Ed è importante l'osservare in tale narrazione di Livio che men-
tre egli attestava non sussistere piiì alcuna memoria delle fosse CluiUe.
faceva poi menzione dei detti sepolcri come esistenti ancora al suo tem-
po; percui si devono credere essere stati fatti, se non nel loro stabili-
mento, almeno per successiva riedificazione, con una ragguardevole e
stabile opera, quantunque da Dionisio si dicano sino dal principio esser-
si erette in particolare ai due romani magnifiche tombe (4). Una impor-
tante circostanza si presenta per stabilire il preciso luogo occupato dai
medesimi sepolcri, e per riconoscerne le loro reliquie tra le tante che ri-
mangono in tale locahlà ; ed è che precisamente nell'avvicinarsi alla stes-
sa posizione, si trova la via piegarsi alquanto a sinistra senza che vi
fosse alcun naturale ostacolo che lo richiedesse, come avvenne due miglia
più distante. Siffatto deviamento dalla linea retta, costantemente mante-
nuta dal secondo miglio sino a tale luogo e successivamente ripresa, si
deve necessariamente attribuire ad alcun motivo prodotto dallo stabilimen-
to di monumenti nei tempi precedenti alla costruzione della via fatta da Ap-
pio Claudio che si dovettero rispettare. Ed a soddisfare a tale condizio-
ne non si può trovare mighore e più convincente ragione di quella che
somministra il collocamento dei suddetti sepolcri degli Orazj e Curiazj
fatti con le indicate prescrizioni locali e molto tempo avanti alla più for-
male costruzione della via. e quando essa era solamente una semplice
semita; perciocché tali monumenti si dovettero in ogni tempo considera-
(4) Ad sepulturam inde suorum nequaquam paribiis animis vertuntur; quippe imperio
alteri aucti, alteri ditionis alienae fatti. Sepulcra exstant, quo quisque loco cecidit. Duo ro-
mana uno loco propius Aìbam. tria albana Romam versus; sed distanlia locis et ut pugna-
tum est. ,Lirio. Lib. I. e. 25.,' Da Dionisio con poca varietà è determinato il modo con cui
vennero a cadere estinti prima i due Orazj e poscia i tre Curiazj, nei quali distinti luoghi
furono cretti i sepolcri. Ed in particolare quei fatti però dai romani si dicono essere sta-
ti magnifici: Mita 5i r^J .ua/vjy tqv rpi^vixav, 'Pco^oat'iuv asv ot tct3 cvts; ini rov orpa-
70-ÌQov, taci; 7:otr,70(tj.vjoi lay.Koàq Tcav àr:c3av3VTCov e'v ótg ìkigov yapio'.:, zar 3u7o;v-
T-; rà ir.tviy.iu -oc? ìioi;, h vÒttccÌzÌm; yi'jtj. (Dionisio. Lib. III. e. 22.y
126 VIA APl'IA PARTE VI.
re dai romani per le più sacre memorie che essi avessero. E dal cono-
scere avere essi potuto produrre il motivo di piegare alquanto la via si vie-
ne a confermare che erano stati fatti di ragguardevole grandezza. Dun-
que tali sepolcri dovevano essere collocati nel lato destro della via in vi-
cinanza del quinto miglio, e nel campo sacro degli Orazj tra i due allog-
giamenti , e fatti , tanto prima quanto per successiva riduzione, di ragguar-
devoli mole. In seguito di queste importanti osservazioni, trovandosi pri-
mieramente sussistere due grandi sepolcri formati a guisa di tumuli se-
condo il più vetusto metodo, si può credere con molta probabilità che
essi sieno stati quegli eretti a due Orazj primieramente caduti estinti nel
luogo stesso, che Livio li accennna collocati uniti e verso Alba; poiché
precisamente si trovano corrispondere nella parte del detto campo che era
rivolta verso la indicata città, e si conobbero dalle più accurate ricerche,
fatte entro le loro viscere, eretti ad una sola persona per non avere nell'in-
terno loro alcuna grande cella. E d'altronde il muro, che conteneva inferior-
mente il loro tumulo, si conosce essere stato adornato con cornici sago-
mate secondo la maniera più antica e propria delle tante simili opere de-
gli etruschi. Parimenti secondo lo stesso metodo era formato il tumulo eretto
su di essi con semplice accumulamento di terre. Quantunque siffatte sem-
plici opere potessero essere fatte in breve tempo e con i mezzi che si po-
tevano avere nella detta epoca, come molte simili si facevano in pari
tempi dai vicini etruschi; pure è da vedere che tali sepolcri, ed in par-
ticolare i due dei romani, considerandoli come onorevoli memorie di quella
importante vittoria che decise della loro indipendenza, sieno stati solo por-
tati a compimento o maggiormente ampliati alcun tempo dopo del sud-
detto avvenimento. Quindi per conservare memoria degli slessi monu-
menti ed anche per offrire alcun palese documento dell'impiego, che fe-
cero i primi romani, della forma etrusca nello stabilire i loro più insigni
sepolcri, si sono ripresi su di essi i tumuli di terra ed assestati nel d'in-
torno le poche reliquie delle pietre albane, e tiburtine scorniciate che
adornavano il muro inferiore di cinta. I tre sepolcri poi dei Curiazj, do-
vendo trovarsi secondo la autorevole notizia, esposta da Livio, più verso
Roma, e collocati l'uno distante dall'altro a norma di quanto avvenne nella
pugna, nella quale rimasero uccisi l'uno dopo l'altro inseguendo il superstite
Orazio, si devono cercare in circa nelle adiacenze del luogo, in cui si è
stabilito esistere la colonna del quinto miglio ; e quindi trovandosi un altro
monumento di forma quasi simile agh anzidetti in quel tumulo su cui ven-
ne eretta una torre nel medio evo, ci porterebbe a riconoscerlo per quello
TRA IL mOLIO V. ED IL M. 127
che fu stabilito al primo Curiazio estinto, se non si fosse riconosciuto esse-
re il tumulo superstite formato con scaglie di pietre diverse ed anche di
marmi, ciò che non può appropriasi a quei più vetusti tempi di Roma ; per-
cui, se si vorrà conservare allo stesso monumento la indicata importante
pertinenza, converrà supporlo ristabilito nei tempi posteriori particolar-
mente nel tumulo, ciò che è molto probabile. Per gli altri due esistono
bensì anche più verso Roma nella stessa parte della via reliquie di altri
tumuli, che ad essi si potrebbero appropriare, ma sembrano di struttura
meno vetusta. Quindi si può credere che, essendo fatti tali sepolcri dei
Curiazj con minore stabilità e grandezza di quei degli Orazj, per avere ap-
partenuto al parlilo rimasto vinto, non si sieno potuti conservare per sì
lungo tempo, oppure sieno stali maggiormente rovinati nelle tante di-
struzioni fatte. Pertanto si è cercato conservare memoria dell'anzidetto
sepolcro di maggiore considerazione col ristabilire il suo tumulo, e collo-
care nel d'intorno le poche pietre rimaste.
USTRINO. Precisamente dietro all'indicato ultimo sepolcro rotondo
si trova esistere quella vasta area quadrangolare cinta da muro e costrutta
con pietre albane squadrate, che viene comunemente considerala avere
costituito un Ustrino, cioè un luogo in cui si ardevano i corpi dei defunti
prima che fossero riposti nei proprii sepolcri. E per verità la moltiphcità
dei monumenti sepolcrali, che esistevano lungo la via Appia, rendeva ne-
cessario che vi fosse da vicino un tale luogo, in cui forse giornalmente si
ardevano cadaveri. D'altronde la forma data al detto muro di cinta di
poca altezza e composto in grossezza con semplici ordini di pietre albane che
non soffrono al fuoco, e coperto con simili pietre ridotte superiormente in
tondo a guisa dei finimenti sepolcrali, ne conferma l'indicata destinazio-
ne, come venne in modo più palese dimostrato dal Fabretti, il quale, per
avere veduto quasi nella sua integrità gran parte della detta cinta, ne ha con-
servata memoria della sua estensione e di ogni sua particolarità (5). Quelle
(5) La descrizione dell" indicato Ustrino, essendosi esposta dal Fabretli con alcu-
ne particolarità che più non si possono osservare, ed avendo corretto quanto fu esposto
dallo Spon con assai poca esattezza, merita perciò di essere presa in considerazione ; pe-
rò la figura del muro di cinta sarà riferita nelle Tavole che si congiungono a questa
esposizione. Area igitur hujtis aedificii, a fronte et sems viam destructi, a parte aiitem posti-
ca integri, exporrigitur pedes CC; in agriim vero, Albanum versus ;nam et qua Romam re-
spicit absumptum et solo aequatum remanetj est pedani CCCXL: unde luterà coUigent non
palmos 400, seu pedes CCC cum Sponio ; sed pedes MLXXH. site palmos 1440, qnadru-
plum fere Sponianae per non merito impiignalae mensurae. Haec, quod ichnographiam. Al-
128 VIA APPI A PARTE VI.
reliquie, che per la qualità della pietra di nessun pregio erano sfuggite alle
distruzioni generali dei monumenti dell Appia, furono non è gran tempo ro-
vinate onde fare macerie, e ne rimane soltanto una piccola parte del lato
meridionale senza però la sua cimasa. Negli scavi fatti lungo la via Ap-
pia aderente al lato orientale si rinvennero diverse pietre tondeggiate su-
periormente, con le quali erasi composta tale cimasa; e simili pietre si
scuoprirono circa due miglia più distante ove doveva esistere altro Ustri-
no, ciò che serve sempre più a contestare la detta destinazione. Se in
tale area corrispondeva alcuno dei luoghi rinomati nell'anzidetto avveni-
mento degli Orazj e Curiazj, come è molto probabile, non poteva però
esservi quello che era distinto col nome di Fosse Cluilie ; perchè di esso
se n'era già perduta memoria al tempo di Livio ; ma forse quello che era
detto propriamente da Marziale Campo sacro degli Orazj, cioè il luogo
in cui fissarono gU alloggiamenti i romani. In ogni modo, ciò che sussi-
ste, si trova decisamente essere conforme alla destinazione di Ustrino, e
non mai ad opere di fortiflcazione di veruna specie, come fu supposto.
GRANDE SEPOLCRO PIRAMIDALE INCOGNITO. Una ragguar-
devole reliquia di un grande monumento sepolcrale, che esiste nel lato
sinistro, quasi d'incontro al luogo determinato per la colonna del quinto
miglio, attira la universale ammirazione per il modo con cui si trova ora
ridotta; poiché, essendo stati tolti i marmi che componevano la sua de-
corazione esterna, ed anche quei massi che formavano il suo basamento,
venne lasciato il solo nucleo di opera cementizia in modo da sostenersi
su di una ristretta parte centrale lasciando la grande mole senza appog-
gio veruno nel suo d'intorno. E per tale sua singolarità meritò di essere
ritratta in diverse raccolte di vedute monumentali dell Appia ed in parti-
titudo autem, et crassitudo parietum ostendenda restant. Ad viam pedes XIII tmirus ailoli-
lìir ; et quia in agrum terra aliquantulum assurgit, et murus undique orizonti parallelus su-
perne apparet, IX tantum pedibus in altum a posteriori parte supra terrenum eminet. Cras-
situdo undique aequalis peduni duum et unciarum IV; nisi quod suniìnus ìapidum ardo
( tolus quippe ex lapide albana stupendac magnitudinis, ut hic vides, coniponebaturj quo opus
protegitur, habet ex utraque parte IX unciarum proiecturam, ad hoc ut stillae pluviae extra
perpendiculum muri rejiciantur. (Fabrelti, Inscript. Cap. III. pag. 231. ' Ed il medesimo
grande Ustrino era stato fatto evidentemente per togliere 1" inconveniente di ardere i
corpi morti da vicino ai sepolcri, come si soleva praticare nei tempi più antichi ; per-
cui erasi resa comune la prescrizione contenuta con queste parole : ad hoc mommen-
TVM VSTRINAM APPLiCARi NON LiCET, che si trova coD poca varietà scritta in molti ti-
toli sepolcrali.
TRA IL MIGLIO V. ED IL VI. 129
colare in quella del Piranesi. Da alcuni marmi scorniciati, che si sono
rinvenuti negli ultimi scavi, si venne a conoscere essere opera, non già
dell'epoca repubblicana, come fu creduto, ma del tempo medio dell'impero.
Benché nessun certo indizio si sia rinvenuto per riconoscerne la sua per-
tinenza, pure tutto porta a credere che abbia appartenuto ai proprietarj
della vicina grande villa che si attribuisce ai Quiiitilii, ma non però ai due
fratelli Condino e Massimo, che furono gli ultimi possidenti di tale deli-
zia ; perchè perirono per ordine di Commodo come colpevoU, e perciò
evidentemente sepolti senza apparato funebre, a meno che essi si fossero
per lavanti preparato tale grande sepolcro. La forma piramidale data ad
esso si troverebbe convenire con la grande loro amicizia ; ma non si han-
no poi altri positivi documenti per contestare tale opinione. D'altronde si
rinvennero diversi frammenti delle opere figurate di scoltura ed in parti-
colare una testa di grande statua e diversi resti di colossali sfingi, che di-
mostrano essere stato il monumento decorato in tempi migliori per le arti
di quei che si appropriano ai suddetti Ouhitilii ; quindi è che tale monu-
mento rimane sempre nel novero degli incogniti.
SEPOLCRO DI POMPONIO ATTICO E DI MARCO CECILIO.
Corneho Nepote in fine della vita di Pomponio Attico, dicendo che que-
sto illustre capitano fu sepolto vicino alla via Appia alla quinta lapide nel
monumento di Q. Cecilio suo zio materno (6), si vennero dai moderni
descrittori a riconoscere per tale sepolcro variatamente diverse delle re-
liquie superstiti nelle adiacenze del luogo in cui doveva esistere la detta
colonna milliaria, ed in particolare quel sepolcro rotondo che esiste vi-
cino al surriferito (strino ed anche l'anzidetto di forma piramidale. Ma per
essersi rinvenuto ultimamente nel lato sinistro della via da vicino al se-
polcro stesso piramidale e poco prima di giungere alla villa dei Quiiitilii ,
ed in modo da corrispondere poco lungi dal detto luogo, quella iscrizione
di Marco Cecilio che sin'ora fu unicamente considerata per il modo ar-
caico con cui è scritta, poiché in essa leggesi in metro saturnio:
HOC . EST . FACTVM . MONVMENTVM
MAARCO . C.UCILIO
(6) Sepultus est iuxta viam Appiani, ad quinlum lapidem, in monumento Q. Caeci-
lii, avunciili sui. f Cornelio Nepote. Vit. XXV. T. Pomponio Attico, e. 22.J Come poi fosse
Attico divenuto erede di Q. Cecilio suo zio materno è dichiarato dallo stesso Cornelio
Nepote nel Cap. ò della detta vita, come pure si contesta da Valerio Massimo (Lib.
VII. e. 8. òj e da Cicerone ^Ad Attico. Lib. IH. Epist. 20,;
17
\'M) VIA APPIA PARTE \U
HOSPES . GRATVM . EST . QVOM . APVD
MEAS . RESTITISTEI . SEEDES
BENE . REM . GERAS . ET . VALEAS
DORMIAS . SINE . QVRA (7).
E quindi considerando che la grandezza della lapide stessa e le reliquie
del monumento, in cui essa fu rinvenuta, fanno conoscere che non poteva
appartenere ad un ignoto plebeo, come fu creduto, mi sono indotto a rico-
noscerne la pertinenza ad alcun Marco Cecilio, che dovette essere padre
o fratello all'anzidetto Quinto Cecilio che lasciò erede Pomponio Atti-
(7) Il conte Borghesi in piìi ampio modo prese ad illustrare la siidetta iscrizio-
ne, dicendo: « E questa senza contrasto la piìi stimabile di ogni altra pervenuta dai
» nuovi scavi. Fra gii indizi che nel Bullcttino di quest'anno fp. 72' il dott. Henzen vi ha
» riconosciuto di una remota antichità, quello che più particolarmente ne determina l'elfi
» proviene dalla duplicazione della prima vocale nelle parole maarco e seedes. Quintilia-
» no flnst. Lih. I. e. 7. 4 ' ci dice in genere, che per denotare una vocale lunga di quan-
» tità veteres geminattone earum vcluti apice utehantur : ma più precisamente il grammatico
» Terenzio Scauro (/>. 2225. Putsch.) fa autore di quest'uso il poeta Accio, che sappiamo
» da Eusebio esser nato nell'anno Varroniano 584: Acciits geminatis vocuUbiis scribi natii-
» ra longas siUahas voluit. Viceversa lo stesso Quintiliano (Lib. I. e. 7. ÌJ ne determina la
» durata sino a tutta la vita dello stesso Accio, che morì nel 671, e a poco più oltre. A
» tutto ciò ben corrisponde l'osservazione sui marmi di età conosciuta, che ci sono rimasti.
» Per tutto il sesto secolo di Roma non se ne trova vestigio, onde non se ne ha esempio
» nel Senatus consulto dei Baccanali del 568, in alcune delle lapidi dei Scipioni, e per si-
» no nelle due iscrizioni di L. Mummio console nel 608 riferite dall'Orelli n. 563 e 1862.
» Ma poco dopo il 600 non è raro d'incontrarsi in queste lettere duplicate, e fra i monu-
» menti di data non dubbiosa citerò i frammenti della legge Toria, e di altre leggi di
» quel tempo, la sentenza sulle liti fra i Genuati e i Veturi del 657 (Orelìi n. 3121 ', la
» lapide di Q. Jlarcio console nel 636 (BuUctt. del 1846 p. 18.51, di Mannio Aquilio con-
» sole nel 635 fOrclli n. 3308' e di C. Claudio Marcello pretore di Sicilia nel 676
» (Corp. Ins. Gr. n. 5644^', la medaglia di Papio Mutilo uno dei duci della guerra sociale
» (Eckel I. 1. p. 103^ e il tetradramma di Bruttio Sura proquestore di Macedonia nel 666
» fOsserv. 11. della mia decade XVI.J Pei'ò dopo la dominazione Sillana questo costume
» rapidamente decadde; percui nei tempi vicini alla caduta della repubblica appena può
» addursene esempio nel feelix delle medaglie di Fausto Siila figlio del dittatore, e nel
» VAALA del denaro della gente Numonia. Può dunque il nostro marmo riportarsi con
» abbastanza sicurezza verso la metà del settimo secolo di Roma, e può anche asserirsi.
» che M. Cecilio, di cui ricoperse le ossa, fu un'ingenuo. A questi tempi nelle famiglie dei
» Metelli, e dei Cornuti, si ha notizia egli è vero di alcuno così denominato, ma la man-
» canza del cognome , e il tacersi di ogni onore da lui conseguito consigliano a crederlo
» un ignoto plebeo ». [Borghesi lettera del 30 luglio 1851.
TRA IL MIGLIO V. EP IL VI. 131
CO (8). Imperocché è d'uopo osservare che Quinto Cecilio ebbe tutt'altra se-
poltura che nel monumento in cui Cornelio Nepote disse essersi sepolto Pom-
ponio Attico ; giacche, avendo mancato alla promessa fatta di lasciar erede L.
Lucullo, dal quale aveva ricevuto molli benefizj , fu dal popolo dopo morto
calpestato e strascinato per la città, come venne dimostrato da Valerio
Massimo (9). Così il medesimo sepolcro, quantunque avesse appartenuto
a Quinto Cecilio, si deve credere che vi fosse stato in vece sepolto o
il suo padre o il suo fratello ^Farco. Non venendo così escluso che tale
sepolcro sia stato compreso nell'eredità passata a Pomponio Attico, potè es-
sere in esso egli pure sepolto come lo fu il suddetto Marco Cecilio. E così
mentre si viene a determinare con precisione il luogo in cui esisteva l'enun-
ciato sepolcro, si può ancora prescrivere con qualche maggiore certezza
l'epoca della stessa importante iscrizione, che sarebbe di alcun poco meno
antica di quanto si è potuto prescrivere dalle osservazioni con cui venne
scritta ; ed anzi essa può servire di valido documento per difiuire le verten-
ze sul tempo in cui si fece uso di un tale metodo di scrivere. E per non
(8) Aveva pensato primieramente che il Marco Cecilio, nominato nella suddetta iscri-
zione, fosse il fratello di quel Quinto Cecilio. per il quale Cicerone fece la ben nota ora-
zione in cui precisamente fa menzione di un suo fratello denominato Marco: 31. Coecilium.
fratrem tuiim, leclissimum atque ornatissimum adoìesccntem. (Cicerone, in Q. Caecilio. Divin.
e. d.J Ma il Borghesi facendomi osservare che il Quinto Cecilio, zio materno di Pomponio
Attico essendo un semplice cavaliere romano senza cognome, mentre il siciliano Quinto
Cecilio anzidetto era senatore ed anche questore di Verre, come si dichiara dallo stesso
Cicerone, venni ad escludere la indicata opinione. Ma in vista della coincidenza di luogo
tra il sepolcro di Quinto Cecilio, in cui fu riposto il cadavere di Pomponio Attico, e quello
scoperto di Marco Cecilio in vicinanza del quinto miglio, si rende assai probabile la con-
giunzione delle due memorie nel solo anzidetto monumento. .\lle osservazioni già accennate,
che si fecero nella stessa iscrizione, si devono aggiungere quelle del dottor Federico Rit-
schel di recente pubblicate in Berlino ed estese in generale per determinare fepoca in
cui si fece uso del doppiamento delle vocali, che si volle far contenere tra Tanno 620
ed il 680 di Roma servendo di documento la slessa iscrizione. (Monumenta Epigrnphica
Caput. III. De rocaliòus geminati^. Pag. 29. '
;9; Q. Caeciìius, L. Luciiììi promptissimo stìidio, maximaque ìiberalitate, et honestum
dignitalis gradimi, et amplissimum patrimonium consecutus: quum prae se semper tulisset, unum
illum sibi esse haeredem, moriens etiatn annulos ei suos tradidisset; Pomponium Atticum testa-
mento adoptavit, omniumque honorum reliquit haeredem. Sed fallacis et insidiosi cadaver popu-
/(/.< Romanus, cervicibus reste circumdatum, per viam traxit. Ilaque nefarius homo filium qui-
dem et haeredem habuit quem voluit : funus autem et exsequias quales meruit- f Valerio Massimo.
Lib. VII. e. 8. 5.;
132 VIA APPIA PARTE VI.
tramandare a tanta vetustà di tempi la stessa iscrizione, come fu primie-
ramente creduto, è da osservare che essa è incisa con buoni caratteri pro-
pri! dei tempi meno remoti e sopra una lastra di marmo; come ancora
la reliquia del monumento, in cui fu rinvenuto, benché confusa con ope-
re dei tempi posteriori, pure offre l'impiego dell'opera reticolare quale pra-
tica vasi poco prima dell'epoca imperiale, alla quale epoca si appropria-
no infatti le surriferite persone.
SEPOLCRO DEI TE RENZI. La indicata situazione del sepolcro di
Pomponio Attico viene anche contestata da quanto fu rinvenuto nei primi
anni del secolo decimoquinto da vicino al casale del tenimento del mo-
nastero di S. Maria nuova; poiché tornò alla luce una iscrizione in cui.
vedendosi fatta menzione di Terenzia e di Tullia, si volle attribuirla alla
moghe ed alla figlia di Cicerone che ebbero tali nomi. Ed anzi si credette
riconoscere la stessa sua figlia in un cadavere di una giovine donna assai
ben conservato, che fu rinvenuto nell'anno li85 entro una cassa nello stesso
luogo, come venne contestato da varie memorie (10). Se mancano docu-
menti autorevoli per contestare la detta appropriazione, non si può poi
far a meno di credere che fossero in tale luogo memorie dei Terenzj , ai
(10) Il Grutero così scriveva: Inventum in ruinis ìnotuimcnti Tuìlinni sexto ah Urbe
lapide, via Appia centum ab hinc annis fragmentitm istnd, viri dodi et antiquarum rerum
periti qui tunc vivebanl annotarunt. terentia . t M . terentio ] tvlijae
I M. TERENTIO | M. TERENTIO . M. F. C | M. TVLLIO .
CICER I TVLLIAE I TVLLIAE . 3. L. P | TVL-
LIAE . M. L. p Ex Ursino. (Grutero. Pag. CCCCLXXVII. N. i.J Si è da
questa iscrizione che, sull'autorità di Pomponio Leto, si volle attribuire a TuUiola iiglia
di Cicerone il cadavere di una giovine donna rinvenuto entro una cassa nell'anno 1485
in vicinanza del casale di S. Maria nuova, come in modo assai circostanziato venne
descritto da un anonimo scrittore di quell'epoca che fu pubblicato dal Montfaucon.
(Diar. Italie, cap. XI. pag. \bl.) Alessandro d'Alessandro pure conservò memoria del
medesimo ritrovamento, che in quel tempo ebbe grande considerazione. (Gcnial. Dier.
Lib. III. e. 2.J E cosi pure l'Alberti. (Descrizione dell' Italia. Pag. 141 dell' Edizione di
Venezia dell'anno Ioli.! Giovanni Antonio Riccj nel Cap. XII pag. 109 della sua opera
sull'Antico Pago Lemonio prese in modo più ampio a considerare le notizie che si rife-
riscono al detto ritrovamento non facendo però alcun caso della suddetta iscrizione che
dette motivo all' indicata appropriazione del cadavere rinvenuto. Coll'autorità poi del
Pighi si conosce essersi ritrovata nel luogo stesso la iscrizione di Sesta Fortunata che
venne riferita dal Grutero alla Pag. MXCI. N. 31 e che si suole considerare essere di
molta importanza. Le quali memorie tutte servono a far conoscere essere stati in tale luo-
go collocati sepolcri d'insigni personaggi dei primi anni dell'epoca imperiale.
TRA. IL MIGLIO V. ED IL VI. 133
quali apparteneva la moglie di Cicerone che si reputava essere amicissi-
mo (li Pomponio Attico.
SEPOLCRO DI POMPEA AZZIA. Di seguito all'anzidetto sepolcro,
e precisamente a lato dell'accesso alla villa dei Ouintilii, si è scoperta ne-
gli ultimi scavi una piccola cella sepolcrale quadrangolare con entro una
bella statua di donna panneggiata assai ben conservata e mancante sola-
mente della testa, la quale stava eretta sopra una base di marmo, su cui si
lesse questa semplice iscrizione: pompeue . attiae [ t. Dn)ivs . evprepes .
v\ORi . KARissiM | sANCTissiMAE . FECIT. Da questa iscrizione, mentre viene
palesato il nome della persona rappresentata in tale statua e quello del
marito suo che l'aveva collocata in tale sepolcro, non bene poi si può de-
terminare chi sieno state le stesse due persone; giacché non si può cer-
tamente riconoscere in quel T. Didio Euprepe alcuno dei T. Didii ricor-
dati nella storia avanti l'epoca imperiale ; ed anzi dal detto suo grecanico
cognome si volle dedurre che in origine sia stato un servo o almeno un
peregrino. Però per lo stile della statua e per la struttura impiegata nel mo-
numento sembra potersi appropriare ai primi tempi dell' impero. La statua
fu collocata al musco Vaticano, e per esserle stata adattata una testa di
Giulia, si mutò la rappresentanza dichiarata dalla suddetta iscrizione.
VILLA DEI OriNTILII. Quella quantità di rehquie di antiche fab-
briche che dal lato sinistro della via Appia, di dietro ai surriferiti sepol-
cri, si stendono sino alle adiacenze della moderna via di Albano, e che
volgarmente vengono indicate col nome di Roma vecchia, si conoscono ora
di comune accordo avere costituito la villa dei Quintilii in seguito di ave-
re ritrovato negli scavi fatti nell'anno 1828 su di un condotto di piombo
scritto il nome dei due fratelli Quintihi, Condino e Massimo (II). Siffat-
ta scoperta ha anche dimostrato la improprietà dell'attribuzione delle stesse
(11) Dei ritrovamenti fatti dal duca Torlonia nell'anno 1828 entro il suo teni-
mento di Roma vecchia, ne conservò memorie 11 Nibby che le pubblicò nel Tom. Ili
della sua opera intitolata Analisi Storico-topografico-antiquaria della Carta de dintorni di
Roma. Pag. 724 e scgg. Ed i marchi, che si rinvennero su diversi tubi di piombo che
servivano alla condotta delle acque in detta villa, si trovarono portare i seguenti nomi:
II. QViNTiLiORVM ] CONDINI ET MAXiMi ; cioè dei due fratelli Quintilii, Condino e Massimo.
Per essersi nei medesimi scavi rinvenuti diversi marchi nei grandi mattoni, che erano
stati impiegati nella costruzione di tali fabbriche, si venne a confermare maggiormente la
stessa pertinenza ; poiché essi si riferiscono tutti ai tempi di Antonino Pio, Marco Aure-
lio, e Commodo, in cui vissero i suddetti due fratelli Quintilii, come furono precipua-
mente presi a considerare nella citata opera del Nibby.
134 VIA APPU PARTE VI.
reliquie al Pago Leinonio, che si volle sostituire all'anzidetta volgare de-
nominazione, quantunque si sapesse dal compendiatore di Feste dovere quel
pago esistere lungo la via Latina (12). Tale villa prima che passasse ai Quìn-
tilii era compresa evidentemente in uno di quei fondi che furono lasciati in
eredità da Q. Cecilio a Pomponio Attico; poiché seguendo l'uso degli anti-
chi romani, si deve credere che l'anzidetto sepolcro dello stesso Q. Cecilio
fosse stato collocato nel confine della stessa proprietà dei Cecilii, come
successivamente deve essere stato praticato dai Quintilii nello stabilire
laltro grande sepolcro di forma piramidale, di cui ne rimane una ammi-
rabile reliquia nel luogo stesso. Ma se è dubbio l'indicato passaggio di
possedimento si trova però palesamente dimostrato quello dai Quintilii a
Commodo ; poiché da Dione si narra che questo imperatore fece uccide-
re i suddetti due fratelH Condino e Massimo Quintifii, a motivo di essere
divenuti troppo celebri per perizia nell'arte militare e per ricchezze; e ne
descrive il modo orribile con cui furono strangolati, e così pure le tristi vi-
cende a cui andò soggetto Sesto Condino figlio di Massimo. Essendo in tal
modo estinta la famiglia dei Quintilii, come pure venne da Lampridio dichia-
rato, tutte le sue proprietà passarono in possesso dello stesso imperato-
re (1.3). Che sia poi stata tale villa abitata da Commodo si dimostra
dallo stesso Dione nel descrivere come il popolo si fosse portato nella
villa suburbana, in cui albergava tale imperatore, per chiedere soddisfazio-
(12) Tutto ciò che si potè addurre per provare esservi corrisposto il pago Lc-
nionio nel luogo occupato dalle dette fabbriche di Roma vecchia, venne esposto da Gio-
vanni Antonio Riccy nel suo libro intitolato: Dell'Antico Pago Lemonio in oggi Roma-
vecchia, pubblicato nell'anno 1802. Ma tutte le ragioni riferite cadono alla considerazione
della seguente notizia esposta da Paolo compendiatore di Festo, che è Tunica più autore-
vole che si abbia di tale pago : Lcmonia tribtis a pago Lemonio appellata est, qui est a por-
ta Capena via Latina; perciocché doveva trovarsi necessariamente lungo la via Latina,
la quale, benché come PAppia uscisse pure dalla porta Capena, teneva poi una direzione
alquanto differente. Ed é da credere che evidentemente si trovasse tale pago in quell'al-
tro luogo detto volgarmente eziandio Roma vecchia o Sette Bassi che corrisponde da vi-
cino all'antica via Latina.
(13) 'Efé'jiVGi Sì y.xi tsu; Kvrj-ctliov; tsv zs KsvSjsycv y.xi tòv Ma^ip-sv. [J-^'jx-
Avjv 'jàp cV/o^j oó^xv ini ncaBcla y.xì ir.ì orpxTYiyix xaì é[xo(ppoauvri y.xÌ tcIovz'j). (Dione.
Lib. LXXII. e. 5.) Domus praeterea Quintiliorum omnis extincta, qitod Sextm Cocidiani
fCondini) filius specie mortis ad defoclionis diceretiir evasissc. (Lampridio, in Commodo. e. 4. '
Sembra però avere conservato il nome di villa dei Quintilii anche posteriormente al detto
possesso di Commodo, come si può dedurre da una notizia di Vopisco. fin Floriano, e. S.ì
TRA IL MIGLIO V, ED IL VI. 135
ne contro le sevizie di Oleandro (U). Ed Erodiano, narrando più circo-
stanziatamente lo stesso avvenimento, ci dimostra essere stata la parte
della villa, abitata da Commodo, distante dalla strada, ove non potè es-
sere da lui inteso il rumore delle risuonanti voci che chiedevano giustizia
contro Oleandro (15). E ciò si trova assai bene convenire con quanto sus-
siste di tale immensa villa; poiché la parte che tuttora presenta traccie
di fabbrica abitabile, e che è quella di mezzo, evidentemente in piìi am-
pio modo costrutta e decorata dai Oiii»lilii- si trova corrispondere assai
distante dalla via Appia verso la moderna via di Albano. In questo pas-
saggio di possedimento dovette la villa essere grandemente di più am-
pliata per ridurla a contenere tutto il corteggio imperiale di Commodo,
con il presidio dei cavalieri che vegliavano alla sua custodia, come apparisce
dimostrato nelle citate narrazioni. Quindi dall'essere contenuta nel tempo del-
la pertinenza dei Ouintilii entro quell'area che viene determinata da tutte le
reliquie, che esistono nella parte media, si dovette estendere nelle adia-
cenze laterali occupando evidentemente fondi di altri proprietarii ; giacche,
mentre i due limiti da occidente in oriente si trovano essere stati deter-
minati costantemente dalla via Appia e dal dirupato opposto, nei lati poi si
conoscono essere state le fabbriche di molto estese. Si dovette evidentemente
solo neir indicato possedimento imperiale eseguire l'acquedotto che vi porta-
va una ragguardevole quantità di acqua derivandola dall'acquedotto della Giu-
lia e Tepula, dal quale soltanto gli archi, che esistono da vicino al casale
della posta di Tor di mezza via, potevano essere diramati ; perciocché ta-
le acquedotto, trapassando per diverse altre proprietà, non poteva esser
fatto per opera di un privato (16). Per far mostra e nello stesso tempo la
«
(14) Kaì -ilo; y.oaxnn^ri'ja;, wcìjUl>j7c npòg xè-j K^fXfxsosv, sv tw KufvTj).ju r.poc-
G-.ii'si vj-7, -o>}.y. [j-vj iy.i'vj's> y.TjxBx ì'vj'/óijj.va:, r.oD.ù oì y.xì y/rA -ov Khmopou
y.cr.ayJì[jj:,'o;. ^Dione. Lib. LXXIl. e. 13.1
(15) Km TX rthuzxicv, Sitxysvzs; h npoxrjxiia toù Kcp-p-iSov, ìr.E)3évrB; nocvS'/t
fjut i^ócù-j, yoù T5V K)ixv5s5v i'.g Savarov f,-ovj. xapuy^; o; cùffvj; -ipi te npoàazuov,
rsD T= Koix[J.65ov h xoi; ò':jx/.r/'j}pr,yó'jt zir.c'.; vjSsvaìg a/olx^cjxo:, òvvjsOyTs; tb tx
35Li),XsuUcva, [iKzlr.ip s Kìixvopc; x-j-/ù^.z(j'bxi zi twv npxzzotj.i-jrjì'j iy/Jylvvj avza.) xìzvi-
otco:, ci) -poGooyà'jzo; zov Sr,u.ov, irwpxivovzxt cÓtìJ.w/.'.ìvi.', y.zl-ó^xvzo; zoO Khxjopov,
T.x'jziz, [S="| ;/ i3x7iXctci i-ntìg, zov; zb hzuy/^xvovzx; tlSxllcv y.xt izizpa7y.o'j. CErodia-
no, Istoria. Lib. I. e. 12.J
(16) Diverse opinioni si esposero sul medesimo acquedotto, clie sono riferite prin-
cipalmente dal Fabretti De Aqicaeduct. Di$s. III. n. 28J, dal Cassio ^Corso delle acque anti-
che. Parte I. n. 22 1 ed anche dal Riccy (Pago Lemonio. Pag. 92.J Però per quanto apparisce
136 VIA APPIA PARTE VI.
distribiizioue della medesima acqua condotta, venne successivamente costrut-
to un nobile castello o ninfeo che corrispondeva lungo la via Appia, dal
quale erano derivale diverse dispense parziali che si trovarono essersi
portate con tubi di terra cotta ad alcune altre fabbriche collocate lungo la
stessa via. Si trovano inoltre reliquie ragguardevoli di grandi conserve che
dovettero servire all'uso parziale della villa, tra le quali se ne ammira
tuttora una formata esteriormente in tondo e suddivisa con sette divisioni
interne rettilinee, ed altra di forma quadrangolare a due piani, sulla quale
venne basato il casale del tenimento di S. Maria nuova. In tale parte
laterale della villa, corrispondente verso Roma, sembra che vi fossero pra-
ticali grandi bagni, che richiesero necessariamente la costruzione di tali
conserve; mentre nella parte opposta verso Albano si conoscono esservi
state vaste aree destinate evidentemente ad uso di giardini, e principal-
mente per i giuochi delle caccie e delle corse di cui era molto amante
Commodo. Infatti si distingue tuttora una vasta area disposta in forma
d'ippodromo per servire ai detti esercizj ginnastici non però con l'assisten-
za di molti spettatori ; giacché essi si facevano in privato e non vi dove-
vano essere perciò al d'intorno grandi gradinate di sedili come negli altri
simili circhi (17). In tutti i luoghi, occupati dalle delle fabbriche, si sono
trovati in ogni tempo oggetti che hanno servito a dimostrare la grande
magnificenza con cui erano essi stati decorati precipuamente in seguito
dalle reliquie superstiti del suo acquedotto, che si protraggono sino da vicino al casale
della posta di Tor di mezza via, ove era sostenuto da archi, si può stabilire che l'acqua in
esso condotta non era derivata da alcun fonte particolare, ma solo dedotta evidentemente
dall'aquedotto della Giulia e Tcpula, al quale solamente poteva essere diretto tale acque-
dotto parziale, mentre tutti quei delle altre acque non giungevano tanto da vicino ai colli
albani. Con tutto ciò può considerarsi tale opera solamente eseguita col potere impe-
riale; giacché si estendeva in diverse altre proprietà. E così opportunamente si può stabi-
lire essere stata portata ad effetto da Commodo allorché entrò in possesso di tale villa,
benché si sieno rinvenuti bolli di mattoni che si riferiscono a qualche anno prima del
suo impero, come é quello che il Fea dice avere estratto nell'aprile dell'anno 1810 dal
medesimo aquedotto in cui si lesse: ex . fig aeam . avgvs ] rvst . it .
ET . AQVi, che si riferisce all'anno di Roma 914 in cui erano consoli Q. G. Rustico di nuovo
e C. V. Aquilino (Fea, Frammenti dei Fasti Consolari. Pag. CXVIII. N. 62.^ Giacché si ren-
de probabilissimo il credere che si sieno in tale opera impiegati laterizj in alcuni anni pri-
ma fabbricati.
(17) Della sussistenza del detto ippodromo, ne venne esposta una notizia allorché
ne rimanevano più visibili tracce dall' Eschinardi benché vagamente esposta e senza una
distinta descrizione. (Descrizione di Roma e dell'Agro Romano. Parte II. e. 6 e ^.J
TRA IL MIGLIO V. ED IL VI. 137
del medesimo possedimento imperiale. I maggiori ritrovamenti si fecero
dall'anno 1787 al 1792 negli scavi eseguiti per commissione governativa;
e gl'importanti oggetti di scoltura, tornati alla luce da tali scoperte, furono
collocati nel museo Vaticano (18). Diverse altre scolture di pregio si rin-
vennero negli scavi eseguiti di commissione del successivo proprietario del le-
nimento negli anni 1828 e 1829. Le ricerche si continuarono anche in questi
ultimi anni, e si rinvennero precipuamente alcuni buoni frammenti della de-
corazione architettonica in marmo della parte piiì nobile della fabbrica, ed
in particolare di un accesso ornato con colonne corintie erette sopra piedi-
stalli fregiati di buone scolture figurale eguali ad alcuni altri rinvenuti
negli scavi dell'anno 1828. Si prese pure in tale circostanza a scuoprire
più ampiamente il suolo dell'anzidetto castello di acqua che esiste in forma
di ninfeo lungo la via Appia, e si rinvennero in esso diversi marmi lavorati
che appartenevano alla sua decorazione e non curali nelle indicate ante-
cedenti scoperte. Tutti i medesimi oggetti però, senza ragguardevole pro-
fitto, non si sono conservati nel luogo del loro ritrovamento. Nel protrarre
poi per disposizione governativa le scoperte della via Appia avanti alla
fronte della medesima villa , si rinvennero alcuni basamenti che servivano
evidentemente per sostenere opere di scoltura destinate ad adornare l'ac-
cesso alla villa stessa dalla via ; e d' incontro si scuoprirono colonne di
marmo caristio, detto cipollino, con le loro basi e capitelli corinlii di mar-
(18) Si deve attribuire gratitudine al Riccy per avere conservata memoria dei detti
ritrovamenti fatti nella villa dei Quintili! dall'anno 1787 al 1792, pubblicando anche le
note di Ennio Quirino Visconti deputato dal governo di dare giudizio degli oggetti rinvenuti
in tali scavi, che furono diretti dallo scultore Lisandrone. Tali notizie si trovano inserite
nel di lui libro suUAntico Pago Lemonio dalla pag. 129 alla 147. Nella quale esposizione
è però necessario osservare che si unirono le notizie delle scoperte fatte nell'altro luogo
distinto pure col nome volgare di Roma vecchia, che corrisponde lungo la strada di Fra-
scati e che più propriamente si disse Sette Bassi. In precedenza dallo stesso Riccy si riferi-
scono notizie sui ritrovamenti fatti per l'avanti tanto per le casuali scoperte che si fecero
dai frati del convento di s. Maria nuova, in cui si rinvenne il tanto celebrato cadavere ri-
conosciuto per quello di Tullia figlia di Cicerone; e così su alcuni altri fatti di seguito, di
cui il Winckelmann ne conservò memoria, ed anche di altri che si fecero nell'anno 1780
dagli inglesi Jenkins e Hamilton con la direzione di Giovanni Volpato. fRiccy, Pago Limo-
nio. Dalla pag. 109 alla 128. ) 11 Nibby poi conservò memoria dei ritrovamenti fatti negli
anni 1828 e 1829, nella stessa villa suburbana, ed i diversi oggetti rinvenuti furono collo-
cati nel palazzo del principe Torlonia; però alcune colonne di marmo caristio furono im-
piegate ad ornare la fronte del teatro Tordinona. (Analisi della carta della campagna Ro-
mana. Tom. III. pag. 125 e segg.J
18
138 VIA APPIA PARTE VI.
ino, che dovevano decorare il vestibolo che metteva nella sua parte media.
Conservandosi le basi ancora al proprio luogo, si potrebbero innalzarvi
sopra alcune delle colonne anzidette onde non perdere memoria di tale nobi-
le fabbrica imperiale. Nel luogo stesso fu rinvenuto un torso di Ercole di
buona scoltura, ciò che ha servito per vieppiìi contestare la pertinenza di
tale edifizio a Commodo ; poiché bene è palese da Dione, da Erodiano, da
Lampridio e dalle sue medaglie, come egli fosse devoto di tal nume, ed anzi
si fosse egli appropriato il nome e la rappresentanza. Tale vestibolo, trovan-
dosi formato con una cella nel mezzo a guisa di tablino e due nei lati
per le fauci, doveva contenere il detto simulacro nella detta sua parte
media per servire di principale ornamento. Per essersi inoltre rinvenuto
quasi d'incontro al detto portico una figura di Melpomene con frannuenti di
altre statue delle Muse, che poterono essere state traslocate nelle grandi de-
vastazioni fatte, si deve credere che avessero siffatte statue servito ad adorna-
re la stessa fronte facendovi figurare nella qualità di Musagete l' Ercole anzi-
detto, il qual nome si soleva attribuirgh. E di ciò se ne ha una prova dal
ritrovamento fatto in tale luogo ncH'anno 1780 della Musa Euterpe che ven-
ne collocata nella galleria dei Candelabri del museo Taticano, e che cor-
risponde in dimensione ed in qualità di lavoro a quella anzidetta di Mel-
pomene. Così la parte della grande villa , che era posta lungo la via Ap-
pia, si trovava decorata con grande magnificenza, la quale acquistava an-
che varietà di aspetto dal ninfeo che stava collocato nella estremità me-
ridionale. Ma restava però la stessa fronte quasi per intero coperta dai
monumenti sepolcrali, che furono in antecedenza stabihti tutto lungo la via,
ad eccezione di quanto era necessario per il suo accesso. In fine a riguar-
do della medesima parte anteriore di questa villa si crede opportuno d' indi-
care, per sempre più convalidare quanto fu accennato sulla corrispondenza
degli alloggiamenti stabiliti dagli albani nella guerra mossa ai romani nel
tempo del regno di Tulio Ostilio, che Livio, annoverando tra le famiglie in-
signi che vennero a stabilirsi in Roma dopo tale avvenimento, i Quintii (19),
ci porta a conoscere avere successivamente i discendenti di tale gente vo-
luto conservare la proprietà del luogo, in cui posero i loro antenati i detti
alloggiamenti, nel costituirlo come parte integrale di detta villa, ed anzi aver-
ne conservata la forma, come apparisce da quanto tuttora sussiste e che
si trova compreso tra il suddetto vestibolo e la fabbrica di abitazione. Laon-
(19) Roma interim crescit Albae ruinis legit Tullio!!, Servilios. (Juin-
ctios, Gegnnios, Curiatios, Cloelios (Livio. Lih. I. e. SO.J
TRA IL MIGLIO V. ED IL VI. 130
de il luogo propriamente cognito col nome di Fosse cluilie doveva corri-
spondere nella stessa posizione, mentre il Sacro campo degli Orazj doveva
trovarsi ove poscia fu stabilito l'anzidetto ustrino; e lo spazio interposto era
quello che servì per la tanto rinomata singolare pugna degli Orazj e Curiazj.
SEPOLCRI DI VALERIO SPINTORE E DI SUPSIFANA NICE.
Quasi d'incontro all'ingresso dell'anzidetta villa dei Quintilii sussiste il
basamento di un vetusto sepolcro costrutto interamente con la pietra al-
bana, che merita considerazione ; e similmente l'altro che succede di eguale
struttura, sul quale però vennero successivamente erette mura di opera
reticolata mista con la laterizia. Alla stessa seconda opera monumentale
dovevano appartenere alcuni titoletti sepolcrali che furono trovati nella sua
cella (20). E quindi succede altro basamento di sepolcro, in cui fu rinve-
nuto il seguente frammento d' iscrizione : m. valeri valer |
VALERIA I TVRi | spiNTHER. Ed il cominciameuto
di altra iscrizione unita alla stessa lapide in cui leggesi; va (21)-
Si rinviene di seguito un ragguardevole frammento di una cornice centi-
nata in pietra tiburlina di buone sagome. Dei monumenti, che succedono
nello stesso lato, rimangono quasi soltanto i cippi terminali. Nella parte
posteriore degli stessi monumenti verso la campagna, si vedono tracce di
un'altra fabbrica di villa che si stende lungo il lato sinistro della via ver-
so Albano: ma esse sono insufficenti a determinare alcuna sicura norma
che possa far conoscere la forma della stessa fabbrica ; né si hanno memorie
per stabilirne la sua pertinenza, e né per avere il suolo, occupato da essa,
corrisposto entro i limiti prescritti alle scavazioni, si è potuto scuoprire
quanto sussiste di conservato. Avanti ad essa però e lungo la via si scuo-
prirono diversi basamenti di sepolcri di varia grandezza e forma, ed in uno
di essi si rinvenne la seguente iscrizione scolpita su lapidi di marmo che
dimostra essere stato quel sepolcro eretto a Supsifana Nice per disposizione
testamentaria di due suoi eredi: s^tsifana . t. l. nice [ t, svpsifanvs . t. l.
(20) Nei titoietli, che si rinvennero nel suddetto sepolcro, si leggono le seguenti me-
morie; cioè net primo: dis . manib [ p. salvio . victo | rino. Nel secondo: d. m | diadv-
MENO I . . . . CONSERVO . B. M | . . . . FIATE . FECIT [ V. A. XXXVUII. E net tCrzO : CLAV-
DIA . LAVDICI I PniLETO . COMVGI | SVO . BENEMERENTI.
(21) Sul nome Spinther, ctie si legge nella surriferita iscrizione dei Valeri, sarà
forse più conveniente attribuire quanto venne riferito sul significato comico di tal nome da
Quintiliano 'Inst. Lib. V. e. 3 ', da Valerio Massimo < Lib. IX. e. 14, 4 e da I*linio (T\'ai. Hist.
Lib. VII. e. 10,', quantunque si riferisca a' tempi più vetusti, che quanto venne esposto dal
Pancaldi in alcune sue singolari osservazioni. Giornale Album. N. 46. Ann. XVIII.J
140 VIA APPIA PARTE VI.
MCEPHOR I T. SVPSIFANVS . T. 0. L. FRVGI [ SVPSIFANA . T. L. NICE . TEST.AME.NTO .
SVO , IVSSIT . HS 1 MONVMENTVM , HERl . DVO . HEREDES | FAC-
TVM . EST . HS . CcIoOCClooIaO . 00 CX D [ T. SVPSIFANI . T. 0.
L. NicEPHORi . ET . M. s Il DOiiie Supsifana anzidetto pre-
stò motivo al Borghesi di fare alcune osservazioni sulla sua più probabile
derivazione : ma poi nulla si è potuto determinare sulle qualità di tali per-
sone e sull'epoca in cui vissero (22).
SEPOLCRI DI POMPEO LICINO E DI SETTIMIO GALLA
CON ALTRO DI VETTENA AFRODISIA, Di seguito nello stesso lato
destro si rinvennero tra le reliquie di due sepolcri attigui le seguenti
iscrizioni, che fanno conoscere essere stato l'uno di essi eretto da L. F.
Pompeo Licino per sua moglie Teidia, e l'altro avere appartenuto a Setti-
mia Galla. La prima però si trova essere mancante di una ragguardevole
parte: vs . l. f. pom. licinvs | a . tekia . sex .
F. VXSOR I EIVS . L. F. CAPITO . PILI |
VLCRVM . HEREDEM . NON | QVETVR (23). L'altra poi SÌ legge
per intero scritta in una grande lapide tondeggiante e ben conservata e si
(22) « Nuovissima, per quanto so, è questa gente Supsifana, del cui nome non si
» vede né meno la radice. Stando alla sua terminazione parerebbe che dovesse provenire
» da un nome geografico, come m. acerrams . m. f. aem. secvndvs (Marat, p. 665, 5,',
» daWAcerre della Campania, m. corams . vrsinvs fGrut.p. 553, 2', da Cora del Lazio, t,
» FAESVLANVS . STRATOR (Donati, p. 286, SJ, da Faesulae dell'Etruria, e così via discorrendo.
» E vero che questa città di Supsifa è ignota, ma essa mostra alforecchio una tal quale
» analogia di suono con Satifi, Sitifi, Sufasar, Susicaz e simili luoghi dell'Africa da non
» recar meraviglia se appartenesse allo stesso paese, ove ogni giorno s" imparano i nomi
» di nuove città. Sulla fine della prima lapide si è perduto, a quanto pare, il numero dei
» sesterzi lasciati da Nice nel suo testamento per costruire il suo sepolcro; ma la somma
» disposta sembra che fosse minore di quanto costò, onde gli eredi notarono nella seconda
» pietra di avervi erogato 27500 sesterzi corrispondenti, secondo i calcoli più moderni, a
» 6875 franchi. » (Lettera del conte Borghesi del 30 luglio 1851. '
(23) « Questo Licino, che si presenta con tutti i nomi convenienti a chi godeva la
» piena cittadinanza romana, non dovrebbe esser stato un uomo dell" infimo volgo, e lo
» deduco dalla sua moglie teidia . sex . f. che sembra nata dal console sufietto del 783
» chiamata dai fasti Nolani sex . teidivs . c\T\Luniis, mentre in appresso la sua casa si
» disse Tedia, o 'Fidia. Quantunque il gentilizio del figlio Capitone abbia salvato una sil-
» laba di più, tuttavolta non cedo alla tentazione di supplirvi FuntEi\s, o aelivs; perchè
» il cognome capito in quelle due famiglie fu costante, onde il padre non sarebbesi inve-
» ce chiamato licinvs. Le due ultime righe si suppliscono : Hoc. scpvlcrv.m . heredem . non
» seQVETVR. » (Borghesi. Lettera citata.)
TRA IL MIGLIO V. ED IL VI. 14-1
contiene in queste semplici parole: septimu . p. f. galla (2i). Quindi al-
quanto più distante si rinviene la seguente altra iscrizione che dimostra
essere stalo il sepolcro, in cui fu rinvenuta, fatto da V. Yettena Afrodisia:
V. VETTENA . C. C. L. APHRODISIA | FECIT . C. VETTENO . C. L | CHRESTO . ET .
siBi (25). Le reliquie dei sepolcri, che rimangono tra quelle appartenenti
alle suddette iscrizioni, non presentano altro che alcuni pochi frammenti
della loro decorazione che non bastano a farla conoscere per intero. È
però da osservarsi un ragguardevole frammento di un sarcofago in marmo,
opera del tempo degli Antonini.
SEPOLCRO ROTONDO CON FREGIO ORNATO D'IPPOGRIFI
ED ALTRO DI P. SERGIO DEMETRIO VINARIO DEL VELABRO.
Nel lato sinistro della via, quasi d'incontro ai suddetti sepolcri, si trovano
esistere primieramente alcuni basamenti di sepolcri che conservano alcune
buone modanature e principalmente uno costrutto coll'opera laterizia. Quin-
di si rinviene un resto della intera costruzione di un antico sepolcro, in
cui è da considerarsi una solida arenazione fatta con la pietra albana e che
doveva cuoprire la cella del monumento. Nel suo d'intorno si sono tro-
vali bensì alcuni frammenti scolpiti in marmo, ma non sono suflìcenti per
determinare quale fosse la sua decorazione esterna. Di seguilo rimangono
frammenti di un piccolo sepolcro rotondo interamente fallo col marmo ed
(24) « Lapide semplicissima, da cui null'altro si ritrae se non che Settimia Galla
» figlia di Publio fu un'ingenua. La sua famiglia non è del lutto ignota fra quelle di Ro-
» ma; e il Grutero (Pag. DLXXIX. N. V, riferisce una pietra già esistente alla porta La-
» lina e quindi trasportata a Bologna, la quale ricorda un favstvs . m. septimi . galli . di-
» SPENsafoc. » {Borghesi. Lettera citata.)
(2ò) « Il primo V deve interpretarsi Viva. Così nel cognome non si sarà badalo
» alla lineetta che doveva congiungere il P. colTI per farne un H ; percui nella presente
» riga si leggerà : viva vettena . e. e. duorum . Cajorum . Liberia . apurodisia. La deno-
» minazione vettenvs, o vettienvs, che trovasi scritta in ambo i modi, proviene in ori-
» gine da un vettivs, che, essendo passato in un'altra famiglia, così allungò il suo nome
» per le leggi dell'adozione. Un esempio identico abbiamo nel celebre giureconsulto Alfe-
» no Varo. Egli era un Alfio, che, adottato da P. Quintilio Varo, divenne Pubìiiis, Quinti-
» lius, Varuf, Alfenus; ma per accorciare questa lunga nomenclatura chiamossi più comu-
» nemente P. Alfenus Varo, e così si dissero i suoi discendenti. Regolarmente così doveasi
» appellare alfienvs, ma per delicatezza di orecchio fu sincopato l'I appunto come nel
» caso nostro da vettienvs si fece vettexvs. Un iscrizione del Doni (Q. XIV. n. o\)
» nomina un c. vettienvs . c. l. aphbodisivs, che potrebbe ben essere il padre della no-
» stra Afrodisia. » (Borghesi. Lettera citata.)
142 VU APPIA PARTE \\.
adornalo da un fregio con scolture rappresentanti ippogrifi ed altri or-
namenti in certo modo simili a quei del ben noto fregio del tempio di
Antonino e Faustina, ma anche con più buono stile scolpiti. Esistono pu-
re lastre di marmo , ridotte a forma di squamme, che componevano la
copertura del sepolcro. Si è inoltre rinvenuto tra le sue reliquie un busto
di donna scolpito in marmo con buon artifizio, che si è riposto per essere
meglio conservato , mentre tutti i frammenti appartenenti alla decorazione
del monumento si sono murali nel luogo stesso, e meritano di essere stu-
diali. Di seguito si è rinvenuta la seguente iscrizione che dimostra il se-
polcro ivi eretto avere appartenuto a P. Sergio Demetrio venditore di
vino che stava nel Velabro. p. sergivs . p, p. l | demetrivs [ vixarivs . de .
VELABRO I SERGIA . P. P. L. RVFA . VXOR | P. SERGIVS . P. ET . 0. L. BASSVS . L |
ARBiTRATv . RVFAE . vxoRis (26). Oussta iscrizioue SÌ rende di ragguarde-
vole interessamento; perchè ci conserva memoria di uno dei luoghi più abi-
tali di Roma, quale era il Velabro, in cui aveva lo spaccio di vino il me-
desimo P. Sergio. Con la scoperta di questo monumento ebbero termine le
scavazioni della stagione di primavera dell'anno 1851.
(26) « Nel primo nome Pitblius sergivs . pp. iluorum Publiorum . demetrivs, succe-
» de sicuramente dopo pp un l significante Libertus, che solo può credersi obliterato nel
» marmo, così richiedendo non tanto il senso, quanto Tesempio della sua moglie, e conli-
» berta Sergia . pp. duorum . Piiòliorum . Liberta . rvfa. All'opposto non si avrà da credere
» che un altro l sovrabbondi in fine della quarta riga Publius . sergivs . Publiae et D Ser-
» giae Libertus . bassvs . Libertus ; perchè egli serve a mostrare che Basso non fu liberto
» in genere di un Publio e di un Sergio, ma che lo fu del Publio e della Sergia supe-
» riormenle ricordati nel marmo. Più comune è di trovar ripetuta per la stessa ragio-
» ne la sigla Filius, la quale nella prima volta oCfre la prova dell'ingenuità della per-
n sona, la seconda che essa è nata dal mentovato di sopra, del che amplissima dimo-
» strazione ci porge una lapide del De Vita fp. XX. n. 14j spettante alla famiglia di
» Scribonia moglie di Augusto, in cui si scrisse alla distesa: l. scribonivs . l. f. li-
» BO . p.VTER . L. SCRIBONIVS . L. F. LIBO . FiLio . PATR0NEI. La lacuna dell'ultima
» riga deve supplirsi arbitratv. Questo Demetrio non ha voluto lasciarci ignorare la
» sua professione di bettoliere o venditore di vino, vinarivs, che in altre lapidi si
» disse anche vinari arivs. E né meno è nuovo che gli osti di Roma indicassero ezian-
» dio ove avevano le loro taverne, onde vinariarivs . in . castris . v^neloriis abbiamo
» nel Grutero ip. 1126, 1) e due negozianti di vino nel luogo detto a. septem . cae-
» SARiBVS sono conosciuti per due marmi del Marini (Arv. p. 120 e p. 2Ì5.J II nostro
» vinarivs aveva spaccio nel Velabro, una delle più popolose contrade della città, la
» cui memoria assicura al nostro marmo non piccolo pregio. » (Borghesi. Loc. cit.J
TRA IL UnOLIO V. ED IL VI. 14-3
SEPOLCRI DEL LATO DESTRO. Nel riprendere le scavazioni
nel mese di novembre del medesimo anno 1851, di seguito all'indicato
termine, dopo di essere stati scoperti basamenti di diversi sepolcri, tra i
quali se ne distingue uno in pietra albana ed altro di opera laterizia, si rin-
venne un gran masso di marmo scolpito nel tempo medio dell'impero,
che si conosce avere servito a due distinte decorazioni; poiché, mentre
in un lato si vede ornato in modo da essere collocato in piedi a guisa di
alcun stipite di porta, si trova poi nell'altro lato lavorato di maniera a
servire di architrave. In tale lato vedesi essersi, secondo la indicata poste-
riore destinazione, scolpita la seguente iscrizione: crispinae . e. f. l. arrivs |
ET . e. GERVLoxivs . lAN ]Ma poi uulla pili si conosce della
l'orma e decorazione del monumento a cui essa apparteneva. Come nep-
pure nulla di preciso viene determinato di altro più vetusto sepolcro che
succede, il quale si conosce solo da alcuni pochi frammenti superstiti essere
stato costrutto con la pietra albana e decorato con il genere dorico. Si è
trovato di seguito un cippo in marmo, appartenente ad alcun altro sepol-
cro dell'epoca imperiale, il quale vedesi adornato con festoni e teschi se-
condo il genere comunemente impiegato in simili opere.
SEPOLCRI DEL LATO SINISTRO. Nell'indicala ripresa di scavi
si sono trovati nel lato opposto primieramente diversi frammenti scolpiti in
marmo che dimostrano solamente esservi stato un nobile sepolcro, senza
nulla potere stabilire sulla sua intera forma. Merita però considerazione, tra
gli stessi ritrovamenti, una statua togata alquanto piti grande del vero e
scolpita ad alto rilievo in marmo, per essersi rinvenuta con la sua testa,
ciò che difficilmente accade. Si è ritrovato pure un ragguardevole frammen-
to di altra simile statua: ma nulla si è scoperto che facesse conoscere la
pertinenza di tale nobile sepolcro. Di seguito, dopo di essere stato scoperto
un frammento di una grande zampa leonina, che indica la sussistenza di un
simile grande monumento, si rinvenne la seguente iscrizione: m. calvivs . m.
L. RVFVS I SALVIA . T. L. VRBANA (27).
BAGNI E VILLA A DESTRA CON FRAMMENTI DI TROFEI
E FASCI CONSOLARI. Riprendendo a considerare le rehquie scoperte
nel lato destro della via, si rinvengono primieramente, dopo i monumenti
già descritti, alcune reliquie di mura con pavimenti in musaico, che si cono-
'25) Nel medesimo luogo fu rinvenuto il seguente altro titoletto sepolcrale: ms .
MANIBVS I Q. QVINTILIO . THA | LAMO . FECIT . A | QVINTILIVS . HEK | MES . PATRI . SVO |
INDVLGENTISSIMO.
\ÌÌ MK APPIA PARTE VI.
scono avere appartenuto ad una non grande fabbrica dislinata ad uso di ba-
gni evidentemente fatti da alcun intraprendente per ritrarre guadagno dai
passaggieri che desideravano bagnarsi. Di seguito poi verso la campagna esi-
stono reliquie di pareti che accennano appartenere ad un'ampia villa subur-
bana, di cui nulla si può determinare sulla sua pertinenza, e né si è potuto
ricercare con scavazioni per essersi estesa fuori dei limiti prescritti. Si rinven-
nero però avanti ad essa lungo la via diversi frammenti di trofei e di fasci con-
solari scolpiti in marmo nell'epoca media dell'impero, che dimostrano bensì
esservi stato nel luogo stesso un grande monumento appartenente ad alcuni
personaggi consolari, ai quali spettava pure palesemente la detta villa: ma
nulla poi si è rinvenuto che potesse far conoscere con qualche palese auto-
rità la pertinenza di tali edifizj. Ad alcuno dei medesimi distinti personag-
gi doveva appartenere il grande sepolcro, di cui rimangono reliquie lungo la
via precisamente d'incontro alla parte media di detta villa.
PARZIALE SEPOLCRO DELLA GENTE AURELL\. Prendendo suc-
cessivamente ad osservare quanto sussiste di un vetusto monumento co-
strutto con la pietra albana e corrispondente d'incontro al grande sepolcro
denominato volgarmente Casal rotondo, si giunge al termine di questo sesto
partimenlo. Quindi ci limiteremo ad osservare che, seguendo l'autorità, però
assai poco apprezzata, del Pirro Ligorio, si deve credere che tale vetusto
monumento appartenesse ad alcun distinto personaggio della gente Aureha ;
poiché da esso diconsi rinvenute nelle stesse adiacenze al suo tempo tre
iscrizioni di tale gente di qualche ragguardevole importanza. ^la quando si
considera che il medesimo monumento di Casal rotondo, che forma il prin-
cipale argomento del seguente partimento, può credersi in origine avere ap-
partenuto ad un distinto personaggio di tale gente . come s' imprenderà a di-
mostrare, le dette notizie non si dovranno tanto disprezzare ; perciocché ser-
vono esse a contestare esservi stati nel luogo stesso collocati alcuni parziali
monumenti a persone addette alla indicata famiglia, quali sembrano essere
registrate nelle suddette tre iscrizioni. Non si può poi dalle reliquie super-
stiti stabilire con precisione quale fosse la vera forma e decorazione di
tale parziale sepolcro ; percui si passerà a descrivere l'anzidetto grande mo-
numento di Casal rotondo.
SETTIMA PARTE
TRA IL SESTO ED IL SETTIMO MIGLIO
SEPOLCRO DI COTTA A CASAL ROTONDO. Seguendo sempre
la enunciata diligente operazione estesa per determinare la corrispondenza
delle antiche colonne milliarie lungo la via , delle quali non si rinvennero
alcune tracce , si è potuto stabilire quella del sesto miglio essere stata col-
locata a metri 29: 50 dopo il centro del grande monumento volgarmente de-
nominato per la sua forma Casal rotondo. Si è questo stesso monumento che
offre importante argomento al principio dell'enunciato settimo parlimento.
La sua vastità vedesi ad evidenza dimostrata da quanto su di esso ven-
ne praticato; poiché fu ridotto a contenere una casa rurale composta di
stalle con fienili e camere di abitazione e quindi un piccolo ohveto. Prima
che si fossero eseguite le scavazioni intorno a tale grande monumento era es-
so bensì conosciuto per tale sua vastità e forma , ma nulla sapevasi della sua
decorazione e pertinenza. Gli scavi, impresi a farsi nel principio dell'anno
1852, hanno primieramente fatto conoscere che il monumento rotondo ave-
va per base una non alta crepidine di forma quadrata costrutta colla pietra
albana, la quale si stendeva nei quattro lati precisamente cento venti piedi
romani antichi, cioè venti piedi di più dell' imbasamento del sepolcro di Ce-
cilia Metella, che sin'ora si considerava per il più grande che esisteva lungo
la via Appia e che si è trovato essere di piedi cento. Così l'area, occupata
dal medesimo monumento, costituiva precisamente ciò che denominavasi
dagli antichi ocfus, cioè la metà di un jugero; la quale circostanza è merite-
vole di considerazione ed ha già servilo per meglio contestare la corrispon-
denza della antica misura. Nella parte anteriore tale basamento però si tro-
vava disposto su di un segmento di circolo descritto con alquanto n)aggiore
raggio di quello che ha servito per determinare il corpo rotondo del monu-
mento; ed in tale curvatura si conoscono essersi praticati cinque grandi in-
cavamenti semicircolari fatti pure colla pietra albana e con sedili nel loro giro
per servire lungo la via di riposo ai passaggieri e nel tempo stesso di maggiore
decoro al monumento e di distinzione tra lutti gli altri. Silfotto basamento
venne in più gran parte ricoperto dal rialzamento praticato nel suolo della
via alcun tempo dopo la caduta dell" impero romano. Lo stesso monumento
poi si conosce essere stato stabilito primieramente in forma di un semplice
19
14-6 VIA APPU PARTE VII.
tumulo con un'alta crepidine nei suo d' intorno circolare costrutta semplice-
mente colla pietra albana, come erano formati i più antichi sepolcri dei ro-
mani, nei quali si erano presi ad imitare i comuni sepolcri degli etruschi.
Siflatta opera si può stabilire avere costituito la prima edificazione del mo-
numento, eseguita evidentemente nell'epoca media della repubblica romana.
Ma poi si vede essere stato rivestito con grandi massi di pietra tiburtina re-
golarmente disposti a norma dell'opera quadrata, e collegati con massi di e-
guali pietre pure disposti con metodo regolare che facevano funzione dei
diatoui prescritti da Yitruvio per lo stesso apparecchio di struttura. E siffat-
to rivestimento aveva per base alcune semplici sagome con una gola inta-
gliata , di cui se ne sono rinvenuti alcuni pezzi ancora in opera nella parte
posteriore del monumento: ma molti eguali resti si rinvennero rovesciati nel
suolo circostante. E superiormente era decorato con una cornice, pure ese-
guita con la stessa pietra tiburtina, e composta eziandio con buone sagome
proprie dei buoni tempi ; ed in particolare il di sotto del gocciolatojo vedesi
adornato a guisa della cornice dorica del teatro di Marcello. Di questa cornice
ne sono stati rinvenuti diversi grandi massi negli ultimi sterramenti, e si sono
trovati corrispondere alla stessa curvatura circolare del monumento. Sif-
fatta opera di rivestimento in pietra tiburtina costituiva una seconda deco-
razione dello stesso monumento, che si deve credere eseguita tra il fine del
governo della repubblica ed il principio di quello dell'impero. Il monumento
doveva conservare, come nella prima costruzione, il tumulo di terra nella
parte superiore a guisa di quanto ancora si era praticato nel mausoleo di
Augusto eretto nel Campo marzio. Tra gli stessi sterramenti si sono rin-
venuti poi palesi segni di una terza decorazione aggiunta nel primo secolo
dell'impero, come sono diversi frammenti scolpiti in marmo, tra i quali si
distingue la importante piccola reliquia della estrema parte della cartella
contenente la iscrizione dedicatoria della stessa terza opera, in cui si legge
per vocabolo finale della prima linea cotta, lasciando lo spazio necessario
per altra linea inferiore; e tale frammento prende la stessa curvatura del cor-
po rotondo del monumento in modo da potere essere collocato sulla sommi-
tà media di esso verso la via. Gli altri oggetti di tale marmorea decorazione
appartengono alle squamine componenti la copertura, ad alcuni pilastri co-
rintj che racchiudono nel mezzo piccole arenazioni con grandi candelabri
e maschere sceniche, ed alla cornice che coronava siffatta decorazione. Dal-
la curvatura data a tutti i medesimi oggetti si conosce chiaramente che ap-
partenevano ad un corpo rotondo assai più piccolo di quello dell'anzidetto
rivestito colla pietra tiburtina ; percui si sarebbe potuto credere che avesse-
TRA IL MIGLIO VI. ED IL VII. 1Ì7
ro costituito un altro distinto monumento, se non si fossero rinvenuti fram-
misti ai suddetti frammenti di pietra tiburlina in tutto il d'intorno dello stes-
so monumento. Così si venne a stabilire avere infatti tali marmoree scolture
formata una decorazione aggiunta sulla parte superiore in sostituzione del
tumulo di terra primieramente stabilito.
Le enunciate considerazioni sulla varietà di ornamenti e progressiva
nobiltà data al monumento, preso a descrivere, si sono giudicale necessarie
per offrire, in mancanza di positive autorità, alcun più sicuro mezzo a dichia-
rarne la sua pertinenza; giacché l'indicato nome Cotta, per la grande quan-
tità dei distinti personaggi antichi egualmente denominati, offre un assai
incerto documento per ottenere quanto si cerca. Però, siccome esso è il più
importante che si sia ora rinvenuto e che appartiene all'indicata terza
opera, si rende così necessario di dare comiuciamento alle ricerche con
un ordine cronologico opposto a quello che si può prescrivere relativamente
al progressivo accrescimento dello stesso monumento. Primieramente è da
osservare che in esso, da quanto si è potuto conoscere, non esiste alcuna gran-
de cella sepolcrale da potere contenere depositi diversi per servire ad una
intera famiglia : ma tutto porta a credere che fosse un monumento personale,
come per esempio era quello di Cecilia Metella. Quindi si deve premettere
che a tale grande opera non si può convenientemente appropriare altro che
una pertinenza ad un grande personaggio. E tra quei, del cognome Cotta che
figurarono di più nel primo secolo dell'epoca imperiale, in cui si deve cre-
dere essersi eseguita la indicata ultima opera marmorea, si può soltanto
prescegliere l'uno di quei due figli di Messala Corvino che si resero assai
rinomati tanto sotto l' impero di Augusto che in quello di Tiberio : ma più
particolarmente del secondo di essi che primieramente portava il nome di M.
Valerio Massimo Colta 5 e poscia, dopo la morte del fratello maggiore, si deno-
minò Valerio Messahno Cotta, come in modo più distinto venne indicato da
Vellejo Patercolo e da quanto Ovidio ne scrisse nelle lettere a lui slesso di-
rette dal suo esilio (1). Il dare la preferenza allo stesso Messalino Cotta per la
(1) Felix evenlu, forte conalu , prima aestatc belli , Messalini opits mandundum esl
memoriae. Qui vir animo etiam, quatn gente nobilior, dignissimus, qui et patrem Corvi-
num habuisset, et cognomen suum Coltae frntri relinqueret. fVellejo Patercolo. Lib. II. e.
\\2.) Da Ovidio poi nelle sue lettere scritte dal Ponto furono esposte molte importanti
notizie sul medesimo Messalino Cotta e sulla perdita del suo fratello ; e ciò particolarmente
nelle Epist. VII e IX del Lib. I, e nelle II e III del Lib. II, in cui viene distinto il fratello
Messalino col cognome Cotta, allorché vivea ancora, ed egli con quello di Massimo che eb-
14-8 VIA APPIA PARTE VII.
detta opera ne offre anche valevole motivo il vedere scolpite al di sopra dei
piccoli archi interposti ai pilastri diverse grandi maschere sceniche, non po-
ste a caso 0 per comune pratica, ma evidentemente per qualche giusta at-
tribuzione; perciocché dal medesimo Ovidio, nel far menzione nell'ultima
delle suddette sue lettere dei principali poeti, annoverava pure lo stesso
Cotta, dicendo non volerlo trascurare, perchè lo reputava apprezzato dalle
Muse ed utile al foro, ed al quale erasi accoppiata nobiltà tanto per avere
i suoi antenati materni di cognome Colta quanto per i paterni denominati
Messala. A confermare anche la pertinenza delle indicate maschere sceniche
ad alcuno dei Messala, giova ricordare quanto venne accennato da Valerio
Massimo e da PUnio sul cognome Menogene che fu appropriato a M. Messala;
perchè rassomigliava nella faccia all' istrione di tal nome, benché comune-
mente si voglia ciò attribuire a M. Messala Nigro (2). Mentre poi si può sta-
be primieramente ; e poscia nella Epist. Vili del Lib. II indicandolo con il nome di Massimo
Cotta, come pure nella II del Lib. DI nomandolo semplicemente Cotta. Diverse altre
notizie si trovano esposte da Tacito, (Annali Lib. II. e. 32, Lib. IV. e. 20, Lib. V. e. 3, Lib.
VI e. 5, e Lib. XIL e. 22. ' E così da Plinio, (Nat. Hist. Lib. X. e. 27 ', dichiarandolo aperta-
mente figlio dell'oratore Messala. Tra i diversi distinti personaggi del cognome Cotta, che
si distinsero nei tempi anteriori, non si può certamente appropriare la indicata opera, che fu
eseguita con il marmo e con una maniera di scolpire non propria dell'epoca che precedette
r impero. Così venni ad escludere l'appropriazione a quel L. Aurunculco Cotta, di cui si
rinvenne una iscrizione a Zagarolo che fu esposta dal Grutero Pag. CLXXXI. N. IJ e dal
Cluverio filai. Ant. Pag. 949', come aveva primieramente pensato; poiché da Giulio
Cesare si dimostra avere figurato al suo tempo fDe bello Gallico Lib. V. e. 28 e segg.J
Né d'altronde si può appropriare a quei personaggi di tal nome che figurarono nei
tempi posteriori; perchè nessuno, per quanto si conosce, era tanto dovizioso per fare
eseguire sì sontuosa opera, come in particolare si può annoverare quel Cotta ricor-
dato da Marziale fLib. L Epig. 10 e 14, Lib. X. Epig. 49 e 88 e Lib. XIL Epig. 81. J
(2) Te tamen in turba non ausim, Cotta, silere,
Pieridum lumen, praesidiumque fori;
Matcrnos Cottas cui Mcssallasqicc paternos
Maxima nobilitas ingeminata dedit.
(Ovidio, Ex Ponto. Lib. IV. Epist. XVI.J
Il pregiatissimo professore cavalier Betti, dopo di avergli fatto conoscere ed apprez-
zare nell'ottobre dell'anno 1852 le importanti reliquie scoperte intorno al monumento
volgarmente detto Casal rotondo, ricordandomi i surriferiti versi, era lieto di avere
potuto trovare la indicata attribuzione: ma poscia ne perdeva ogni fiducia osservando
quanto il celebre Ennio Quirino Visconti aveva esposto nel Voi. VII della sua descri-
zione del Museo Pio dementino alla spiegazione della Tav. XIII sull'uso che avevano
TUA IL MIGLIO M. ED IL VII. 149
bilire con qualche probabililà che la indicata terza opera sia stata eseguita
da questo distinto personaggio, il suo nome poi, superstite nel frammento
della tabella anzidetta , essendo espresso in caso retto , fa conoscere che il
monumento era stato ad altri destinato, benché avesse cominciamento la
iscrizione colla indicazione della persona che aveva dedicata l'opera contro
la pili comune pratica : ma di ciò se ne trovano infiniti esempj, e d'altronde
il detto vocabolo cotta, scritto in fine della prima Uuea della cartella, la-
gli antichi romani di scolpire maschere sui loro sepolcri e simbolo di esse. Ma quan-
do si considera che tali dotte osservazioni si possono solo più convenientemente appro-
priare a quelle maschere che soventi si ponevano nelle estremità dei sarcofaghi e si-
mili monumenti, con le quali si voleva denotare simbolicamente il principio ed il termi-
ne della vita, come nelle commedie, e non estenderle a quelle maschere di vario ca-
rattere scenico e poste per distinto ornamento, come sono quelle scolpite nel monu-
mento preso a descrivere, si potrà confermare la ragionevolezza di prendere in consi-
derazione la particolare anzidetta lodevole attribuzione. Inoltre si conferma la partico-
lare pertinenza delle maschere sceniche ai Messala, prendendo in considerazione quanto
venne indicato da Valerio Massimo a riguardo del cognome Menogene che fu appro-
priato a M. Messala per la sua rassomiglianza all' istrione di tal nome : Al M. Messala consu-
laris et censoriits Menogenis, Curioque, omnibus honoribus abundans, Burbdii: Uh propter
oris aspectum, hic propter paretn corporis motum, uterque scenici nomen coactus est recipere.
fLib. IX. e. 14, 5.) Come similmente si trova ripetuto da Plinio {Nat. Hist. Lib. VII. e. 12.J
Perchè più al 3Iarco Valerio Messala che fu console nell'anno 693, come comunemente si
crede, si deve appropriare V indicato cognome Slcnogene al console dell'anno 742 detto
pure Marco Valerio Messala, per avere già l'anzidetto primo console il soprannome Nigro.
Ed ancora più opportunamente si troverebbe contestare la indicata pertinenza se si potes-
se appropriare il suddetto cognome a Marco Valerio Messalino, che fu console nell'anno 751
e fratello di quello di cui si è attribuita l'opera anzidetta, o anche a lui stesso che fu ezian-
dio console nell'anno 773 sotto il preciso titolo di Marco Valerio Messala, come si trova
anuhciato nella stessa notizia, unitamente a Marco Aurelio Cotta, la quale coincidenza
rese insigni le due famiglie strette in parentado e partecipanti se non alla costruzione al-
meno alla maggiore decorazione dello stesso monumento : ma qualunque sia la giusta ap-
propriazione di tale notizia, sempre essa si dovrà attribuire ad uno dei Messala, che fu col-
laterale a quello che portò a compimento l'opera presa ad illustrare. Come poi fossero
tanto il suddetto M. Valerio Massimo Cotta ed il suo fratello Messalino degni successori
del loro padre nell'eloquenza è dichiarato dallo stesso Ovidio dicendo:
Vivit enim in vobis faciindi lingua parentis,
Et res heredem repperit illa suum.
(Ovidio, Ex Poni. Lib. IL Episl. IL v. 53 e 54.^1
Ma poi diverse testimonianze di dottrina sono dallo stesso Ovidio tributate al medesimo
secondo figlio di Messala Corvino.
150 VU APPIA PARTE VII.
sciando spazio per un'altra linea, toglie ogni dubbio. E di tale destinazione
soltanto più convenientemente può trovarsene applicazione che attribuendola
al suo padre IMessala Corvino, il quale per le molte dette opere, che gli
vengono attribuite, si poteva anche con piìi convenienza appropriare i sur-
riferiti attributi che già erano proprii al suddetto suo collaterale. La stessa
destinazione si trova poi contestata da quanto venne indicato da Marziale
nel dichiarare che i suoi versi sarebbero sopravvissuti alla caduta delle pie-
tre del monumento di Messala ed alle fenditure che in esse avrebbe fatto il
caprifico ; poiché elTettivamente costituiva lo stesso monumento una delle
più grandi opere che si conoscono, e potevasi assai bene paragonare con
quello di Licino, di cui Io stesso Marziale fa menzione nel suddetto poetico
confronto distinguendo il primo fatto di pietre, come infatti si trova essere
fatto nel corpo rotondo, mentre il secondo lo accenna fatto di marmo (3).
Ed anche la sussistenza del monumento di Messala lungo la via Appia può
contestarsi pure colla notizia esposta da Tibullo sulle opere da lui fatte nella
(3) Et quum rupìa situ Messalae saxa iacebunt,
Altaque quum Licini marmora pulvis erun}.
(Marziale. Lib. Vili. Epig. Z.)
Marmora Messalae findit caprificus, et audax
Dimidios Crispi imdio ridet cquos.
(Idem. Lib. X. Epig. 2J
Sulla grandezza del monumento di Licino, posto in confronto da Marziale nella sud-
detta prima notizia con quello di Messala, è importante il rammentare quel ben noto
distico , che si attribuisce a Varrone Atacino : Marmoreo Licinus iacet, at Calo parvo, Pom-
peius nullo ; quis putet esse Deos? fAnthol. Lat. Tom. I. Pag. 205. Burm.ì Ed inseguito
dello stesso confronto era portato a riconoscere nello stesso secondo monumento quello
pure grandissimo che succede a quello preso a descrivere lungo la via Appia volgar-
mente denominato Torre selce, e che si è ritrovato nelle recenti scoperte essere stato
effettivamente costrutto in marmo nella buona epoca delle arti, nella quale venne esegui-
to il monumento di Licino ben rinomato ricco liberto ed assai favorito da Augusto, se non
si fosse trovato indicato da un antico scoliaste di Persio , come mi accennava il Borghesi ,
che tale sepolcro doveva esistere lungo la via Salaria. In fatti trovai al verso 36 della Sa-
tira II spiegando le parole Nane Licini in campos, riferito da un'antico scoliaste, che
si crede essere Cornuto, questa notizia che per le circonstanzialità si deve credere auten-
tica, come è particolarmente attestato da Pitisco Tom. II. pag. 759 ed anche più auto-
revolmente da un codice del decimoquinto secolo che possiede il commendatore De Rossi:
Alti volunt Licinum tonsorem, ac libertum Augusti Caesaris significavi praedivitem : aiius mo-
numentum est pretiosi operis ; sepidtus via Salaria prope Urbem, ad lapidem secundum; cioè
precisamente l'indicato sepolcro doveva essere collocato lungo tale via sulla estremità
TRA IL MIGLIO VI. ED IL VII. 151
via che portava al Tusculo e ad Alba ; perchè la via Appia meglio della
Latina, contro la comune opinione, metteva piiì direttamente a tale ultima
vetusta città (4-). Così m indussi a credere che Messahno Cotta, aggiungendo
la surriferita sua opera marmorea al monumento, ne avesse conservata la
precedente destinazione a suo padre Messala Corvino, il quale già ave-
va fatto eseguire il rivestimento di pietra tiburtina intorno al grandissimo
corpo rotondo che costituiva veramente un'opera meritevole della conside-
razione che venne fatta dai suddetti antichi scrittori. Comunicata questa mia
opinione al sommo Borghesi per avere il suo autorevole parere su di un
oggetto di tanta importanza per la storia antica , egh prontamente mi ri-
spondeva coU'aderire alla stessa appropriazione nonostante la mancanza di
autorevoli documenti (5). Quindi collo stesso suo consentimento, dopo di
del piano elevato e prima di discendere al ponte Salario, ove corrispondeva il secondo
miglio distante dalla porta Collina, dalla quale usciva primieramente la via Salaria. Del
suddetto Licino poi si hanno particolari notizie da Orazio fArte Poetica v. 30 IJ, da Seneca
lEpist. 119 e. 120;, da Dione fLib. XIV. e. 21 ', da Svetonio fin Augusto, e. 67;, da Macro-
bio (Saturn. Lib. II. e. 4j e da Sidonio (Lib. V. Epist. 1.)
(4) A'ec taceat monumenta viae quem Tuscula tellus
Candidaque antiquo delinei Alba Lare.
(Tibullo. Lib. L Eleg. VIL v. 56.;
Si attribuiva l'indicato munimento di via alla Latina, da coloro che impresero a spie-
gare la surriferita notizia : ma non si hanno precise memorie che mai Messala avesse
impreso il ristabilimento di tale via allorché ad insinuazione di Augusto si eseguirono
diversi ristauri alle vie in generale che uscivano da Roma, ed in esse solamente si dichiara
il ristauro della Flaminia che fece eseguire lo stesso Augusto, come particolarmente si
trova dichiarato da Svetonio e da Dione ; mentre poi trovandosi la via Appia portare più
direttamente ali" antica Alba della Latina, è da credere che Messala avesse alla stessa
via Appia fatto alcun ristabilimento in vista della sussistenza del detto monumento, che
già doveva esistere da tempi posteriori, e dei diversi altri della vetusta famiglia Aurelia
che si dicono avere esistito nelle stesse adiacenze secondo laulorità del Ligorio per tre
iscrizioni rinvenute al suo tempo e trascritte nella voce Aurelia, nelle sue memorie inedite
della biblioteca Vaticana, le quali però non ottennero nessuna considerazione e neppure
dal Corradino suo ammiratore, come si dichiara nel Tom. II, Vetus Latium, Pag. 185.
(5) « Quantunque non conosca argomenti solidi per appoggiare la di lei congettu-
» ra, che il monumento rinvenuto appartenga a Messala Corvino, parmi tuttavia che possa
» sostenersi. A buon conto si prova uno degli estremi, cioè che Corvino ebbe uno dei più
» splendidi sepolcri di Roma. Ciò apparisce da Marziale, che lo mette del pari col magni-
» ficentissimo del liberto Licino nellEpig. 3 del Libro Vili: — Et cum rupta sita Messalae
» saxa iacebunt — Altaque qmtm Licini mormora pulvis erunt — Me tamen ora hgenl. —
152 VIA APPU PARTE VII.
avergli in miglior modo fatto conoscere le particolari condizioni delle reli-
quie superstiti, si è supposto poter essere la iscrizione scritta nella car-
tella in marmo, in cui fu rinvenuto solamente il nome cotta posto in fine
della prima linea, nel seguente modo:
MARCVS . VALERIVS . MESSALINVS . COTTA
MESSALAE . CORVINO . PATRI
» il quale torna poi a ricordarlo neU'Epig. 2 del Libro X: Marmora Messalae fmdit caprifi-
» rus. Intanto il cotta, di cui è rimasto il nome sulla lapide dedicatoria, essendo aperta-
)) mente un caso retto, esclude che fosse a lui consecrato, e dovrà dirsi invece ch'ei lo fa-
» cesse costruire. Ai tempi però di Augusto o di Tiberio, a cui mi dice che spetta questo
» insigne monumento, non si trova altro Cotta, che possa esserne stato l'autore, se non
» che il M. Cotta Messalino console nel 773 , a cui ella aveva già pensato. Da un canto
» neir impero del primo la casa dei Cotta erasi estinta nella madre dello stesso Messalino,
» come testifica Ovidio nel verso Si tu non esses interitura domiis, la quale sua madre a
» motivo deir identità del prenome del figlio adottato può credersi nata dal M. Cotta pro-
» pretore di Sardegna nel 705 (Cesare, Bel. Civ. Lib. I. e. 30J, figlio del M. Cotta e console
» nel 680 (Valerio Massimo. Lib. V. e. 4, i.) Dall'altro lato è inutile di pensare all'Aurelio
» Cotta figlio del Messalino, sapendosi da Tacito (Lib. XIII e. 34 ', chegli era un fallito. Suo
» padre al contrario fu ricco non tanto per la porzione paterna, quanto per l'eredità ma-
» terna, e si conosce di più che appunto per le enormi spese da lui fatte egli da ultimo
» nel 785 trovavasi egens ob hixum. (Tacito, An. Lib. VI. e. 1.) Ciò posto può supporsi ch'egli
» abbia fatto costruire o terminare il sepolcro al genitore , e può ammettersi in massi-
» ma il supplemento della lapide da lei ideata, che però piacerebbemi di riformare a
» questo modo :
M. AVREUVS . M. F. M. N. COTTA
MESSALAE . CORVINO . PATRI
» che così r iscrizione conterrebbe tutto ciò , che occorreva di far sapere , e avrebbe tutta
» la concisione e la dignità conveniente a quei tempi.
» Riguardo poi ai loro lavori poetici cousta che ambidue coltivavano le Muse. Sem-
» bra che il figlio fosse un poeta epico piuttosto che drammatico, citandosi del gramma-
» tico Apuleio il suo poema de beilo Pharsalico. (Mai, Collecl. Vatic. T. I. infine, p. 75 J In-
» vece può tenersi che Corvino abbia scritto qualche commedia leggendosi in Plinio Giu-
» niore (Lib. V. Epist. SJ: Facto non numquam versiculos parum severos, facio comoedias ....
» sed ego verear ne me satis deceat, quod decuit M. Tullium, Caiiim Calvum, Asinium Pollio-
» nem, Marcum Messalam .... Alcuno ha preteso, che fosse anche tragico, ma temo che
» non basti a provarlo il luogo che si addotto del dialogo de Orat. e. 12." Nec ulliis Asinii
» aut Messalae libcr lam illuslris est qnnm Medea Ovidii, ani Varii Thyestes. E vero che Pol-
» lione fu autore di tragedie , ma del contesto rilevasi che ivi si fa un paragone tra gli
» oratori e i poeti , onde il vero senso di quel passo sembrami essere che le orazioni di
a Pollione e di Messala, quantunque notissime, erano meno famose della Medea e del Tie-
TRA IL MIGLIO VI. ED IL MI. 153
L'opera primitiva, che si conobbe essere stata fatta interamente con la
pietra albana, e contenuta a formare un tumulo secondo la pratica comu-
nemente tenuta nei più antichi tempi dai romani ad imitazione di quan-
» ste. Tuttavolta ella potrà osservare se qualche altra cosa a questo proposito si trovi
» nella vita di Corvino esistente nel Tomo XXXIV degli atti dell" Accademia delle Iscri-
» zioni, che io non ho. » (Lettera del conte Borghesi del 19 Ottobre 1852.^' Raffaele Mece-
nate nelPanno 1820, facendo una nuova e più accurata pubblicazione di quel libercolo
intitolato Valerli Messalae Corvini ad Octavianum Auguslum de Progenia sua, la faceva pre-
cedere da una narrazione sulla vita dello stesso Messala Corvino, in cui prese a dichia-
rare tutte le opere che vennero attribuite al medesimo insigne personaggio, e ciò ri-
feriva forse in modo piti ampio di quanto venne esposto nel citato volume degli atti
dell'Accademia delle Iscrizioni. Quindi in seguito di alcune osservazioni, fatte al Bor-
ghesi sulle particolarità delle reliquie superstiti di tale monumento, egli gentilmente
aggiungeva alla suddetta sua lettera queste altre avvertenze: « Debbo poi correggere
» una mia inavvertenza commessa scrivendole la volta passata, che sotto l'impero di
» Augusto non si conosce altro Cotta fuori del Messalino. E vero che non è, ch'io sap-
» pia, memoralo da alcuno, ma tuttavolta conviene ammettere che sua madre abbia
» a>Tito un fratello. Imperocché, prescindendo che un'adozione mal converrebbe ad una
» madre, il citato scoliaste di Persio fSat. II. v. 12J, attcsta espressamente che il di
» lei figlio fu adottato ab Aurelio Cotta; oltre di che da Ovidio leggiamo presso a poco
» l'età di questa adozione, mentre nelle epistole scrittegli nel Lib. I de Ponto fino al
» Lib. II. Epist. 3, lo chiama semplicemente Massimo, e soltanto nell" Epist. 8 delle stes-
» so Libro comincia ad appellarlo Massimo Cotta. Fino dalla nascita portò i nomi di M.
» Valeriìis 3Jaximus essendogli stato imposto uno degli antichi e non meno celebri co-
» gnomi della sua casa ; adottato dal zio divenne M. Valerius Maximus Cotta, finché cam-
» biò anche la denominazione di Massimo in quella di Messalino dopo la morte di Messalino
» suo fratello console nell'anno 751, del quale ci attesta Valerio Patercolo fLib. II. e. 112),
» che cognomen suum Cottae fratri reliquit. Se dunque ha ella bisogno di slungare quella
» riga potrà scrivere: m. valerivs . messallinvs . cotta, come già fu chiamato co-
» munemente, che i caratteri saranno quasi altrettanti. Né meno vedo il bisogno di
» accusare a Messala Corvino il gentilizio di Valerio, che in ogni caso non mi piace-
» rebbe di vedere abbreviato. Alla sua morte egli era generalmente conosciuto per quei
» due suoi cognomi, per non abbisognare di altra indicazione, e infatti di essi soli pre-
» sentasi in una sua lapide presso il Fabretti, Pag. 671, N. 1. » (Borghesi, Lettera del 4 No-
vembre 1852. J La citata iscrizione riferita dal Fabretti si dice scritta bensì su di una lapide di
pietra tiburtina, come era fatto il rivestimento del corpo rotondo del monumento attribui-
to a Messala Corvino, ed esistente nella villa Medici al Pincio : ma poi si trova essere relativa
ad alcuni muramenti di cinta eseguiti in luoghi non ben cogniti; poiché in essa si legge:
LOCVS . IN . QVO ] MACERIA . EST . ET | MACERIA . PRIVATA . M. MESSALAI ] CORVINI. Giova
però questo documento per stabilire il modo più preciso con cui si scriveva in quel tempo
il nome di Messala con un L soltanto e non con due, come fu posteriormente praticato.
20
154 VIA APPIA PARTE VII.
to solevano praticare gli etruschi, come già si vide esservene esempj a
poca distanza lungo la stessa via Appia, si può credere essere stata evi-
dentemente fatta da quel M. Valerio Corvo che fu dittatore nell'anno 453
e console nell'anno 4-54; o da quel C. Aurelio Cotta che fu console negli an-
ni 502 e 506, cioè nel tempo in cui si facevano lungo la stessa via Appia
i sepolcri di Attilio Calatino e dei Scipioni 5 0 da qualche altro uomo insi-
gne della famiglia Valeria o Aurelia, a cui appartenevano i Messala ed i
Colta che figurarono nella stessa epoca media della repubblica romana:
ma su di ciò è ora assai difficile il potere determinare alcuna cosa di po-
sitivo; però sempre si deve dare la preferenza all'anzidetto M. Valerio
Corvo che ebbe maggiore considerazione tra gli antenati di Messala Cor-
vino a cui poscia appartenne il monumento. Quindi a contestare la stessa
primitiva pertinenza a qualche insigne personaggio dell'antica gente Aurelia,
è da osservare che si dicono sulla fede di Pirro Ligorio essersi rinvenute
nelle adiacenze diverse iscrizioni appartenenti alla stessa famiglia. Benché
tale autorità sia tenuta in assai poco conto e benché il nome Aurelio sia sta-
to assai comune ; pure non pare improbabile che oltre al grande monumen-
to, preso a descrivere, ve ne fossero altri della stessa famiglia nelle sue adia-
cenze di vetuste edificazione, come ne offre esempio quello di pietra albana
esistente quasi di fronte nel lato destro della via, e come fu indicato in fine
del precedente partimento.
Quindi dopo dell'esposta più probabile notizia sulla pertinenza del mo-
numento nelle tre principali epoche dichiarate dalla sua varia struttura, che
si è potuta dedurre dalle poche memorie che ci furono tramandate, si ren-
de necessario d' indicare quale fosse la sua forma e decorazione che ave-
va dopo l'ultimo suo ristabilimento. Nella parte del basamento, apparte-
nente all'opera più vetusta e costrutto colla pietra albana, che corrispon-
deva nella fronte del monumento verso la via, apparivano i cinque inca-
vamenti semicircolari con sedili nel d' intorno che servivano di riposo ai
passeggieri ; e negli angoli sporgenti tra gli stessi emicicli dovevano eviden-
temente essere collocate alcune piccole opere di decorazione, di cui si so-
no rinvenute importanti rehquie nel luogo stesso, ma non dovevano apparte-
nere al grande monumento. Tra questi ornamenti accessorj devesi in partico-
lare annoverare un piccolo basamento rotondo, che doveva aver servito per
sostenere alcuna statua onoraria, e che intorno alla parte sua superiore vedonsi
scolpiti in bassorilievo con somma finitezza ed eccellente artifizio diverse
figurine di Nereidi. Parimenti dovettero essere collocate nel modo stesso
altri piccoli monumenti, di cui si sono rinvenute rehquie nel medesimo luo-
TRA IL MIGLIO VI. ED IL VII. 155
go (6). Negli angoli estremi dello stesso basamento dovevano essere posti
i cippi denotanti l'area occupata dal monumento in piedi cento venti per
ogni lato, come già fu determinato. Il corpo rotondo era interamente ri-
vestito di pietre tiburtine tagliate regolarmente secondo la forma dell'ope-
ra quadrata solita a praticarsi negli ultimi tempi del governo della repub-
blica, ed in modo simile a quella impiegata nel sepolcro di Cecilia Me-
Iella. Nel giro inferiore era adornato da una base avente una grande gola
intagliata, di cui ne esistono alcune porzioni ancora in opera nella parte
posteriore del monumento; e superiormente era coronato da una cornice
avente soffitti decorati in simile modo della cornice dorica del teatro di Mar-
cello costrutto in circa nella stessa epoca. Nella parte media di prospetto
del medesimo corpo rotondo doveva essere posta alcuna iscrizione su pie-
tra tiburtina che si rendeva necessaria per dichiarare l'opera impresa a
farsi da Messala Corvino; e nell'attico sopra la cornice anzidetta veniva
collocata la riferita tabella in marmo di M. Valerio Messalino Cotta. Il
culmine, che si stendeva con conveniente declinazione sopra al medesimo
attico sino verso la parte centrale del monumento, doveva essere intera-
mente coperto colle lastre di marmo tagliate a forma di squamme, di cui
se ne sono rinvenuti diversi frammenti. In fine sull'alto della parte me-
dia doveva innalzarsi l'opera aggiunta dal medesimo Messalino Cotta, la
quale era eziandio interamente fatta con il marmo e consistente in pi-
lastri coriutii che racchiudevano piccoli archi con grandi candelabri e ma-
schere sceniche, come si deduce dai molti importanti frammenti che si
sono rinvenuti. Dalla curvatura, che presentano le stesse reliquie, si ven-
ne a conoscere che componevano un corpo rotondo assai piccolo in con-
fronto di quello inferiore; percui si veniva a presentare un finimento in
circa simile a quello che si soleva praticare nei più nobili edifizj rotondi.
E tutto il monumento, composto nell' indicato modo, veniva a presentare
un aspetto quasi eguale a quel grande sepolcro, pure rotondo, che esiste
da vicino all'antica città di Capua. Per contestare in fine la pertinenza
dell' indicata ultima opera a Messalino Cotta, che sembrerebbe a primo
(6) Tra le memorie, rinvenute nelle adiacenze del suddetto grande monumento, me-
rita inoltre considerazione il seguente frammento d' iscrizione : . . . mcATii . . . | . . .
POESARIS . AV^. Uh. . . . I . . . lOCHIANO . A. CO .... | ... A . FAVSTA . NTkSOr. . . [
. . . . T \ in . fr. p. XVI. IN . Agr ... . | . . . . yrne . merit.ìe . sacer-
doti. Tutti gli altri frammenti, rinvenuti nel luogo stesso, offrono ancora minori indizj da
poterne determinare la loro pertinenza.
156 VIA APPIA PARTE VII.
aspetto di epoca alquanto posteriore a quella in cui visse lo slesso di-
stinto personaggio, è da osservare che il medesimo genere di decorazione
di pilastri, racchiudenti piccoli archi, era già in uso in Roma sino dall'epoca
media della repubblica, come si dimostra tanto dalle medaglie della gente
Lollia distinte col nome di PaHcano, in cui vedesi rappresentato il principal
suggesto del foro Romano adornato con i rostri delle navi conquistate po-
sti precisamente tra simili piccoli archi, quanto da ciò che si può cono-
scere tuttora dalle importanti reliquie scoperte a lato dell'arco di Settimio
Severo del medesimo più nobile suggesto, come è stato dimostrato in mo-
do assai palese nella mia esposizione storica e topografica sul foro Roma-
no e sue adiacenze pubblicata nell'anno 18i5. Ed inoltre lo stesso vetusto
uso di tal genere di decorazione si può eziandio contestare con quanto ve-
desi rappresentato in alcune opere ornamentali di terra cotta, che ben si pos-
sono credere fatte avanti l'epoca imperiale, le quali furono esposte ulti-
mamente con pili esattezza dal marchese Campana nella sua raccolta sulle
antiche opere di plastica. In fine si reputa opportuno l'osservare, relativa-
mente all' indicata ultima decorazione, che merita considerazione la masche-
ra che vedesi coronata ; giacché non se ne rinvengono che rari esempj , e
nessuno nella raccolta delle maschere scenice e figure comiche d'antichi ro-
mani pubblicata dal Ficoroni nell'anno 1736, che è la piiì ampia che si abbia
su tal genere di monumenti figurati. In tale opera si dimostra con molti
esempj come fossero le maschere, propriamente sceniche, poste nei mo-
numenti sepolcraU , non per comune uso, ma per denotare precisamente la
qualità di poeta comico e tragico, o d' istrione ; e ciò è meritevole di con-
siderazione per confermare sempre più l'attribuzione stabilita. Tutta la in-
dicata decorazione del grande monumento offresi poi in miglior modo di-
mostrata con quanto viene esposto nelle Tavole che servono di corredo a
questa esposizione.
SEPOLCRO DI SERGIO S^TZZIO. Continuando il cammino lungo
la via, nello stesso lato sinistro si rinvengono diversi frammenti di marmi
scolpiti che dovevano appartenere ad un sepolcro decorato nobilmente ed
edificato in circa nel tempo degli Antonini. Tra le stesse rehquie si è rin-
venuta la seguente iscrizione che si legge in una grande lapide spezzata
nel mezzo e contenuta tra due pilastri corintii: ser. svettio . ser. l. de-
METR ... I ANTIGOmS . L. L1BERTVS . ET | SVETTIA . VXOR . PATRON . . . |
ET . HERMA . . . CO . L. . . . Però le medesime reliquie non sono suffi-
centi per potere determinare la intera decorazione del monumento. Sono
poi di ragguardevole importanza alcuni resti di cornici scolpite nella pie-
TRA IL MIGLIO VI. ED IL VII. 157
tra albana che si rinvengono di seguito e che appartengono ad un più
vetusto sepolcro creduto essere stato proprio di alcuni liberti dell'insigne
famiglia Venuleia (7).
SEPOLCRI DI P. FURIO PLACCO E DI ANTONIA TRUFERA.
Successivamente, sempre nel lato sinistro, fu scoperta la seguente altra
iscrizione incisa su di un masso di pietra tiburtina che sembra avere ap-
partenuto ad un sepolcro di piii vetusta costruzione dell'anzidetto ed an-
che di maggiore importanza : p. fvrivs . p. l | flaccvs | fvria . fl. iv-
GVND I HOC . sepvlcuvm | heredis . NON . SEQVETVR. Ma uulla poi SÌ conosce
di ben preciso per potere determinare la forma e decorazione del monu-
mento, che doveva essere però non molto grande. Di molta maggiore am-
piezza sembra essere stato il sepolcro, a cui apparteneva la iscrizione se-
guente successivamente rinvenuta : e. antoni . e. l. Antonia . c. l | triti .
T. trvphera. Perciocché essa si trova incisa su di una grande lapide.
SEPOLCRO DI P. QUINZIO TRIBUNO DELLA LEGIONE XVL
Nel lato destro, dopo di avere osservati alcuni pochi frammenti di varii
sepolcri, tra i quali si distingue una bella anteCssa ed altra con cartella,
come pure alcune piccole iscrizioni assai frammentate, in una delle quali
leggesi: . . . . R. MAO. LVDOs I . . . . COLEI . MAGNO | . . . . NEO . FECIT, SÌ rinviene
la seguente iscrizione incisa su di una grande lapide : p. qvinctivs . p. f. pom 1
TR. MIL. LEG. XVI I EX . TESTAMENTO . ARBITRATV . P. QVINCTI . P. L. ZENONIS.
Forse al sepolcro di questo P. Quinzio dovevano appartenere alcuni mar-
mi scolpiti che si sono rinvenuti nelle stesse adiacenze, ed in particolare
una cornice di marmo con buoni intagli. Però da altro frammento di cor-
nice, di anche miglior lavoro e di più buone sagome, si conosce che era-
no nel luogo stesso diversi nobili monumenti dell'epoca media dell'impero.
(7) Quanto si è indicato sulla pertinenza del sepolcro suddetto ai liberti della fa-
miglia Venuleia, fu dedotto da una memoria conservataci dal Nibby, con cui si dichia-
ra essersi rinvenuta nell'anno 1824 la seguente iscrizione frammentata tra le reliquie
di un sepolcro costrutto colla pietra albana ed esistente alcun poco dopo del grande
monumento di Casal rotondo, che soltanto al suddetto sepolcro si possono appropriare:
N. VEN>'LEI I VENVLEIA . L. L | VENVLEI . L.
L I VLEiA L. L (Nibby, Analisi
storico-topografico-antiquaria della Carta dei d'intorni di Roma. Tom. III. Pag. 549.^ Lo
stesso Nibby aggiunge di seguito avere rinvenuto altro frammento d'iscrizione con il
semplice nome, l. billienas . l. l macellarivs siBi . et .
svis ma ora non si può più precisare la corrispondenza del luogo indi-
cato in tale memoria.
158 VIA APPI A PARTE VII.
SEPOLCRO COMUNE CON PAVIMENTO IN MUSAICO. Sempre
nel lato destro di seguito alle surriferite memorie si è scoperto un nobile
monumento composto di due celle con pavimenti di musaico, che si sono
conservati per essere essi sfuggiti alle ricerche degli scavatori. Da alcuni
ragguardevoli frammenti in marmo, che si sono rinvenuti tra le sue reli-
quie, ed in particolare due figure chimeriche scolpite in bassorilievo e di-
versi altri nobili ornamenti, si conosce che tale monumento doveva in ori-
gine appartenere ad alcuni personaggi di distinzione dell'epoca dell' impero
non molto inoltrata. Ma poi dovette avere servito per riporre i cadaveri
di persone diverse ; poiché si rinvennero varii depositi ed anche sarcofagi
con iscrizioni che per la loro piccolezza si sono riposte (8). Sussistono
al disotto delle suddette celle altri luoghi sotterranei che hanno pure ser-
vito evidentemente per comuni depositi. Però quando si volesse prendere
in considerazione la forma , che aveva nella sua prima edificazione lo stes-
so monumento, si dovrebbe credere che fosse stato primieramente desti-
nato a tutt'altro uso che a quello di sepolcro : ma su di ciò ora più nulla
può determinarsi di preciso.
SEPOLCRO DI M. LOLLIO DIONISIO ED ALTRI DEL LATO
DESTRO. Succedono diversi grandi frammenti di marmi scolpiti, che do-
vevano far parte di nobili sepolcri eretti principalmente nell'epoca media
dell' impero ; ma non può con essi formarsi una idea certa del modo
con cui erano essi decorati. Merita però considerazione un bassorilievo in
marmo in cui vedonsi scolpite quattro effigie che dovevano rappresentare
le persone sepolte nel monumento a cui quell'opera apparteneva, e che
si vedono tenere tra le mani alcuni piccoli animali che esse dovevano io
loro vita amare. Si rinvengono poi di seguito diversi resti di grandi cor-
niciamenti ed anche di capitelli di marmo che dovevano costituire la
decorazione di un grande e nobile sepolcro, al quale doveva appartenere
pure un altro frammento di ragguardevole grandezza, che esiste nella parte
(8) In un sarcofago di marmo, che per la sua buona conservazione, fu inviato al
museo Vaticano, si lesse il seguente titolo : d. m | Mim'CiAE | sedate . m. avr | elhs .
AVG. LiB. PY I THOCRiTvs . CON | ivGi . SANCTISSIME | BENEMERENTI. Quindi SÌ rinvennero
i seguenti tre titoletti. Nel primo si lesse: d. m ] e. coMiNrvs | symphorivs | posiv-
MiAE . arte I MisiAE . coNivGi ] SVAE . B. M. Il sccondo ha offerto il semplice nome
seguente : phainvs . lib | sozombn\'S | clarvs. E nel terzo si lesse semplicemente :
\ncT0RiAE [ SELEvco [ TROPHiMO. Le altre memorie, rinvenute tra le stesse reliquie,
hanno ancora minore importanza per meritare di essere prese in considerazione.
TRA IL MIGLIO VI. ED IL VII. 159
opposta della via : ina non si può da verun autorevole documento deter-
minare la sua pertinenza. Con piiì certezza si può stabilire avere il se-
polcro, che succede nello stesso lato, appartenuto a M. Lollio Dioni-
sio, evidentemente della regione Esquilina, ed argentario; poiché leggesi
su di una lapide in marmo, in modo ben conservato: m. lollivs . m. l |
ESQ I DiONTSivs | ARG | vixiT . pivs. Iscrizione assai semplice e che esprime
molto con poche parole. Quindi succedono diverse reliquie di un sepol-
cro costrutto colla pietra tiburtina con ragguardevole buono stile.
SEPOLCRO DI A. L. ILAUA. Nel lato sinistro, quasi d' incontro ai
surriferiti monumenti, esistono reliquie di altri sepolcri, e tra le quali si
distingue una iscrizione divisa in due frammenti, non facili a congiungersi, ed
assai consumata nella superficie in modo da rendere difficile la sua lettura
e scolpita con diversi errori di ortografia. Però può dedursi avere apparte-
nuto ad una certa A. L. Ilara che da viva aveva adornato il monumento in
cui morta fu sepolta ; poiché in uno dei frammenti leggesi : . . . . vs . d.
L. SAL .... A. A. mLARA A. LOGVM . MONVMENTI . SE .... 9. L.
AMICDIO . LIBERTO . SVO, E nell'altro .... IVS .... VLCRVM .... ONAT .
SE . VIRA . SE . ov . . . . MORTVA .... Alcuui frammenti scolpiti in mar-
mo, rinvenuti da vicino, si possono bensì appropriare allo stesso monumen-
to, ma non determinarne la sua decorazione.
GRANDE SEPOLCRO DETTO VOLGARMENTE TORRE SELCE.
Nello stesso lato sinistro si presenta in modo imponente una grande reli-
quia di sepolcro, la quale per essere stata occupata da una torre del me-
dio evo, costrutta in gran parte con selci, acquistò il volgare nome di Torre
selce, che fu anche appropriato al lenimento adiacente in sostituzione del
suo più vetusto vocabolo de Arcionihus derivato dagli archi dell'anzidetto
acquedotto della villa dei Quintilii, che vedesi avere transitato da vicino. A
motivo della suddetta occupazione, che si crede essere accaduta in circa nel
duodecimo secolo, non vennero protratte le ricerche dei cavatori di ma-
teriali molto da vicino al nucleo del monumento ; percui, giungendo con i
grandi sterramenti per scuoprire la via antica avanti alla stessa reliquia,
e facendoli girare nel suo d' intorno, si rinvennero moltissimi grandi massi di
marmo che appartenevano al rivestimento dello stesso sepolcro. Da questi
ritrovamenti si conobbe bensì essere stato il monumento eretto sopra un
basamento quadrato, non di molta altezza, e poscia ridotto a forma roton-
da coronato da una cornice di assai buone sagome : ma poi non si è sco-
perto sin'ora alcun documento con cui si potesse in qualche modo determi-
nare la sua pertinenza. Ponendo mente tanto alla bella e ricca sua deco-
160 VIA APPI A PARTE VII.
razione, che certamente può appropriarsi alla prima epoca dell'impero,
quanto alla grandezza che costituisce un'opera di rinomanza, aveva primie-
ramente pensato che fosse quel sontuoso sepolcro di Licino ricco liberto e
favorito da Augusto , che diede motivo a quel distico attribuito a Vairone
Atacino con cui dicevasi lo stesso Licino giacere in un marmoreo sepolcro,
Catone in un piccolo e Pompeo in nessuno ; donde si chiedeva quali fosse-
ro i numi ? poiché da Marziale nell'accennare che i suoi versi avrebbero du-
rato ancora quando fossero giaciuti al suolo i sassi di Messala ed i marmi
di Licino, sembrava potersi dedurre che i due grandi monumenti ricordati
stassero collocati da vicino. E mentre si è potuto riconoscere nella grande
mole esistente a Casal rotondo quello di Messala , che era effettivamente
costrutto con sassi per essere fatto il principale rivestimento colla pietra
tiburtina, si rendeva poi assai probabile di riconoscere in questo denomina-
to Torre selce, che si trova essere pure di grande mole e costrutto in
marmo, come s' indica in tali memorie, quello di Licino : ma questa ap-
propriazione viene resa insussistente da quella notizia esposta da Cornuto
antico scoliaste di Persio, con cui si accenna essere stato il sepolcro di
Licino posto al secondo miglio della via Salaria (9). Quindi il suddetto
monumento resta ognora tra gì' incogniti, e solo si è fatta menzione della
esposta opinione per indicare nulla essersi omesso per riconoscerne la sua
pertinenza, che non si potrà determinare se non quando, progredendo a
maggior profondità le scavazioni, si potrà rinvenire alcuna iscrizione, ciò
che sembra assai probabile. Pertanto è d'uopo osservare che a lato di es-
so alquanto verso la campagna fu scoperto altro monumento di forma ro-
tonda : ma di assai meno nobile struttura ed edificato in tale posizione al-
lorché la parte anteriore era già stata occupata da varii altri sepolcri.
SEPOLCRO DI UN ATTORE SCENICO GRECO. Nel lato destro
quasi d'incontro al suddetto grande monumento si rinvennero alcuni fram-
menti in marmo di scoltura, evidentemente eseguita nel tempo medio del-
l'impero, e rappresentanti corone di fronde diverse involte con legature e
racchiudenti titoli scritti in caratteri greci, denotanti palesamente alcune
(9) Si veda quanto fu esposto nella precedente nota 3 relativa alle memorie del
sepolcro di Messala Corvino riconosciuto in quello volgarmente denominato Casal ro-
tondo, ove si sono esposti i documenti che concernono l'anzidetto grande sepolcro di
Licino, che stava al secondo miglio della via Salaria, come si dichiara da Cornuto an-
tico scoliaste di Persio nello spiegare il verso 36 della Satira II. Ed anche ivi tro-
vasi riferita la notizia di Marziale relativa alla menzione de due medesimi monumenti
che fu esposta nell'Epig. 3 del Lib. VITI.
TRA IL MIGLIO VI. EP IL MI. 16i
produzioni teatrali che dovettero essere state esposte da un insigne alto-
re scenico greco e premiate con corone di varia specie, di cui due riman-
gono più conservate ed offrono i sejiuenti titoli : cioè nel superiore . . .
EANnOAIN I KmmAOYC e nell'inferiore nOTIOAOYC | RfìMil-
AOYC. ... In altri frammenti di simile decorazione leggonsi le sole let-
tere nella prima linea .... 0IA .... e nell'altra APfl Dove-
vano siffatte scolture adornare la fronte del sepolcro dello stesso attore
scenico di cui s' ignora il nome. È importante però l'osservare che nello
stesso luogo si dichiara dal Grutero coU'autorita del Pighio avere esistito
un sepolcro che conteneva ancora otto di simili titoli racchiusi pure da
eguali corone , in cui si lessero i nomi delle differenti città, nelle quali lo
stesso attore si dovette riprodurre e riportare premii, come eziandio si tro-
va contestato nel codice Borgiano che si attribuisce a Fra Giocondo. Quin-
di da tali documenti si viene a stabilire che i suddetti due titoli, ultima-
mente discoperti, dimostrano avere quell'attore rappresentato commedie
in Napoli ed in Pozzuoli o Dicearchia (10). Inoltre è d'uopo osservare
(10) GP indicati titoli, racchiusi entro corone di varia specie, si trovano riferiti
dal Grulero con la seguente notizia: Via Appia, VII ab Urbe miìiari visuntur in sepul-
cro plures tabulae cum coronis diversis et inscriptionibus. 1. Laurea \ NIKOMHAElAN |
AIA . n ANTON 1 2. Ex Olea \ KYTIKON | KOINHN | KQMQAQN | 3. Hederacea \
nEPPAMON I KI0APQAOI3 ] 4. Laurea \ PDMHN ] TPAFGAOI^ j 5. Ex vioìis \
KYTIKON I KOINHN | TPAriiAQIV \ 6. Ex quatuor ramis coniuncta (olia \ 2MYP-
NAN 1 TPArQAQN | 7. Querna intermixis glandibus \ NIKOMHAElAN ] KI0APQ-
AOri I 8. Rosea intermixtis foìiis \ nEPPAiAION | AIA . IIANTQN. (E schedis Pighii,
Gruterus. Inscript. Pag. MXC. N. \.J Siffatta scoperta trovasi anche contestata da quanto
venne registrato in quel codice cartaceo del secolo decimosesto già Borgiano, ed ora esi-
stente nel collegio di Propaganda Fide, che si attribuisce a Fra Giocondo, come gentil-
mente mi ha partecipato il cav. G. B. De Rossi ; poiché si legge in esso la seguente indi-
cazione : In via Appia mil. VII reperlum fuit sepulchrum ubi erant plures tabulae marmo-
reae, in qtiibus erant sculptae coronae laureae et diversarum frondium infra quas erant scripta
ista nomina tragoedorum, citharedorum et comicorum. Quindi si riportano divisi eziandio
in due colonne i suddetti otto titoli, ma trascritti assai scorrettamente ; percui niun
utile ne può derivare dal riferirli. Però si trova aggiunto in fine il seguente nono titolo
nEPFAMON I AIAIITQN, che, vedendosi pure trascritto con ragguardevole errore, si
deve esso credere essere stata una male intesa variante di quello di Pergamo già esposto ;
percui sempre più si può stabilire essere stati otto soltanto i titoli in allora scoperti. Quin-
di da queste importanti notizie può stabilirsi che 1" ignoto attore scenico aveva ottenuto
corone di premio primieramente di alloro rappresentando a Nicomedia ogni specie di
opere. In secondo una corona di olivo, ottenuta a Cizico in comune per commedie. In
21
162 VIA APPI.V PARTE VII.
che al medesimo monumento doveva appartenere il sarcofago bacellato, di
cui si sono rinvenuti diversi frammenti, ed altresì alcune altre reliquie di
opere decorative scolpite pure in marmo.
SEPOLCRO DI M. GIULIO DISPENSATORE DI T. CLAUDIO
CESAI^E. Dopo alcuni ragguardevoli frammenti figurati scolpiti nella pie-
tra tiburlina, che sussistono nel lato destro di seguito alle surriferite me-
morie e che dovevano appartenere ad un distinto monumento, si rinviene
la seguente iscrizione che, se non esistesse per intero ed incisa con chiarez-
za su di una grande lapide in marmo, farebbe supporre non potersi leg-
gere con facilità : m. ivlio . sp. f. pdetat | epelys . ti. cl aydi . caesari [ avg.
Disp, MATERws . AB | AEDiFicis . voLVNTARis. Pcrciocchè si rinvengono in es-
sa diverse indicazioni che non si possono spiegare altro che col supporre
terzo di edera a Pergamo come citaredo. In quarto di alloro a Roma per tragedie. In
quinto di viole a Cizico in comune per tragedie. In sèsto di quattro rami con foglie a
Smirne per tragedie. In settimo di quercia con ghiande a Nicomedia come citaredo. Ed
in ottavo di rose con foglie a Pergamo per ogni specie di produzioni. Così per i due
enunciati titoli, di recente scoperti, si può aggiungere che egli aveva ottenuto per la
rappresentanza di tragèdie una corona di spiche miste a lauro a Napoli ; giacche si vede
chiaramente mancare la lettera N al titolo superstite . . EANITOAIN. E quindi una
corona di palme per altre tragedie a Pozzuoli; poiché col nome nOTIOAOYC si deve
intendere solo quella città che da Slrabonc e da Stefano Bizantino si dice fondata dai Samii
e denominata primieramente Diccarchia, la quale infatti si trova posta da vicino al-
l'anzidetta città di Napoli; e ciò può servire di documento per defìnire in miglior modo
la giusta corrispondenza della vetusta Dicearchia. Sull'altro frammento d' iscrizione, con-
tenuto in una corona di lauro, per le poche lettere superstiti nulla può determinarsi,
rneutrc solo può credersi nella seconda linea essere stato scritto y.t^AT'Qoo'.;, ma non il
nome delle città, che doveva leggersi nella prima linea. Però, considerando che questi
ultimi ritrovamenti dovettero costituire altri otto titoli disposti come quei precedente-
mente rinvenuti, si può stabilire che insieme fossero sedici distribuiti in quattro colon-
ne, le quali dovevano essere collocate in adornamento della fronte del sepolcro. Se mi fosse
stato dato di potere conoscere in quale luogo sieno state trasportate le indicate pri-
me otto corone, si sarebbero potute unire le anzidette due ultimamente discoperte:
ma per quante ricerche si sieno fatte non se ne poterono rinvenire memorie; quindi
è da credere che sieno state distrutte. Le sole più simili opere, che sussistano, sono
quelle corone che esistono nel secondo ripartimento a destra del lungo corridore
delle lapidi del museo Valicano, le quali però si conoscono chiaramente essere di epo-
ca alquanto posteriore, ed essere state destinate ad altro uso di quello anzidetto; poi-
ché si vedono scolpite particolarmente per rappresentare alcune corone civiche delle
città dell'Asia minore, tra le quali comprendevansi Efeso, Antiochia, e Sardi.
TRA IL MIGLIO VI. ED IL VII. 163
essere stata scolpita non troppo esattamente (11). Limitandoci ad osser-
vare quanto concerne la decorazione del monumento, si reputa meritare con-
siderazione un frammento di cornice, che ad esso può credersi avere ap-
partenuto; perciocché bene si presta a confermare quanto solevasi eseguire
nell'epoca di Claudio, a cui apparteneva il suddetto suo dispensatore.
SEPOLCRO DI TIZLV EUCARIDE. Nel lato sinistro si presentano,
quasi d' incontro al suddetto monumento, ragguardevoli frammenti di scol-
tura in marmo, tra i quali si distingue un torzo di una statua panneggia-
ta con diversi pezzi di cornice, e quindi la seguente lapide che doveva es-
sere posta sulla fronte del sepolcro a cui appartenevano le dette scoUure:
TiTu . L. L. EvcHARis | ivLiA . c. L. GNOME , soROR. Di seguito SÌ rinviene
una Statua togata scolpita in alto rilievo, che doveva servire di decora-
zione evidentemente allo stesso o ad altro simile monumento.
SEPOLCRO DI G. ATILIO EVODO MARGARITARIO DELLA
VIA SACRA. Seguendo il cammino lungo la via , nella stessa parte sinistra
si rinviene la seguente grande lapide, che è di qualche importanza non
solamente per la indicazione a sinistra, come infatti sussisteva il monumento,
e per il modo singolare con cui è scritta, ma pure per la notizia che vie-
ne esposta sul luogo, in cui G. Atilio Evodo teneva la sua bottega di mar-
garitario, cioè negoziante di piccoli oggetti ornamentali delle donne; poi-
ché si denota avere corrisposto nella via Sacra che era la più frequenta-
ta della città e già cognita per altre simili memorie:
HOSPES . RESISTE . ET . HOC . AD . GR\'M\'M . AD • LAEVAM . ASPICE . VBEI
CONTINENTVR . OSSA . HO>nxiS . BONI . mSERIGORDIS . AMANTIS
PAVPERIS . ROGO . TE . \1AT0R . MONVMENTO . H\1C . ML . MALE . FECERIS
G. ATEILIVS . SERRANI . L. EVHODVS . MARGARITARFVS . DE . SACRA
VIA . IN . HOC . MON'\'MENTO . CONDITVS . EST . MATOR . VALE
EX . TESTAMENTO . IN . HOC . M0N"\TMENTO . N"EMINEM . INFERRI . ^EQ\E
condì . LICET . MSEI . EOS . LIB. QVIBVS . HOC . TESTAMENTO . DEDI . TRIBVIQVE
(11) Le varie singolarità, che si presentano nella surriferita iscrizione, darebbero
motivo ad altrettante osservazioni filologiche se lo scopo prefisso lo concedesse. Quin-
di ci limiteremo ad osservare che dal Muratori si riferisce una iscrizione di altro M.
Giulio dispensatore dello stesso T. Claudio Cesare : m. ivlio . m. f ] fboxto ] tj. clav-
DI . CAESARIS I AVG. GERMANICI | DISPENSATORI | LENTIAfTN'S. (InSCrtpt. fUg. CMVIT. N. S.J
Ed alla pag. DCCCLXXXIII si riferiscono diverse osservazioni sulla qualità di dispen-
satore. Alla singolare indicazione, ab aedipcis vohintaris, non si può appropriare altra
spiegazione che quella di credere essersi voluto denotare con essa alcuni cdifizj di per-
tinenza libera da potersi disporre a propria volontà; ed inoltre tale spiegazione richie-
164 VIA APPIA PARTE VII.
Forse allo stesso monumento, volendosi indicare la qualità di negoziante del
medesimo margaritario, doveva appartenere il caduceo scolpito in marmo
che si rinvenne da vicino alla stessa lapide (12).
ALTRI SEPOLCRI DEL LATO SINISTRO. Di seguito all'anzidetto
sepolcro sussistono reliquie di altri monumenti di non minor nobiltà di
decorazione. E primieramente è meritevole di considerazione un leone
scolpito nella pietra albana che doveva appartenere alla decorazione di
un vetusto e nobile sepolcro, di cui rimangono solamente tracce del ba-
samento. Quindi succede un bassorilievo in marmo rappresentante tre
effigie diverse, che doveva essere posto nella fronte di altro monumento
egualmente nobile, ma costrutto in epoca assai posteriore a quella in cui
fu ediflcato l'anzidetto monumento. Però nel luogo stesso si rinvenne la
seguente altra iscrizione che denota pertinenze famigliari evidentemente
espresse nelle suddette effigie : d. m. Evimcm . pos | forvs . et . »u [
TRONA . FILI . PA | TRI . B. M. F. C.
SEPOLCRO DI P. DECUMIO FILOMUSO. Nella stessa parte de-
stra si rinviene di seguito una grande lapide, in cui trovasi scritto: p. de-
cvMivs . M. p. V. L I pmLOMvsvs | Mt)s. Sembra essersi voluto dichiarare con
tale semplice iscrizione non essere stato Filomuso amante delle Muse ,
come verrebbe denotato dal medesimo nome, ma dei sorci : e per meglio
palesare questa sua distinzione si fece scolpire nei lati del vocabolo mùs
due effigie di sorci. Quindi è anche da considerarsi l'accento posto sulla
lettera ù dello stesso vocabolo, per vieppiù dichiararne la espressione.
Inoltre nel luogo medesimo si rinvenne un frammento di una grande iscri-
zione, in cui leggesi ripetutamente soltanto e. an che doveva ap-
partenere ad altro maggiore monumento.
(lercbbe che il nome Maternus fosse stato posto in vece di qualche vocabolo che corri-
spondesse a tale indicazione, come sarebbe quello materarius o materinus: ma su di ciò
nulla può stabilirsi di preciso.
(12) Oltre alle indicate particolarità, espresse nella suddetta lapide, è da osser-
vare pure quella del vocabolo grìimum per denotare un sepolcro evidentemente forma-
to a guisa di tumulo. Quindi è da osservare che si hanno diverse altre memorie di ne-
gozianti di eguali generi che stanzionavano nella via Sacra, tra le quali si distingue
quella di un certo Zmaragdo: e. fvfio zmaragdo | margaritario de | sacra via (Rei-
nesio. CI. XI. N. IW.) Ed altra di certa Marcia Severa che aggiungeva alla qualità di
margaritaria quella di auraria: marcia . t. f. severa | avraria . et . margaritaria [
DE . VIA . sacra .... (Orelli. N. 4148.) Diverse altre memorie di eguali negozianti
si hanno nelle antiche lapidi, ma essi avevano soggiorno in altre vie della città.
TRA IL MIGLIO VI. ED IL VII. 16.T
SEPOLCRO DI C. CEDICIO FLACCEIMO TRIBLNO MILITA-
RE. Unicamente da quanto si può dedurre da due cippi terminali che
rimangono ancora in opera nel luogo anzidetto e che non potevano ap-
partenere al sepolcro del suddetto Filomuso, ma bensì ad altro distinto
sepolcro di cui ne prescrivevano i hmiti , si può stabilire che esisteva un
monumento eretto da C. Cedicio Flacceiano tribuno militare ; poiché leg-
gesi in uno di essi per la metà mancante: e. caed | fal .
FL I TR. MIL 1 LNGENV | PATRO . . .
I LiBERT I MCAS | E nell'altro nel suo
intero si trova scritto: e. caedicivs . e. f. fal | flacceiajnts | in . fr. ped.
xux I IN . AGR. PED. XX, Quiudi è da credere che il torzo di statua, rap-
presentante un guerriero, che si è rinvenuto da vicino al luogo determinato
dagli stessi cippi , appartenesse alla decorazione del sepolcro che ivi stava
eretto. Il monumento però, in seguito delle misure prescritte, non era molto
grande e forse neppure nobilmente decorato. Ad esso sembra inoltre che
abbia appartenuto un frammento d'iscrizione in cui si legge: v. l. vestia-
Rivs I Aws, senza però nuUaltro sapere di preciso.
MONUMENTO ADORNATO CON TELAMONI. Nel lato sinistro
fra alcune reliquie di un monumento, che si vide dilatarsi alquanto verso
la campagna, si sono rinvenuti diversi frammenti di cornici scolpite in
marmo, con una figura rappresentante un Telamone assai simile a quelle
che esistono nella sala principale delle piccole terme di Pompei; e per-
ciò doveva essa con altre eguali essere impiegata in modo consimile nella
decorazione di tale monumento sostenendo alcuna cornice, di cui pure se
ne sono rinvenuti frammenti. Laonde doveva essere il medesimo monu-
mento nobilmente decorato ed uno dei più cospicui di tale luogo; ma
non rimane alcuna memoria per conoscerne la sua pertinenza, e si può
credere solamente essere eretto nel primo secolo dell'impero. Di seguito si
trovano altri frammenti di ragguardevole interessamento , ma di epoca più
vetusta di quella anzidetta; poiché si vedono avere appartenuto ad un
monumento interamente costrutto con la pietra albana, il quale trovasi
però assai distrutto ed in modo da non poterne nulla determinare sulla sua
forma e decorazione. Però sono sempre importanti le reUquie che si hanno
di simili opere, perchè servono a contestare vieppiù il genere di decorazione
impiegato primieramente dai romani ; giacché é dalle stesse rehquie che qua-
si solo si vengono in modo più ampio e palese a conoscere, mentre in ogni
altro genere di fabbriche si sono quasi per intero perdute le tracce di siniih
opere di decorazione architettonica, e sono esse di minore importanza.
166 VIA APPIA PARTE VII.
SEPOLCRO DEL LATO DESTRO. Riprendendo il cammino lungo
il Itilo destro, si rinvengono altre reliquie di sepolcri dell'epoca imperiale.
tra le quali si distinguono alcuni piccoli titoli che sembrano però non
avere appartenuto alle persone che fecero costruire gli stessi sepolcri,
ma dovevano avere destinazioni secondarie. In uno leggesi: d. m 1 m.
Do I
VLPIVS . M. F I VLPI.AE . MARTHI | COMVGI | BENEMERENTI | FECIT . ET . SIBl.
E nell'altro interrottamenle : pedica | arieno |
VE Quindi è che da queste poche notizie nulla di
preciso può dedursi.
SECONDO USTRINO. Trovandosi di seguito, sempre a destra, mol-
tissimi massi di pietra albana lavorati in mezzo tondo in modo da servire
di cimasa ad una cinta, come precisamente venne praticato nelle mura
che cingevano il grande ustrino esistente da vicino al quinto migho, si
può stabihre con molta probabilità esservi stato in tale luogo un secondo
ustrino, il quale doveva supplire ai necessari bisogni quando laltro era
occupato da abbruciamenti , come spesso doveva accadere per la molti-
plicità dei corpi che si ardevano, e le cui reliquie venivano collocate nel
gran numero di sepolcri che esistevano lungo questa via. Ma benché sus-
sistano avanzi di diversi muri, che si estendono nel medesimo lato destro
in ragguardevole ampio spazio, pure non si può con sicurezza determi-
narne la pertinenza al detto ustrino; il quale, non avendo evidentemente
tanta ampiezza quanto quella del precedente, è da credere che non si
sia ancora per intero discoperto. Avanti ad esso, come eziandio era pra-
ticato nel precedente, doveva esistere un ragguardevole grande sepolcro;
giacché, tra le indicate rehquie di pietra albana, si rinvennero pure di-
versi frammenti di corniciamenti in marmo che dovevano appartenere ad
alcun nobile monumento.
PIEGATURA DELLA VIA. In modo piiì distinto di quanto si vide
essersi praticato in vicinanza del quinto miglio, si trova la via nell ap-
prossimarsi al termine del sesto migho piegare a destra e con apparente
motivo locale; poiché succede nel suolo un avvallamento, che avrebbe
reso il piano inclinato alquanto sensibile, se si fosse continuato sulla me-
desima direzione della via in generale stabilita. Forse nel suo stabilimento
e nei tempi antichi, che vi succedettero più da vicino, era la via in ta-
le luogo pure continuata sullo stesso rettilineo, e veniva sostenuta sopra
grandi opere di sostruzione per prolungare il piano inclinato, come si può
dedurre da alcune reliquie di tali opere che sussistono ancora nel basso
del lato sinistro: ma è ben palese che tale deviazione era già praticata
TRA IL MIGLIO VI. ED IL VII. 167
sino dal tempo medio dell'impero romano; giacché sussistono tracce del
suolo antico che sogue la stessa piegatura , come ancora vedonsi reliquie
di sepolcri della medesima epoca che corrispondono nei lati incurvati.
Quindi è da credere che. venendo a rovinare le anzidette opere di so-
struzione, per supplire prontamente all'urgenza del trapasso, si sia prati-
cata tale deviazione, che si vede portata nel lato destro al ridosso di
alcuni massi naturali di selci che nel primo stabilimento della via sem-
brano essere stati ricoperti dall'anzidetto rialzamento del suolo. E quindi
opportuna questa circostanza per far menzione di quanto venne esposto sul-
le più antiche e grandi opere che fecero i romani nello stabilimento delle lo-
ro vie in modo che in questa specie di opere, come in quelle della condotta
delle acque, avevano superato ogni altra nazione ; giacche se le indicate ope-
re di sostruzione per sostenere il rettilineo di questa parte della via non ven-
nero eseguite nel tempo che fu da Appio Claudio stabilita la via slessa, è da
credere che fossero state fatte da Cajo Gracco non molto tempo dopo. Im-
perocché si trova particolarmente narrato da Plutarco che questo insigne
uomo attese con sommo studio a fondare ed acconciare le vie avendo riguar-
do in pari tempo all'utilità ed anche alla eleganza ed alla loro bellezza ; e
così furono condotte per le sue cure le vie in linea retta ; ed una parte di
esse venne lastricata con pietre lavorate, e l'altra stretta da un doppio agge-
re di ghiaja. Quindi avendo egh riempiuti i luoghi avvallati, ed uniti col
mezzo di ponti quelli in cui i torrenti o le valli profonde facevano impedi-
mento, adeguando in altezza paralella e l'uno e l'altro lato, aveva soddisfatto
al bisogno stradale con piana e bella apparenza pertutto (13). Infatti se non
si trova specificata in tale notizia la via Appia, vedesi assai bene però con-
cordare quanto occorreva farsi per conservare la linea retta propria di questa
via, e sembra anzi dichiarato essersi le indicate opere eseguite allorché le
vie già erano state stabilite, come infatti era avvenuto dell'Appia. Quindi si
può determinare che nella medesima occasione fosse stata condotta pure in
Hnea retta la suddetta parte di strada 5 e poscia rovinando le opere di sostru-
zione sia stata praticata la sussistente curvatura sino dal tempo dell' impero
(13) 'Eg7:cv§x7z Se iiÀlicza. r.c^ì r^v c^onoiiccj, -r,; ra yozia: à^j."/. v.tti tov npi?
X.óipiv y-olì -kÓùIoz kniijAriBiì;. Eù3c7«j yàp ifysvrs Sfa tììv /.«ptcav àxpii}.€iì' vm zi (xvj
ii-ópTJZO Tìizpoc ^z(JTr„ rè 8' atJ.txov yptxa'jt suvvazTc'ì; Irjyxvsyrc;. n!a-).x/Jt£Vflov oi tÌv
y.cila'j, y.xt CvjyjvijJya-j y-zvpxi:, 'iua. yiiixuòòoiod'iio'nro'j, rj^apccf/e;, lid/o; Tc twv ìy.x-
TÉp'jiBi'j ì'joyy.yj -y.occ}}:/i'/.ov Ixixficcji'jza'j; ò\J.cdr,'i y.xì y.xìrj'^ o']/VJ ù/i òì ólov tè ìp'jo-j.
(Plutarco, in C. Gracco, e. l.J
168 VIA APPIA PARTE MI.
romano. lu fine è d'uopo osservare in conferma deirapplicazione della sud-
delta notizia, che già in modo assai probabile si è potuta essa appropriare ad
altra simile parte della via Appia, quale era quella che dal basso della valle
dell'Aricia saliva sul circostante colle in modo di avere bisogno di grandi
opere di sostruzione, che ancora si conservano in gran parte, per mantenere
la linea retta per quanto più si poteva (14-).
SEPOLCRI NEL LATO DESTRO DELLA DISCESA. Nell'indicata
deviazione del rettilineo, discendendo nella valle , si trovano sussistere a
destra diverse reliquie di sepolcri dell'epoca media dell impero, che, men-
tre servono a contestare la sussistenza di tale piegatura presso gli antichi,
dimostrano poi esservi stati eretti nobili monumenti; poiché si rinvennero
tra quelle reliquie diversi frammenti di marmi lavorati appartenenti alla
decorazione di essi, e particolarmente due statue togate alquanto più gran-
di del vero e scolpite in alto rilievo in modo da essere collocate nella
fronte di alcuno dei medesimi monumenti. Si rinvennero inoltre alcuni
busti con le loro teste ed anche frammenti d' iscrizioni : ma tali ritro-
vamenti sono insufficenti per dare alcuna idea della pertinenza dei mede-
simi monumenti. Inoltre nella parte bassa della via si rinvenne un cippo
alquanto ben conservato , che dimostra avere fatto parte di altro ragguar-
devole monumento sepolcrale : ma eziandio non ha offerto alcuna memoria
per servire di documento e farne conoscere la sua pertinenza.
SEPOLCRI DEL LATO SINISTRO DELLA STESSA DISCESA.
Nella parte opposta della stessa deviazione in discesa si sono rinvenute al-
tre ragguardevoli reliquie di monumenti dell'epoca imperiale, che servono
a contestare sempre più l'antica sussistenza di tale deviazione. Si distin-
gue tra gli stessi ritrovamenti una statua muliebre che dovette avere ser-
vito a decorare la fronte di uno dei medesimi sepolcri, che da diversi
frammenti di altre simili opere si conosce che erano essi nobilmente de-
corati. In uno dei medesimi sepolcri si è rinvenuto un frammento d' iscri-
zione con alcune altre reliquie di decorazione che ne contestano la maggiore
nobiltà sugli altri che stavano eretti nelle stesse adiacenze. Quindi da que-
sti stessi ritrovamenti, benché di ragguardevole importanza per l'arte, si
può dedurre solo che lungo il termine della parte della via, ora impre-
sa a descrivere, esistevano sepolcri nobilmente decorati.
[14) Sulle indicate grandi opere di sostruzione della via Appia, che si conserva-
no nella valle Aricia, si veda quanto fu da me esposto nel Tom. IX degli Annali di
Corrispondenza Archeologica, Anno 1837. Pag. 50 e segg.
OTTAVA PARTE
TRA IL SETTIMO E L'OTTAVO MIGLIO
COLONNA DEL MIGLIO SETTIMO. Seguendo sempre la enun-
ciata diligente operazione, si è conosciuto avere la colonna del settimo
miglio corrisposto al termine dell'indicata discesa, ove, per non essersi
trovato da vicino alcun monumento , se n' è registralo il numero nella ma-
cerie. In tale luogo si dovette rinvenire quella colonna che, coU'autorità
precipuamente del Corradino, dicesi scoperta lungo la via Appia e che
porta precisamente il distintivo del miglio MI posto sopra ad una iscri-
zione dell'imperatore Vespasiano del tutto simile a quella esistente nella
colonna del miglio I precedentemente descritta. E quindi per servire d'in-
significante simile destinazione fu collocata, come l'anzidetta, per ornamento
della balaustrata della piazza Capitolina, ed anche ciò in modo più pregiu-
dichevole per non essersene conservata memoria sul luogo del ritrova-
mento ; percui si venne pure a dubitare della sua antica autenticità (l).
SEPOLCRO DEL VASO DI ALABASTRO. Il più importante mo-
numento, che si rinvenga dopo il luogo, in cui doveva esistere l'anzidetta
colonna milliaria, è quello che sussiste nel lato sinistro, che si trova ora
ridotto ad un informe masso d'interna struttura, nel quale però fu ritro-
vato un vaso di alabastro egiziano assai ben conservato e che meritò di
(1) Il Corradino nel Tom. II Pag. 168 della sua opera intitolata: Vetus Latinm
■profanimi et sacnnn, espose la notizia sul ritrovamento della colonna del settimo mi-
glio lungo la via Appia, delia quale ne riporta la seguente iscrizione: vii | imp. cae-
SAR ] V'ESPASIANVS . AVG [ PONTIF. MAX [ TRIB. POTEST. VII [ IMP. XVII. PP | CENSOR |
COS. VII. DESIGN. Vili. Dal Muratori poi, indicandola esistente in vicinanza della chie-
sa di s. Andrea delle Fratte e pubblicata dal Doni, vi aggiunge la iscrizione di Nerva
in modo precisamente simile a quanto si trova praticato nella colonna del primo mi-
glio, già presa a considerare, flnscript. Pag. CDXLVI. N- 'i.J Questa seconda iscrizione
è espressa nel seguente modo: imp. nerva . caes | avg. font, max | trib. potest. x |
COS. IH I pater . PATRIAE | REFECiT. Ed è cgualo a quella delle colonne milliarie
XLIII, XLIV, XLV e XLVI che furono rinvenute nella parte della via Appia che
traversa l'agro Pontino. Infatti in tal modo si trova sussistere la iscrizione che leggesi
sulla colonna, distinta con il numero del miglio VII, che fu posta nella estremità set-
tentrionale della balaustrata che chiude la fronte della piazza Capitolina.
22
170 VIA APPI A PARTE Vili.
essere collocalo nel museo Vaticano, ove ammirasi situato sopra la co-
lonna di alabastro fiorilo rinvenuta ullimaniente negli sterramenti della
basilica Giulia al foro romano. Nulla poi si è potuto conoscere intorno
la decorazione e forma precisa del monumento stesso; e soltanto da un
frammento d'iscrizione sombra potersi dedurre avere appartenuto ad una
persona che aveva alcuna attribuzione sacerdotale. A lato di esso si scuo-
prirono altre reliquie di sepolcri, ma anche maggiormente spogliati.
SEPOLCRI DIVERSI DEL LATO DESTRO. Quasi d intorno alle
anzidette reliquie se ne trovano pure in maggior numero altre che si protrag-
gono in una ragguardevole estensione del lato destro: ma da esse nulla
può dedursi meritevole di considerazione; giacche sono spogliate di qua-
lunque loro decorazione ed anche ridotte al paro del suolo.
ESSEDRA DI RIPOSO. A qualche distanza nel lato sinistro s'in-
contra una ragguardevole reliquia disposta in forma di essedra semicirco-
lare adornata con alcune nicchie fatte per contenere statue, la quale sembra
essere stata destinata a servire di riposo ai viandanti, come se ne hanno
altri simili esempj lungo le altre vie, e come era stato praticato avanti
all'anzidetto grande monumento di Cotta a Casal rotondo. Però questo
luogo era in miglior modo adornato ed anche custodito dalle pioggie e
dal sole colla fabbrica che lo circondava ed anche cuoprivalo superiormente.
Dei suoi ornamenti nulla ci venne conservato, e né alcuna memoria si
ebbe sul suo edificatore: ma dal genere di struttura, impiegato nelle mura
superstiti, può credersi costrutto nell'epoca media dell'impero, ed eviden-
temente allorché fu da Vespasiano e da Nerva ristabilita la via Appia e
vennero rinnovate le colonne milliarie, come si trova dichiarato dalle due
lapidi anzidette che ci furono conservate.
SEPOLCRO DI OPERA LATERIZIA. Sempre nel lato sinistro s'in-
contra di seguito altra ragguardevole rehquia sufficentemente conservata
che rappresenta un monumento sepolcrale costrutto interamente coH'ope-
ra laterizia e decorato con una grande nicchia, che doveva contenere
la statua della persona in esso sepolta, e nei lati vi corrispondevano due
colonne di eguale struttura laterizia ed incassate entro la fronte del mo-
numento, le quali sono interamente rovinate. Però, esistendo ad un mi-
glio più avanti altro similissimo sepolcro ed anche più conservato, nel
prenderlo successivamente a considerare, si potrà meglio determinare la in-
tera sua decorazione. Vuoisi credere che siffatti sepolcri sieno della pri-
ma epoca imperiale : ma l'opera laterizia , impiegata con alquanto minore
precisione che in altri diversi monumenti che esistono lungo la stessa via
TRA IL MIGLIO VII. E l' Vili. 171
Appia, porla a crederli non essere di tanta antichità. D'altronde un piccolo
frammento della statua panneggiata, rinvenuto da vicino, che evidentemente
doveva appartenere a quella che stava posta nella grande nicchia anzidetta,
serve a confermare la stessa circostanza.
SEPOLCRI DIVERSI DEL LATO DESTRO. Di assai maggiore
antichità si riconosce essere slato un sepolcro che stava collocato nel la-
to destro quasi d'incontro al suddetto, il quale vedesi essere slato inte-
ramente formato con la pietra albana e decorato con buono stile, come
apparisce da un grande pulvino che ancora si conserva nel luogo stesso.
Quindi succede altra ragguardevole memoria appartenente però ad un
sepolcro di minore antichità ; perchè consiste in un frammento di cor-
nice in marmo dell'epoca media dell'impero. Dalla seguente iscrizione,
rinvenuta tra le stesse reliquie, può stabilirsi essere stato in esso sepolto
un certo C. Baberio col suo fìgho Zosimo Lupo: ma non può avere ad
essi interamente appartenuto il monumento; poiché la lapide, che con-
tiene la stessa iscrizione, essendo di piccole dimensioni, non poteva con-
venire alla decorazione principale di tale ragguardevole opera: C. e. ba-
BERIS I ZOSIMO . LVPO | VIX. ANN. XXII | BABERIA | SOTTERIS I MARITO . ET . F.
Di maggiore importanza doveva essere la iscrizione che si è rinvenuta
di seguito scolpita su di una lapide liburtina, e che doveva appartenere
ad altro piiì vetusto monumento; ma disgraziatamente se n'è rinvenuta la
sola metà in cui si legge: me . iac | in . loco |
SPES .ET I MAOISTE | BIS . FVN |
PATRIMO I MAGNA | GLARIOR |
PVLCHRl I SVMPTI | OPVS . FABRICI |
TOssiA . L. F. Si sono rinvenuti poi frammenti diversi tanto in pietra albana
che nella liburtina ed in marmo, che bensì distintamente si possono per la
materia appropriare ai suddetti tre sepolcri, ma poi non sono sufficenti da
determinare la loro intera architettura.
SEPOLCRO DEL LATO SINISTRO DI Q. PLALZIO. Nelloppo-
sto lato sinistro, quasi d'incontro alle surriferite memorie, si rinvenne
una grande lapide infranta in diversi pezzi in modo da non potersi fa-
cilmente congiungere. Nella prima linea si legge la indicazione filivs con
alcuna attribuzione mihtare, nella seconda milit ... ed altre attribuzioni fa-
migliari nelle successive senza potere in niun modo definire alcun nome pro-
prio. In altra lapide minore, rinvenuta nel luogo stesso, leggesi però il nome
di 0- Plauzio : Q. PLAVTivs con quella di altre persone che dovettero par-
tecipare allo stabilimento del monumento, al quale oggetto era determinata
172 VIA APPIA P.4ÌITE Vili.
alcuna prescrizione sotto il titolo: in . hoc . montment che
scorgesi in fine. Quindi sulla piìi chiara indicazione del suddetto nome,
benché non fosse relativo alla principale pertinenza del monumento, si è
esso distinto col titolo di Q. Plauzio. Da quanto si è rinvenuto tra le sue
reliquie può stabiUrsi, con qualche probabilità, che sia stato eretto in circa
nell'epoca media dell'impero.
GRANDE MONUMENTO DEL LATO DESTRO. Si presenta di
seguito in luogo eminente nel lato destro una reliquia di struttura inter-
na di un monumento di ragguardevole vastità terminato in tondo ed infe-
riormente di forma quadrata: ma per essere spogliato di qualunque sua
decorazione, e per non essersi rinvenuta tra le sue reliquie alcuna memo-
ria meritevole di considerazione, non si è potuto nulla su di esso deter-
minare. Si ritrovò però essersi fatto in tempi posteriori transitare lateral-
mente ad esso una qualche via trasversale.
SEPOLCRO DI M. POMPEO MAGGIORE SCRIRA DEI QUE-
STORI. Successivamente nel medesimo lato destro si rinviene una grande
lapide in cui leggesi : m. poimpeivs . m. f | mai | sor. q. che devesi eviden-
temente interpretare per avere appartenuto a M. Pompeo ^laggiore scri-
ba dei questori. Null'altro poi si è rinvenuto per potere in alcun modo de-
terminare la forma e decorazione del suo monumento.
SEPOLCRO DI CORNELIA SALVIA. Dopo di avere osservato un
frammento di cornice in marmo, appartenente ad un piccolo monumento
di forma rotonda di buona scoltura, si rinviene una iscrizione scolpita in
pietra tiburlina , in cui leggesi : Cornelia . m. et . o. l. salvia | liberteis .
LiBERTABvs | ET . FAMiLiAE. Dovcva il monumento di questa Cornelia Salvia
appartenere ad un'epoca forse corrispondente ai primi anni dell'impero,
ma senza potei'e ciò contestare con altri segni oltre quei dedotti dal modo
con cui venne scritta la iscrizione medesima e dalla pietra con cui fu es-
sa scolpita.
SEPOLCRI DEL LATO SINISTRO. Nel lato opposto si presentano
diversi frammenti di scoltura figurata, che dimostrano esservi stato un
monumento adornato nobilmente ed edificato verso l'epoca imperiale de-
gh Antonini senza poterne però precisare la sua pertinenza. Tra le me-
desime rehquie si distingue una statua panneggiata di buono stile man-
cante della sola testa, e due terzi di statue marmoree con alcuni fram-
menti di cornici ed un piedestallo. Successivamente nella stessa parte
della via si sono rinvenute altre reliquie di sepolcri di più vetusta edifi-
cazione per essere stati formati interamente con la pietra albana e con
TRA IL MIGLIO VII. E l' Vili. 1T.3
artifizio proprio dell'epoca repubblicana. Tra le stesse reliquie si distin-
gue un grande pulvino ed un basamento adornato con buone sagome.
GRMDE SEPOLCRO ROTONDO. Nel lato destro si offre alla
considerazione dell osservatore una imponente reliquia di un sepolcro ro-
tondo di molla vastità ed adornato esteriormente con opere scolpite nella
pietra albana secondo la più vetusta maniera. Ma, nel mentre che tutto
si presenta a contestare siffatta vetusta memoria, non si rinvengono poi
notizie di veruna specie per potere dedurre, anche per lontane deriva-
zioni, quale sia stata la sua destinazione e pertinenza, che pure doveva
essere di ragguardevole considerazione in riguardo di sì grande mole. Però
è da sperare che, scavandosi più profondamente nel suo d' intorno, sarà
dato di potere rinvenire alcuna importante memoria, che possa supplire
a quanto si desidera.
ATRIO DI SILVANO CON EDICOLA DI ERCOLE. Avvicinandosi
verso il luogo, in cui doveva sussistere la colonna dell'ottavo miglio, si
presentano diversi rocchi di colonne formate colla pietra albana ed ancora
sussistenti al proprio luogo, che servono a dimostrare avere esse compo-
sto un atrio quadrangolare con cinque intercolunnii per ogni lato. Si deve
siffatta conservazione appropriare all'esservi stata nel luogo medesimo stabi-
lita una casa rurale nel medio evo, alla quale servirono di principale strut-
tura le stesse reliquie di colonne con le mura che racchiudevano l'atrio da
esse formato. Ritrovandosi il medesimo monumento corrispondere in vi-
cinanza dell'ottavo miglio della via Appia, si volle riconoscervi la sussi-
stenza di quel tempio di Ercole che si dice da Marziale avere Domiziano
edificato in tale posizione ad Ercole stesso rappresentato colla di lui ef-
figie 5 ed a ciò contestare si sono offerte in appoggio diverse particola-
rità e ritrovamenti, che possono bensì presentare alcuna considerazione
per l'adiacente località, ma non mai per il preciso superstite monumento.
D'altronde considerando il genere di architettura, impiegato nelle indicate
colonne , che chiaramente appartiene al dorico greco solito a porsi in uso
solo nel tempo medio della repubblica romana, e che anzi devesi in tali
reliquie considerarvi uno dei più conservati esempj che ci sieno stati tra-
mandati sul medesimo genere di architettura, si viene ad escludere la per-
tinenza a qualunque opera edificata nel tempo di Domiziano, quale do-
veva essere l'anzidetto tempio di Ercole celebrato da Marziale. Quindi si
è rinvenuta altra più importante memoria, la quale ha servito per far
conoscere essere stato quel luogo propriamente consacrato al dio Silvano ;
poiché in una vetusta ara , fatta colla medesima pietra albana delle co-
174 VIA APPIA PARTE Vili.
lonne anzidette ed evidentemente nel tempo medesimo, che fu rinvenuta
nel mezzo del lato dell'atrio corrispondente d' incontro all' ingresso, si potè
leggere nella prima linea, nonostante il suo stato di estrema corruzione,
SILVANO sacrvm; e nell'ultima volens ed evidentemente propùms, come si
trova espresso in altre simili dediche. Nelle linee intermedie doveva es-
sere slato scritto il nome della persona che ne fece la consacrazione con
la indicazione dei suoi titoli e forse anche del consolato in cui avvenne:
ma disgraziatamente non sono rimaste altro che alcune incerte lettere da
offrire intelligibile solo la terminazione . . . vs nella seconda linea. Ciò
nonostante da quanto si è conservato si può determinare che tale luogo
era decisamente sacro a Silvano e che fu stabilito in circa nel tempo
medio della repubblica romana precipuamente per servire di trattenimen-
to ai passaggieri lungo la via Appia, ed anche evidentemente per sommi-
nistrare loro alcun benefizio; poiché si è eziandio riconosciuto esservi slato
scavato un pozzo nel masso naturale del suolo per attingervi acqua fre-
sca. Ma nulladimeno non si può escluderne decisamente la pertinenza ad
Ercole ; giacché si conosce essere stato spesso praticato il suo culto in co-
mune con quello di Silvano; e quindi entro lo stesso atrio è da credere
che vi fosse pure una edicola sacra ad Ercole, come di seguito si dimo-
stra. Intorno all'atrio poi ed appoggiato al muro di cinta , di cui riman-
gono reHquie costrutte coll'opera reticolare propria della slessa epoca, do-
vevano evidentemente esistere banchi da sedere al medesimo uso desti-
nati. Lo stesso spazio di circuito doveva essere coperto da un lacunare
che era sorretto dalle colonne e che evidentemente era del tutto compo-
sto con architravi e tavolati di legno secondo le pratiche piìi vetuste e
proprie degli etruschi, dai quali i romani trassero le primitive loro prati-
che nel costruire le fabbriche ai diversi usi destinate. Così si conosce es-
sersi fatto effettivamente quell'atrio a somighanza di quei che comunemente
si stabihvano nelle case e che erano denominati toscanici. Ma però tale atrio
doveva essere adornato con maggior numero di colonne a guisa di quei
denominati corinlii ed essere interamente coperto dal tetto avente solo nel
mezzo una apertura per dare luce a guisa di quei denominati testudinati (2).
(2) Cava aedium quinque ycneribus sunt distincta, quorum ita ftgurac nominantur:
Tuscaniciim, Corinthium, Tetrastylon, Displuviatum, Tesludinalum. Tuscanica sunt, in quibus
trabes in atrii latitudine traiectae habcant interpensiva et collicias ab anguìis parielum ad
angulos tignorum intercurrentes, item asseribus stillicidiorum in medium comphwium deie-
ctis. In Corinthiis iisdem rationibus trabes et comphivia rollocantur. sed a parietibus tra-
TRA IL MIGLIO VH. E l' Vili. 175
Tale era il luogo che, nonostante la sua vetustà e la sua non graiido-
mente stabile struttura, ci venne conservato, e che può meritare conside-
razione per la stessa sua importante destinazione e nel tempo stesso la sua
singolare architettura.
TEMPIO DI ERCOLE ERETTO DA DOMIZIANO. Il sontuoso tem-
pio, edificato da Domiziano ad Ercole all'ottavo migHo della via Appia, do-
veva essere stato collocato a lato dell'anzidetto atrio di Silvano. Ed a con-
testare siffatta posizione è primieramente opportuno l'osservare che le
stesse due dignità solevano effettivamente avere in comune il culto, come
può dedursi da varie memorie anche relative a luoghi non discosti da
quello preso a considerare (3). Quindi è che si rende giusto lo stabilire la
anzidetta collocazione del tempio di Ercole in prossimità del luogo sacro
a Silvano. E forse quanto si accenna da Marziale sulla edicola del pic-
colo Ercole, che si trovava lungo la via Appia dopo di avere oltrepassato
il campo sacro degli Orazj, si deve evidentemente appropriare a quel me-
desimo luogo; poiché si distingue da esso col titolo di fano, cioè un pic-
colo edifizio sacro formato a guisa di edicola che benissimo poteva esse-
re collocato nel detto atrio di Silvano. Il nuovo tempio poi , che fu eret-
to da Domiziano all'ottavo miglio lungo la stessa via, si dice da Marziale
stabilito ove già veneravasi con grandi olocausti il maggiore Alcide, che
divenne minore in seguito di essersi eretto lo stesso tempio di Domiziano, in
bes recedentes in circuitione circa columnas compomintiir. (Vitruvio. Lib. VI. e. S.J Si ve-
da per la migliore dimostrazione di tali atrii il Gap. XFV della Sez. Ili della mia grande
opera suU' Architettura Antica. Quindi in particolare sui ritrovamenti , fatti di recente nel
luogo occupato dal monumento, è da osservare che si rinvennero diverse opere di terra
cotta che sono evidentemente di epoca assai posteriore a quella in cui fu stabilito il pri-
mo edi6zio. E tra esse devonsi annoverare i bolli dei mattoni dei tempi imperiali, ed in
specie uno col titolo m. c^^lTI stetra sin"ora incognito, se però non è lo stesso di quello
riferito dal Muratori, Pag. CDXCVI. N. 11. in cui si legge, e. marci . mistr forse per va-
rietà d' interpretazione.
(3) En. Qu. Visconti (Museo Pio Clement. Tom. VII. Teec. X-J prese in modo più ampio
a dimostrare essere slato spesso dagli antichi romani venerato in comune Ercole e Silva-
no; e ciò egli lo prova in particolare con una iscrizione del museo Borgia pubblicata nei Mo-
numenti Gabini Parte III Iscrizioni, nella quale si attribuisce ad Ercole il nome di Silvano.
E similmente dal Fabretti fDe aquis et aqueductibits. Pag. 92.^ Ma poi in diverse iscri-
zioni leggesi unito il nome di Ercole con quello di Silvano che si trovano in particolare
nella raccolta del Grutero, Pag. XLU \. 4, 5 e 6 e Pag. LXII N. 8. Dal Fea ^Varietà di
Notizie. Voi. I Pag. CXI! venne esposta una iscrizione di dedicai a Silvano che si asseri-
sce rinvenuta precisamente lungo la via Appia.
176 VIA APPI A P.ARTE Vili.
cui era stata collocata una grande statua rappresentante il medesimo im-
peratore sotto la effigie di Ercole, che il poeta prese ampiamente a lodare
in due epigrammi (4). E quindi, maggiormente adulando tale nuova divinità,
prende egli eziandio a farne il confronto con quanto si riferiva all'antico
Ercole; ciò che sembra sempre più dimostrare essersi, anche dopo la edi-
ficazione della nuova opera, pure conservata la indicata edicola di vetusto
stabilimento. Inoltre lo stesso poeta conferma la posizione del nuovo tem-
pio , all'ottavo miglio della via Appia, indicandolo collocato a sei miglia di-
stante dall'arce Albana, cioè quella parte del colle Albano che venne oc-
cupata dalla grande villa di Domiziano, e che corrisponde nelle adiacenze
del luogo in cui ora esiste la città di Albano, ove rimangono grandi reli-
quie di un castro che si poteva considerare precisamente come un'arce;
poiché tale posizione, trovandosi corrispondere in circa a quattordici miglia
da Roma lungo la via Appia, veniva ad essere infatti sei miglia disco-
sta dall'ottava lapide ove esisteva il medesimo nuovo tempio (5). Quindi
in seguito di queste considerazioni può stabihrsi che nel medesimo luogo
(4) Marziale, descrivendo il viaggio che faceva Basso lungo la via Appia per andare
al suo podere collocato al di là dell'ottavo miglio, così faceva menzione della detta edicola
del piccolo Ercole :
Capena grandi porta qua pluit gutta,
Phrijgiaeque Malris Almo qua lavai ferrum,
Horatiorum qua viret sacer campus.
Et qua pusilli fervei Herculis fanum,
Faustine, piena Eassus ibal in rheda
Omnes beati copias trahcns ruris.
(Marziale. Lib. III. Epig. 47.J
(5) Dallo stesso Marziale primieramente si dichiara nel seguente epigramma tanto la
edificazione del nuovo tempio sacro a Domiziano sotto le effigie di Ercole da egli eretto
lun"o la via Appia all'ottavo miglio, quanto la sussistenza nel luogo stesso del culto al
vetusto medesimo nume:
Herculis in magni vullus descendere Caesar
Dignatus Latiae dal nova tempia viae,
Qua Triviae nemorosa petit dum regna vialor,
Octavum domina marmar ab Urbe legit.
Ante colcbatur l'Otis, et sanguine largo;
Maiorcm Alciden mine minor ipse colit.
Hunc magnas rogai alter opes, rogai alter honores;
Eli securus vota minora facit.
(Marziale. Lib. IX. Epig. 60.7
TRA IL MIGLIO VII. E l' Vili. 177
mentre vi era stato edificato da Domiziano un sontuoso tempio con una sta-
tua dello stesso imperatore sotto la effigie di Ercole, sussisteva poi una edi-
cola, di vetusto stabilimento con una qualche piccola statua rappresentante
il vero nume, che si doveva venerare in comune da tempi antichi con Sil-
vano nell'anzidetto atrio. Il tempio edificato da Domiziano, dovendo trovarsi
nel luogo stesso, è da credere che fosse collocato nel lato settentrionale del
medesimo atrio, ove rimane un'ampia area, non occupata da monumenti se-
polcrali lungo la via che offre ora una specie di avvallamento per essere sta-
ta scavata con cura negli ultimi secoli trascorsi onde prevalersi di tutte le
pietre e dei marmi che componevano lo stesso edifizio, in modo tale che fu
lasciato soltanto un masso di sostruzione di opera cementizia, che non offriva
alcun utile il demolirlo e che doveva evidentemente appartenere alla parte
posteriore del tempio, su cui era innalzata la grande statua del nume. Infatti
nello stesso luogo si rinvengono ancora alcuni piccoli frammenti di marmi
diversi, che sono i residui di quei maggiori massi che furono estratti e tra-
sportati altrove per essere impiegati in opere moderne, come si fece di molti
altri insigni monumenti della stessa via Appia. Ed a contestare la medesima
situazione, per il tempio di Domiziano, servono ancora le notizie, che si han-
no in particolare dal Fabretti, sui ritrovamenti ivi fatti di alcuni bolH di mat-
toni che si riferiscono all'epoca del medesimo imperatore (6). Si è soltanto
Successivamente nell'epigramma seguente (Lib. IX. 66j espone diverse notizie sulla me-
desima statua di Domiziano sotto la effigie di Ercole che non offrono nulla d'importante
allo scopo nostro. Quindi in un altro epigramma, facendo di nuovo menzione delle due di-
stinte divinità, che si adoravano lungo la via Appia, dimostra essere stato collocato il tem-
pio dell'Alcide maggiore a sei miglia distante dall'arce Albana, ove era la grande villa di
Domiziano :
Appia quam simili venerandiis in Herculc Caesar
Consecrat, Ausoniae maxima fama viae.
Si cupis Alcidae cognoscere facta prioris.
Disce:
Haec minor Alcides: maior qttae gesserit, audi,
Sextus ab Albana quem colit arce lapis.
f Marziale. Lib. IX. Epig. 102.;
(6) Sembra che al tempo del Fabretti, cioè incirca al fine del secolo decimo ot-
tavo, si fossero precisamente eseguiti diversi scavi nel luogo occupato dall'anzidetto tem-
pio di Ercole eretto da Domiziano ; poiché da esso trovasi registrato, ex tempio Domi-
tiani in via Appia Lap. Vili, e riportato il seguente bollo di mattoni: opvs doliar ex
23
178 VLV APPIA PARTE Vili.
sulla indicata distinzione dei due differenti edifizj, non mai sin'ora conside-
rala, che si può spiegare la varietà dei diversi ritrovamenti ; mentre il vo-
lere limitare ad un solo edifizio tutto ciò che venne esposto sul culto di Er-
cole venerato all'ottavo miglio, come sin'ora comunemente si è creduto, por-
la ad incontrare grandi difficoltà che non mai si possono concordare preci-
puamente per la varietà dei generi di architettura che furono distintamente
impiegati nelle due epoche, in cui si dovettero edificare i due distinti lempj.
Quindi è che conviene per necessità credere esser\i stato nel luogo stesso
un vetusto edifizio eretto con l'architettura dorica propria dei tempi medii
della repubblica, ed un altro edificato con quella ricca decorazione con cui
furono erette tulle le fabbriche nel tempo che Domiziano reggeva l'impero
romano. Quanto poi concerne la più probabile architettura dei medesimi
distinti due edifizj sarà più opportunamente dimostrato con quella degli altri
monumenti della parte della via presa ad illustrare.
PRAED DD NN ] EX FIG DOMiTiANis MINOR. (FahrcUi. Inscript. Pag. 514, N. 199.) Quindi
in seguilo degli indicati autorevoli documenti non può credersi essere stata relativa al
medesimo tempio quella piccola ara di pietra albana che si asserisce dal Rev. Padre
Ranghiasci f Album, foglio N. 38, dell'anno XVIII, 1851^ rinvenuta nei confini del ter-
ritorio di Marino e che era relativa ad un sacello sacro a Semonc Sanco, come si di-
chiara da quanto in essa si legge, phileros | ex . decreto . xxx. virvm ] sacellvm .
CEMONi I sanco . SVA . PECVNiA . FECiT ; pcrchò nò la situazione, né la detta attribu-
zione, hanno alcuna corrispondenza con quanto concerne il medesimo tempio di Er-
cole eretto da Domiziano. Potrebbe forse più opportunamente appropriarsi a questo tem-
pio di Ercole, edificato da Domiziano, Tara colla effigie in un lato dello stesso nume e col
titolo nERCVLi MVSARVM PYTuvs c ncl lato opposto GENIO, ed entro due corone ripetuta-
mente scritto voTis PVBLicis, che si riporta dal Boissardo ncl Tom. IV. Tav. 130 delle
sue Antichità Romane, e che si dice esistere ancora al suo tempo nella via Appia, se ne
fosse stato con qualche maggiore precisione indicato il luogo della sua sussistenza, e se si
potesse air Ercole venerato in tale tempio appropriare la specialità di Musagete, come
s'indica nel surriferito titolo, ciò che non si trova indicato in alcune delle notizie che
ci furono tramandate. Laonde forse meglio lo stesso monumento è da credere che potes-
se convenire a quella statua di Ercole che era posta nell'accesso alla villa dei Quintilii
già presa ad indicare; perchè da vicino si sono rinvenute infatti diverse figure di Muse,
le quali eziandio si sono descritte : ma di tutto ciò non si può con precisione nulla deter-
minare e contestare con autorevoli documenti, e né anche con memorie precise sul luogo
del ritrovamento del medesimo monumento.
NONA PARTE
TRA L'OTTWO ED IL NONO MIGLIO
COLONNA DELL'OTTAVO MIGLIO. Mancando sempre di alcuna
precisa notizia sulle colonne, che erano collocate lungo la via Appia per de-
notare le miglia, si è continuato a supplirvi con quanto venne determinato
dalla spesso menzionata diligente operazione; e la enunciata colonna dell'ot-
tavo miglio si è conosciuto essersi dovuta trovare a metri 55 dopo il centro
delle colonne componenti il lato meridionale del già descritto atrio di Silva-
no o primitivo piccolo tempio di Ercole. Ed è in seguito di questa stessa
corrispondenza che si venne a contestare tutto ciò che si riferisce tanto al
medesimo più antico edifizio quanto a quello eretto di nuovo da Domiziano
precisamente all'ottavo miglio distante dalla porta Capena ed a sei miglia
dalla villa Albana del medesimo imperatore. Quindi è opportuno l'osservare
che questa stessa posizione si trova essere rinomata, anche in antecedenza
allo stabilimento della via Appia, in seguito di quanto venne esposto in par-
ticolare da Livio sulla ribelhone dell'esercito che ebbe luogo nella Campania
nell'anno 413 in modo tale che esso, dopo di avere indotto Tito Quinzio a
prenderne il comando, si portò con ordine a otto miglia distante dalla città
per la via che poscia venne denominata Appia (1). Forse in memoria di que-
sta incursione, che fu trattenuta dal dittatore M. Valerio Corvo, è da crede-
re che abbia avuto origine lo stabilimento dell'anzidetto luogo sacro all'an-
tico Ercole, come evidentemente in simil modo è da credere che abbia
avuto principio quel castro, che occupa la parte superiore della città di Al-
bano, da quello che venne fissato dal medesimo esercito di sediziosi ai piedi
del colle di Alba-Lunga prima di recarsi all'indicato luogo, come può dedursi
da quanto venne dallo stesso storico esposto (2).
(1) Imperator (T. Quintius) extemplo adveniens appellatus ; insigniaque honoris exter-
rilo subitae rei miraculo deferutit, el ad Lrbem ducere iubent. Suo magis inde impelli, guani
Consilio ducis, convulsis signis, infesto agmine ad lapidem octavum viae, quae mine Appia
est, perveniunt. (Xivio. Lib. VII. e. 39.J
(2) lam valida admodum numero maniis erat; nec quidquam ad insti exercilus formam,
praeter ducem deerat; in compositi itaque praedantes in agrum Albamim perveniunt, et sub
iugo Albae Lungae castra vallo cingimi. (Livio. Lib. VII. e. 39.^
180 VI A APPIA PARTE IX,
VILLA DI BASSO. Marziale dopo di avere dimostrato come Basso,
uscendo dalla porta Capena e percorrendo la via Appia dopo di avere oltre-
passalo il sacro campo degli Orazj e l'edicola del minor Ercole, come fu già
accennato, si dirigeva verso la sua villa, che doveva trovarsi da vicino alla
medesima edicola, osservava egli che portava con se dalla città i frutti che
avrebbe dovuto trovare alla campagna. Quindi, dopo di avere fatto il confronto
con la deliziosa villa di Faustino a Baja, faceva conoscere la sterilità dell'an-
zidetta villa di Basso, dalla di cui torre si vedevano solamente lauri ; ed era
egli perciò costretto di trasportare tutto l'occorrente al vitto dalla città, in
modo tale che più di villa si doveva appropriare ad essa il nome di una casa
lontana (3). Se infatti all'indicata poca fertililà corrisponde quella del suolo
situato nelle adiacenze del luogo, occupato dall'anzidetta colonna dell'ottavo
miglio, non si trovano poi sicure memorie per determinare con precisione
r area occupata da tale villa ; percui conviene contentarsi di averne ricor-
data la sua particolare condizione.
VILLA DI PEBSIO. Parimenti, quantunque venga precisato da quell'au-
tore antico che scrisse la vita di Persio, essere questo insigne poeta morto
all'ottavo miglio della via Appia in alcuni suoi predii, ed avere avuto in
conseguenza il suo sepolcro evidentemente lungo la stessa via da vicino alla
colonna del medesimo miglio secondo le consuetudini proprie degli antichi (4)5
(3) Quanto si riferisce all' indicata posizione della villa di Basso si trova esposto
nel già citato epigramma 47 del Libro III. Nei seguenti versi dell" epigramma 58 dello
stesso libro si descrivono le successive altre notizie:
At tu sub Urbe possides fameni mundam.
Et turre sub alta prospicis mcras laurus,
Furem Priapo non timcnte securus.
Et vinitorem forre pascis urbano,
Pictamque portas otiostis ad villam
Olus, ova, pullos, poma, caseum, mustum.
Rus hoc vocari debet, an domus longe ?
(4) Aulus Persius Flaccus Natus in Etruria Volaterris eques ro-
Mwnus sanguine et aflinitate primi ordinis viris coniunctus ; decessit ad octaviim milliarium via
Appia in praediis suis Reliquit circa hs vicies et mairi et sorori; scri-
ptis tamen ad matrem codicillis, rogavit cani, ut darei Cornuto sestertia, ut quidam dicunt, cen-
tum ; ut ala volimi, argenti [adi pondo vigìnli et libros circa septingentos, sive bibliolhecam
omnem. Queste notizie si rinvengono nella vita di Persio che si attribuisce a Svetonio o
meglio all'antico suo scoliaste cognito col nome Cornuto, non però l'amico dello stesso
Persio, ma alcun altro egualmente denominato che visse in tempi assai posteriori.
TRA IL MIGLIO MII. ED IL IX. I(SI
pure non si hanno alcune memorie precise per determinare tanto la si-
tuazione dei detti predii quanto quella del sepolcro suo benché fosse re-
putato avere posseduto ragguardevoli ricchezze Però avendo riguardo alla
notizia, esposta dal medesimo scrittore della vita di Persio, ch'egli era nato
a Volterra città dell'Etruria, la quale era celebre per i suoi monumenti se-
polcrali coperti con tumuli secondo il metodo comunemente tenuto dagli an-
tichi etruschi, si sarebbe indotto a riconoscere per suo sepolcro quello gran-
de che esiste nel lato settentrionale dell'anzidetto edifizio sacro ad Ercole
ed a Silvano, che è precisamente formato in tal modo, se si fosse rinvenuta
alcuna memoria che potesse darne qualche indizio, e se non presentasse
tracce di una più vetusta costruzione : ma nulla di autorevole si è potuto
rinvenire né nelle memorie tramandate dagU antichi scrittori, né in quelle
dedotte dalle scoperte fatte ultimamente. D'altronde nella surriferita notizia,
non essendosi specialmente fatta menzione del sepolcro, ma solamente es-
sere egli morto nei suoi predii, è da credere che il monumento, in cui
egli dovette essere sepolto, non fosse un'opera sì ragguardevole come quel-
la che viene indicata dalla suddetta reliquia. Così tanto sulla collocazione
precisa della villa di Persio, quanto su quella del suo sepolcro, nulla di pre-
ciso può determinarsi.
SEPOLCRO DI Q. CASSIO APPALTATORE DI MARMI. La me-
moria pili importante, che si è rinvenuta dopo il luogo riconosciuto essere
stato occupato dalla colonna dell'ottavo miglio, è un frammento d'iscrizione
scolpito su di una grande lapide di marmo, in cui leggesi : q. . cassi . c. . . .
.... I ARTENAE 1 REDEMPTORIS . MAR Dal qualo
documento può dedursi esser\i stato nel luogo stesso alcuna memoria se-
polcrale di Q. Cassio redentore, cioè appaltatore dei marmi che in grande
copia si solevano dai romani in tempo dell impero dedurre dalle più lontane
regioni ; e per tale attribuzione doveva il medesimo suo sepolcro essere ador-
nato con marmi scelti, come infatti apparisce dalle reliquie superstiti.
SEPOLCRO GRANDE NEL LATO DESTRO. Succedono nel me-
desimo lato destro reliquie di mura, che si stendono in modo ragguardevole
lungo la via e che dovevano servire a racchiudere sepolcri diversi di comu-
ne struttura e di comune pertinenza ; e perciò nessuna ragguardevole impor-
tanza possono offrire le stesse reliquie. Però alquanto più distante si rinvie-
ne una rovina di un grande sepolcro di forma inferiormente quadrata e su-
periormente rotonda e costrutto con la pietra albana in tempo evidentemen-
te alquanto vetusto, che si potrebbe eziandio credere essere stato quello di
Persio anzidetto se si fossero avute più precise notizie di quelle riferite:
182 VIA APPU PARTE IX.
ma nulla eziandio si è sin'ora discoperto che possa servire ad offrire alcuna
nozione sicura. Quindi si dovrà comprendere nel novero di quei moltis-
simi altri sepolcri che non se ne può in alcun modo determinare la per-
tinenza.
SEPOLCRO DI Q. VERRAXIO. Nel lato sinistro, dopo alcune reli-
quie di sepolcri di assai incerta pertinenza e forma ed anche di fabbriche
varie poste alquanto distanti dalla via , si presenta quel sepolcro che vedesi
costrutto colla stessa opera laterizia e colla stessa forma e decorazione di
quello già indicato che esiste un miglio circa prima: ma però in questo sus-
siste ancora una delle colonne, pure fatta coll'opera laterizia, che adornava-
no la sua fronte e che erano incassate sui lati della grande nicchia incavata
nel mezzo superiore. Questo monumento per la sua conservazione , che è
dovuta unicamente alla indicata qualità di struttura da non poterne ritrarre
alcun ragguardevole utile, ha meritato speciale considerazione non dal La-
bacco, come fu creduto, ma dal Santi Bartoli che lo comprese nella sua rac-
colta degli antichi sepolcri. E siccome vedesi in tale memoria dichiarato ap-
partenere a Q. Verranio ; così si volle attribuire a quel distinto personaggio
di egual nome che si rese ben noto nei primi anni dell'era volgare e che fu
console nell'anno 802 di Roma. Ma conoscendosi in particolare da Tacito
che egli morì nell'anno Sii nella Britannia, non si può convenire in tale ap-
propriazione ; né poi per la piccolezza e per la poco nobile sua struttura sem-
bra essere proprio ad un tal personaggio consolare (5). Quindi queste osser-
vazioni portano a stabilire, che se effettivamente tale sepolcro appartenne ad
un Q. Verranio, si deve credere essere stato proprio di altro personaggio di
tal nome meno insigne, che visse in tempi posteriori a quello attribuito al-
l'anzidetto uomo consolare, ed avere posseduto minori dovizie.
(5) Nella Tav. 42 della Raccolta degli antichi sepolcri del Santi Bartoli in una ta-
voletta appoggiata incontro alla veduta dell'anzidetto sepolcro leggesi monmuentvm q. \-er-
RANi IN VIA APPiA, e ciò SÌ ripete nella breve spiegazione che venne esposta sulle medesi-
me Tavole : ma donde si sia dedotta tale notizia non viene in nessun modo dichiarato, né
dal medesimo autore, né da altre memorie. Si conosce bensì dal Grutero una iscrizione di
Q. Veranio Farnace, il quale aveva eretto un sepolcro a Verania Tauraasta, ma si dice rin-
venuta lungo la via Labicana. ("Grutero, Inscript. Pag. MXLVII N. l.J Fu il Nibby che cre-
dette di riconoscere in tale monumento il sepolcro di quel Q. Verranio che fu console
nell'anno 802: ma senza poterne addurre valide prove. ^Analisi. Tom. III. Pug. òóS.J La
morte del medesimo personaggio, avvenuta nella Britannia, è dichiarata da Tacito. fAnn.
Lib. XIV. e. 29 e Vita di Agricola, e. IL) E questa circostanza esclude la indicata appro-
priazione, o almeno la rende assai poco probabile.
TRA IL MIGLIO Vili. ED IL IX. 183
GRANDE SEPOLCRO ROTONDO DETTO IL TORRACCIO. Si
presenta di seguito, alquanto distante dalla via nel medesimo lato sinistro, un
grande monumento che ancora conservasi quasi per intero nella parte inter-
na in modo da lasciare ancora la sua cella coperta con volta e con quattro
grandi incavamenti da servire tuttora di ricovero rurale. Esso viene volgar-
mente denominato Torraccio o Palombaro dalle palombe, o colombe selvati-
che, che vi si annidano sopra, col quale nome si distinse poscia il tenimento,
in cui si trova, che si stende primieramente a sinistra e di seguito anche a de-
stra della via Appia. Quale sia stata la prima destinazione di questo mo-
numento non si può ora ben determinare, benché apparisca avere servito
di sepolcro per alcun ragguardevole personaggio dell'ultima epoca dell'impe-
ro, in cui vedesi essere stato costrutto ; percui si volle in esso riconoscere
quel sepolcro di Galheno, nel quale fu sepolto Severo, secondo la notizia espo-
sta da Aureho Vittore, che stava al nono miglio della via Appia : ma né la
posizione, né la struttura di tale monumento, si reputa potere soddisfare a
tale appropriazione 5 mentre si trova meglio in ciò convenire l'altro grande
monumento che esiste nel lato destro da vicino al detto miglio e che di
seguito si prende a descrivere. Quindi le più certe notizie, che si possono ad
esso attribuire, sono quelle che si rinvengono in alcune memorie del decimo
secolo, dalle quali si conosce esservi stata una chiesa dedicata a s. Maria,
più da vicino all'ottavo miglio che al nono, e separata dal casale denomi-
nato il Palombaro, a cui vicino stava il monumento con una cripta, nel qua-
le devesi riconoscere quello stesso che sussiste. Ed è importante l'osservare
in tali memorie la indicazione delle migUa ottavo e nono, che dovevasi ri-
ferire alle colonne antiche che ancora si conservavano ; poiché effettivamente
tale monumento si trova corrispondere nel modo stesso lungo la via che
viene determinato dalla sistemazione stabiUta (6).
(6) Le anzideUe memorie si trovano raccolte nel Tom. I degli annali Camaldolesi,
e si riferiscono all'anno 954. In esse leggesi: Casale nno in integro qui appellalur Palum-
bario cum fontana sua aqnae vivae cum Ecclesia deserta in honore S. Mariae Dei
Genitricis cum monumento suo quod est crypta rolunda posito foris portam Appiam
milliario ab urbe Roma plus minus octavo tei nono. Il Nibby prese primieramente a coVisi-
derare le stesse memorie nella descrizione del tenimento del Palombaro nel Tom. II Pag.
535 della sua opera intitolata Analisi storico-topografico-anliqiiaria della Carta dei d'intorni
di Roma. Tanto il medesimo monumento, quanto l'anzidetto laterizio, fu esposto in una ve-
duta dell'opera di L. Rossini intitolata Viaggio pittoresco da Roma a Napoli, ove insieme si
espongono nella Tav. XXn denominandoli di Pisone Liciniano e della famiglia Cornelia
senza riferire alcuna autorità.
184 VIA APPU PARTE IX.
RELIQUIE DI SEPOLCRI DEL LATO DESTRO. Diverse reliquie
di sepolcri si rinvengono nel lato destro dopo di avere oltrepassato l'anzi-
detto grande nionuniento, tra le quali si distinguono quelle di un sepolcro
costrutto interamente coll'opera laterizia, che meritano considerazione per la
grande cura impiegata in tale apparecchio di struttura, benché ora il monu-
mento sussista conservato solo poco al di sopra del suolo. Merita anche di
essere osservata una specie di grande sarcofago formato colla pietra albana
con molta semplicità, il quale doveva per se stesso costituire un piccolo mo-
numento sepolcrale delle epoche più remote. Inoltre è degno di considera-
zione un frammento in marmo di un sopraornato scolpito con molta singola-
rità di forma ed in modo da presentare alcun finimento decorato con novità.
Così tre generi di struttura si rinvengono impiegati nei detti monumenti, e
dovevano essi offrire perciò altrettanti varii metodi di decorazione. Di seguito
fu scoperto un cippo sepolcrale in marmo di nessuna importanza ; e quindi si
presenta una ragguardevole reliquia di un sepolcro di forma rotonda ed al-
quanto grande, ma interamente spogliato di tutti i suoi ornamenti e senza
che nulla si sia rinvenuto per determinare la sua pertinenza. Poscia alcune
basi di colonna ed altri frammenti monumentali, scolpiti nel marmo con un
sarcofago bacellato ed alcuni pulvini , dimostrano esservi stato un sepolcro
distinto e decorato nobilmente. E se si dovesse dedurre dalla grandezza
delle lettere ino superstiti di una iscrizione,
che ivi pure si è discoperta , si dovrebbe credere avervi esistito uno dei piiì
grandi sepolcri che si conoscano; perchè esse sorpassano quelle di ogni altra
iscrizione che si sia rinvenuta lungo la via Appia : ma però le reliquie an-
zidette fanno conoscere non avere potuto esistere altro che un monumento di
comuni dimensioni; e forse dovevano quelle lettere denotare alcun nome
degli Antonini ed avere probabilmente appartenuto ad alcuna persona addet-
ta a qualcuno dei principi distinti con tale nome. Seguitano alcune altre
reliquie di sepolcri nel medesimo lato destro, che servono bensì a dimostra-
re avervi esistito molti simili monumenti, ma sono esse poi ridotte a minore
interessamento per ogni riguardo.
RELIQUIE DI SEPOLCRI DEL LATO SINISTRO. Nell'opposto
lato di seguito al grande monumento del Torraccio sussistono alcune reli-
quie di monumenti diversi ed anche di alcune fabbriche private che si dila-
tano a qualche distanza dalla via: ma tutte ridotte in modo da non potere
più nulla di preciso determinare, né sulla forma e decorazione delle opere
stesse, né sulla loro pertinenza. Merita però considerazione un masso rove-
sciato della struttura interna di un sepolcro comune ; perchè dimostra il mo-
TRA IL MIGLIO Vili. ED IL IX. 185
do con cui venivano chiuse nella parte superiore le celle a forma quadran-
golare e non di molta ampiezza. Ed è importante l'osservare sul medesimo
metodo di copertura interna, che con esso si trova essersi conservato quel ve-
tusto uso di costruire le simili coperture interamente composte con pietre
squadrate, di cui se ne hanno diversi esempj nelle opere più antiche, mentre
nelle indicate strutture d'imitazione veniva impiegata l'opera cementizia. Se-
guono nello stesso lato della via diverse altre reliquie di sepolcri, ma rese
assai più spogliate da qualunque loro decorazione ed in modo da offrire più
nulla che sia meritevole di qualche considerazione. Solamente si rinvengono
frammenti di pietre e marmi scolpiti che non si possono con sicurezza deter-
minare a quale delle rehquie dei sepolcri discoperti abbiano appartenuto.
Servono esse però sempre a contestare la frequenza dei monumenti sepol-
crali che continuava a sussistere lungo la via.
SEPOLCRO DI GALLIENO. Avvicinandosi al termine dell'enunciato
nono partimento ed al luogo, in cui si è conosciuto avere sussistito la co-
lonna del miglio IX, si presenta nel Iato destro una reliquia di un gran-
de monumento costrutto coll'opera laterizia in forma quasi rotonda, che si
comprende nella parte meridionale del lenimento del Palombaro. Nelle
adiacenze di tale reliquia si rinvengono frammenti di grandi colonne e pi-
lastri scannellati con basi e capitelli corintii di marmo, che dimostrano es-
sere stato il monumento stesso nobilmente decorato ed essersi esso eret-
to negh ultimi tempi dell'impero romano. In seguito di tale coincidenza di
epoca e di posizione in vicinanza del nono miglio, si deve riconoscere con
molta probabiUta in tale monumento quel sepolcro di GaUieno che si dice
da Sesto Aurelio Vittore aver servito per riporre le rehquie di Severo Ce-
sare morto alla stazione denominata Tre taberne posta lungo la parte della
via Appia che traversava l'agro Pontino; poiché effettivamente si denota
essere stato collocato a nove miglia distante dalla città lungo la stessa via
Appia (7). Però questa notizia si trova essere soggetta a ragguardevoli incer-
tezze tanto relativamente al sepolcro di Gallieno lungo la via Appia, giacché
i due principi dell'impero, che si conoscono essersi più propriamente distinti
con tal nome, l'uno morì in Lombardia vicino a Milano, e dell'altro, deno-
minato anche Salonino, nulla si conosce sulla sua morte ; quanto al luogo
iti cui venne a morire Severo, poiché si dice in alcune memorie morto a
7) Severus ab Herculio Maximiano Romae ad Tres Tahernas exslinguitur ; funusque
eius Gallieni sepukro infertur, quod ab Urbe abest per Appiani miìlibu^ novem. (Sesto Aure-
lio Viitorc. Epil. e. XL.y
24
186 VIA APPIA PARTE IX,
Ravenna ed in altre al terzo miglio della via Latina (8). Ma quando si con-
sidera che Gallieno, anche caduto estinto lungi da Roma, avesse potuto ri-
cevere gli onori funebri in questa città in seguito di essere stato dichiarato
Divo, e che Severo più comunemente si dice bensì vinto a Ravenna ma
morto vicino a Roma, si può credere vera la notizia anzidetta esposta da
Sesto Aurelio Vittore; perchè è quella che fu di più particolarizzata. A que-
ste circostanze si aggiunge la specialità di trovarsi l'indicato monumento
corrispondere per la qualità della sua struttura all'epoca stessa di Gallieno,
ed offre precisamente un'opera considerevole e degna di un tal principe del-
l' impero , come pure si trova essa convenire assai bene all' indicata desti-
nazione. Lo stesso monumento poi si conosce aver avuto internamente una
cella sepolcrale nel mezzo capace da contenere più di un distinto depo-
sito, ed esternamente essere stato decorato con colonne e pilastri corintii.
come pure con alcune statue collocate nelle nicchie. Tutte siffatte partico-
larità, che non si rinvengono in nessun altra reliquia esistente in taU adia-
cenze della via Appia, servono di valevole documento per convalidare sempre
più la corrispondenza in tale monumento del sepolcro di Gallieno.
VILLA DI GALLIENO. Dietro all'anzidetto grande monumento si tro-
vano sussistere diverse reliquie di mura , appartenenti ad una vasta e no-
bile fabbrica , che si stendono in ampio spazio verso la campagna nel me-
si La morte di Gallieno, accaduta vicino a Milano è dichiarata da Trebellio Pollio-
ne nella vita dei due Gallieni e. li. E così da Sesto Aurelio Vittore (De Caesar.etEpit. e. 33.
E da Eutropio. fLib. IX. e. 8.J Da questo storico però si accenna che Gallieno ebbe dopo
la sua morte grandi onori dal senato, e fu appellato Divo ; percui può credersi che sia stato
il suo cadavere trasportato in Roma e sepolto nel detto monumento; giacché si pose pure
una sua statua aurea in Campidoglio : Gallienus interea, fraude Aureoli ducis sui, Medioìani
rum fratrc Valeriana occisus est Et diviis appeììatus est. Senatus ingenti eum
honore decoravit; scilicet ut in curia clypeits ipsi aureus, item in Capitolio statua aurea pone-
retur. (Eutropio, Hist. Lib. IX. e. 8.J Per riguardo a Severo è d'uopo osservare che, men-
tre nella citata notizia di Sesto Aurelio Vittore si dice morto alla stazione dell'Appia
detta Tre tabernc, si denota poi nella vita dei Cesari morto a Ravenna fDe Caesar. e. 40.'
E così da Eutropio: Severus fugiens Ravennae inlerfectus est. filisi. Lib. X. e. 2.J Nel catalo-
go Viennese degl' imperatori romani, pubblicato dall' Eccardo, si dice morto al terzo mi-
glio della via Latina : Severtis imp ipse se interfecit via Latina milìiario III. Però
da Zosimo venne meglio spiegato il modo come avvenne la morte di Severo alla stazione
dell'Appia detta Tre taberne per le insidie tramate da Massenzio (Lib. II. e. 10.' Onde
può ritenersi per esatta la notizia anzidetta esposta nell' Epitome storico che si attribuisce
a Sesto Aurelio Vittore.
TRA IL MIGLIO Vili. ED IL n. 187
desimo Iato destro della via. La corrispondenza di tale fabbrica in vicinan-
za del luogo, in cui doveva trovarsi la colonna del nono miglio, ci porta
a riconoscere esservi stata in essa praticata quella mutazione di cavalli della
via Appia, che si trova registrata nell'itinerario Gerosolimitano col titolo
al Nono e che soltanto dopo l'impero di Costantino si dovette stabilire, come di
seguito si prende meglio a considerare. La indicata fabbrica si conosce chia-
ramente essere stata costrutta in epoca alquanto più antica, ed evidente-
mente in circa al tempo dell'impero di Gallieno; percui si trova con ciò po-
tersi sempre piti confermare la sussistenza in detto luogo del sepolcro di
tale imperatore ; giacché era uso degli antichi romani di stabilire i loro se-
polcri nei limiti di alcun loro podere. Quindi, connestando luna notizia col-
l'altra , può credersi con molta probabilità che la indicata fabbrica apparte-
nesse a Gallieno, o proveniente per eredità di suo padre Valeriano o sta-
bilita da egli stesso per servire ai suoi piacevoli trattenimenti, ai quali soleva
darsi di continuo, come venne ampiamente descritto da Trebellio Pollione in
fine della sua vita. Ma non devesi però tale delizia confondere con quella co-
stituita da quegli orti, distinti col suo nome, in cui aveva uso di recarsi con tutti
gH ufficiali palatini, come eziandio si descrive dal medesimo bibhografo ;
perchè tali orti si sono dimostrati nella mia Indicazione topografica di Roma
antica essere stati collocati sull'E^quilino. Così si trova anche ragione della
sussistenza del sepolcro di Gallieno in tale luogo, quantunque egli sia morto
vicino a Milano ; poiché é da credere che fosse stato edificato ancora lui vi-
vente, come fecero altri principi dell'impero. Parimenti nel modo stesso, che
si praticò da altri principi, si dovette tale villa adornarsi con opere insigni di
scoltura prese da altri piìi antichi edifizj ; poiché in alcuni scavi, fatti nell'an-
no 1792 dal pittore scozzese Gavino Hamilton, si rinvenne un edifizio roton-
do con statue negl'intercolunnj , tra le quah si doveva comprendere quella
del Discopolo del museo Vaticano che fu descritta da Ennio Quirino Vi-
sconti (9). Siffatta opera, non potendo mai convenientemente appropriarsi
(9) Dal Riccj nella sua opera sull'antico l'ago Lemonio, pubblicata in Roma uellan-
110 1802 alla nota 1 della pagina 122, si trova registrata la seguente importante notizia ; « Il
pittore inglese Hamilton scoprì all'ottavo miglio un tempio rotondo già sostenuto da co-
lonne , ed ebbe la fortuna di trovarvi intere le statue che stavano negl' intercolunnj . que-
sta notizia mi viene dal sig. Volpato ». L" indicato ottavo miglio moderno distante dalla por-
la S. Sebastiano corrisponde al nono miglio antico distante dalla porta Capena; e perciò pre-
cisamente la scoperta indicata si fece nel luogo preso ora a considerare, ed avvenne nel-
l'anno 1792; poiché fu in tale tempo che si dice da Ennio Quirino Visconti essersi rinye-
18K VIA AÌ'VW PARTE IX.
ari un sepolcro, non si può neppure riconoscere nel monumento rotondo,
precedentemente descritto, quello in cui si fecero le suddette scoperte ; ma
bensì si deve considerare l'edifizio rotondo dissotterrato in tali scavazioni,
avere fatto parte dell' indicata grande fabbrica di delizia imperiale. Dalle di-
verse reliquie poi, che sussistono nello slesso luogo, nulla può determinarsi
che sia sulBcente a far conoscere quale era la più probabile forma ed esten-
sione che aveva la suddetta delizia imperiale: ma però sembra che le fabbriche
non si avvicinassero tanto alla via ; perchè a lato dell'anzidetto grande mo-
numento si rinvengono rehquie di altri sepolcri comuni di più vetusto stabi-
limento; e d'altronde le rehquie delle stesse fabbriche si stendono solamente
alquanto verso la campagna, ove pure dovevano protrarsi i giardini che ap-
partenevano alla medesima villa. Essa nella parte opposta alla via si trovava
corrispondere verso una più amena posizione; perchè si trovava sovrastare
ad una fertile valle, in cui scorrendo le acque, che discendono dal colle Alba-
no, ne emerge migliore vegetazione.
nula da Gavino Hamilton la statua del Discepolo da lui descritta nel Tom. HI della gran-
de descrizione del Museo Pio dementino, pag. 34 Tav. XXVI. E ciò venne confermato
dal Cancellieri nelle sue dissertazioni sul Discopolo pubblicate nellanno 1806. Di tutte
le altre statue poi, che si dicono rinvenute nel medesimo scavo, con evidentemente molti
altri oggetti di decorazione in marmo, non se ne hanno alcune sicure notizie per potere
determinare con qualche precisione il luogo in cui furono collocate : ma è probabile che
sieno state trasportate in Inghilterra, ove in quell'epoca furono inviati diversi altri oggetti
antichi senza conservare memoria veruna del luogo in cui furono rinvenuti. Nell'ampia
rac<x)lta delle scolture antiche, pubblicata dal Cavaceppi, mentre si viene con essa a cono-
scere la forma e la più probabile rappresentanza delle opere stesse da lui ristaurate, non
si trova poi espressa altra indicazione che quella da vendersi o di essere trasportato l'og-
getto in Inghilterra. Per quante ricerche si sieno fatte nelle memorie lasciate dal suddetto
Volpato e che si conservano dai suoi credi, nulla si è potuto rinvenire che si riferisse
alle suddette scavazioni; giacche esse si limitano a semplici note dei varii oggetti rin-
venuti con alquanto vaghe denominazioni. I luoghi dell'agro romano, in cui si sogliono
fare le più grandi scoperte di antichità, vanno per lo più soggetti a pertinenze miste;
cosi per evitare qualunque intervento di appropriazione si suole spesso fare mistero dei
respettivi luoghi di ritrovamento degli oggetti antichi dedotti dalle varie scavazioni. E
così per giovare a particolari interessi si viene a pregiudicare grandemente l' univer-
sale studio della storia antica e della topograCa di questa più importante parte dell'adia-
cenze di Roma.
DECIMA PARTE
TRA IL NONO ED IL DLCLMO MIGLIO
MUTAZIONE DI CAVALLI AL NONO iMIGLIO. Il luogo in cui
doveva esistere la colonna del nono miglio, seguendo sempre la indicala accu-
rata operazione, si è determinato avere corrisposto a metri 4 li, 4-0 prima
del centro del grande monumento rotondo che a guisa di un colle si trova
esistere nel confine dell'agro Romano ; e tale collocamento si discosta solo di
poco dal limile meridionale delle reliquie appartenenti all'anzidetta grande
fabbrica attribuita a Gallieno. Si è per una tale coincidenza che può con mol-
la probabilità stabilirsi che la stessa fabbrica, dopo di essersene trascurato
l'uso suo di delizia imperiale, venne ridotta, se non in lutto almeno in parte,
a servire a quanto si richiedeva per quella prima stazione che propriamente
era una mutazione di cavalli della via Appia e che vedesi dalla posizione pro-
pria distinta col titolo al Nono nell' itinerario Gerosolimitano evidentemente
ordinato solo alcun tempo dopo di Costantino. E ciò si dovette praticare per
fliminuire la distanza grande Ira Roma e l'Aricia, ove era fissata la prima
nmtazione della stessa via nell'itinerario anteriormente determinato e che si
attribuisce ad Antonino. E difficile ora a riconoscere quali sieno state le va-
riazioni che si dovettero eseguire in tale sostituzione di uso, né poi delle sca-
vazioni fatte negli ultimi anni del secolo trascorso, tra le reliquie della me-
desima fabbrica, si è conservata alcuna memoria ragguardevole da poter farne
conoscere alcuna precisa sua specialità. D'altronde le scavazioni fatte ultima-
mente sono stale limitate a scuoprire unicamente quanto corrisponde nei lati
della via. ove nulla d'importante si è rinvenuto della medesima fabbrica, le di
cui rovine esistono solo ad alquanta distanza da essa. Pertanto è importante
l'osservare che per la stazione anzidetta, non rimanendo in tale adiacenza altra
memoria di fabbrica che quella denotata da tali reliquie, si viene sempre più
a contestare la esattezza della determinazione migliaria stabilita.
SEPOLCRI DI VITALE E DI VERUNO. Da vicino al luogo, in cui
doveva esistere la anzidetta colonna migliaria. si è rinvenuta la seguente la-
pide che dimostra esservi stato un piccolo sepolcro fatto da certo Tolesforo
al suo compagno di alloggio Vitale : m. | sacrvm | vitali . fecit | telesphor |
coxTVBERNALi | BENEMERENTI . V. A. XX. Serve poi a Contestare quanto si è pre-
cedentemente determinato sul monumento e sulla villa appartenente a Gal-
190 VIA API'IA PARTE X.
lerio, un frammento di una piccola lapide rinvenuto a poca distanza dallo
stesso luogo occupato dalle reliquie dell'anzidette fabbriche lungo il medesimo
lato destro della via ; poiché in esso leggesi : x. fl. t. f | sodali . .
... I vERiAN I PROcos ] PROviN Beuchè sia assai
imperfetta la parte superstite di questa lapide, pure può riconoscersi in essa
il nome Veriano, quando però non si voglia credere essersi esso diviso in due
linee e non essere per intero determinalo nelle superstiti lettere, che oppor-
tunamente può appropriarsi a quel Celere Veriano a cui GalHeno scrisse per
fare uccidere tutti i suoi nemici e gli amici di Ingenuo che, governando la
Pannonia, erasi fatto nominare imperatore dall'esercito della Mesia, mentre lo
stesso Gallieno era occupalo solo di vili piaceri in Roma, come venne de-
scritto da Trebellio Pollione; e perciò deve intendersi essere stata la Mesia
la provincia che vedesi indicata in tale frammento d'iscrizione (1). Cosisi
trova essere stalo assai conveniente che in vicinanza del monumento di Gal-
lieno venisse posta una qualche memoria del suddetto Celere Veriano, o da
esso posta ad alcun suo amico denominato T. Flaviano, o altro simile nome,
come vedesi indicato nelle due prime linee dell'anzidetta lapide.
MONUMENTO VETUSTO IN PIETRA ALBANA. Nelle slesse adia-
cenze si sono rinvenuti diversi rocchi di colonne scannellate con basi e ca-
pitelU corintii formati nella pietra albana con artifizio assai buono e proprio
degH ultimi anni della repubblica romana, che dimostrano esservi stato, piìi
di un monumento sepolcrale, un qualche edifizio sacro edificato in tale epoca ;
perchè quanto può dedursi dalle stesse reliquie non si trova convenire con la
decorazione propria dei sepolcri. Ma poi nessuna notizia si rinviene da cui si
possa, anche indirettamente, dedurre la sussistenza in tale luogo di qualche
simile edifizio, benché molte circostanze ci portano a credere essere stata in
ogni parte la via Appia decorata da uobih fabbriche di varia specie. Quindi
in tanta incertezza ci limiteremo ad osservare doversi riconoscere nelle me-
desime reliquie un esempio del genere corintio non certamente inferiore a
quello che si trova essersi impiegato nei tempj rotondi volgarmente detti
di Vesta in Roma ed in Tivoli. Ed anzi se si prende a considerare la bel-
la maniera con cui si vedono intagliate le fronde e gli altri ornamenti
di tal genere di decorazione in tale pietra, assai poco riducibile a varietà
di forme, si dovrà riconoscere essere stata impiegata una anche maggiore
perizia. Onde é che si devono le medesime reliquie tenere in ragguar-
devole considerazione e giudicare meritevoli di essere studiate per n)eglio
(1) Trebellio Pollione, Triginta Tyranni. e. 8, De Ingenuo.
TRA II. MIGLIO IX. ED IL X. 191
determinare il genere di decorazione corintio che fu impiegalo dai romani
avanti l'epoca imperiale, e che meno si scostava dalle pratiche tenute dai
greci in simili opere.
^lEMORIE DEL LATO SINISTRO. I sepolcri, che stavano collo-
cati nellopposto lato della via, si trovano quasi per intero distrutti sino
al piano dei fondamenti; e le reliquie, che si rinvengono sparse in tale
luogo, non si possono con sicurezza determinare a quali dei medesimi se-
polcri abbiano appartenuto. Quindi è che nulla meritevole di considera-
zione ne emerge dalle stesse reliquie.
GRANDE TUMULO DEL LATO DESTRO. Verso il confine del-
l'agro Romano si vede elevarsi nel lato destro della via a guisa di colle
un grandissimo tumulo che sorpassa certamente in mole tutti gli altri si-
mili monumenti di cui ne sono rimaste reUquie lungo la parte della via
Appia impresa a descrivere. Esso si trova essere stato elevato su di un
basamento quadrangolare di pietra albana che si conobbe corrispondere ad
un piano inferiore a quello della via cognita dalle reliquie superstiti che
venne dalle vicende di molto rialzato, e perciò di assai anteriore stabili-
mento. Quindi s'innalzava una cinta rotonda di struttura pure fatta con
la pietra albana, che serviva a contenere il tumulo che ancora si conser-
va in tanta ampiezza ed elevazione da potere far concepire la sua antica
mole. Era così tale monumento precisamente formato ad imitazione dei se-
polcri più cospicui degh antichi etruschi; e può credersi eretto solo non
molto tempo dopo allo stabilimento della via Appia, cioè tra il quinto ed il
settimo secolo di Roma. Ben può inoltre credersi che per la stessa sua
mole abbia appartenuto ad uno dei più distinti personaggi o ad una delle più
cospicue famiglie che di più figurò nell'epoca stessa : ma poi nulla si rin-
venne di abbastanza autorevole per potere determinare alcuna cosa su
tale pertinenza ; e nulla si è potuto appropriare ad esso da quanto ci ven-
ne tramandato nelle memorie storiche, che possono avere qualche rela-
zione con la località in cui si trova esistere. Parimenti non si è ancora
potuto conoscere se vi fosse nell'interno una sola o più celle sepolcrah.
Si rinvennero bensì nel suo d'intorno alcuni piccoli frammenti di marmi
scolpiti; ma dovevano essi evidentemente appartenere ad alcun piccolo al-
tro sepolcro eretto nelle stesse adiacenze nell'epoca media delf impero.
Soltanto adunque nel protrarre a maggiore profondità le scavazioni, tanto
nel suo d" intorno quanto nella sua parte interna, si potrà ottenere di co-
noscere alcuna cosa di preciso sulla pertinenza del medesimo grandissimo
monumento e sulla sua decorazione.
192 VIA APPIA PARTE X.
ALTRI SEPOLCRI DEL LATO DESTRO. Succedono nella medesi-
ma parte della via reliquie di alcuni sepolcri minori, tra i quali si distin-
gue primieramente il piantato di uno costrutto colla pietra albana ; e poscia
un frammento di una lapide in marmo, in cui leggonsi alcune poche incer-
te lettere, dimostra esservi stato altro sepolcro dell'epoca imperiale. Si rin-
vengono di seguito due grandi piedestalli di pietra albana alquanto però
frammentati che sembrano avere appartenuto ad alcun distinto monumento
dell'epoca repubblicana.
SEPOLCRI DEL LATO SINISTRO. D'incontro alle anzidette reli-
quie ne sussistono altre che parimenti si trovano spogliate dei principah or-
namenti e ridotte ad elevarsi solo per poco al di sopra del suolo. Però si di-
stingue primieramente il piantato di un sepolcro quadrato costrutto con la
pietra albana di buon artifizio, e quindi un altro decorato con marmi, del
quale rimangono alcuni frammenti scorniciati. Quindi succede il basamento
di altro sepolcro costrutto con l'opera reticolata propria dei primi anni del-
l'impero, ma senza alcun ornamento che faccia conoscere la sua decorazione.
SEPOLCRO QUADRATO DEL LATO SINISTRO. Trapassando 1 at-
tuale fosso detto del Ponticello dei CipoUari, si rinvengono nel medesimo lato
sinistro alcune rehqaie di sepolcri quadrangolari che s'innalzano poco al di
sopra del suolo. Di seguito però vedesi elevarsi quasi per tutta l'altezza del
basamento un monumento quadrato di ragguardevole grandezza che sembra
avere appartenuto ad un qualche distinto personaggio ; perchè da una lettera
superstite della sua iscrizione si conosce essere stata composta con caratteri
di molta grandezza e di distinzione. Il detto basamento poi vedesi costrutto
con pietre albane assai bene lavorate e con una cornice inferiormente sago-
mata con buon stile. Si conosce bensì essere stato tale monumento evidente-
mente costrutto avanti l'epoca imperiale, ma poi nulla fu rinvenuto sino ad
ad ora per determinarne la sua pertinenza.
SEPOLCRI COMUNI DEL LATO SINISTRO. Di seguito allanzi-
detto grande sepolcro quadrato si rinvengono reliquie di alcuni altri sepolcri
minori, tra i quali si distinguono primieramente pochi frammenti di marmi
lavorati che dovevano adornare un piccolo sepolcro di cui esiste il piantato.
Quindi succedono alcuni resti di quei solili massi di pietra albana superior-
mente londeggiati che furono impiegati a guisa di cappello sopra i muri di
cmta costrutti con la stessa pietra ed anche per semplici e piccole memorie
sepolcrali fatte a guisa di sarcofaghi. Inoltre si vede sussistere il piantato di
altro sepolcro quadrangolare costrutto con l'opera laterizia, del quale non ri-
mangono più tracce di decorazione.
UNDECIMA PARTE
TRA IL DECIMO E L'UNDECIMO MIGLIO
COLONNA DEL MIGLIO DECIMO. Seguendo sempre la indicata
accurata operazione ed anche in seguito di essere stata verificata poste-
riormente con più diligenti osservazioni fatte dopo lo sgombro della via
nel mese di maggio del corrente anno, si è determinata la posizione del-
l'indicata colonna del decimo miglio avere corrisposto a metri 159, -iO dopo
il monumento maggiore preso a descrivere nel precedente partimento, ed
ove si è stabilito un corrispondente segno, che servirà a dimostrarne il
luogo sinché non verrà collocata una nuova colonna che possa conservare
memoria di tale determinazione migliaria. come si è stabilito doversi pra-
ticare per tutte le altre precedenti miglia.
RELIQUIE DI SEPOLCRI DEL LATO SINISTRO. Benché questa
parte della via Appia, per la sua posizione alquanto depressa e di minor
ameno aspetto, sia stata evidentemente meno apprezzata ; pure nel luogo
stesso, in cui si é stabilito avere corrisposto la indicala colonna migliaria.
sussistono a sinistra alcune reliquie che sembrano avere appartenuto a mo-
numenti decorati nobilmente ; perché si rinvengono primieramente resti di
un sepolcro costrutto con buona opera laterizia, e quindi frammenti di mar-
mi scolpiti e rocchi di colonne di marmo volgarmente detto Fior di per-
sico, che sembrano avere costituito la decorazione di altro nobile monu-
mento sepolcrale. In seguito appariscono tracce di altro sepolcro costrutto
con la pietra albana, bensì con buon artifizio, ma senza più poterne co-
noscere la sua decorazione. È poscia importante l'osservare che avanti alle
stesse reliquie di monumenti si conserva il lastrico della via meno dan-
neggiato degU altri luoghi, e vedesi racchiuso da alte crepedini: ma però
tutte le stesse reliquie si devono considerare sempre appartenere ai ristabi-
limenti fatti dopo la caduta dell' impero romano ; poiché il suolo antico si
conosce essere stato alquanto più basso ed assai meglio costrutto. La lar-
ghezza del medesimo suolo della via si trova sempre però essere stata sta-
bilita sulla misura di metri 4, 2T5, che corrisponde a piedi romani anti-
chi 14 con assai piccola varietà.
RELIQUIE DI MONUMENTI DEL LATO DESTRO. Da vicino ad
un rudere di costruzione interna spettante ad un sepolcro, che esiste nel lato
25
191 VIA APPIA PARTE XI.
destro dopo le anzidette memorie, si rinvengono alcuni frammenti di mar-
mi scolpiti che sembrano avere appartenuto alla decorazione del mede-
simo sepolcro, e tra i quali si distingue un pezzo di cornice sagomata ed
adornata singolarmente. Quindi si rinvengono a poca distanza frammenti
di altri marmi scolpiti, tra i quali si distingue un pilastrino scannellato, con
pezzi di cimase che dovevano comporre la decorazione di altro sepolcro.
Seguono i piantali di due monumenti costrutti con la pietra albana, die-
tro i quali si rinvenne un sarcofago di marmo ivi interrato evidentemente
dopo la caduta dell'impero romano. Dopo alcuni piccoli cippi di marmo
inerita considerazione un frammento di pietra albana ; perchè offre l'esempio
di quel genere di decorazione jonica che era comunemente impiegato nella
fronte dei sepolcri stabiliti nel taglio della rupe naturale dagli antichi
etruschi. Non poteva però tale sepolcro essere interamente in tal modo for-
mato; perchè ivi non sussistono ragguardevoli elevazioni naturali di rupi
da poter offrire mezzo a siffatta forma di sepolcri : ma doveva essere stato
interamente costrutto ad imitazione di tali opere più vetuste.
GRANDE SEPOLCRO ROTONDO. Nel lato sinistro si presenta di
seguito una grande mole rotonda che per l'avanti offriva l'aspetto solo di
un semplice tumulo: ma dalle ultime scoperte si è conosciuto che esso
era nel suo giro esterno adornato con grandi nicchie semicircolari e ret-
tangolari poste a vicenda nel numero complessivo di ventidue e divise da
colonne incorporate circa a metà nei piedritti. È però da osservare che tali
incavamenti nella parte posteriore del monumento vennero soppressi per
evidentemente risparmio di lavoro. Tale decorazione vedesi interamente
costruita con opera laterizia non troppo buona; mentre la cella interna,
che esiste ben conservata, si trova essere stata formata con pietre al-
bane assai ben connesse e secondo il metodo tenuto nelle simili piij an-
tiche opere. Quindi sembra potersi dedurre da ciò che ad un monumento
di vetusto stabilimento si sia aggiunta in circa nell'epoca media dell'im-
pero la indicala decorazione esterna; seppure ciò che sussiste della stessa
decorazione non sia opera di qualche parziale ristabilimento, come sem-
brano denotarlo alcune tracce di altra struttura esistente nella parte po-
steriore del monumento: ma su queste particolarità nulla ora di positivo
può determinarsi. Però è da osservarsi che si rinvennero da vicino diversi
frammenti di marmi scolpiti, ed in particolare un torso di statua togata,
che doveva appartenere ad una di quelle figure che slavano collocate
nelle dette nicchie; i medesimi oggetti di scoltura vedonsi chiaramente
essere slati scolpiti nella suddetta epoca imperiale. Non pertanto al di so-
TRA IL MIGLIO X. E L* XI. 195
pra della medesima cinta di aggiunzione posteriore doveva il monumento
essere stato sempre compito superiormente a guisa di tumulo secondo il
vetusto metodo, ma ricoperto però con le solite lastre tagliate a guisa di
squamine. Per tali particolarità si rende lo stesso monumento molto im-
portante e meritevole di considerazione, come meglio potrà conoscersi dal-
la sua rappresentanza esposta nelle Tavole. E sarebbe stato anche più im-
portante a prendersi in considerazione se si fosse potuto in qualche modo de-
terminare la sua pertinenza : ma nelle scavazioni sin'ora fatte nulla si rinven-
ne che possa dare alcun lume su tale oggetto. Si conosce però che esso ven-
ne basato su di un piano assai inferiore a quello che ora apparisce, onde non
rimanessero le dette nicchie, contenenti statue, quasi al paro del suolo nel
modo come si trovano essere ridotte per il rialzamento della via evidente-
mente fatto dopo la caduta dell'impero romano e dopo che il monumento
slesso dovette essere spogliato dei suoi ornamenti. Quindi soltanto col pro-
trarre a maggiore profondità le scavazioni si potrà megUo determinare la in-
tera decorazione di questo monumento ed anche la sua pertinenza. Pertanto
si deve osservare che lo stesso monumento corrisponde quasi al di sopra
di quel piccolo incavamento di materie solfuree, che dicesi perciò Solfa-
rata, e che corrisponde a destra della moderna via di Albano al decimo
miglio, ove sembra esservi stata alcuna sorgente di acque pure solfuree, le
quaU, avendo potuto servire a bagni terminali cotanto apprezzati dagli an-
tichi, portano a credere che \i fosse da vicino eretta qualche fabbrica a tale
speciale uso destinata. Di seguito si rinvengono, dopo il basamento di un
sepolcro eretto con pietra albana, altri frammenti di scoltura hgurata in
marmo, tra i quah si distinguono due teste di statue, che dovettero appar-
tenere alla decorazione di altro nobile sepolcro; seppure non furono tra-
sportate da quanto era rimasto disperso dalla distruzione dell'anzidetto grande
sepolcro rotondo, per essere questo il solo che in quelle adiacenze si possa
conoscere avere comportato simile decorazione.
MEMORIE DEL LATO DESTRO. D'incontro alle anzidette ultime
reliquie se ne sono scoperte altre simiU consistenti principalmente in una
figura quasi intera scolpita in alto rilievo ed in altra frammentata di eguale
forma, che si conoscono bensì essere state impiegate ad adornare la fronte
(li alcun monumento sepolcrale eretto negli ultimi tempi dell'impero, ma poi
non si hanno alcune notizie per potere determinare la pertinenza dello stesso
monumento. All'opposto si sono rinvenuti di seguito tre grandi cippi termi-
nali, in uno dei quali può leggersi: ivlivs . cal . . . . | dionysivs . l. mvivs ]
D. L. EVPRANOR . MARI . . . | M. L. ALEXANDRIA .... Ed in UU altrO più COn-
196 VIA APriA PARTE XI.
servato leggesi : ivnivs . d. l. evfrano . . | aria . m. l. alexandr . . . . |
ARIA . e. L. NIGELIA | IVLIVS . CAESARIS [ DIONTSIVS | IN . FRON. P. XIIX |
IN . AG. p. XIIX. E nel terzo vedesi scritto : m. aria . o. l. nicelia | c. ivlivs .
CAESARIS . L. I DiONYsivs . ivLivs . D ... E di segulto le solite prescrizioni
delle misure assegnate all'area occupala, le quali cose tutte danno a cono-
scere esservi stato bensì tra di essi un monumento appartenente alle perso-
ne in essi indicate, ma poi nulla rimane propriamente del monumento slesso
per poterne determinare la sua forma e decorazione. Nel seguilo dopo un
sepolcro di pietra albana, che conserva ancora il suo basamento decoralo
con una cornice semplice e di buona forma, si rinviene un grande cippo in
marmo, su cui leggesi e, l. f. ] hilaritae. | conivgi | dvlcissimae [ l. vetvrvs |
Rvns I FEGiT. E dopo tale cippo si rinvenne un torso di statua togata con un
altro cippo, sul quale vedonsi essere stali praticati due loculi distinti e la
iscrizione racchiusa entro ad uno dei solili ornamenti. Siffatte reUquie dimo-
strano chiaramente esservi siali diversi sepolcri di non molta grandezza bensì,
ma adornali con marmi e stabihti nell'epoca media delf impero.
PARTE DELLA VIA IN SALITA. Si reputa quindi opportuno di os-
servare prima di lasciare questo undecimo parlimenlo che la via, compre-
sa tra le indicale ultime reliquie, si trova salire sul sovrastante colle con un
piano alquanto inclinalo ; onde è che i monumenti eretti nei suoi lati doveva-
no presentare un migliore aspetto di quegli stabiliti nella precedente parte
piana della valle. Per siffatta circostanza locale ò da credere che i monu-
menti stabiliti in tale posizione fossero con piii nobile decorazione adornati
ed appartenenti perciò a persone più distinte : ma per le grandi devastazioni,
ivi fatte in modo maggiore di qualunque altro luogo, nulla si può ora con pre-
cisione su di ciò determinare per essere stali i monumenti lutti quasi dalle
fondamenta distrutti. Però rimangono abbastanza tracce per conoscere che
continuava la frequenza loro come negli altri luoghi della via ; e gli anzidetti
cippi terminah servono a contestare siffatta continuazione, giacché si vede in
essi prescritta l'area di soli dieciotlo piedi per ogni lato ad uno forse dei più
distinti sepolcri. La larghezza della via poi trovasi essersi conservata sempre
nei quattordici piedi riconosciuti sussistere nelle altre parti, nonostante che
nelle prescrizioni delle vie antiche in generale fosse denotato di tenere al-
quanto più larghe delle misure determinate quelle che erano stabihte in pia-
ni inclinati, come si soleva praticare per le tortuose. È però meritevole di
considerazione l'altezza maggiore che hanno le crepidini nei lati di tale parte
della via , per essersi evidentemente ciò credulo necessario onde contenere
i carri nella discesa.
DUODECIMA PARTE
TRA L'UNDECIMO E IL DUODECIMO MIGLIO
COLONNA DEL MIGLIO XI. La determinazione del luogo in cui
doveva esistere la indicata colonna niigliaria, seguendo sempre la misura
stabilita , si è collegata primieramente colla corrispondenza dell'estremità
settentrionale delle fabbriche componenti l'osteria delle Frattocchie, da cui
si è trovata distare metri 527, 290. Quindi ad altro più importante oggetto
si è creduto opportuno di collegare la stessa determinazione migliarla , quale
è il limite meridionale della base romana misurata dai PP. Boscovich e
Maire per servire a determinare un grado del meridiano terrestre: ma
mentre è rimasto sempre ben cognito l'allro limite, per essere stato stabi-
lito corrispondere alla metà della tabella dell'iscrizione sussistente nel se-
polcro di Cecilia Metella , si è poi perduta memoria del luogo preciso in
cui venne fissata l'indicata altra estremità. Verso il fine della seconda ap-
pendice, aggiunta a questa esposizione, più opportunamente sarà fatta men-
zione dello stato in cui ora si trovano le ricerche per precisare la posizione
di tale limite facendo il confronto della lunghezza della base anzidetta con
la estensione delle migha antiche interposte in essa. Pertanto è d'uopo
osservare che intorno all'anno 1808 da alcuni ingegneri francesi sotto la
direzione del luogotenente colonello Moynet credettero, in seguito di varie
osservazioni fatte nei luoghi in cui furono stabiliti i segnali dei triangoli
dedotti dalla stessa base, di avere potuto riconoscere la corrispondenza del
medesimo limite; e vi eressero un pilastro di travertino su cui fecero
scrivere con non buona ortografia italiana spettare quel termine alla base
che i PP. Maire e Boscovich misurarono nell'anno 1751 per servire al
grado di Boma, e tale fu creduto comunemente sinché le più accurate os-
servazioni, fatte in particolare dall'astronomo Bicchebach, avessero dimo-
strato non potere esso essere identico con l'estremo della base Boscovi-
chiana, e che vi sussisteva una ragguardevole varietà. Però il medesimo
termine, venendo poco dopo al suo collocamento rovesciato, fu rialzato nel-
l'anno 1822 dal medesimo Bicchebach unitamente al suo compagno Conti,
e rimase in piede sino all'anno 1850, in cui fu non solamente rovesciato ma
trasportato in luogo incognito, e spezzato per servirsene di semplice pietra
nella costruzione delle vicine macerie dall'affittuario del lenimento in cui
198 MA APPIA PARTE XII.
si trova posto tale luogo. Nelle recenti scavazioni feci usare le più diligenti
cure per riconoscere non solamente la posizione del suddetto termine , ma
anche quella pietra collocata dal Boscovich nell'estremità della sua base.
Però soltanto il piantato, su cui venne eretto il detto termine, si è potuto
rinvenire, che si è trovato corrispondere nel mezzo della via antica; mentre
la pietra Boscovichiana doveva trovarsi in un lato di essa ad eguale distanza
dal suo centro, come corrisponde il segno della opposta estremità nel monu-
mento di Cecilia Metella, e nascosta sotto ad un tumulo secondo la de-
scrizione che venne data dal medesimo astronomo, come verrà nell indicata
appendice meglio dichiarato. A servire pertanto all'oggetto parziale enun-
ciato mi limito a far conoscere che dal luogo, in cui fu determinato corrispon-
dere la colonna del miglio undecimo a giungere alla metà della pietra ulti-
mamente discoperta, su cui stava eretto il termine stabilito nell'anno 1808, si
è trovato esservi metri 51, 200 di distanza. E siccome nessun altro ragguar-
devole tumulo si è rinvenuto nelle indicate grandi scavazioni sussistervi nel
lato sinistro della via ad eguale distanza dal suo centro di quella determinata
dal monumento di Cecilia Metella, e nelle adiacenze stesse da dove si fosse
potuto scuoprire bene il segnale stabilito sulla fronte dello stesso monumento,
altro che una reliquia di un antico sepolcro che effettivamente offre tuttora
la forma di tumulo, e che conserva internamente una piccola cella, che potè
opportunamente contenere la pietra di segnale collocata dal Boscovich;
così ne feci riconoscere la distanza che vi corrisponde tra il suo centro ed il
luogo determinato per la colonna dell'anzidetto migho undecimo, e si trovò
essere di metri 73 , 500 dal centro della pietra su cui stava eretto il det-
to pilastro francese. Quindi se effettivamente l'estremità meridionale della
base Boscovichiana corrispondeva sulla direzione del centro di tale sepolcro,
uon solamente tese 5, 462, cioè metri 10, 795, come venne determinato dal
Ricchebach nel suo esame imparziale della triangolazione del P. G. Ruggero
Boscovich pubblicata dopo la sua morte nell'anno 1846: ma bensì della sud-
detta assai più ragguardevole varietà determinata in metri 73 , 500. Queste
considerazioni saranno oggetto di un dihgentissimo studio che si è proposto di
fare a mia insinuazione il Rev. Padre A. Secchi attuale direttore dell'Osserva-
torio astronomico del Collegio romano prendendo a rimisurare di nuovo con
la più grande accuratezza possibile tutta la base Boscovichiana. dalla quale
operazione ne ridonderà certamente un grande benefizio tanto per gl'impor-
tanti studii, di cui furono oggetto le ricerche del Boscovich e della giustifica-
zione dei risultamenti ottenuti da esso, quanto per il maggiore interessamento
che verrà ad acquistare lo scuoprimento ed il ristabilimento della prima parte
TRA li, MIGLIO XI. AL XII. 199
dell'antica via Appia, nella quale si contiene per intero la estensione prescrit-
ta alla detta base, e che ora offre per i lavori eseguiti a tale oggetto un pia-
no assai più regolare che non era al tempo, in cui il Boscovich ne lece la
indicata misura.
MEMORIE DEL LATO SINISTRO. Quasi d'incontro al luogo, in cui
fu rinvenuta la base dell'anzidetto pilastro, eretto nell'anno 1 808 dagl' ingegne-
ri francesi, si sono scoperte primieramente reliquie di un piccolo sepolcro
eretto interamente con la pietra albana ed in forma di un semphce sarcofago
tenninalo superiormente in angolo acuto. Poscia si sono rinvenute tracce di
altro più nobile sepolcro costrutto con la stessa pietra, il quale doveva essere
adornato con piccole colonne egualmente formate; poiché se ne trovano an-
cora alcuni rocchi con capitelli del più semplice genere dorico. Poscia dopo
alcune altre reliquie di basamenti, appartenenti a comuni sepolcri costrutti
con la eguale pietra, si rinviene il monumento che s' innalza superiormente
a tutte le altre reliquie delle adiacenze a guisa di tumulo, e che soltanto con
più convenienza può credersi avere servito per determinare la vera estre-
mità meridionale della base di Boscovich, come si è poc'anzi accennato. Tale
monumento vedesi costrutto internamente con l'opera cementizia formata
per più gran parte di selci ; ed esternamente doveva essere adornalo con
marmi; giacché se ne rinvennero nel suo d'intorno diversi frammenti scolpiti
in modo da dimostrare una fattura del tempo medio dell' impero.
MEMORIE DEL LATO DESTRO. Parimenti quasi d'incontro al luo-
go, in cui fu eretto l'anzidetto pilastro terminale, nell'opposto lato si sono di-
scoperte altre reliquie che primieramente si palesano per avere appartenuto
ad un piccolo sepolcro adornato con marmi, del quale esiste ancora un sar-
cofago ; e quindi ne succedono altre che si vedono avere costituito un altro
sepolcro costrutto con quella specie di opera reticolare che si appropria ai
primi anni dell' impero, come vedesi impiegata a lato di alcuni locuh inca-
vati nel muro e circondati da piccole pietre squadrate secondo il medesimo
metodo di struttura. Di seguito vedonsi reliquie appartenenti ad un sepolcro
costrutto con buona opera laterizia, del quale sussiste di conservato però so-
lamente il piantalo. Succedono altre reliquie di un monumento costrutto col-
l'opera reticolare ; e quindi alcuni frammenti di marmi scolpili e di piccole
colonne che dovettero essere slate impiegate all'adornamento di alcuni non
grandi sepolcri eretti negli ultimi tempi dell'impero.
TERMINE DELLA VIA RISTABILITA. Con le indicate rehquie di
varii sepolcri comuni si giunge da vicino alle fabbriche moderne che costi-
tuiscono l'osteria delta delle Frattocchie. ove la strada moderna di Albano
200 VTA APPU PARTE XII,
venne portata a coincidere sulla direzione dell'antica via Appia ; e perciò a
tale luogo di congiunzione ebbe termine la scavazione fatta per lo scuopri-
mento e per la restituzione della parte abbandonata della medesima via. In
tale termine è da osservare primieramente che il suolo della via antica si
vede essersi in miglior modo conservato che nelle precedenti sue parti ; ed
ivi trovasi esso distare tra le crepidini, pure conservate, di metri 4, 270, cioè
sempre eguale con poca varietà a piedi romani 1 4, come già fu spesso osser-
vato. Quindi in tutta la estensione della stessa via, nonostanti i grandi rista-
bilimenti fatti nel medio evo, non sussistevano quelle varietà di dimensioni
nella sua larghezza, che furono da alcuni scrittori moderni determinate. Inol-
tre è d'uopo osservare che la maggior mancanza di monumenti antichi nei lati
della stessa ultima parte della via ristabilita si suole attribuire ai diversi sca-
vi che furono fatti verso il fine del secolo trascorso da Tommaso Jenkins;
come si contesta da un'apoca privata che si conserva nell'archivio della casa
Colonna relativa al fondo di Marino di sua proprietà, e che fu stabilita il
giorno 4 febbraio 1780, colla quale venne dato il permesso al suddetto signo-
re inglese di fare scavi nella tenuta delle Fratlocchie tanto a destra verso le
mura della Polledrara superiormente alle Frattocchie, quanto inferiormente
a tali fabbriche, ove precisamente corrispondeva la indicata estrema parte
della via antica, come in particolare venne fatto osservare dall'anzidetto
astronomo Ricchebach, nel suo esame sulla triangolazione del Boscovich, per
dimostrare che dopo la misura della base fatta a tale oggetto erano accaduti
grandi sconvolgimenti nel suolo da vicino all'osteria delle Frattocchie ; per-
cui il terreno, avendo cambiato aspetto, era difficile di riconoscervi quanto
era stato accennato dal Boscovich stesso a riguardo dell'estremità meridiona-
le della medesima base che corrispondeva nel luogo stesso.
CONTINUAZIONE DELLA VIA SINO ALLA COLONNA DEL
DUODECIMO MIGLIO. Onde dare compimento a quanto si è prescritto a
questa esposizione si rende necessario di continuare a percorrere la via al-
meno sino alla colonna del duodecimo migho, nonostante che non si sieno
fatte scoperte per essersi conservata la via moderna sulla direzione dell'antica.
Primieramente è da osservare che a destra dopo le fabbriche delle Frattoc-
chie devia la via Netunnense che sembra conservare con poca varietà
l'andamento della via antica che, separandosi in tale luogo dalla via Appia .
metteva ad Anzio; poiché, inoltrandosi alquanto lungo essa, si trovano tracce
di antico suolo ed alcune relique di sepolcri. Quindi alcun poco dopo tale de-
viazione vedonsi rehquie di mura appartenenti evidentemente ad un antico
sepolcro; ciò che serve a dimostrare non essersi sino a quel luogo mai protratte
TRA IL MIGLIO XI. ED IL XII. 201
le abitazioni dell'antica Boville che di seguito si prende a descrivere; men-
tre successivamente per lungo spazio non si trovano più in tale parte della
via alcune reliquie che con più certezza si possano appropriare a monumenti
sepolcrali, che non potevano sussistere colla corrispondenza dell'indicata
antica città. Nel lato sinistro poi alcun poco prima della stradella , che tra-
versa la via, si trovano mura antiche che sembrano avere appartenuto ad
alcun ragguardevole monumento. IMa anche più grande reliquia si vede sor-
gere di seguito nel lato stesso che consiste nel nucleo di struttura cementizia
che doveva appartenere ad un distinto ed ampio antico sepolcro di forma
rotonda, il quale era evidentemente rivestito ed adornato con alcuna nobile
decorazione in marmo, di cui però rimangono solamente tracce dei collega-
menti : e non si sono neppure conservate memorie per determinare in qualche
modo la sua pertinenza. Alcun poco dopo tale monumento si è riconosciuto,
in seguito della continuazione della spesso ricordata diligente operazione
fatta per determinare la corrispondenza delle miglia antiche lungo la via
Appia, essersi dovuto trovare la colonna denotante il miglio XII alla distanza
di quella indicante lo stesso miglio della via moderna di metri 385 , 250.
Se la diversità tra le stesse colonne migliane si trova in tale posizione essere
così poco ragguardevole, mentre la via moderna percorre una linea tortuosa
ed assai più lunga di quella prescritta dal rettilineo proprio dell'antica via,
si deve ciò attribuire all'avere la via moderna principio dalla porta ora detta
di S. Giovanni stabihta nella cinta delle mura Aureliane, mentre la via antica
aveva cominciamento dalla porta Capena esistente un miglio circa più verso
l'interno della città e stabilita nella cinta delle mura di Servio Tullio; e così
può calcolarsi di essere circa di un migHo e mezzo la via antica più breve
della moderna quando tutte e due si considerino partire da un equidistante
capo. Da vicino all'indicata colonna migliaria si trova a destra un viottolo
che mette al circo ed alle principali reliquie che si appropriano alle fabbri-
che dell'antica città di Boville, che vennero erette però dopo che essa fu ri-
dotta a municipio romano in aggiunzione alla più vetusta città latina, la
quale doveva stendersi alquanto più verso il termine del decimoterzo miglio,
ove rimangono altre reliquie ed in particolare sostruzioni di mura, che ser-
vono anche a dimostrare avere la via antica corrisposto alquanto più a destra
dell'attuale via di Albano, come verrà dichiarato nella protrazione della de-
scrizione della stessa via sino alla stazione dell'Ancia che mi sono proposto
di esibire in altra esposizione. Pertanto gioverà avere indicato siffatte cir-
costanze onde potere meglio nelle seguenti osservazioni distinguere le parti-
colarità principali di tale antica città del Lazio.
26
202 VIA APPIA PARTE XII.
BOVILLE. Il tenninc prefisso a questa esposizione, essendosi stabilito
corrispondere nel luogo in cui esisteva la vetusta città di Boville, così ne
consegue la necessità di esibirne una descrizione. Però limitandoci allo scopo
attribuito alla stessa esposizione, non ci faremo a ricercare quale fosse la ori-
gine e lo stato di prosperità e grandezza che era giunta ad ottenere la stessa
città antica nei tempi che precedettero lo stabilimento della via Appia, essen-
dosene di ciò già più opportunamente esibita una dimostrazione in altre mie
opere; e solo gioverà accennare che tale città, benché già esistesse al tempo
della fondazione di Roma , pure non si poteva comprendere tra le trenta che
costituivano l'antica lega latina, e che dopo la distruzione fatta di Alba-lunga,
sotto il regno di Tulio Ostilio , i bovillensi , adattando il nome di albani-lun-
gani, conservarono pure i diritti che spettavano alla detta città distrutta a cui
fu sostituita Boville (1). Ma si rende necessario l'osservare quanto si narra
(1) Si veda il Voi. V della mia opera intitolata Storia e topografia della Campagna
Romana antica, pubblicata nelPanno 1839, ove si prendono a considerare tutte le più ve-
tuste memorie delle antiche città del Lazio. E principalmente si è fatto conoscere che tale
città si dovette rendere di qualche considerazione solo dopo la rovina di Alba-lunga e non
essere compresa nelle trenta colonie degli albani che costituivano propriamente la vetusta
lega latina; e ciò è dimostrato anche nella mia dissertazione, sulle trenta Colonie Altane,
inserita nel Tom. X degli Atti della Accademia romana di Archeologia. Si è da tale accre-
scimento che gli abitanti di essa vennero distinti con il nome di Albani Longani Bovil-
lensi, come vedonsi in particolare ripetuti in tre iscrizioni antiche riportate dal Fabretti
e relative al municipio di Boville, in cui si denotano i decurioni colla distinzione: albani
LONGANI BOviLLENSES. (Inscript. Cap. VI. Pag. 456, XVI. N. 74 e lò.J Quindi precipua-
mente in seguito della speciale considerazione fatta su di una notizia di Diodoro, conser-
vataci da Eusebio, si venne a conoscere che il nome di Boville, registrato nel novero
delle colonie albane inviate sotto il regno di Latino Silvio, che si trova riferito da Sesto
Aurelio Vittore (Orig. Geni. Romanae. e. XVII), si deve credere essere stato trascritto in
vece di Boia, come per eguale errore fu registrato Locri in vece di Labico ; poiché nella
suddetta più autorevole memoria vedesi annoverato: Roilum, quam nonulli Bolam dicunt,
(Eusebio, Cronic. Lib. Prior. e. 46J, come fu dimostrato ampiamente nelle citate mie opere.
Da Properzio poi, volendo egli indicare la piccolezza della primitiva Boma fabbricata da
Romolo, la dice anche più piccola della meno suburbana Boville in confronto di Gabi e
di Alba-lunga :
Quippe suburbanae parva minm Urbe Bovillae
Et qui mine nulli, maxima turba Gabii;
Et stetit Alba polens, albae suis omne nata,
Hac, ubi Fidenas longe erat ire, via.
(Properzio. Lib. IV. Elegia I. v. 31 e segg:J
TRA IL MIGLIO XI. ED IL XII. 203
sul ben noto avvenimento di Coriolano ; poiché , mentre nulla di ben certo e
chiaro si riferisce di Boville nelle narrazioni delle prime conquiste fatte dai
romani ed in particolare nella descrizione dell'avvicinamento a Roma degli
albani nel tempo di Tulio Ostilio, nelle quali da Alba-lunga al luogo dei loro
alloggiamenti, posti a cinque migUa distanti dalla città, non si fa menzione
di Boville che si trovava nello spazio frapposto agli stessi due luoghi, si rin-
viene poi esposto in particolare da Dionisio e da Plutarco che i volsci co-
mandati da Coriolano, dopo di avere soggiogato la vera città di Boia, con
Labico, Pedo, Corbione e Coriolo, si portarono a Boville prima di passare
Però dopo la distruzione di Alba-lunga, accaduta in seguito del ben noto avvenimento
sotto il regno di Tulio Ostilio, dovette Boville acquistare qualche maggiore prosperità ed
essere in certo modo sostituita alla detta città distrutta nei diritti che essa aveva di par-
tecipare alla distribuzione delle carni che si faceva nelle Ferie latine, secondo ciò che
venne accennato da Cicerone, ma però ridotta al suo tempo come Labico e Gabi a non
avere più persone da deputare a tale effetto: Nisi forte te Lavicana, aut Cabina, aut
Bovillana vicinitas adiuvaòat; quibus e municipiis vix jam, qui carnem Latinis petant, in-
veniuntur. (Cicerone, Pro Piando, e. 9.J II nome di Boville fu poi spesso cambiato con
quello di Boia o Bolla, città più insigne e compresa nelle trenta colonie albane. Quindi
resta dubbioso se anche la indicazione, che leggesi in Lucio Floro, si debba appropriare
più a Boville che a Boia ; giacché si trova ricordata unitamente a Veruli a cui corrispon-
deva più da vicino Boia che Boville: De Veruìis et Borilìis, piides, sed triumphavimus.
:(Epitom. Lib. I. e. ll.J Così è eziandio dubbia la sussistenza dei bovillensi nel novero tra-
mandato da Dionisio dei popoli del Lazio che nell'anno 2ó8 sottoscrissero nel consiglio
tenuto a Ferentino d'imprendere la guerra contro i romani; poiché sono trascritti in
vario modo nei testi che si hanno; però è da credere che il primo dei due nomi riferiti
sotto la lettera B dell'alfabeto latino si debba attribuire ai bovillensi, i quali sono più co-
munemente scritti in questo modo: BifaXaviv, Bsu^Scviavuv. (Dionisio. Lib. V. e. &1.J A
credervi i bovillensi compresi si presta opportunamente la osservazione già fatta sull'avere
essi sostituito gli albani dopo la distruzione della loro città nella indicata rappresentanza
della unione latina; giacché nello stesso novero sotto la lettera A sono registrati solo gli
ardeatini e gli aricini, mentre si sarebbero dovuti comprendere gli albani se non avessero
cessato di esistere. Questa circostanza serve vieppiù a contestare la indicata sostituzione,
e non la primitiva pertinenza alle trenta città colonizzate dagli albani. Si conferma in
c«rto modo lo stesso stato di prosperità dei bovillensi in circa tale epoca , con quanto ve-
desi narrato da Ovidio (Fasti. Lib. IH. v. 654 e segg.) su di Anna Perenna, che era di
Boville, la quale aveva potuto ottenere di recare copioso vitto alla plebe romana allorché
si era rifuggiata al monte Sacro. Nella quale circostanza Ovidio indica Boville come luogo
suburbano. Di poco interessamento poi sono per lo scopo nostro le notizie che vennero
esibite sull'origine del nome Boville da un bue che vi giunse ferito, come in particolare si
spiega da Nonio Marcello al Cap. II.
204 VIA APPU PARTE XII.
alle fosse Cluilie poste a cinque miglia distante da Roma, come già fu di-
mostrato. In specie da Dionisio si dice essere stala in allora Boville, indi-
cata da esso per errore col nome Boia di già ricordato, città cospicua ed an-
noverata tra le prime dei latini, ed essere stata ben munita; giacché i bo-
villensi si difesero primieramente dalle mura 5 poscia , facendo una uscita
dalle porte, poterono costringere i volsci a discendere verso il basso con
grave perdita : ma però Coriolano, ritornando alla pugna, giunse a prendere
le mura ed impadronirsi della città, dalla quale trasse tanta preda quanta
mai ne ebbe da alcun altra città conquistata (2). Particolarmente poi da
Plutarco, confermandosi la stessa circostanza di essere stata la città di Bo-
ville cinta da forti mura e collocata in luogo eminente, si accenna avere
essa corrisposto a non piiì di cento stadii distante da Roma , cioè secondo
il computo più approvato dodici miglia e mezzo (3). Dalle indicate due
principali circostanze si può stabilire che la piìi antica città di Boville do-
veva essere collocata in luogo alquanto eminente ed alpestre precipuamente
dalla parte meridionale, dalla quale è da credere che fossero venuti i volsci
ad attaccarla , e che si trovasse distare da Roma per l'estensione della sud-
detta misura, benché non si fosse in allora ancora stabiUta la via Appia.
E ciò solo si trova concordare avere potuto corrispondere su quella eleva-
zione che traversa l'attuale strada di Albano alcun poco dopo la colonna
del duodecimo miglio. Quiidi allorché Appio Claudio imprese a formare
(2) 'A:tÒ df TavTY]; civccar/iGu; r/]? nóXi'^;, ■cXccjvì tsv Gzpu-c-^ knt Bo/.à;, {BsO.là:)
int'^xv^ T£ Tci£ ovGXv, x«£ £v cHyMZ Ticcjv zcùg v375U|a/yaic rcO Aocrivav '^jvjovs; nokiotv
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voLp.vj «■ywvj'^cffSat -po5v[j.(>ìg, xai zcìg npcózoig km^xci rsù zir/_ou; p.vjóù,xt àupBoì;
'ò-oiy/_6u.£Vog, ip-pv z'iyizc- y.xì 'jiv-zai mpì zuvzyi zf, nóhi [xayj/ììtcipzspix. ov -/àp /jlcvsv
ani zov zsiyov^ Yifxvvovzo zov; npoaióvzx: ci BwXayoì, {BoDXavot) òXXà xai za; ùvloc:
mo'i^xvzii i^i3-5V vBpóot, koù liuzà. zov npmoù; kaSovv ^ia zcv; éfftaza[ivjovz' (Dioni-
sio. Lib. Vili. e. 20. Di seguito si descrive dallo stesso storico la distruzione ed il massa-
cro che fecero i volsci allorché poterono entrare nella città, e la preda grande che ri-
portarono in modo da superare quanto avevano essi preso dalle altre città latine conqui-
state. Così Boville dovette assai per poco tempo godere della sua prosperità.
(3) Ette! 5i y.'A BóXt.x- iBc'ùla;) nLhv su tù.u-jv^ oza^'iovi iy.a.ziv à.n{yj:u<sx-J
zyj: Pcùa-fiz. ,'^Plutarco, in Marcio Coriolano. e. 29.J Anche da questo scrittore si asserisce
che dopo di essere stata Boville soggiogata dai volsci, ne trassero essi ricchissima preda e
vi uccisero tutti gli abitanti che avevano passato la pubertà, e che erano in stato di trat-
tare le armi.
TRA IL MIGLIO XI. ED IL XII. 205
.stabilmente la via Appia, o forse meglio quando Cajo Gracco fece eseguire
grandi tagli e costruire ponti per portare le vie in piano ed in linea retta
quanto più era possibile, si dovette troncare la detta elevazione e palesa-
ineute anche la parte della vetusta città che s'incontrava in tale linea;
poiché dopo la distruzione, che fecero i volsci comandati da Coriolano, non
dovette piiì Boville offrire grande ostacolo per non continuare la via anzi-
detta in hnea retta; e le abitazioni dei bovillensi dovettero essere con-
servate solo nella parte destra della via. Infatti solo sino a Boville si co-
nosce coll'autorità di Livio essersi nell'anno 459, cioè anni dieciotto dopo
lo stabilimento di Appio Claudio, coperto il suolo della via Appia con
selci, come già fu dimostrato (i). A confermare essere stata la città stes-
sa non più in stato di prosperità dopo la detta epoca e ridotta senza mura,
serve quella notizia che venne tramandata nel libro sulle colonie attri-
buito a Giulio Frontino, con cui si accenna che, per la legge Sillana, Bo-
ville oppido venne circondato, e prescritto che non fosse dato il passo al
popolo, e l'agro suo l'occuparono i militi veterani che l'ebbero in sorte;
perciocché non sarebbero le sue terre state tolte ai bovillensi se essi aves-
sero goduto di un qualche potere, e non sarebbe stato necessario di cir-
condarla di nuovo se avesse conservata la vetusta cinta delle sue mura (5).
Benché in tale notizia non si dica Boville propriamente munita o circon-
data con mura, come si accenna per altri luoghi colonizzati, pure si deve
credere essere stata circondata con alcuna nuova cinta ; e quest'opera do-
vette necessariamente verso la via Appia adattarsi al suo rettilineo. E si é
con tale stabilimento che Boville dovette essere costituita a municipio ro-
mano secondo la indicata legge, che doveva corrispondere alla Cornelia
sui municipii. Più circostanziate notizie, di essere stata successivamente Bo-
ville posta lungo la via Appia , si hanno dalle diverse descrizioni sull'ucci-
sione di Clodio ; poiché, mentre dall'abbreviatore di Livio e da Vellejo Pa-
(4) Eodem anno (459) via a Martis silice ad Bovilìas perstrata est. (Livio. Lib. X.
e. il.J Per le opere imprese a farsi lungo le vie da C. Gracco si vedano le notizie pre-
liminari esposte in principio di questo Volume.
,5) Bobillae, oppidum, lege SuUana est circum dacia; iter jiopulo non debetur, ayriim
ejus ex occupatione milites veterani tenuerunt in sorte. (Lib. L Coloniarum, Campania. Groma-
tici Veteres ex recensione Cor. Lachmanni.J L'indicazione circum ducta o circum duclum, se-
condo le diverse varianti, sempre doveva denotare essersi fatta alcuna nuova cinta;
quantunque non si sia impiegata la espressione munita, come vedesi praticata nella noti-
zia dell' Aricia, nò quella muro ducta, come si prescrive ad Anagni ed a diversi luoghi an-
noverati nello slesso lihro.
206 VIA APPIA PARTE XII.
tercolo si dice accaduto un tale avvenimento lungo la via Appia in vici-
nanza di Boville, e così pure da Appiano, si trova poi chiaramente e ripe-
tutamente attestato da Cicerone essere ciò avvenuto propriamente nella
stessa via Appia senza punto far menzione di Boville, e solamente dal suo
commentatore Asconio Pediano si fa conoscere che Clodio, dopo di essere
stato ferito nella via Appia in vicinanza del sacello della Buona Dea , fu
trasportato nella prossima taberna di Boville, e poscia fu trasferito di nuovo
nella via per ucciderlo (6). Da queste ultime notizie si vuole comunemente
(6) P. Clodii, a T. Annio Milane, candidato considatus, Appia via a Bovillas occisi,
corpus plebs in curia cremavit. (Epit. di Livio. Lib. CVII.J Quo tempore Publius Clodius a Mi-
lane, candidato cansulatus, extemplo inutili, facto salutari reip. circa Bovillas cantracta ex occur-
su rixtt, iugulatus est. fVellejo Patercolo. Lib. IL e. il.J K).i)0£5U 3' è^ ìBìwj yupiwv krioi-
-jió-jro; ine ìnnov, xckÌ moi BjiXXxj c/.nocjzriaccjzoz aùzY ol u.sv xazà tó-j iySpTJ ùnst-
SwTO fjtsvjv u}}.-/ì\ou:, Kxl na.pii^iv'jOCJ' 9cpx~(à'j de tsO MiJ.aovc; STiiSpafioòv tì K),(mSj5o,
zhi xvKilcva nivo:, iW itz, ì-yOpò'J dianòrov zthjvsov, Inara^av I? rò ^cTX'pp-vov ^iftèccò.
K«! tìv (xiv u'i[iQat pcóixvjov kg ts nXvjfficv rraySsxijsv ò tnTioxspio; ìai(fipzv. 'O òi Mt'-
?,wv [Xiiù. tìv Bipunc'j-a'j Iniaza;, hi kiJ.T:ycuv, vj y.cà VcXpòv, inxvS'kzv (Appiano, Guerre
Civili. Lib. II. e. 21.y Da Cicerone poi si ripete spesso nella sua orazione a favore di Mi-
lone essere la morte di Clodio accaduta nella via Appia: qmim caedem in Appia via faclam
esse constaret. (e. ìt.) Tidtt enitn de caede, quae in Appio via facto esset, in qua P. Clo-
dius occisus est. (e. 6.j Nunc eiusdem Appiae nomen quantas tragaedias excilat? 'e. l.ì Occi-
sum esse a servis Milonis in Appia P. Clodium. (e. 21. J E di seguito ne descrive anche alcu-
ne particolarità senza mai fare menzione di Boville; e solo si suole attribuire al medesimo
avvenimento la indicazione, sexagesimo et quingentesime post pugnarti Bovillam, che si vede
registrata nella lettera decimaterza del Libro V scritta ad Attico da Efeso. Però da
Asconio Pediano si trovano riferite le seguenti particolarità sul medesimo avvenimento :
Occurrit ei circa horain nonam Clodius paulo ultra Bovillas, rediens ab Arida, prope eum
locum, in qua Bonae Deae sacellum est. Erat autem allocutus decuriones Aricianorum. Vehe-
batur Clodius equo. Servi xxx fere expediti, ut ilio tempore mas erat iter facientibus, gla-
diis cincti sequebatur. Erant cum Clodio praeterea tres cotnites eius, ex quibus eques Ro-
manus unus C. Cassinius Schola, duo de plebe novi homines, P. Pomponiìis , C. Clodius.
Milo rheda vehebatur, rum uxore Fausta (ilia L. Sullae dictatoris, et M. Fusio familiari suo.
Sequebatur eos magnum servorum agmen; inter quos gladiatores quoque erant, ex quibus duo
noti, Eudamus, et Birria. Hi in ultima agmine tardius euntes, cum servis P. Clodii rixam
commiserunt. Ad quem tumuhum quum respexisset Clodius minitabundus, humerum eius Bir-
ria romphaea traiecit. Inde quum orto esset pugna, plures Miloniani accurrerunt. Clodius
vulneratus in tabernam proximam Bovillano delatus est. Milo, ut cagnovit vulncratum Clo-
dium, quum sibi periculosius indicium vivo eo futurum intelligeret, accisa autem magnum
solatium esset habiturus, etiam si subeunda esset poena, exturbari tabernam itissit. Fuit ante-
signanus servorum eius M. Fustenus. Atque ita Clodius latens extractus est, multtsque rul-
TUA IL MIGLIO XI. ED IL \II. 207
dedurre avere la via Appia trapassalo t-ntro Boville ; ma olire che ciò si
oppone alle più amorevoli memorie che altestano un lale avvenimenlo ac-
caduto nella via Appia in prossimità di Boville , è contrario anche a tutte
le altre notizie che non indicano mai avere la via traversalo la città stessa,
ma solo percorso lungo il lato orientale, come è poi palesamente dimo-
strato dalle molte reUquie di sepolcri che esistono lungo il lato sinistro
della via stessa d" incontro al luogo già occupato da Boville. che non avreb-
bero mai potuto sussistere se la città si fosse protratta dall'una e dall'altra
parte della via. Così si viene a stabilire essere stata la indicata taberna di
Boville collocala nel lato del municipio che corrispondeva lungo la via Ap-
pia per uso dei viaggiatori; e parimenti lungo la stessa via doveva esistere
1 indicato sacello della Buona Dea. Anche altre notizie su Boville, in rela-
zione dei primi anni dell'impero, si rinvengono in quelle narrazioni che ci
furono tramandate da Svelonio e da Dione particolarmente sul trasporto
del cadavere di Augusto da Nola a Boma ; perciocché in tale occasione si
dice essersi esso depositato a Boville , da dove i cavalieri lo presero per tra-
sportarlo a Roma : ma non è in nessun modo dichiarato in quale edifizio si
fosse collocato, quantunque sia da credere che ciò accadesse nella basihca
o nel più cospicuo tempio come si fece negli altri luoghi (7). Però da
Tacilo si asserisce nel finire dell'anno 770, cioè Ire anni dopo la morte di
Augusto, essersi dedicalo da Tiberio un sacrario alla gente Giulia con una
effigie del divo Augusto presso Boville ; e quindi in tale occasione è da cre-
dere che si stabilissero giuochi circensi in onore della slessa genie Giulia ;
poiché dal medesimo storico si accenna che nell'anno 816 da Nerone si
celebrarono altri giuochi circensi presso Auzio in onore delle genti Claudia
neribus confectus. Cadaier eius in via relictum, quia servi Clodii aut occisi erant, aut gra-
viter sancii latebant. Sex. Teditts senator, qui forte ex rure in urhem revertebatur, sustidit,
et lectica sua Romani ferri iussit. E quindi successivamente aggiunse : Milonem subito
post horam quartam, senatu misso, cum servis amplins CCC armatis obviam ei contendisse,
et supra Boviìlas inopinantem in itinere aggressum; ibi P. Clodium tribus vulneribus ac-
ceptis, Boviìlas perlatum; tabernam, in quam profugerat, expugnalam a Milane; semianimem
Clodium, exlractum, in eia Appia occisum esse, annulumque eius ei morienti extracium.
l'Asconio Pediano, in Argum. Orat. prò Milone.J
(7) Corpus decuriones municipiorum et coloniarum a Nola Boviìlas usque deportarunt ;
Hoctibus, propter anni tempus , quum intcrdiu in basilica cujusque oppidi, vel in aedium sacra-
rium maxima reponerelur. A Bovillis equester ordo suscepit, Urbique intulil, atque in vestibulo
domus collocavit. Svetonio, in Augusto e. 100.^ E da Dione venne contestato in circa lo
stesso avvenimento non facendo però menzione di Boville. ^Lib. LVI. e. 30 e 31.
208 VIA APPIA PARTE XII.
e Domizia simili agli anzidetti di Boville (8). Vedendo nelle indicate due
notizie da Tacito sempre impiegata la determinazione apud Bovillas per de-
notare il luogo del sacrario anzidetto e quello dei giuochi circensi, si deve
credere che tanto l'edifizio sacro alla gente Giulia quanto il circo, in cui si
celebravano i detti giuochi, stassero non precisamente entro il circuito di
Boville, ma da vicino. Ed infatti mentre già si è potuto conoscere dalle
precedenti notizie che la vetusta città doveva essere alquanto più distante
dal luogo ove esistono le principali reliquie superstiti ed in una posizione
pili elevata, si trova poi dichiarato dalle indicate notizie che il sacrario ed il
circo si dovettero collocare da vicino all'antica città verso Roma in modo
precisamente simile a quanto venne praticato in Roma stessa nell'aggiun-
gere i circhi ed i teatri con i più nobili edifizj della prima epoca imperiale
nel campo Marzio che stava fuori dall'antica cinta delle mura della città.
Così il luogo, in cui si trova esistere il circo di Boville, che è il più co-
spicuo monumento che rimanga, deve considerarsi quale altro campo Mar-
zio di quel municipio; e ad esso vicino deve credersi posto il medesimo
sacrario, cioè ove esistono nel suo lato meridionale reliquie di un nobile
edifizio, e non mai riconoscersi in quel monumento che rimane nell'opposto
lato, poiché esso si trova più formato a guisa di sepolcro che di edifizio sa-
cro. Siffatta circostanza vedesi d'altronde contestata da quanto successiva-
mente venne esposto dal medesimo Tacito sull'avvicinanìento dei Vitelliani
da Terracina a Roma nell'anno 82i; poiché primieramente si dicono essersi
le loro legioni accampate al di qua di Boville, e poscia presso allo stesso
municipio ; ciò che serve a dichiarare avere il medesimo luogo corrisposto
a quel campo che si trovava stabilito nella parte settentrionale verso Roma,
ed ove esistono tuttora le reliquie del circo, alle quali succede un'area piana
che si stende in grande ampiezza e capace da servire all' indicato uso di ac-
campamento militare. Si è con tale aggiunzione che Boville veniva avvicina-
ta a Roma dal migho duodecimo all'undecimo, e reso il municipio più su-
(8) Fine anni (ITO) Sacrarium genti Juliae , effigiesque Divo Augristo
api/d Bovillas dicantiir. ,^Tacilo, Ann. Lib. IL e. 41.' Ltidicrum circense, ut Juliae genti apiid
Bovillas, ila Claudiae Domitiaeque apud Anlium ederetur. fJd. Ann. Lib. XV. e. 23.
(9) Civitas pavida, et servitio parata, oceupari redeuntem Tarracina L. Vitellium cum
cohortibus, exstingnique reliqua belli, postulabal. Praemissi Ariciam equiles ; agmen legionum
intra Bovillas sletit Tum Vitelliani, quos apud Bovillas in deditionem acce-
ptos memoravi mus, ceterique per Vrbem nt urbi vicina conquisi!, producuntur prope inteclo cor-
pore. (Tacito, Uist. Lib. IV. e. '2 e 46.^
TRA IL MIGLIO XI. ED IL XII, 209
burbauo che non era per 1 avanti, come venne spiegato in particolare da Per-
sio e dal suo antico scoliaste (10). Si hanno poi particolari memorie che se
per una parte accennano essere stato il municipio di Boville ridotto nei pri-
mi anni dell' impero in stato assai meschino in modo che, secondo Cicerone,
non si poteva rinvenire più alcuno, comeLabico e Gabi, che lo rappresentasse
nella distribuzione delle carni che si faceva sul monte Albano nelle ferie la-
line, ed anche non ne venisse da Strabene fatta menzione nella sua descri-
zione. Per altra parte poi si conosce che Boville dovette, anche prima della
dedicazione fatta da Tiberio dell'anzidetto sacrario della gente Giulia, avere
acquistato alcun benificio ; poiché nelle ultime discoperte fu rinvenuta una
importante iscrizione relativa ad una dedica fatta dalla gente GiuHa a Veio-
ve in seguito di un decreto stabilito a norma della vetusta legge Albana, la
quale dal modo, con cui vedesi scritta con vocali geminate, si venne a credere
collocata circa nell'epoca stessa in cui fu posta quella di Marco Cecilio rin-
venuta da vicino al quinto migho (12). Si conoscono poi esservi state nelle
(10 ! Alle parole di Persio, adcedo Bovillas Clivumque ad Virbi, il suo antico scoliaste
ne riferiva la seguente spiegazione: Bovilìae sunt vicus ad undecimum lapidem Appiae viae,
quia aliquando in Albano monte ab ara fugiens taurus , jam consecratus , ibi comprehensus est.
Inde Bovilìae dictae. (Persio. Sat. VI. v. 55. '
(il) Nisi forte Lavicana, aut Gabina, aut Bovillana vicinitas adiuvabal; quibus e muni-
cipiis vix jam qui carnem Latinis petant, inveniuntiir. (Cicerone, Pro Piando, e. 9.J Da Stra-
bene poi nel Libro V, descrivendo il Lazio e particolarmente le vie che uscivano da Ro-
ma, a riguardo delKAppia faceva conoscere solo che dopo il monte Albano lungo tale via
esisteva TAricia a cento sessanta stadii distante da Roma, senza punto far menzione di
Boville che si trovava alcun poco prima; mentre egli per altra parte fa menzione pure di
Lanuvio e di Tellene con altri luoghi circonvicini.
(12) La indicata iscrizione si rinvenne scolpita in una specie di ara di pietra albana
nella di cui fronte si lesse : vediovei . patrei | genteiles . ivliei. Ed in un lato legge .
ALBAANA . DiCATA , OrelU. Inscript. 1287. Nibby, Analisi. Tom. I. pag. 321.; Ultimamente
il dottor Ritschel [Monumenta epigraphica. Caput. IH. De vocalibus geminatisj prese a con-
siderare la stessa iscrizione, e servì di documento per meglio determinare l'epoca in cui
s'impiegarono le vocali doppie, come già fu osservato descrivendo quella di Marco Cecilio
rinvenuta da vicino al quinto miglio; ma della seconda parte della suddetta iscrizione
riferisce solo la imperfetta lezione .\ara che non esprimerebbe la indicala circostanza. Pe-
rò se è dubbiosa questa seconda interpretazione, si trova essere certa poi la prima che
di comun consenso si attribuisce alla gente Giulia. Quindi è d'uopo osservare che nelle
stesse adiacenze del circo fu rinvenuto un frammento d'iscrizione, in cui leggesi: . . . st.
e ... I NiA . PVBL .... dal quale solo si può dedurre essersi fatta alcuna opera a spese
comuni con pecunia pubblica.
27
210 VIA APPIA PARTE XII.
adiaceuze del medesimo municipio sino dall'epoca stessa stabilite diverse no-
bili ville che si distinguevano col titolo Bovillano, tra le quali si annovera
un fundo di Cicerone egualmente denominato (13). Da varie iscrizioni poi si
conosce che il medesimo municipio doveva continuare in qualche modo a
prosperare nella successiva epoca imperiale, senza però prendere a conside-
rare quella di Marcio Giunio Monimo liberto di Silano che si riferisce al-
l'anno 784 e che venne primieramente pubbhcata dal Fabretti; poiché si
asserisce rinvenuta in una vigna posta sotto Marino, e perciò doveva appar-
tenere a Castrimonio che ivi stava collocato e che era stato pure dichiarato
municipio per la stessa legge Sillana con cui fu stabilito Boville ; e ad esso
solo possono convenire le indicazioni della porta Mediana e del rivo delle
acque Albane che si trovano in tale iscrizione denotate (14). Con più cer-
tezza si può appropriare a Boville la iscrizione di C. Dissinio della tribù
Quirina curatore della repubblica dei bovillensi, e di Sesto Sulpicio Ter-
tullo e C. Tineo sacerdote; perchè si fa menzione della dedica fatta di
ordine dei decurioni bovillensi e degli augustali di una certa effigie eretta
avanti ad un tempio detto Nuovo per onorare evidentemente Severiana ver-
gine Vestale massima albana sorella del suddetto Dissimo, e ciò mentre era-
no consoli M. Civica Barbaro e Regolo nell'anno 910 di Roma (15). Quale
(13) Fundum audio le hunc Bovillaniiin velie retinere. ^Cicerone, Ad Quinttim Fralrem.
Lih. IH. Epist. I.
(14) La indicata iscrizioue venne primieranienle pubblicata dal Fabretti alla Pag.
463. N. 95 coir indicazione del luogo del ritrovamento Vinea Bevilagua sub Marino. La
sussistenza del Castrimonio nel luogo occupato ora da Marino si comprova con altre iscri-
zioni rinvenute nelle sue adiacenze ed in particolare con quella riferita dal medesimo Fa-
bretti alla pag. G88 e dal Grutero alla Pag. CCCXVII. N. 3. Ed ancbe dal Riccv nelle sue
Memorie su Albano. Quindi la riduzione a forma di municipio si dichiara nel Libro I delle
Colonie attribuito a Giulio Frontino al titolo Castrimoniitm (Gromatici Veteres.J Le acque,
che scorrono a Iato di Marino, e che discendono precisamente dal monte Albano, dovevano
costituire il rivo delle acque Albane indicalo nella detta iscrizione; mentre nel luogo in
cui esisteva Boville non si trovano mai avere potuto giungere alcune ragguardevoli acque
dal medesimo monte, a meno che non si volesse, in tale rivo riconoscere l'emissario del la-
go di Albano che scarica le sue acque sotto il colle in cui esisteva Boville : ma tutto ciò
che è espresso in tale iscrizione concorda meglio con la località occupata da Marino, ed
anzi si rende essa importante per la illustrazione di tale luogo.
15) LOCVS ADSIGNATVS AB C. DISSIMO C. F. QWina | CVRATORE REIPVBLICAE BO-
VILLENSIVM DEDicalUS \ Vili. K. lANVAR. SEX. SVLPICIO TERTVLLO C. TRSEIO Sacer | DOTE.
COS. CVIVS GB DEDICATIONEM DEDIT ORDINA . deCUrì | ONVM . SING. HS. Villi. ITE.M . OR-
DINI. AVfiVSTALIVM SUig. HS | QVOD PEBMISERVNT IN CLVPEO. «,IVOD El POSVERVN? ante
TRA IL MIGLIO XI. ED IL XII. 211
sia il tempio Nuovo, ricordalo in tale iscrizione, non bene può determinarsi :
però se si dovesse avere riguardo alle memorie, che ci sono stale conser-
vate, si dovrebbe attribuire a quelledifizio sacro che fu dedicato da Tiberio
in onore della gente Giulia, che pure a guisa di tempio doveva essere costi-
tuito: ma anche tra l'anno 770, in cui questo venne dedicato, e l'anno 910.
epoca a cui riferisce la suddetta iscrizione, vi trascorse anche troppo spa-
zio di tempo per credere giusta l'appropriazione di nuovo surriferita ; percui
essa si dovrà attribuire con piti convenienza a qualche tempio edificalo da
Antonino Pio o da Marco Aurelio. E forse ciò accadeva nella slessa epoca
in cui si fece il decreto in favore dello stesso C. Dissimo, nel quale sono di-
stinti i bovillensi col titolo di albani-longani dalla città di Alba-lunga a cui
subentrò Boville in alcuni diritti, come già fìi osservato; e parimenti in al-
tra di P. Sufenale Mirone che ripetutamente venne riferita dal Fabretti, il
quale ancora ne riporta un'altra che è relativa ad alcune cose sacre (16).
Più importante per la conoscenza delle fabbriche esistenti in Boville, an-
che sino all'epoca degli Antonini, è la iscrizione ben cognita riferita pri-
TEMPLVM NOVM (si'c) FINGERE EFFIGIEM MA. • • | SEVERINAE VIRGIISIS ALBANAE MAXimoe
SOrORIS SVAE. POST EXCESSVM VITAE EIVS. hic \ PRIMVS COMITIA MAGISTRATVVM Crean-
dorum | cavsa institvit m. civica barbaro et | tegvlo cos. anno vrbis conditae ■ . • ]
coHSENTiENTE . . . Fvsco cvRotóre. ( OrelU. N. 3701/ Dal Marini venne la stessa iscri-
zione riferita con più esattezza e con i proposti supplementi, e s'indica scritta sulla pie-
tra albana, ed esistente al suo tempo presso il Card, de Zelada. (Marini, Atti e Monu-
menti dei fratelli Arvali. Osserv. Tav. XLI. pag. 654.'
16, e. DISSENIO 1 e. F. QVIR. FVSCO | U.VDRIANO | C. DISSENIVS. FVSCVS | PATER.
UONORE 1 PVBLICE. OBLATAE | STATVAE. CONTENT. SVA ] PEC. FEC | C. DISSENIO QVIR. |
FVSCO. PRAEF. FABR | CVRATORI. ET. PATRONO | ALBANI. LONGANI | BOVILLENSES. OBLA-
TAE I STATVAE H. C. | C. DISSENIO ] C. F. QVIR FVSCO ] SABINIANO | C. DISSENIVS. FVSCVS |
PATER. HONORE | PVBLICE. OBLAEAE | STATVAE. CONTENT. SVA | PEC. FEC. fOrcllt.N. 119.'
F. SVKENATl P. F. PAL | MYROM | EQVITI ROMANO. DECVRIA | LI SCRIBARVM AEDILIVM |
CVRVLIVM. LVPERCO. LAVRENTI | LAVINATI. FRETRI.\CO NE | APOLI ANTINOITON ET EV |
NOSTIDON I DECVRIONI ] IIII VIRO. ALBANI LON | GANI. BOVILLENSES ] MVNICIPES GB MERI |
TA EIVS. L. D. D. D. fldem. N. 2252.J Dal Fabretti alla Pag. 4.56 si riferisce la stessa se-
conda iscrizione che asserisce avere letta con poche variazioni in tre diverse lapidi. Ed
altra di un Q. Licinio, che pure accenna la medesima qualificazione si trascrisse dal Riccj
nelle sue Memorie storiche di Alba-lunga, Pag. 103. Dal medesimo Fabretti si riporta poi
alla Pag. 460 la seguente altra lapide, che pure è importante per la storia di Boville:
D. M I L .MANLIO L. F. PAL | SEVERO REGI S.\C | RORVM FICTORI PONTIFICVM VR III VIRO
BOVILLENSI I VM. COLLACTANE | O DVLCISSIMO ET | INDVLGENTISSIMO | ERGA SE FECIT.
fOretìi. N. 2281.,
212 VIA APPIA PARTE XII.
mieramente dal Grillerò, che è relativa all'anno ';)22, in cui erano consoli
Celio Apollinare e Q. Sosio Prisco ; perchè si conosce da essa essersi nel
teatro di Boville esposti alcuni giuochi scenici (17). Da altre lapidi poi si
deducono notizie su alcune proprietà particolari che esistevano nelle adia-
cenze di Boville : ma sono esse di incerta determinazione del luogo, a cui
si riferivano ed anche dell'epoca relativa alle memorie accennate. Quindi so-
lo merita considerazione la notizia di due fundi che esistevano al decimo
terzo miglio dell' Appia precisamente all'estremila meridionale di Boville; per-
ciocché possono in qualche modo appropriarsi le reliquie di un ragguardevole
monumento, esistente da vicino al decimo terzo miglio, al fundo Casacel-
lense indicato avere corrisposto in tale posizione (18).
Alle indicate memorie storiche servono di palese dichiarazione le re-
liquie delle fabbriche bovillensi superstiti; poiché unitamente al circo an-
zidetto, che costituisce uno dei piiì importanti monumenti che si abbiano
(17) L. ACILIO L. F. POMPT. EVTYCHAE ] NOBILI ARCHIMIMO COMMVM. MIMOR | AD-
LECTO. niVRNO PARASITO APOLL. TRAGICO | COMICO PRIMO SVI TEMPORIS. ET OMNIB | COR-
PORIB. AD SCAENAM. | UONOR. DECVRIOM BOVILLIS | QVEM PRIMVM OMNIVM ADLECT. PA-
TRE I APPELLARVNT | ADLECTI SCAENICORVM. ET AERE COLLATO | OB afVNERA ET PIETA-
TEM IPSIVS ERGA SE | CVIVS OB DEDICATION. SPORTVLAS DEDIT | ADLECTIS SING. X. XXV.
DECVR. BOVILL. ] SING. X-V. AVGVSTAL. SING. X-III [ MVLIER. HONOR. ET POPVLO SING.
X-l. I DEDIC. ni IDVS AVG. SOSSIO PRISCO | ET COELIO APOLLINARI COS. C\TIAT0RE | Q. SO-
SIO AVGVSTiANO. (OrelU. N. 2625.^ Nel lato destro si legge di ordo adlectorvm con ses-
santa nomi di persone appartenènti a quest'ordine, quali sono dal Grutero esposti alla Pag.
MLXXXIX. N. 6.
(18) Le indicate iscrizioni relative a pertinenze varie, che si appropriano alle adia-
cenze di Boville, si trovano in particolare raccolte del Pratilli nel Capo XI della sua
descrizione sulla via Appia, e si riferiscono alle genti Arunzia, Antistia, Vatinia e Ca-
scèllia : ma sono esse riportate senza precisa indicazione sul luogo del loro ritrovamen-
to, e per piìi gran parte coll'autorità del Ligorio; percui non meritano grande fiducia.
Sono però da considerarsi le notizie sui fundi diversi che sono indicate nella iscrizione
riferita dal Fabretti Pag. 416. N. 368; perchè tra essi se ne trova annoverato pri-
mieramente uno dopo di quello di Prode al secondo miglio della via .\ppia : fvnd.
PROCLis . IN . INT. VIA . APPIA . MiL. II. CVMPANTAN | chc esistcva al dccimo terzo
miglio della via stessa col titolo, fvnd. virginis . in . int. via . appia . mil. xiii.
E di seguito altro esistente nel luogo stesso e distinto col titolo, fvnd. casacellense .
VIA . APPIA . MIL. xiii. Ed a questo ultimo fundo si dovrebbe attribuire la seguente
iscrizione, che fu riferita coiraulorità suddetta del Ligorio, se non vi fosse dubbio sulla
sua autenticità: cascellianvs . fvndvs | later. privat. viae [ pvbl. ter. ped. ccclv |
A. cascellivs . A. F. AED. CVR. (Pratilli, Via Appia. Cap. XI. Pag. 79.
TRA IL MIGLIO XI. ED IL XH. 213
in tal genere, benché di proporzioni assai inferiori agli altri circhi, si so-
no pure scoperte reliquie del teatro in cui si dovettero esporre gì' indicati
giuochi scenici. Ed anche si possono con molta probabilità riconoscere re-
liquie del sacrario della gente Giulia in quelle che sussistono nel lato me-
ridionale del circo. Parimenti si può con molta probabilità determinare il
luogo del tempio della Buona Dea, ricordato da Cicerone, in seguito del ri-
trovamento di una iscrizione relativa ad una edicola dedicata alla stessa
divinità (19). Tutte le indicate diverse reliquie poi si trovano corrispon-
dere in quella parte, rivolta verso Roma, che si dovette aggiungere alla ve-
tusta città nell'epoca imperiale in modo assai simile a quanto venne pra-
ticato in Roma stessa colla protrazione del Campo marzio, in cui stavano
eretti i più nobili edifizj dell'epoca stessa, come già fu osservato, e come
meglio sarà dimostrato nella descrizione della tavola in cui viene esposta
la topografia particolare di tale luogo, la quale fu stabilita precipuamente in
seguito di quanto si è ottenuto dalle scoperte fatte nell'anno 1822 (20).
(19) VOTO . SVSCEPTO | BONAE . DEAE j ASTRAPTON . CAESARIS . VILIC | AEDICVLAM .
ARAM . SAEPTVM . CLVS^^M | VETVSTATE . DiRVTA . RESTiTViT. ( Muratori, InscTipt. Pag.
CXXXIII. N. 2. Bovillis ex Tomasino.J Dal Tomasino citato si riporta tale iscrizione nei
suo Libro intitolato. De Domariis et tabellis volivis, ove si dice però esistere apud Martium
Miìesium Sarazanum, Roniae fin Thes. Rom. Ani. Graev- Tom. XII. Pag.SOò.' Dallo Spon
s'indica esistente RomaeadDivi Silvestri (Misceì. Pag. 1117. Sup. Thes. Graev. Tom. IV. J
E così dal Fabretti il quale però, riportando la slessa iscrizione, si dice da egli esistere
in vtridario PP. Teattinorum D. Silvestri, in seguito di qualche trasporto accaduto (Inscripl.
Pag. 3. jV. 9.^ Del tempio poi se ne fa menzione da Cicerone (prò Milane, e. 31.'
(20) Le indicate scoperte, fatte nel luogo occupato dall'antica città di Boville, fu-
rono pubblicate dal cav. Giuseppe Tambroni in una dissertazione inserita nel Tom. Ili
degli Atti dell'Accademia Romana di Archeologia, la quale fu corredata di una accurata de-
scrizione del cav. Luigi Polelti con alcune tavole rappresentanti i principali monumenti di-
scoperti in tale epoca, come venne in egual modo pubblicato nel fascicolo del mese di
giugno 1823 del Giornale Arcadico. Nel volume delle Effemeridi romane, pubblicato
nello stesso anno 1823, vi sono inserite diverse memorie del cav. De Romanis sulle
stesse scoperte. Anche nella Gazzetta di Milano del 12 giugno 1826 si sono pubbli-
cate diverse iscrizioni posteriormente rinvenute. Quindi pure ne venne riferita una espo-
sizione generale con alcune aggiunte, dedotte dalle posteriori scoperte, nella pubblicazione
fatta nell'anno 1828 da Angelini e Fca sui Monumenti più insigni del Lazio distribuite in
vie, nell'articolo primo sulla via Appia. Ed altre notizie furono esposte dal Nibbj nel
Voi. I. pag. 310 della sua Analisi della carta della Campagna Romana, .\nteriormente
poi alle dette scoperte impresero più particolarmente a descrivere quanto si attribuiva
a Boville il Cluverio Italiac Antiquae. Lib. III. Pag. 917. E similmente dalTOlstenio
214 VI\ APPIA PARTE XII.
Perlaiilo è d'uopo osservare che in seguito di tale aggiunzione la stazione,
che si dovette stabilire forse solo dopo l'epoca Costantiniana anche più da vi-
cino a Roma, si trovava così corrispondere più approssimativamente a quanto
venne registrato nella Carta peuntingeriana, benché evidentemente con pa-
lese errore in essa si assegnino miglia dieci di distanza da Roma colla pu-
re scorretta indicazione ad Bohellas invece di quella ben nota ad Bovillas.
Ma non mai poi può confondersi la stessa stazione con quella distinta col
(itolo ad Nonas; perchè era questa collocata in luogo assai più distante da
quello occupato da ogni qualunque protrazione che si sia potuta fare a Bo-
ville, come fu ampiamente dimostrato nella descrizione della stessa stazione
del miglio nono.
Dalle indicate osservazioni sulle vicende, a cui andò soggetta Boville.
può con molta probabilità stabilirsi che la vetusta città latina doveva essere
collocata tra il duodecimo ed il decimoterzo miglio della via Appia ; ed an-
che, avanti lo stabilimento di questa via, essersi protratta nel lato sinistro al-
quanto verso la parte orientale del monte ; ed in tale posizione la città pote-
va benissimo presentare per naturale distinta elevazione quella fortezza che
si attribuisce precipuamente nelle narrazioni dell'avvicinamento a Roma dei
volsci condotti da Coriolano. Ma dopo lo stabilimento della via Appia do-
vette essere stata limitata a contenersi interamente nel suo lato destro, e for-
tificata verso tale parte da una linea retta di mura costrutte con pietre alba-
ne ridotte a comporre la solita opera quadrata, come può contestarsi da varie
reliquie che rimangono tuttora visibili lungo lo stesso lato della via nello spa-
zio che si trova avere corrisposto tra le indicate due colonne migliane. Quin-
di coH'aggiunzione, fatta precipuamente nei primi anni dell' impero romano,
dovette protrarsi dalla colonna del duodecimo miglio sino non molto distante
da quella dell'undecimo, senza essere più circondata da veruna specie di
mura, e determinata solo in tale aggiunzione dalla via Nettunense, o per
megho dire Anziate, che poco dopo la indicata colonna dell'undecimo miglio
si trova separarsi dall'Appia.
Quindi per servire a dare una qualche più circostanziata idea delle
due distinte parli, componenti la città di Boville, si crede opportuno d'in-
dicare che nella parte di aggiunzione si trovano tuttora sussistere oltre le
importanti reliquie del circo, con quelle delle sue carceri e delle fabbri-
iiclle osservazioni aggiunte alla stessa descrizione del Cluverio. E quindi dal Volpi fVc-
tus Lalium. Tom. II. Lib. II. e. 20J si esposero altre memorie su Boville più particola-
rizzate, e così pure dal Pralilli (Via Appia. Cnp. XI. Pag. 71 e segg.J
TRA IL MIGLIO XI. ED IL MI. 215
che che adornavano il suo accesso e servivano al necessario Iratlenimeiito
dei carri destinati alle corse, si rinvengono nel suo lato orientale altre re-
liquie di un non grande ma nobile edifizio che si possono con molta pro-
babilità appropriare al sacrario della gente Giulia. Quindi nel lato occiden-
tale sussistono reliquie di due altri piccoli ediGzj d' incerta destinazione ; e
poscia verso la estremità settentrionale del circo stesso si rinvengono le re-
hquic del teatro con alcune tracce di un portico che corrispondeva lungo la
via che dall'Appia si protraeva lungo il lato occidentale del medesimo circo.
Alquanto più discosto dalle reliquie del teatro stesso sussisteva sino pochi
anni sono un monumento sepolcrale ragguardevolmente conservato, che si tro-
vava corrispondere lungo la via Anziate : ma venne ultimamente quasi del tutto
distrutto per servirsi delle pietre a comuni opere di soslruzione. Nella parte
poi che doveva essere occupata dalla più vetusta città, e che corrispon-
deva tra la duodecima e la decimaterza colonna migliarla, si conosce so-
lamente sussistere sopra terra una ragguardevole reliquia di un muro di cin-
ta costrutto con pietre albane squadrate e coperto con altre simili pietre
superiormente tondeggiate, come se ne hanno diversi simih esempj nelle
reliquie dei più antichi monumenti dell' Appia ; e quindi lungo la via , tra
le indicale due colonne migliarle, si vedono sussistere diverse reliquie di
mura di sostruzione che dovettero evidentemente servire a sostenere le
mura erette nello stabilimento di Boville in municipio romano dopo la costru-
zione della via Appia. Da vicino poi al luogo, in cui doveva essere posta la
colonna del decimoterzo miglio, nella parte opposta della via, vedesi sus-
sistere una reliquia ragguardevole di un monumento sepolcrale, che con
molta probabilità può attribuirsi al proprietario di quel fundo detto Ca-
sacellense ricordato nella surriferita iscrizione ; perchè in essa se ne pre-
scrive precisamente la corrispondenza all'indicata colonna migliarla.
Con la riferita descrizione di Boville si è giunto al termine prescritto
a questa esposizione sulla via Appia. E con essa si può ben asserire che, per
giungere sino alla stessa città di Boville, non siamo stati lassi viandanti fer-
mandosi alle Camene, come venne poeticamente accennato da Marziale a ri-
guardo di Severo per denotare la pigrizia sua (21); perciocché dalla porta
Capena, ove da vicino esisteva il tempio delle Camene indicato in tale poe-
(21) Lassus talli etto deficis viator ;
Et cum currere deheas Bovillas.
Interjungere quaeris ad Camenas ?
(Marziale. Lib. II. Epig. VI.)
216 VIA APPU PARTE XII.
tico cenno, con grande diligenza, senza punto perdersi di animo, abbiamo
preso successivamente a considerare tutte le memorie che si possono rinve-
nire per conoscere quanto di più importante può dedursi sulla vetusta ce-
lebrità della indicata prima parte della via Appia, onde così corrispondere
nel miglior modo possibile allo scopo prefisso. E ciò senza perdere la spe-
ranza di potere, con anche più agio e con maggiori cognizioni, riprendere
nuovamente la stessa passeggiata istruttiva allorché saranno portati a com-
pimento tutti i lavori proposti a farsi tanto per la protrazione delle scava-
zioni sino al più vetusto suolo della via , quanto per la restituzione dei prin-
cipali monumenti superstiti sino a quel limite che sarà concesso dallo stato
in cui si trovano ridotte le reliquie loro e dai mezzi che vengono con-
cessi a tale oggetto. E sarà per me non d' invidia, ma di vero piacere , se
altri con maggiori cognizioni coopereranno a rendere anche più importante
lo stesso cammino, e lo faranno ancora parere più lieve e dilettevole pas-
sando dal luogo occupato dal tempio delle Camene a quello di Boville se-
condo l'accennata definizione di Marziale. Ed infine credo utile per il mi-
ghor buon esito d' insinuare ad ognuno, che ne riconosca la utilità, di esporre
una qualche dimostrazione di grata riconoscenza verso tutti coloro che coo-
perarono all'effettuazione del ristabilimento di questa più importante parte
della regina delle lunghe vie degU antichi romani.
APPENDICE PRIMA
PRINCIPALI ISCRIZIONI RINVENUTE NELLE RECENTI SCOPERTE
DELLA PRIMA PARTE DELL ANTICA VIA APPI A
Onde supplire a quanto non si è pututo far conoscere sulle particolarità
delle varie iscrizioni, senza recare intralcio, nella esposizione della prima par-
te dell'antica via Appia , si sono nella enunciata Appendice raccolte le prin-
cipali che furono rinvenute nelle recenti scoperte, e che meritano una qual-
che considerazione per il modo con cui si trova in esse disposta la scrittura e
per altre specialità che sono estranee allo scopo prefissoci nella esposta de-
scrizione monumentale e topografica della enunciata parte della via più insi-
gne dei romani antichi ; e perciò in queste parziali esposizioni di supple-
mento sono con opportune citazioni ricordate per tutto il rimanente le osser-
vazioni fatte in tale descrizione. Quindi si aggiungono anche alcune iscrizioni
che non si sono potute considerare nella stessa descrizione tanto per essere
state rinvenute posteriormente quanto per essere incerto il luogo del loro
ritrovamento. Sono poi del lutto escluse quelle iscrizioni che offrono nes-
sun interesse e che si riducono a far menzione di semphci nomi di persone
interamente ignote sotto qualunque aspetto nelle memorie storiche. Si esclu-
dono ancora tutte quelle moltissime iscrizioni di maggior importanza che
sono già cognite per molte altre pubblicazioni; giacché non avrebbero bastato
due grossi volumi, invece di due semphci fogli, per dare evasione all'immenso
numero delle iscrizioni antiche che si dicono rinvenute lungo la stessa parte
della via Appia. In questa così Hmitata esposizione si repula però opportuno
di conservare sempre, per quanto si può, il partimento stesso che fu stabihto
secondo la divisione delle colonne migliarle nella descrizione generale della
medesima prima parte della via Appia.
PARTE PRIMA.
1.
Sì'NEROTIS M. OCTAVI O.
PASIPmLI . LI . CAESARIS C^IMBALISTES DECVRIO
Hl'MNVS
DIS MAMBVS
COLLEGIO . SÌTtfPHONIA
CORVM . QVI . SACRIS . PVBLl SÌIMPHONIACVS . SIRI . ET
GIS . PRAESTV . SVNT . QVIRVS OCTAVI.AE . OECVMENE
SENATVS . C. C. C. PERMISI! . E 3.
LEGE . IVLIA . EX . AVCTORITATE TI . CLAVDIVS . CORInThVS
AVG. LNDORVM . CAVSA . MVSICARIVS , P.ARIDIS
SIRI . ET . SVIS
AVRELIANVS
A BIBLIOTHECE
LATINA PORTICVS
OCTAVIAE
VILICVS
28
218
VIA APPI A APPENDICE I.
6.
7.
9.
11.
. . . LARIX . . ,
DIS MAN
SABINVS
CROCVS . MARCELLAE
PORTICV . o<:tav
CLAVDI . FOR
MESSALINE
ARGENTARIVS
BIBLIOTHE . orar;
TVNATI . CAS
INSVL
12.
8.
TRENSIS . Lin
10.
THYRAN7<VS
PHU.ETVS
MEDICO . HA
ATHENAIS
TOPIARIVS
MARCELLAE
CON . B. M. F.
ANTOXIAE
MARCELLAE
MEDICVS
SARCIN
13.
15.
hvcIa
D. M.
S.
17.
MARCELLAE . L
SOTERICHI .
PVBLICl
IVLIA
. QV
ARTA . . .
OPSTETRIX
VESTRICIAM .
A
ET .
FILIA
u.
BYBLIOTHECE
. PORTICVS IVLIA
. PRIMA ....
SYXEROS
OCTAVIAE
FESTI
. A .
BIBLIOTHEC . . .
MARCELLAE
STATILIA .
, ELPIS
AD . VESTE
CONIVGI . B. M. F
'. V.
A. XXVIIl
19.
DIS . MANIBVS . LAELIA ....
CARISSIMAE . FEC. LIRERALIS .
LATINA . APOLLINIS . ET . SIRI
18.
ALEXANDER . C. CAE
SARIS . AVG. GERMANICI . SER . . .
PILAEMENIAN^S . AB . BVBLI
OTHECE . GRAECA . TEMPLI . APOLLI
NIS . VIX . ANNIS . XXX
21.
SELLIAE . EPHYRE . DE
SACRA , VIA
IVLIA . ACCA
16. MATER
CALLISTHENIS . TI . CAESAR
. . AVG. A . BYBLIOTHECE
ET . SVIS .... LATINA . APOLLINIS
ET . DIOpItHIS . F. EIVS . A. BYBLIOT.
LATINA . APOLLINIS
VIX. AN. XLVIII
20.
D. M.
CRESCENTI . VERNAE
CAESARIS . N
CVBICVLARIO . STATIONIS . Il
VIX . AN. XXVII
MENSIBVS . XI . DIEBVS . XI
22.
.... e. IVLIO . CHRYSANTHO
.... ET . P. AELIVS , AVG. LIB. EVTYCHVS . PRAEPOSl
TVS . VELARIS . CASTRENSIRVS . FECIT . ET . SIBI . ET
SVIS . POSTERISQVE . EORVM
23.
. . VLIVS . AVG. ET . AVG. L.
. . ERETVS . PATERNVS
. . VESTA . CASTRENSIS
ISCRIZIONI PRINCIPALI.
219
24.
ANTEROS . TI . CAESARIS
CIST-ARIVS . A . \T3TE . FOREN
VIXIT . ANN. XXV
25.
CHRVSAPSIS
AGRIPPINAE . SVPRA . VESTE
26.
NTMPmCVS
AGRIPPINAE . GERMANICI
AB . ARGENTO
27.
TI . IVL. AVGVSTI
L. GRAENO . AR
ARGENTO . PATER
30.
P. RVBRI . GATIS . M . . . .
ET . TEN-ERIS . PVERI . L . . . .
PRISCILLA . PVRLIVS . RVBRIVS . FILIO ....
TIGRANES . FRATRES . ET . NAT. GATIS . MINO ....
MENSAM . MARMORIAM . PICTVR.AS . IN . PARIE ....
CIRCA . ET . PAVIMENTA . IN . PLANO . ET . IN . S . . .
TIBVRTINOS . ET . MACERIE . ET . IN . SO . . . .
HAEC . OMNLA
31.
ET ARE A . VSTRIN.AE . LNTER . AD . FLNE
AREA . SYMPHONIAC. ET . CORONARI
ME . EST . ET . POPV . . . LN . F. P. XIIIS. IN . A. P. XIS
33.
CAESARIS . LYSOR
MVTVS . ARGVTVS . IMITATOR
TI. CAESARIS . AVG. QVI . PRIMVM
INVEMT . CAVSIDICOS . UnT.ARl
28.
C. IVLIVS . DIVI . AVG. L.
COSMVS . SPECVLARUrMS
AGRIPPYANVS . HIC . SITVS . EST
C. L. IVLIVS . COSMI . L.
SABINVS
29.
AiNTIOCHVS . IVLIAE
DRVSI . CAESARIS . SVPRA
LECTICARIOS . FECIT
CLAVDIAE . CEDNE
COMVGI . SVAE . FECIT
32.
NEPOS . DEC
PAVIMENTVM . IN
OSSVARIO . ET
SVBSCALAKLi . D. S. P. D. D
C. CAES.ARE . L. PAVLLO , COS
34.
e. PORTVMIVS
C. L. HELENVS
CALPVRNIA . ANAPAVMA
NVCARI . DE . BASILICA
ANTONIARVM
DVARVM
Tutte le surriferite iscrizioni appartengono a sepolcri antichi che si presero a con-
siderare nella prima parte della descrizione dalla Pag. 33 alla 52. E particolarmente
quelle esposte dal N. 1 al 14 si sono rinvenute nel colombajo scoperto e ristabilito nel-
l'anno 1847 nella vigna Codini, come si è indicato alla Pag. 49. E mentre tutte le iscri-
zioni, rinvenute nell'altro colombajo scoperto e ristabilito nelPanno 1840 nella medesima
vigna, furono pubblicate ed illustrate dal marchese Campana nella sua dissertazione inse-
rita nel volume XI degli atti della romana accademia di Archeologia col titolo Di due se-
polcri romani del secolo di Augusto scoperti tra la rta Latina e l'Appio presso la tomba dei
220 VIA APPI A APPENDICE I.
Scipioni. ì.e aiizidetlc poi, quantunque conservale al proprio luogo con cura, pure ri-
mangono sempre senza essere convenientemente illustrate. E tra il grande numero di
tali iscrizioni si sono prescelte le surriferite, perchè meritano maggior considerazione
tanto per quelle esposte dal N. 1 al 4, in riguardo alla notizia sul collegio dei sinfo-
niaci e di alcuni musici in esse indicata; quanto perla notizia sulle biblioteche greca e
latina che vedesi riferita nelle iscrizioni dei N. 5 e 6. Così pure per le notizie di per-
sone addette al servizio di Marcella, Messalina ed Antonia, esposte nelle successive al-
tre iscrizioni dal 7 al 14. Le altre poi dal N. 15 al 31 si sono rinvenute nel colom-
bajo scoperto nella stessa vigna Codini più da vicino alla via Appia, e ristabilito nel
corrente anno 1853, come si è indicato alla Pag. 50. Particolarmente poi quella esi-
bita al N. 15, quantunque già presa a considerare alla nota 30, pure si è creduto di
ripeterla ; perchè serve a contestare vieppiiì la sussistenza delle indicate biblioteche del
portico di Ottavia. Così le simili biblioteche Palatine dette del tempio di Apollo, ben
note per altre memorie, si trovano indicate nelle iscrizioni riferite dal N. 16 al 19. Le
notizie della via Sacra, del cubiculario della seconda stazione, del preposto ai velarj castren-
si e forensi, notificate nelle iscrizioni dei N. 20, 21, 22, 23 e 24, sono pure di ragguarde-
vole importanza per la maggiore conoscenza delle persone adette al servizio dei Cesari.
Come altre simili notizie si hanno dalle iscrizioni riferite ai N. 25, 26, 27, 28, 29, 30
e 31. Al N. 32 poi si è esposta una iscrizione in musaico ultimamente rinvenuta nel pavi-
mento di altro colombajo scoperto nel lato meridionale dell'anzidetto ; ed è essa importante
per la più corretta espressione del vocabolo subscalaria che solo scorrettamente si conosce-
va da altre poche iscrizioni, come ancora per la menzione fatta del consolato di C. Giulio
Cesare e L. Emilio Paolo corrispondente all'anno 754 di Roma. La iscrizione, riferita al
N. 33, fu ampiamente illustrata alla Pag. 342 e N. 107 della già citata dissertazione del
marchese Campana riferita nel Voi. XI degli atti dell'accademia romana di Archeologia; e
si è creduto opportuno di trascriverla per la sua singolarità. In fine al N. 34 si riferisce
un importante titoletto rinvenuto ultimamente nell' indicato colombajo; perchè in esso si
trova per la prima volta fatta menzione di una basilica distinta col nome delle due An-
tonie che soltanto si può appropriare alle due ben note figlie di M. Antonio triumviro; cioè
la prima maritata a L. Domizio Enobarbo avolo di Nerone, e la seconda detta juniore ma-
ritata a Druso seniore fratello di Tiberio. Considerando che col vocabolo Nncari, scritto in
vece di Ntigari, si debba intendere solo essere stata Calpurnia Anapauma venditrice di
piccoli oggetti ornamentali femminili, si potrà credere che nella basilica surriferita si deb-
ba riconoscere quel portico Margaritario esistente nella regione Vili secondo il catalogo
dei regionari ; giacché non si hanno nessune notizie di una basilica, propriamente detta,
che sia stata distinta con l'indicato titolo; mentre poi ben si conosce che col nome di por-
tico si solevano pure denotare altri eguali edlfizj ed in specie la basilica Giulia, in cui so-
levano stanziare simili negozianti. È pertanto meritevole di considerazione il medesimo
titoletto per l'indicata particolare notizia, come sono precipuamente importanti per la
maggior conoscenza della topografia di Roma quegli anzidetti che servono a contestare la
sussistenza delle due biblioteche del portico di Ottavia.
ISCRIZIONI PRINCIPALI.
221
PARTE SECONDA.
1.
IMP. CAESAR
VESPASIANVS . AVG
PONTIF. MAXIM
TRIB. POTESTAT. VII
IMP XVII. PP. CENSOR
COS. VII. DESIGN. VII!
IMP. ^■ER^'A . CAESAR
AVGVSTVS . PONTIFEX
MAXIMVS . TRIBVNIC
POTESTATE . COS. UI . PAT
PATRIAE . REFECIT
2.
IMP. CAESARI . DIVI
TRAIAM . PARTHia . F
DIVI . NERVAE . NEPOTI
TRAIANO . HADRIANO
AVG. PONTIF. MAXIM
TRIB. POTEST. II. COS. II
VIATORES . QM . IPSI . ET . COS. ET
PR. CETERISQ. MAGISTRaTiB
APPARENT . ET . H. V.
Questa seconda iscrizione sussiste
nel piedestallo sottoposto alla detta co-
lonna migliaria.
Lungo la parte della via, che si comprende tra la prima e la seconda colonna mi-
gliaria, e che costituisce lenunciato secondo partimento, non essendosi fatte ultimamente
verune ragguardevoli scoperte , non si hanno perciò iscrizioni che non sieno cognite da
varie altre pubblicazioni e corrispondenti illustrazioni. Quindi nulla si è creduto merite-
vole di aggiungere a quanto fu esposto dalla Pag. 53 alla C6 e nelle respettive note.
Però si giudica opportuno di riprodurre ai N. 1 e 2 le iscrizioni della prima colonna mi-
gliarla, prese a considerare alla Pag. 53, per essere state meglio corrette, e per essere
quelle che in miglior modo rappresentano il capo della via presa ad illustrare.
PARTE TERZA.
1.
M. COCCEIVS
H1L.\RVS
OFFICIS . SVIS . HIC . IN . HOR
REIS . NEVAE . AMOREM
HABVIT . MAXVMVM
LICINIA . LIBAS
CONI VX
DE
2.
M. AVRELIVS . AV
VILIC. DOM\'S . AV
CIT. AELIAE . Die.
3.
e. IVLIVS . FELICIO
MXIT . ANNVM . \-NVM
MENSES . SEX
QVO . NIHIL . DOLM . NISI
MORTVS . EST.
QVOD
222
VIA \PPIA APPENDICE
Q. GRANIVS . M. F
LABEO . TR. MIL
LEG. TERTIAE
5.
. . . . T. CRVSTIDIVS . T. F. FABBRISO
.... PRAEF. EQVIT. \1XIT . ANN. XIX
. . EX . TESTAMENTO . PRO . PARTE . DIMIDIA
Tra le moltissime iscrizioni, rinvenute in questi ultimi anni nelle adiacenze della
vigna Ammendola, meritano considerazione le surriferite. La 1 per l'indicazione dei
granari di Nerva, dei quali però non si hanno altre notizie nelle memorie relative alla
topografia di Roma antica. La 2 per la qualità di M. Aurelio di vilico della casa di Au-
gusto. E la 3 per la singolarità della espressiva indicazione. Tali iscrizioni furono già
riprodotte, come meritevoli di considerazione, dall'abate Matranga che le pubblicò nel
Bullettino archeologico dell'anno 1850 pag. 179. Le moltissime altre iscrizioni, rinve-
nute nella stessa posizione, ed appartenenti in gran parte ai Volusìi, che furono vendute
dal sig. Guidi nell'anno 1850 al Governo Pontificio, rimangono depositate nei magaz-
zeni del museo Lateranense, e non ancora furono giudicate meritevoli d' illustrazione. Si
spera che sieno pure acquistate le surriferite con circa altre trenta che si conservano
tuttora nei depositi del detto sig. Guidi. Di tutte le moltissime iscrizioni , che si rife-
riscono a questo terzo partimento, se n"è data notizia dalla Pag. 67 alla 88. E ciò unita-
mente alle riferite ai N. 4 e 3 che sussistono a lato del grande sepolcro di Cecilia Me-
tella e che in particolare furono descritte alla Pag. 88.
PARTE QUARTA.
I.
TVRRANTAI . M. L. HELENAI
C. TVRR.\N10 . M. ^I. L.
HERACLEOM
M. TVRRANIVS . M. L.
PAMPHILIVS
TVRRANL\ . FLORA
C. TVRRANIVS . C. L. RVFIO . TVRRANIA . M. L. PfflLL\
TVRRANIA . C. C. L. CHILA . TVRRANL\ . M. L. ITALL\
Q. CAECILIVS . C.
L. iVLEXANDER
ET . L. HERACLEONI
ET . L. PAMPHILI . IN
FRON . P. Xn. IN
AGRO . P
4.
e. FONTEIVS . CAPITONIVS
TfflVDAVREI . F. ET ENTIS
C. FONTEIO . CAPITONIS . L. ORIAE
THEONICI . FRATRI DICIS
FONTEL\E . C. ET . 3. L PRIMAE INIS
COLLIBERTAE .ET ... SCYI
NIREO . Al\nCO . FONTEL\E . THIRE
C. FONTEIO . MONTANO
ISCRIZIONI PRINCIPALI. 223
N. 1. Iscrizione ultimamente discoperta verso il termine del terzo miglio, la quale
è scolpita in una grande lapide di marmo; e merita considerazione per il modo con
cui sono scritti i primi nomi. Non molto lungi dalla stessa lapide fu rinvenuta una
grande figura scolpita in bassorilievo che evidentemente rappresenta un atleta. È impor-
tante l'osservare che sotto il suo piantalo si è trovata scritta una indicazione del volume
che costituiva il masso di marmo in cui fu scolpita tale opera , cioè piedi cubi XLI. N. 2.
Cippo terminale forse appartenente al suddetto monumento dei Turranii ; giacche le^wesi
pure in esso il nome di Eracleone e di Pamfilo. N. 3. Piccola lapide rinvenuta nelle stesse
adiacenze. N. 4. Frammento di lapide scritta con grandi lettere e forse appartenente al
monumento che era adornato con la suddetta grande figura. Tutte le iscrizioni, che spet-
tano a questo partimento, sono descritte dalla Pag. 89 alla 96. Non sono però ricordate
le surriferite per essersi esse rinvenute dopo della stampa di detta descrizione.
PARTE QUINTA.
1.
HIC . SOROR . ET . FRATER . \l\enhs . dimnX . PAReNTIS
AETATE . INPRIMA . SA E Va . rapINA . fuUT
POMPEIA . HIS . TVMYLIS . COmes . aNTEIT . /ìmeRIS
H.AERET . ET PYER . INMITES . QVEm . rapuere . DEI
SEX . POMPEHS . SEXTI . PRAECo . Agnomine . ^TSTyS
QVEM . TEWIT . MAGNI . maxima . honore . dom\S
IXFELIX . GEXITOR . GEMINA . iam . prole . re/«CTVS
ANATIS . SPENRANS . QVI . DEDe/vV . tilulO^
AMISSVM . AVXILIVM . FVNCTAE . POST . fmerk . NATAE
FVNDITVS . VT . TRAHERENT . INVIDA . fata . /AREM
OVANTA . lACET . PROBITAS . PIETAS . QVAM . VERA . sepSLTK . EST
MENTE . SENES . .\EVO . SED . PERIERE . brevi
QVIS . NON . FLERE . MEOS . CASVS . POSSITQ . DOLORE
cur . rfVRARE . QVEAM . BIS . DATVS . ECCE . ROGIS
SI . SrST . DI . MANES . IAM . NATI . xNTMEN . H.VBETIS
PER . VOS . CVwj . VOTI . NON . VENIT . HORA . MEI
4.
r. n.VEiNiQi
EYTTXQI
KQMQAQI
r. IIAEINIOC
ZQCIMOC
CrNTPO*QI . KAI
AIIEAET0EPQI
TEIMIflTATQI
LICINIA . L. F . . . .
C. LICINIVS . L. F. SER
LICINIA . C. F. PAVLLA
T. QVINTIVS . D. L.
PAMPfflLVS
. HILARVS . FVSCVS
. PHILVS . PATRONVS
. TRATV
RN . FLACCI . C.\ESA .
INGENVI
224
TI . CLA\T)IO
TI . FILIO . PAL
SECVNDDs'O
AN. NAT. IX. M. IX
DXXUX EQVO . PVB
F. D\T.CISSIMO
VIA APPIA APPENDICE I.
6.
ti. claudius
aVG. LIB. SEC\TVDVS
]}hìlìppianus
. . . . AR
acccNSVS . velatus
SCRIBA . LIBR^VR. VIAT. coactor
FLAVIAE . IRENE . VXORI . OPtimae
TI. CLAVDIO . SEC\TS^DLNo . fiUo . et
CLAVDIAE . SECVNDINAe . 0iae
TI. CLAVDIO
AVG. LIB
SECVNDO
PHILIPPIANO
COACTORI
FLAVIA . IRENE
MARITO
INDVLGENTISSIMO
8.
9.
L. VALERIVS . L. F. OVF. GIDDO
L. C.VLPVRNFVS . M. L. MENOPHII.
VALERI.VNVS
VALERIA . L. L. TRVTHERA
10. 11.
P. CACVTUVS . P. L. L. DIS . MANIBVS
PHILOCLES . AB Q. FLAMO . CRITONI . CONHGI . BENE
ARA . MARMOREA MERENTI . ET . Q. FLAVIO . PROC^XO
CACVRLV.P.L. CALLIOPA MILITI . COH. XII. VRB. 7
BASSI . FILIO . PENTISSIMO
MAELIA . GÈ. CACVRI. R.. IVNIA . PROC^'LA . FEQT
A. ARGENTARI . A. L. ANTIOC. A . . .
COACTOR . LNTER . AERARIOS . A . . .
OCTAVI.\E . A. L. EPICIL\R . SOROR*
12.
P. FAIANIVS . T. P. L. SATVRIO
V. A. ^TI
13.
U.
C. P. P. TREBonìORVM . P. P. C. f
T\TlARIE(s . ET . LIBERTEIS
P. TREBONIVS . . . L. NICOSTRATS (sic)
15.
M.
D.
M.
A.
TREBONL\
TREBONIA
17.
L. VALERIVS . L. L
BARICHA
L. VALERIVS . L. L
ZABDA
L. VALERIVS . L. L
ACHIBA
C. P. L. MALCHIO
C. P. OLOPxVNTVS
C. P. L. MACEDO
C. P. L. ALEX.\NDER
C. P. L. IRENA
C. P. L. AMMIA
SEX. L. HILARA
SEX. TREBONl
VS . SEX. L.
TR^'PHO TVR.V
REIS . IN AGRO .
P XX. INFR. P XXIIX
18.
CHRESTVS
LICTOR . CAESARIS
16.
. . . LOTVS . LI
. . . OTIA . L. F
PESIDIOR^^VI
19.
T. nDICLANIVS . T. L. APELLA L. ARELLIO . GLABRAI
EX . TESTA.MENTO . ARBITR.\TV DIOPHANTO
FELICIS . PHILARGYRI . L. ET . ATTICE . L TITINIAI . NOBILI
VXSORI
ISCRIZIONI PRINCIPALI. 225
i> M 20. 21.
PARi'DI Sul rovescio:
VALER/.\E ;)HILOSERAP/di
POLLAfSER VOCVRTVM FILIO DVLCISSIMO PHILOSERAP»
VIX. ANN. XVI STATIVM AVG LIB
H F VICTOREM 22.
HILArVS TIRI
N ALERiAE COMMENDO ESCHINVS . PATER . TR. mil
POLLAc DISP OCCISVS . EST . IN . LYSITAnm
FRATRI . Opimo
ET . SANCdsSraO
VNIGE . DE SE wieRENTI
23.
leg. AYG. PR. praet. provmciae
syriae . phoeniciXE . leg. AVG. PR. Pr. prov. raeliae . curai
vìae . aemiLlAE . PRAEF. ALim . leg. leG. XIIII. GEMmae . curai
rei . P. FVLGINATIVM . praetori . aeDILI . CVRVLe . quaeslori
prov. ACHAIAE . TRIB. LAT. Ug. i. ad iUv. cap. lASDII . \)Omtianus
et fdii . paTRI . opimo . fecerunt
24. 25.
HOC CENOTAPHIVM AVr aureliae . maca
INACHI AVG LIB OPTIOn RIANETI . CON/«GI
TABELLARIORVM . C TA( DVLCISSIMAE .
PATRIMONI ET AVRELIAE QVAE . VIXIT . ANNIS
MACARIAN. ETIC. ET XXVII. M. VI. DIEB. XVIII
AVRELIAE . RODOGYNE HORAS . VI
ET LIB. B. LIBERTAB\ s INACHVS . CONIVGI .
QVAE POCTERICQ. BENEMERENTI .
EORVM MACARIANAE . DVLCIS
26. 27. 28.
© X noNnHCIA D M
*A. EPACICTPA ATKTA XPHcTH ZENAE . BAEBI
TEIA . XAPIRAEl XAIPEI .yE . CORNELIAE
nATPI . KAI CEPA ZHCAETH XII CELLARIO
niAC . CTNBIOC MHNANENANHMEK ,.,, ,^ pniroiBic
IV LIA . EPICHARIS
MNEIAC XAPIN a.PACI
CONIVGI
EnOIHCAN
B M
29
226 VIA AI'PIA APPENDICE I.
N. 1. Questa iscrizione per la sua importanza, quantunque già esposta con le illustra-
zioni del Borghesi dalla Pag. 104 alla 106; pure si è creduto opportuno di riprodurla
con i supplementi proposti dal Commendatore P. E. Visconti, come venne pubblicata
nel Voi. XXIV degli Annali deirinstituto archeologico dell'anno 1852 alla Pag. 315.
Dalle osservazioni aggiunte dal dottor Henzcn sul verso quinto si fa conoscere che dopo
la lettera e di praec non rimane più nulla di determinato nella lapide, ed anzi la
stessa lettera e è mancante della metà inferiore ; e tra essa e la successiva A rimane lo
spazio necessario per dar luogo al supplemento proposto dal Borghesi, cioè praeco
\gnomine (VStvs, che si trova sempre il più probabile che si sia sin"ora proposto,
(juantunquc fosse già palese che in tal modo il verso avrebbe un piede di più, come pure
ciò accaderebbe nel supplemento proposto dal dottor Henzcn, che consiste nel sostituirvi
praec/ajo nomine nsTvs. Crede inoltre lo stesso eh. dottore nell'ultimo verso essersi
meglio dovuto leggere cvr in vece di cvm nell'esposto supplemento. Tutte le altre sur-
riferite iscrizioni, unitamente a quelle che già si sono esibite nella loro propria disposi-
zione, si trovano esposte dalla Pag. 107 alla 122. Particolarmente poi quella riferita
al N. 2 si descrive alla Pag. 108. Quella del N. 3 alla Pag. 109. Quella del N. 4
alla Pag. HO. E quelle dei N. 5, 6 e 7 alle Pag. HO e 111, e vi furono aggiunti al-
cuni supplementi più certi proposti dal dottor Henzen. Le successive dei N. 8 e 9 sono
esposte alle Pag. 115 e 116 dopo di avere considerato in precedenza alcune nel modo
stesso che già si trovano scritte nelle lapidi. Quelle dei N. 10, 11, 12 e 13 alla
Pag. 116. Le successive dei N. 14, 15 e 16, alle 117 e 118. E quelle dei N. 17,
18 e 19 alle seguenti Pag. 119 e 120. Quindi si sono aggiunte in supplemento a
quelle diverse, esposte nelle Pag. 121 e 122, le ultime tre riferite ai N. 20, 21 e 22.
La iscrizione poi del N. 23 è stala ampiamente illustrata nella lettera del Borghesi riferita
alla nota 17. Inoltre si sono aggiunte le iscrizioni indicate ai N. 24 e 25 che sembrano
avere appartenuto ad un medesimo monumento, e che meritano considerazione per la per-
tinenza alla gente Aurelia e per la sostituzione della lettera e alla s. E così pure le due
greche, esposte ai N. 26 e 27, si sono giudicate meritevoli di essere aggiunte per la singo-
larità dei nomi ; e similmente quella del N. 28 per la qualità di Zena cellario di Bebia
Cornelia. Tali ultime iscrizioni si sono prese ad indicare nella nota 24 riferita alle
Pag. 121 e 122.
PARTE SESTA.
1. 2.
HOC . EST . FACTVM . MONVMENTVM POMPEIAE . ATTIAE
MAARCO . CAICILIO T. DIDIVS . EVPREPES . VXORl . K.\RISSIM
HOSPES . GRATVM . EST . QVOM . APVD SANCTISSIMAE . FECIT
MEAS . RESTITVTEI . SEEDES 3,
BENE . REM . GERAS . ET . VALEAS II. QVINTILIORVM
DORMIAS SINE . QVRA CONDINI . ET . MAXIMI
ISCRIZIONI PRINCIPALI. 227
4. 5.
SVPSIFANA . T. L. NICE VS . L. F. PO.M. LICINVS
T. SVPSIFANVS . T. L. MCEPHOR .... ATEIDA . SEX . F. AXSoR
T. S^TSIFA^■VS . T. D. L. FRVGI. /bmElVS . L. F. CAPlTO . FILIVS
SVPSIFASA . T. L. SICE . TESTAMENTO . SVO . nSSIT . HS. CCl3XCl33l33 hoC . SepYLCKVyi . HEREDEM . NON
MOSVMENTÌII . FIERI . DVO . nEREDES ScQ^ ET\ R
FACT^-M . EST . HS. ccl3Dccl33l33 X X D... arbitratu
T. SVPSIF.AM . T. 3. L. MCEPROrI . ET . M. S
6.
SEPTIMIA . P. F. GALLA
8.
P. SERGIVS . P. P. L.
7. DEMETRIVS
Y. VETTeNA . C. C. L. APHRODISIfl YINARIYS . DE . \T;LARR0
FECIT . C. VETTENO . C. L. SERGL\ . P. P. L. RVFA . VXOR
CHRESTO . ET . SIRI P. SERGIVS . P. ET . 0. L. BASSVS. L.
9. ARBITRATV . RVFAE . ^'XORIS
CRISPLNAE . C. F. L. ARRIVS
GERVLOSIVS
10. 11.
D . M . S.
M. AVRELI\ S . CH AVRELIAE SOTERIDl
KISOPHVS . MEM T. T. KANI APELLES
MIAE.PRIMAE.CONIV ET FELIX
gì. SAiNCTISSIMAE FEMLN.VE SANCTISSIMAE
ET L. OTACILIVS ALEXANDER
SORORI PIISSnL\E
13.
OSSA
AVRELIAE . LIVIAE . AVG. C. A^ RELIVS
SER. A. CMl. CATELLAE . IVCVNDVS
AVTIELIVS . EROS . VNCTOR . AVG.
12.
V. F.
AVRELI.\E . MATERNL\NE
CONIVG. INCOMP. QVAE VIX.
AN. MECVM . XXII. SINE . VLLA
QATRELA . AVRELIVS . LIRERA
LIS . MARITVS
14.
C. AVRELH'S C. L. AVRELIAE . CA1AN.4E
SOPmS . SCRIB. CALAE . LIMAE
LIB. .\POLLL\. AVG. A. VEST . AA'GVST
H. S. E. CONIVGI . DVLCISSnr
Tutte le esposte iscrizioni si sono prese a considerare dalla Pag. 123 alia 144.
Particolarmente quella del \. 1 , resa assai importante per il modo con cui è scritta ,
fu illustrata dalla Pag. 129 alla 132. Quella del N. 2 alla Pag. 133. E così quella
del N. 3, che si riferisce alla villa dei Quintilii; ed è su tale proposito da osservare che
simili marchi furono rinvenuti in altri tubi di piombo nelle scoperte di recente fatte, come
pure fu scoperto nella parte più posteriore della villa un ragguardevole frammento di una
iscrizione monumentale che doveva adornare la fronte di tale parte della villa, e che si co-
nosce avere appartenuto ad uno dei due fratelli Quintilii, Condino e Massimo, che furono
228
VIA APPIA APPENDICE I.
fatti morire da Commodo. Da quella iscrizione, vedendosi accennati diversi impieghi avuti
nelle provincia, ed anche essere essi stati scrittori di lettere e di commentari, si spiega bene
ciò che venne accennato da Dione, cioè che, mentre erano presidi delle provinole, Tuno
presso delPaltro sosteneva rufììcio di assessore. Tale iscrizione, sperandosene di rinvenire
le due parti mancanti nelle estremila, sarà in allora presa a considerare più opporluna-
mente. La iscrizione del N. 4 è ricordata alla Pag. 139, e la successiva N. 5 alla Pag. 140.
Le altre dei N. 6, 7, 8 e 9 alle Pag. 141, 142 e 143. Quelle poi esposte ai N. 10, 11 ,
12, 13 e 14, benché di poca importanza, si è creduto opportuno il riferirle tanto per
essere ancora inedile; quanto per far conoscere la poca fiducia che si deve avere su
di esse per stabilire esservi slato un grande sepolcro della gente Aurelia nelle adia-
cenze di Casal rotondo, come fu indicalo alla Pag. 144. Queste iscrizioni furono co-
piate dal cav. De Rossi dal codice Ottoboniano Valicano N. 33G5 f. 118, nel quale sono
state trascritte dai libri di antichità di Pietro Ligorio; e perciò tenute anche in poca
considerazione per rispetto all'autenticità. Mentre non si riferiscono che a liberti, e non
mai ad alcuno della indicata gente Aurelia, sono esse d'altronde esposte senza precisa
determinazione del luogo di loro ritrovamento, ma solo sotto il vago titolo di via Appia.
PARTE SETTIMA.
1.
Marcus . Valerius
Messalae .
. Messalinus . COTTA
Corvino . Patri
.SER . SVETTIO . SER. L. DEMETR
ANTIGONVS . L. LIBERTVS . ET
SVETTIA . VXOR . PATRON
ET . HERMA . COL
5.
ANTONI . C. L. ANTONIA . C. L
TRITI . T. TRVPHERA
7.
M. LOLLIVS . M. L
ESQ
DIONYSIVS
ARG
^'IXIT . rivs
2.
aSCANio
caESARIS . AV9. Uh.
«HdOCHlANO . A . CO . . . .
. . A . FAVSTA . WOr ....
. . T
in fr P. XVI m Kg . . . .
. . . YRNE MERITAE SACERDOTI
4.
P. F\TUVS . P. L.
FLACCVS
FVRIA . FL. IVCA N
HOC . SEP>LCRVM
HEREDIS . NON . SEQVETA'R
6.
P. QVINCTIVS . P. F. POM
TR. MIL. LEO. XVI
BX . TESTAITENTO . ARBITRAIV . P. QVINCTU . P. L. ZEN0NI5
8.
vEANnOAIN nOTIOAOTC
KnMnAOYC KQMlìAOTC;
eiA
xiSAPfiSe»?
ISCRIZIONI PRINCIPALI.
229
9.
M. IVLIO . SP. F. PIETATi
EPELYS . TI. CLAA'DI . CAESAUL
AVG. DISP. MATERNVS . AB
AEDIFICIS . VOLVNTARIS
IO.
P. DECVMIVS . M. P.
PHILOMASVS
MVS
V. L
11.
HOSPES . RESISTE . ET . HOC . AD . GRA MVM . AD . LAEVAM . ASPICE . VBEI
CONTENENTVR . OSSA . HOMLNIS . BONI . MISERICORDIS . AMANTIS
PAVPERIS . ROGO . TE . VIATOR . MONVAIENTO . HVIC . ML . MALE . FECERIS
G. ATEILIVS . SERRANI . L. EVHOD^ S . MARGARITAIUA S . DE . SACRA
VIA . IN . HOC . MONVIVIENTO . CONDITVS . EST . VIATOR . VALE
EX . TEST.VMENTO . IN . HOC . MONVMENTO . NEMINEM . INFERRI . NEQVE
CONDÌ . LICET . NISEI . EOS . LIB. QVIBA S . HOC . TESTAÌWENTO . DEDI . TRIBVIQVE
12. 13.
TITIA . L. L. EVCHARIS POMPVLIA POBLICIA
IVLIA . C. L. GNOME . SOROR MATlI MATlI
U.
C. CAED/c/o . e. f
FAL. FLafccm/io
TR. MIL
INGENV«s
PATROno
LIBERT
M C A S
C. CAEDICIVS . C. FAL. F
FLACCEIMVS
IN . FR. PED. XlIX
IN . AGR. PED XX
15.
D. M.
M. VLPIO . DEVTIAE
VLPIAE . MARTHI
CONIVGI
BENEMERENTI
FECIT . ET . SIBl
Le suddette iscrizioni si sono prese a considerare dalia Pag. 145 alla 168. Ed
ia particolare quella del N. 1, per essere stata supplita sul semplice nome Cotta e per
essere di molta importanza, ha portato la ragguardevole illustrazione riferita dalla
Pag. 145 alla Pag. 154, in cui precipuamente si sono prese ad esporre le erudite opinioni
del Borghesi. Quella del N. 2 si è presa a considerare alla Pag. 155. La successiva del
N. 3 alla Pag. 156. L'altra del \. 4 alla Pag. 157, e così quella dei N. 5 e 6. Quella
del N. 7 alla Pag. 159. E le due parziali con il respettivo frammento, esposte al N. 8
alla Pag. 161. Le successive dei N. 9 e 10 dalla Pag. 162 alla 163; ed in particolare
la prima di esse ha meritato speciale considerazione dal dottor Henzen senza però nulla
poter stabilire di preciso. Nel luogo citato si prende ad illustrare quella di M. Alilio
Evodo margaritario della via Sacra, esposta nel modo stesso che si legge nella lapide,
la quale però viene esposta al N. II; e merita speciale considerazione, oltre la sua ragguar-
devole vetustà e le particolarità in essa indicate, eziandio per l'impiego della voce gnimm
posta in vece di tumulo, e per altre non troppo comuni espressioni. La lapide esibita al
N. 12 si è presa a considerare alla Pag. 163. Le due esposte al N. 13 vedonsi scritte su
due piccoli piedestalli di pietra albana. E le due riferite al N. 14 su due cippi termi-
nali che sono descritti alla Pag. 165. E quella del N. 15 alla Pag. 166.
230
VIA AI'PIA APPENDICE
PARTE OTTAVA.
1.
M. VisELLIVS . M. F. FAL. SEpf/MVS
TRIB. MILIT. PRAEF E
VjSELLIA ISI . . . N mXOR
VeSELLIA MATER
VjSELLIA NOPE . L
jANNVARIVS
.V «RAGICmS
CAE OLITIC
PLAVTI
0. PLAVTIVS
HOC MONVMENT
C. VALERIO . SYNEROTI
C. VALERIVS . TRANQVILLVS . AELIA
AELIA . PRIMIGENIA
AELIAE . PRIMIGENIAE
VIRO . INDVLGENTISSIMO
4.
HlC lAC . . .
MAIRI . PIISSIMAE
5.
IN LOCO . . .
M. POMPEIVS . M. F
SPES . ET . . .
MAI
MAOISTE . . .
SCR. 0
BIS . FVNC . . .
6.
PATRIMO . . .
CORNELIA . M. ET 3. L. SALVIA
MAGNA . . .
LIRERTEIS . LIBERTARVS
CLARIOR . . .
ET . FAMILIAE
PVLCHRV . . .
7.
SVMPTI . . .
SILVANO SACRVM
OPVS . FABRICI . .
TOSSIA . L. F .
Le poche iscrizioni, che furono rinvenute nell'enunciato parliniento, si sono prese
a considerare dalia Pag. 161 alla 178. Al N. 1 si è riferita quella iscrizione divisa in
sei frammenti, di cui si fece menzione alla Pag. 171, la quale può meritare qualche
considerazione per la qualità di M. Visellio che si dice evidentemente tribuno dei militi
ISCKIZIOM PRINCIPALI.
231
e prefetto forse di qualche ala o di alcun compartimento provinciale. Ed ai N. 2 e 3 sono
esposte due iscrizioni che assai ben conservate si sono rinvenute da vicino all'anzidetta.
Il frammento esposto al N. 4 si è riferito alla Pag. 171. E le iscrizioni dei N. 5 e 6
alla Pag. 172; però merita qualche maggiore considerazione la prima di esse; poiché
quando si volesse considerare il 3Iai per Mae, secondo il metodo di più antica ortografia, si
dovrà intendere la tribìi Maccia in vece dell" interpretazione Maior già indicata per di-
stinzione di Minor spesso praticata, e di più propabile attribuzione per uno scriba dei que-
stori. Lara poi sacra al dio Silvano, che offre la indicazione esibita al N. 7, si è descritta
alle Pag. 173 e 174.
PARTE NONA.
1.
0. CASSI . C .
ARTENAE ...
REDEMPTORIS
MAR
Quanto concerne l'enunciato partimento fu preso a considerare dalla Pag. 178 alla
188: ma assai poco di ragguardevole si è rinvenuto per le iscrizioni; poiché si riduce
al frammento esposto al N. 1 e descritto alla Pag. 181 con alcuni altri assai meno con-
servati frammenti.
PARTE DECIMA.
1.
M.
SACR\M
VITALI . FECIT
TELESPHOR
CONT\'BERNALI
BENEMERENTI . V. A.
XX
2.
T. FL. T. F
SODALI . . .
^■ERIAN . .
PROCOS . . .
PROMN ...
Tutto ciò, che si riferisce all'enunciato partimento , è esibito dalla Pag. 189 alla
192. E particolarmente le due iscrizioni, che sono le sole meritevoli di qualche considera-
zione in esso rinvenute, si sono illustrate alle Pag. 189 e 190. Esistono bensì verso il fine
dello stesso partimento alcune poche lettere di una iscrizione evidentemente importante,
tanto per la nobiltà della costruzione del monumento a cui esse appartenevano, quanto per
la loro estrema grandezza; ma si riducono ad offrire un m, poscia apv, e quindi sav, da
cui nulla di ben preciso può dedursi quando non voglia vedcrvisi scritto o il nome di
S. Apuleo. o quello di Servilio Vatia Isaurico.
232
VIA APPI A APPENDICE I.
PARTE UNDECIMA.
1.
FVNIVS . D L. EVFRANO
ARIA . M. L. ALEXANDR
ARIA . C. L. NICELIA
IVLIVS . CAESARIS . L.
DIONYSIVS
IN . FRON . P. XIIX
IN . AGR . P. . . XIIX
2.
C. L. F.
HILARITAE
CONIVGI
DVLCISSIMAE
L. VETVRVS
RVFVS
FECIT
Quanto rimane di più conservato nell'enunciato partimento si è esposto dalla Pag.
193 alla 196. E tanto la iscrizione del cippo terminale, maggiormente conservata, che si è
esibita al N. 1, quanto la iscrizione del N. 1, si sono prese a considerare unitamente
alle Pag. 195 e 196.
PARTE DUODECIMA.
1.
VEDIOVEI . PATREI
GENTEILES . IVLIEI
2.
LEEGE . ALBAANA
DICATA
Tutto ciò, che si riferisce alKenunciato ultimo partimento, si è preso ampiamente a
considerare dalla Pag. 197 alla 216. Ma tutte le iscrizioni, che sono relative alla città e
municipio di Boville, in esso precipuamente compreso, essendo già cognite per diverse
altre pubblicazioni, non si credette opportuno di nulla aggiungere di più a quanto già fu
su di esse esposto nelle note illustrative di tale descrizione. Soltanto si riferisce quella
esposta ai N. 1 e 2 , che esiste su di una vetusta ara e che si è presa a considerare alla
Pag. 209 sulle memorie tramandateci allorché era maggiormente conservata; perchè è
di maggiore importanza di tutte le altre simili memorie che ci sono state conservate
dell'antica Boville.
Così seguendo il modo stesso, che si è tenuto nel porre termine alla precedente
esposizione generale della prima parte della via Appia presa ad illustrare, si darà com-
pimento a questa prima Appendice, col dire che si è giunto al termine prescritto senza
deviare da quanto erasi determinato di osservare per raggiungere nel miglior modo pos-
sibile lo scopo preflsso, e senza trattenerci su particolarità di nessuna ragguardevole im-
portanza.
APPENDICE SECONDA
RICERCHE SULLA PRECISA ESTENSIONE
DELL ANTICO MIGLIO ROMANO
PER SERVIRE A DETERMINARE LA POSIZIONE DELLE LAPIDI MIGLIARIE
LUNGO LA PRIMA PARTE DELLA VIA APPI A.
La esposta descrizione della prima parte della celebre via Appia , es-
sendo basata sulla corrispondenza delle colonne migliane che stavano poste
lungo la stessa via, ed alle quali si riferiscono tutte le piìi importanti me-
morie che ci furono tramandate, prima d'imprendere la particolare descri-
zione della stessa via si rende necessario di dimostrare come si sia potuto
nel miglior modo supplire alla intera mancanza di tali positive memorie
locali per giovare allo scopo prefisso. E primieramente è d'uopo accennare che
quantunque sia ora bastantemente riconosciuto che il cominciamento della
numerazione delle migha accadeva decisamente dalle porte della cinta di Ser-
vio Tullio, dalle quaU uscivano le vie, e non dal Migliarlo aureo posto in
capo al foro Romano, come ne fu per il passato comune opinione ; pure si
può rendere palese tale errore solo coll'osservare che le miglia lungo le vie
consolari furono determinate con lapidi in particolare da Cajo Gracco, co-
me si dimostra da Plutarco nella sua vita, assai prima che venisse da Augu-
sto stabihto nel foro Romano il detto ÌNIigliario aureo. E quindi anche col
considerare che la colonna del primo migUo della via Appia , essendosi rin-
venuta a palmi romani 512 fuori della porta di s. Sebastiano, non si pote-
va mai giungere colla estensione di un miglio da vicino al foro Romano, ma
solo al luogo occupato dalla porta Capena. D'altronde da Frontino si trova
autorevolmente dichiarato che la stessa via Appia aveva principio da que-
sta porta dicendo nel quinto articolo della sua ben cognita opera sugli
acquedotti, viam Appiani a porta Capena usqiie ad urbem Capuam miinien-
dam curàvit. Se si fosse conservata al proprio luogo la suddetta colonna
migliarla, in vece di collocarla quale insignificante oggetto ornamentale sulla
balaustrata della piazza Capitolina, avrebbe reso in ogni tempo palese la di-
mostrazione del medesimo errore 5 e si sarebbero risparmiate ai dotti tante
illustrazioni e tante vertenze che hanno ad essi ed agli studiosi fatto perde-
re il tempo che sarebbesi potuto impiegare in più utili ricerche. E lo stesso
30
234 VLi APPIA APPENDICE II.
si deve attribuire alle altre colonne migliane rinvenute lungo la stessa via che
ora neppure si conosce ove esistano; ma ciò che non può approvarsi si è che
in tempi non lontani, e da persone che s'interessavano dei monumenti an-
tichi , si sono tolte diverse colonne migliarle che si rinvennero nel proprio
luogo lungo la parte della medesima via che traversa l'agro Pontino allorché
s' imprese a bonificarlo, per collocarle da vicino ad alcune fabbriche moderne
ivi erette che servono di sedile e sono soggette ad essere assai più dan-
neggiate che se si fossero conservate al proprio luogo. Le fosse migliane poi,
che si sono scavate in corrispondenza di tali colonne, non sono sufficienti
per fare approvare tale disposizione ; giacché furono esse con alquanta va-
rietà determinate. Si rende anche palese il detto errore col prendere a con-
siderare quanto venne dichiarato da Pesto sul luogo in cui si trovavano cor-
rispondere da vicino a Roma le vie Latina, Ardeatina ed Asinaria, che sem-
pre solo si può determinare col considerare il loro principio dalle porte cui
esse uscivano. La situazione del primo miglio delle vie Labicana e Prene-
stina, posto nel luogo distinto col nome della Speranza vecchia e corrispon-
dente ove ora esiste la porta Maggiore, serve di valido documento per de-
terminare il principio di tali vie dalla porta Esquilina situata assai distante
dal foro Romano, come pure è contestato dal ritrovamento della lapide del
terzo miglio della medesima via Labicana in vicinanza del mausoleo di
s. Elena, secondo il Fabretti. E così quanto si è potuto ultimamente stabi-
lire sul sepolcro di Pallante, che si dice da Phnio collocato entro il primo
migho della via Tiburtina, in seguito di essersi rinvenuto un cippo apparte-
nente ad un famigliare dello stesso Pallante nella prima vigna posta fuori
della porta attuale di s. Lorenzo, ove solo con meno di un miglio potevasi
giungere al luogo stabilito per la porta Esquilina , dalla quale pure usciva
tale via. Simili contestazioni si hanno dalle notizie relative al primo miglio
delle vie Nonientana e Salaria : ma di più vengono somministrate dalla via
Flaminia ; poiché si conosce essere stato il luogo occupato dalla sua prima
colonna migliaria. ove si celebravano le ferie di Anna Perenna, secondo il
calendario Vaticano, poco prima di giungere alla porta del Popolo ; il sepol-
cro temporaneo di Arrio Afro tra il primo ed il secondo miglio, come è deter-
minato dalla sua iscrizione, ed il ponte Milvio corrispondente al terzo mi-
glio della stessa via, come é stabilito da diversi documenti, fanno conosce-
re essersi cominciato a contare tali distanze dalla porta Ratumena, e non
mai dal Migliarlo aureo. Così il luogo, in cui fu rinvenuta nel decimosesto
secolo nel principio della salita di monte Mario, la importante iscrizione
che servì ad indicare essere stato detto quel clivo di Cinna ed avere quel
SUL VALORE UKL MIGLIO ANTICO. 235
luogo corrisposto tra il secondo ed il terzo miglio della via Trionfale, serve a
contestare avere tale via avuto principio dalla porla distinta con lo stesso
nome o dalla Carmcntale. Parimenti tutte le notizie, che si hanno sulle pri-
me colonne migliane della via Aurelia vecchia e nuova, coincidono nel di-
chiarare la stessa circostanza. Quanto si conosce sul luogo occupato dal tem-
pio della Fortuna Forte al primo miglio della via Campana, in seguito del cippo
terminale rinvenuto pochi anni sono a due miglia distante dalla porta Portese,
sulla ripa destra del fiume, che servì a decidere la questione sull'andamento
di detta via, e ad indicare il luogo occupato dagli orti Cocceiani e Tiziani, ed
anche a confermare la corrispondenza precisa del bosco sacro alla dea Dia in
cui intervenivano i fratelli Arvali al quinto miglio della medesima via Cam-
pana , come è noto dalle iscrizioni illustrate dal ÌNIarini , somministra altri
autorevoli documenti assai utili per lo stesso scopo. E similmente la notizia
conservata dal Reinesio sul luogo del ritrovamento dell'iscrizione di uno
scalare di un monumento sepolcrale, posto tra il primo ed il secondo miglio
della via Ostiense, aggiunge altro documento a rendere palese la stessa
circostanza; e similmente la lapide del decimo miglio della via Laurentina da
me rinvenuta e conservata nel proprio suo luogo nel principio della macchia
di Decimo. A tutte queste autorevoli memorie, che sono state illustrate in
altre mie opere, se ne potrebbero aggiungere altre diverse, se fosse neces-
sario di maggiormente dichiarare la insussistenza della indicata volgare opi-
nione : ma le erudite ricerche dell'Olstenio , del Marini , del Fabretti, del
Revillas, e di diversi altri dotti rendono inutili maggiori dichiarazioni;
quindi si reputa piìi utile passare ad esporre alcune notizie sulla più propria
destinazione e forma che era stata data al suddetto Migliario aureo.
Le recenti scoperte hanno poi in mighor modo fatto conoscere ciò che
fosse effettivamente il MigHario aureo stabilito da Augusto, allorché nell'an-
no 721 di Roma egU fu eletto curatore delle vie che uscivano da Roma,
come venne da Dione attestato ( 1 ) ; perciocché si è rinvenuto nella protra-
zione delle recenti scavazioni del foro Romano lungo la parte della via Sa-
cra, che, trapassando sotto l'arco di Tiberio, sahva al Campidoglio, un imba-
samento rotondo scolpito in marmo e nobilmente decorato, che si può cre-
dere con molta probabiHtà avere servito per sostenere la colonna che costi-
tuiva il suddetto Migliarlo aureo, la quale doveva esistere in capo al foro
Romano e sotto al tempio di Saturno , come vedesi dimostrato da Tacito e
(1) T5T£ §£ aÙTÒ; Te npofjTÓzri; tiv rupi rrrJ 'Pwolkjv ìSìiv aipt^ùg, y.cd re /jjuisùv
n'ÙAiv xsxXjj/Jiiycv S'Ttvjits. (Dione. Lib. LIV. e. 8.J
236 VIA XVnX APPENDICE II.
da Svetonio particolarmente, ed a tale posizione si trova corrispondere il
luogo del ritrovamento della stessa importante reliquia (2). Tale basamento
doveva corrispondere in altezza a quello della grande tribuna dei Rostri,
che ben si conosce da quanto sussiste tra lo stesso luogo e l'arco di Settimio
Severo , e ne doveva decorare la estremità occidentale in circa simil modo
che nei tempi posteriori, e principalmente dopo la edificazione del detto
arco trionfale, fu terminata la estremità orientale con quel piccolo altro si-
mile monumento rotondo a cui si volle appropriare il nome di Umbilico della
città di Roma , ed anzi si trova avere avuto lo stesso diametro. Ouin^i 1^
colonna, che doveva innalzarsi sopra tale basamento, e che non è da cre-
dersi fatta interamente d'oro, ma solo di bronzo dorato per avere potuto
acquistare il suddetto titolo di Mighario aureo, si può dedurre con molta
probabilità avere avuto la forma in circa eguale a quella delle comuni co-
lonne migliane, ed essere stata in circa simile a quei tubi che si sono rinve-
nuti ultimamente negli antichi bagni di Yicarello in vicinanza del lago Saba-
tino, su tre dei quali si trovarono scritte in colonna tutte le stazioni con
le misure intermedie della via che tennero viaggiatori venendo da Cadice
a Roma (3). In detta colonna invece dovevano essere registrate non sola-
mente le distanze in passi, che vi erano tra il luogo occupato da esse in capo
al foro Romano, e le porte della cinta delle mura di Servio che prescri-
vevano ancora il limite proprio della città al tempo di Augusto ; ma pure le
estensioni generali delle vie consolari che uscivano da esse e che si stende-
vano in tutta ritaha, con successivamente le stazioni mihtari e le respettive
intermedie estensioni di migUa scritte in colonna nel circa simile modo che
si trovano registrate nel ben noto Itinerario di Antonino. Così per esempio
la iscrizione in colonna della via Appia doveva offrire primieramente il
suo titolo VIA APPIA, poscia sotto la sua generale estensione brandvsivm . m. p.
ccGLx , di seguito la distanza dal luogo occupato da tale Migliano aureo alla
(2) Per libcrianam domum in Velabrum inde ad Milliarium aureum sub aedem Satitrm
pergit. (Tacito, Hist. Lib. I. e. 21. J Ergo destinata die, praemonitis consciis, ut se in foro sub
aede Saturni ad Milliarium aureum opperirentur (Svetonio, in Ottone, e. Q.J Per la
giusta situazione del medesimo Migliano aureo si veda la Esposizione storica e topogra6ca
del foro Romano e sue adiacenze pubblicata nell'anno 1845, Parte II Capo III. E quindi
tutto ciò che fu da me stesso esposto sulle recenti scoperte della basilica Giulia che corri-
spondeva a lato del luogo occupato da tale colonna.
(3) Si vegga la recente pubblicazione del Rev. Padre Marchi sulla Stipe tributata
alle divinità delle Acque Apollinari scoperta nel cominciare dell'anno 1852, nella quale sono
esposti i citati piccoli vasi migliarli alle Fig. 9, 10, 11 della Tav. IH.
SUL VALORE DEL RHCLIO ANTICO. 237
porla Capena da dove la via stessa aveva principio che si trova essere di passi
in circa mille, portam . capen.ìm . p. m. E successivamente le respettive stazioni
militari: ariciam . m. p. \\i \ tres . tabernas . m. p. xiin | tarraclnam . m. p.
XMlll j FVNDOS . M. P. X\ì \ FORiADAS . M. P. XHI | MINTVRNAS . M. P. IX ] SI.VVESSA.M .
M. p, IX I C.4PVAM . M. p. xavi. \ E COSÌ di seguito sino a Brindisi in circa nel mo-
do stesso che sono registrate nel suddetto Itinerario. In simile modo dovevano
essere descritte in colonna le altre vie consolari, che, escludendo le secondarie,
si possono considerare in quelle distinte con i nomi , oltre l'Appia anzidetta .
Latina, Labicana, Prenestina, Valeria, Salaria, Quinzia, Flaminia, Cor-
nelia, Cassia, Aurelia ed Ostiense. Così in dodici colonne si dovevano tro-
vare redstrate tutte le notizie che erano relative alle indicate vie, affinchè
fossero cognite a coloro che dovevano percorrerle, e precipuamente ai ca-
pitani delle spedizioni militari. Secondo questa dichiarazione si trova assai
bene spiegato quanto venne indicato nel ben noto passo di Plinio denotante
la grandezza di Roma , il quale ha offerto motivo a tante varie interpreta-
zioni; poiché venivano in tale monumento indicate primieramente le di-
stanze che s'incontravano per passare dal foro Romano alle diverse porte,
dalle quali avevano principio le dette vie (i). Quanto era relativo al più
ampio riparto dei vici, compresi nelle quattordici regioni, e la loro esten-
sioni , quale si trovava al tempo di Vespasiano , in cui Plinio espose le dette
notizie, si dovette aggiungere nell'altra simile colonna eretta posteriormente
nell'altra estremità della tribuna dei Rostri, che denominavasi perciò Umbi-
lico della città di Roma. Si spiega pure assai bene con la medesima dehni-
zione quanto venne indicato dall'autore della vita di Galba, che si attribui-
sce comunemente a Plutarco, nel dire che Ottone dalla casa del Palatino,
detta di Tiberio discese al foro ove era collocata quella colonna aurea , in
cui tutte le vie militari aperte nell'Italia erano definite, o determinate, come
meglio si voglia spiegare (5); e non mai che in essa avevano termine le stesse
(4) Eiiisdem spatium, mensura currente a Milliario in capite Romani fori statuto ad sin-
gidasportas, quae sunt hodie numero XXXVIIita ut duodecim semel numerentur praeterean-
turque ex veteribus septem quae esse desierunt, effecit passuum per directum XX M DCCLXV.
Ad extrema vero tectorum am Castris praetoriis ab eodem MiUiario per vicos omnium viarum
mensura coUigit paulo amplius septuaginta milia passuum. (Plinio, Nat. Hist. Lib. III. e. o.J
Per la maggior spiegazione di quanto può essere relativo alla parte interna della città si
veda TEpilogo aggiunto in fine della quarta edizione della Indicazione topografica di Roma
antica pubblicata nell'anno 1850.
(5 Kxi ò'.x Tc; Tili-zpcov Y.y}.cviJ.vjr,z ci/.ix; y.y-xSà; I^Saot^sv ci; à-^poxv, oò /ov-
<7où; ii^'Ti/zt yJ.av, £t: iv ot rzTixYìuÀvat lij; 'l-:y}ictg cScr -«aat TcXju-ùurv. (Plutarco, tn
238 VIA APPIA APPENDICE II.
vie, come comunemente s'intende; perciocché è bastantemente dimostra-
to che le vie anzidette, anche fatta astrazione della precisa determinazio-
ne del luogo da cui si cominciavano numerare le migUa, venivano ad ave-
re sempre soltanto principio da Roma , e non mai termine in questa città.
Non si può ancora stabilire in qual modo fosse superiormente adornato lo
stesso Migliarlo aureo : ma per la proporzione della sua forma sembra es-
sersi solo potuto bene adattarvi altro che una statua sedente che conve-
nientemente poteva rappresentare l'Augusto institutore. Quale fosse poi la
sua generale forma si dimostra nella figura esposta nella parte media del-
l'annessa Tavola.
Per dimostrare poscia quale fosse la forma, che più comunemente veniva
data alle colonne migliane collocate lungo le vie antiche, ne offre preci-
puamente importante esempio la colonna anzidetta del primo miglio della
via Appia, che dal luogo suo, in cui fu rinvenuta a palmi romani 512
fuori della porta di s. Sebastiano, venne collocata sulla balaustrata del-
la piazza Capitolina. Quindi per tale effetto si esibisce la sua effigie nel-
l'annessa Tavola a lato di quella dell'anzidetto Migliarlo aureo. Benché si
creda il piedestallo, ora sottoposto a tale colonna, e rinvenuto nello stesso
luogo, non avergli appartenuto; pure la sua proporzione ed anche la sua
iscrizione, esistente su di una delle sue fronti, ne rende in certo modo se
non certa almeno probabile la convenienza della sua applicazione. Anche
meno certa poi è la pertinenza della base sulla quale si appoggia; poi-
ché vedesi chiaramente fatta modernamente con sagome proprie del genere
jorico o del corintio, mentre le proporzioni della colonna comportava il dorico.
Il globo di bronzo che gli era stato sovrapposto, per essere stato giudi-
Galba. e. 2i.J In modo più accurato fu preso a considerare quanto concerne il suddetto
Migliarlo aureo dal Fabretti [Ve aquis et aquaeductibus Veteris RomaeJ, dairOlstenio (Ve
MilUano aureo. In Graevio Thes. Tom. IV. pag. 1805,), dal Marini fAtti dei fratelli Arcali.
Tom. I. pag. 8) e più ampiamente dal Rcviilas {Sopra la colonna dagli Antichi chiamata
Milliarium aureum. Dissertazioni dell'Accademia di Cortona. Tom- I. Part. II.) E tra le me-
morie, che si hanno sul modo tenuto dagli antichi nel numerare le miglia lungo le vie, si
suole considerare la seguente che determina precisamente essersi dovuto cominciare non
dal migliarlo della città, ma dal termine degli edili zj : mille passiis non a Milliario Urbis,
sed a continentibus acdificiis numerandi siint. fMacer. Digest. 50, 16, 154. j D'altronde
quando si prende a considerare ciò che venne delineato nella carta Peutingeriana per rap-
presentare la città di Roma, circoscritta entro ad un circolo, si vedrà che tutte le vie
sono in essa indicate avere avuto principio solo dalle porte che dovevano corrispondere
nella stessa circonferenza.
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 239
calo decisamente improprio e preso dalla grande mano pure di bronzo che
si conserva nel cortile del palazzo dei Conservatori, già venne tolto, e re-
sta ora indeterminato ciò che anticamente vi esisteva (6). Né poi si hanno
autorevoli memorie per staLiUre tale finimento ; poiché nelle monete antiche
e principalmente in quelle della gente Vinicia, che sono quelle che offrono
più autorevoli effigie delle lapidi che erano collocate lungo le vie, vedesi
rappresentato solo un semplice cippo, come si espresse nella annessa Ta-
vola (7). Però quando si reputasse necessario un qualche finimento, non
potrebbe supporsi meglio supplito altro che con la effigie del principe
che fece collocare o rinnovare le dette colonne migharie, fatta in forma di
un'erme terminale: ma sempre tale probabile attribuzione senza potersi
contestare con alcun autorevole documento. Come poi la forma della co-
lonna venisse quasi costantemente mantenuta , si trova dimostrato da varii
altri esempj simili, e particolarmente da quelle diverse colonne migharie
che furono rinvenute nel secolo passato lungo la protrazione della via Ap-
pia che traversa l'agro Pontino, e che si conservano nei casah di Tor
tre ponti, Foro Appio e Mesa. Nella parte della via stessa, presa ora ad il-
lustrare, si attesta essersi rinvenuta altra colonna con la iscrizione eguale
a quella del primo miglio anzidetto, ma con la indicazione del settimo mi-
(6) Tatto ciò che è relativo al ritrovamento della suddetta colonna del primo mi-
glio della via Appia, e dell" improprietà del globo di bronzo che gli era stato sovrappo-
sto, è stato in modo più ampio e palese dimostrato dal Revillas nella già citata dis-
sertazione inserita nel Tomo I Parte E dei saggi dellAccademia di Cortona. Quindi in
seguito di tale palese dimostrazione nellanno 1849 fu tolto tale globo; ma altra ripa-
razione sarebbe da desiderarsi che fosse fatta per restituire la propria destinazione di
tale importante monumento, quale sarebbe quella di ricollocarlo al proprio luogo.
(7) Le lettere che leggonsi sul cippo esistente nel rovescio delie monete della
gente Vinicia distinte col titolo: l. vìmcivs . l. p. hi. vir, le quali sono s. p. q. r.
iMP. CAE. QVOD . v. M. s. EX . EA . p. Q. I. s. A. D. E. SÌ Spiegano avere denotato :
Senatus Populusqiie Romamts iMPcra/or CAEsar qvod Viae Munttae Siint , ex ea Pecunia
Quae Jussu Senatus ad Aerarium Delata Est. E quindi si crede, secondo le osservazioni
del Cavedoni, essere stato attribuito il detto cippo viatorio alla gente Vinicia in seguito
di una qualche allusione a tale stesso nome da Via, renio, riam venire. Ed il Lucio Vi-
nicio, a cui appartengono tali monete, si crede essere stato il ben noto monetario di Pom-
peo Magno. Distinguendosi poi lo stesso cippo col titolo di Augusto, se ne viene ad ap-
propriare la sua origine ai grandi ristauri delle vie che questo imperatore fece eseguire
dai suoi amici e da lui stesso, come in particolare vedesi dichiarato da Svetonio nella sua
vita. 'Riccio, Le monete delie antiche famiglie di Roma. Edizione seconda. Pag. 338. A'.
CLXXXI.J
o
24-0 VIA APPIA APPENDICE II.
glio, e questa si è aggiunta nella citata Tavola per servire all'indicato og-
getto applicandole però una base più conforme al suo carattere e simile a
quelle di altre colonne migliane. Per essere conseguenti poi al nome di la-
pide, dato comunemente dagli antichi romani ai medesimi termini migliarli,
si deve credere che infatti quei, che vennero primieramente collocati, aves-
sero la forma di una lapide quadrangolare quale si vede rappresentata nei
suddetti tipi delle antiche monete. Ed a confermare un tale uso servono
pure diversi monumenti che si possono stabihre avere servito al mede-
simo oggetto.
Passando a determinare la precisa estensione dell'antico migUo roma-
no col rapporto delle misure moderne, non si può assolutamente trascurare
d'indicare quali sono stati i risultamenti già ottenuti su varie osservazioni
fatte dai dotti da circa i tre ultimi secoli a questa parte ; ma adempiendo a
ciò si procura di contenersi nei limiti più ristretti che sono possibili onde
evitare d'ingolfarsi in quella immensa quantità di esposizioni varie che han-
no dato motivo a riempiere grandi volumi. Esse però si possono compen-
diare nei seguenti risultamenti che sono tutti riferiti alla misura metrica
contenuta nella frazione di cento millesimi in seguito delle più accurate cal-
colazioni fatte sul rapporto dell'antico piede di Parigi, sul quale si basarono
principalmente le indicate ricerche, considerato diviso in 1440 parti, e che
si è trovato corrispondere a metro 0, 324839. Hanno servito precipua-
mente per stabilire la ricercata estensione del piede romano, che si cono-
sce essere la cinque millesima parte delle miglio antico, diverse misure de-
gli antichi che si sono trovate scolpite nei monumenti o anche separata-
mente in effettivo, le quali per la loro non precisa determinazione delle
estremità hanno offerto risultamenti che variano alcun poco tra di loro. Il
primo, che prese a considerare siffatte parziali misure antiche, fu Leonardo
Porzio, che sino dall'anno 1527 fece alcuni studj sulla misura del piede
scolpita sul cippo sepolcrale di C. Cossuzio del museo Capitolino, diesi
suole denominare Coloziano dal nome del suo primo possessore j e questo pie-
de fu trovato corrispondere in seguito della indicata riduzione in misura me-
trica, 0, 293900. Luca Peto successivamente, servendosi di tre misure an-
tiche di bronzo, ha stabilito il piede romano, nella estensione che viene de-
terminata da quanto fu scolpito in una lastra di marmo che esiste nel pa-
lazzo dei Conservatori in Campidoglio , la quale misura si considera sempre
per la più autentica , benché sia dedotta da non precisi documenti ; e dopo
le più accurate osservazioni si è trovata corrispondere a metro 0, 295423.
Quindi il Graeves, prendendo ad esaminare con più cura le dette parziali
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 241
misure antiche , ne dedusse un valore che si ragguaglia a metro 0 , 293090.
Da Eduardo Bernard, prendendo a considerare particolarmente alcune anti-
che misure in ferro ed un antico congio raffrontato con i precedenti risul-
tamenli ottenuti, si trova avere determinato il piede antico a metro, 0,
295600. E così pure con poca varietà dal Riccioli che si ragguaglia a metro
0, 295510. Le più accurate ricerche fatte dal Fabretti portarono a stabilire
un valore medio di metro 0, 295172. Dalle osservazioni fatte dal Cassiui pre-
cipuamente sulla distanza tra Narbona e Nimes basata su quella determinata
da Strabone, e su l'altra della via Emilia tra Bologna e Modena dedotta da-
gli itinerarii, si rinvenne un valore medio per il piede romano di metro 0,
298451. Il De la Hire da varie considerazioni, fatte sui più insigni monu-
menti antichi di Roma e sue adiacenze , stabilì il valore del piede antico
corrispondere a metro 0, 296364. Dal Maffei dalle osservazioni, fatte sulle
due distanze tra le miglia IX e X della via da Nimes ad Ugernum , si ven-
ne a dedurre un risultamento corrispondente a metro 0, 294701. Dal Folkes
per varie osservazioni fatte su diversi oggetti, già presi a considerare, si
ottenne di stabilire un valore di metro 0, 294400. In simil modo l'Astruch
in particolare, basandole sulle anzidette due miglia della via che mette a
Nimes, fissò il valore del piede a metro 0, 293912. Il Revillas, prenden-
do a considerare le suddette misure antiche cognite coi titoli Statihano, Cos-
suziano o Coloziano, Ebuziano, e Capponiano, e di più particolarmente
un piede tratto da un marmo esistente già nel palazzo Nicolini in Firen-
ze e da altro di metallo rinvenuto a Tivoh, come pure dalle osservazioni già
fatte dai citati dotti, fu portato a dedurre una media su dieci diversi risul-
tamenti eguale a metro 0, 296328, che si deve considerare per uno dei più
accurati lavori stabiliti per determinare l'antico piede romano. Dagli studj del
Raper, distinguendo egli due misure distinte, per altrettante epoche dell' impe-
ro romano, e deducendo la prima dai monumenti antichi di Roma, che sono
cogniti con i nomi di teinpj della Fortuna Virile, di Vesta in Roma ed
in Tivoh, del Panteon, del tempio della Pace e quello di Bacco, dell'anfitea-
tro Flavio, dell'arco di Tito e del tempio di Antonino e Faustina; e per la
seconda dall'arco di Settimio Severo e dalle terme Diocleziano secondo le
misure prese dal Desgodetz , si trovò una misura media che corrisponde a
metro, 0. 295500. Dal Cristiani in seguito di osservazioni non troppo esat-
te si stabilì un valore maggiore di quello comunemente rinvenuto , cioè di
metro 0, 305288. DallArbutnot, con più cura sui risultamenti già ottenuti, si
stabilì un valore alquanto inferiore, cioè di metro 0, 293260. Esaminando il
Paucton quanto venne esposto dagli antichi scrittori precipuamente sulle di-
31
242 VIA APPIA APPENDICE 11.
mensioni delle vetuste piramidi di Egitto, e confrontandolo con le misure de-
dotte dai monumenti stessi , venne a stabilire un valore per il piede roma-
no certamente superiore al vero ; perchè si trova essere di metro 0, 308597 ,
che deve meglio attribuirsi al piede greco, con il quale si determinarono
dagli antichi più comunemente le dette piramidi , e perciò non merita con-
siderazione. E così pure quel valore stabilito con poca cura dal Mau e dagli
altri scrittori che basarono le loro ricerche su documenti improprii. Con
molta maggiore cura e studio fu stabilito il valore del piede romano dal
Freret basandolo sulla media dedotta da dodici differenti risultamenti già ot-
tenuti sui più approvati studj, che si trova corrispondere a metro, 0,294949.
Parimenti in seguito delle dotte ricerche fatte dal GosseUn precipuamente
per dichiarare nel mighor modo possibile quanto vedesi esposto da Stra-
bene sulle varie distanze da lui indicate, si venne a stabilire un valore per
il piede romano forse anche migliore del precedente ; poiché si trova es-
sere di metro 0,296290. Tra quei dotti, che posteriormente si occuparo-
no a stabilire lo stesso valore, merita speciale considerazione il Cagnazzi;
perchè con grande studio prese a considerare non solamente quanto ven-
ne stabilito in precedenza, ma vi aggiunse le ricerche diligenti fatte su sei
piedi antichi che esistono nel museo Borbonico tanto in bronzo che in avo-
rio, i quali si rinvennero principalmente negh scavi di Pompei ; e potè egU
stabilire il valore medio dedotto da tutti i medesimi oggetti che corri-
sponde a metro, 0, 29G240, e che deve di molto apprezzarsi. Dall'avvo-
cato Sisti successivamente dopo di avere meglio verificato le indicate sei
misure del piede esistenti in detto museo di Napoli, ed anche prese in più
esatta verifica colla direzione dei RR. PP. Marchi e Tessieri su di un an-
tico piede di metallo del museo Kircheriano rinvenuto nell'anno 1835 fuori
della porta Latina, che si trovò corrispondere a metro 0, 296145, e di al-
tro rinvenuto dal Ficoroni in bronzo e collocato nella bibhoteca Vaticana,
che si conobbe essere eguale a metro, 0, 295070, e così quei già cogniti
di Statilio Afro, verificato a metro 0, 295070, di Cossuzio metro 0, 297431
l'Ebuzio metro, 0, 297656, e del museo Capponi metro, 0,298671, si
potè stabilire una misura media di metro, 0, 296858 dedotta dai suddetti
sei parziali più esatti risultamenti, che può perciò meritare considerazione.
Quindi da me stesso, pubblicando nell'anno 1840 il Tom. Vili della se-
conda edizione della mia opera sull'Architettura antica, ho riconosciuto sul-
l'esame consenzioso di molti documenti avere il piede romano corrisposto
a metro, 0, 296000. Infine si osserva che, stampandosi ultimamente dalla
direzione del Censo dello stato Pontificio un compendio di ragguagU delle
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 243
diverse misure, si è stabilito la corrispondenza del piede romano antico in
metro 0,296318 in seguito di quanto si potè dedurre in particolare dai ri-
sultamenti esposti dal Yenturoli, dal Dureau de la Malie, e dal Balbi colle
aggiunte di Guerin de Thiouville. Laonde prendendo una media sui sur-
riferiti ventidue principali risultamenti, che sono dedotti da piii gran nu-
mero di altre parziali deduzioni, si trova offrire il generale prodotto di
metro, 0, 2962Ì0 che si può ritenere per il più probabile valore che si
sia potuto ottenere in seguito di un medio risultamento di tutti gli studj
fatti sin'ora. E tale valore determina la estensione del miglio, composto di
cinque mille piedi, in metri 1481,200. Di tutto quanto si è operato con
lunghe calcolazioni di riduzione per ottenere lo stesso valore medio, tra-
sportato sulla uniforme misura metrica, si può solo renderne ragione col-
lesa minare tutte le dotte esposizioni che furono su tale oggetto pubblicate
e farne i rispettivi rapporti (8).
(8) Tatti i citati parziali prodotti, che si sono stabiliti sui molti sludj fatti per stabili-
re il valore deirantico piede romano, sono dedotti dalle seguenti pubblicazioni. In tale
novero però è da osservare che non si comprendono quelle diverse memorie che sono più
riproduzioni dei risultamenti già dimostrati, che esposizioni di nuove calcolazioni e con-
siderazioni su documenti non per anche fatte. Porcio Leonardo : De re pecuniaria antiquo-
rum et ponderihus oc mensuris. 1527 — Luca Peto: De mensuris et ponderibus romanis.
In Thes. Antiq. Rom. Graevii. Tom. XI — Greaves : A discourse of the Roman Feet. London
1657-1736 — Bernardi: De mensuris et ponderibus antiquis. Oxoniae 1657 — Riccioli:
Cronologia et Geographia reformata. Ron. 1661 ■ — ■ Piccard: De mensuris distanliarum, arido-
rum et liquidorum. Parisiis 1670 — Fabretti: De aquis et aquaeductibus. Diss. II. N. 128.
Romae 1680 — Cassini: Memoires de l'Académie des sciences. An. 1702, Paris — De la
Hire: Memoires de l'Acade'mie des Inscriptions. Voi. XXIV. An. 1714, Paris — Maffei:
Galliae antiquitates quaedam selectae. Veronae 1734 — Folkes : Philosophical Transactions.
London 1736 — Astruch: Memoire pour l' histoire naturelle de Lanquedoc. Paris 1737 • —
Revillas: Sopra l antico piede romano. Dissertaxioni dell'Accademia di Cortona. Tom. III.
N. IV. Roma 1741 — Raper: Philosophical transactions. London 1760 — Cristiani: Trat-
talo delle misure di ogni genere antiche e moderne. Roma 1760 — D'Anviile: Traité des me-
sures itinéraires. Paris 1769 — Arbutnot: Tabulae antiquorum mimmorum, mensitrarum et
ponderum. Lugd. Rat. 1764 — Paucton: Metrologie ou traité des mesures. Paris 1770 —
Mau: Tableau des mesures. Bruxelles 1779 — Freret: Sur les misures et Ics pieds des an-
ciens. Memoires de l'Accademie des Inscriptions. Voi. XXIX. Paris — Gosselin: Observa-
tions préliminaires à la Geographie de Strabon. Et recherches sur la Geographie systemalique
et positive des anciens. Paris 1793 — Podocataro Cristianopulo: In Tabula itineraria mi-
litaris romana antiqua Theodosiana, et Peutingeriana. Aesii 1809 — Cagnazzi: Sui valori
delle misure e dei pesi degli antichi romani. Napoli 1825 — Sisti : Trattato storico-metrolo-
244 VIA APPU APPENDICE n.
Per ottenere un sempre più esatto valore dell'antica misura romana me
ne offrirono autorevole decumento i due forse più insigni monumenti di Roma
che non furono mai considerati per tale oggetto ; e questi sono le due grandi
colonne coclidi di Trajano e di Marco Aurelio, che si conservano nel loro
intero stato e che sono oggetti di ammirazione universale. Dopo il ritro-
vamento falto nell'anno 1777 della importante iscrizione di Adrasto rela-
tiva alla domanda da lui esposta onde ottenere di stabilire una casa per
custodire la colonna di Marco Aurelio, e la concessione che venne data
mentre erano consoli Falcone e Claro sotto l'impero di Settimio Severo,
in cui ripetutamente si legge procvrator colvmnae centenariae divi marci,
si conveniva bensì di appropriare il significato di tale denominazione ad
una qualche particolarità che si approssimasse al cento , ma non mai alcu-
no s' indusse a riconoscervi essere ciò derivato dalla precisa misura sua di
cento piedi; giacché tanto nel catalogo delle Curiosità di Roma, quanto in
quello della Notizia dell'impero, si prescrisse a tale colonna l'altezza di pie-
di cento settanta cinque, e tale misura effettivamente si trova corrispon-
dere nel monumento considerato in tutta la sua elevazione compreso il
basamento, ora sotterrato, ed il piedestallo (9). Però quando mi feci ad espor-
re lo stesso insigne monumento nella mia grande opera sugli Edifizj antichi
di Roma, presi per la prima volta a spiegare la suddetta appropriazione di
nome. Osservando che a norma di tutti i precetti di architettura, precipua-
mente esposti da Yitruvio, secondo le definizioni proprie degli antichi roma-
ni , per colonna s' intendeva il fusto colla base e capitello di qualunque
genere fosse, e non mai col piedestallo e altro basamento su cui poteva
essere innalzata, mi portò questa definizione a ricercare nel medesimo mo-
dico sopra il piede ed intiera scala della misura legale romana. Roma 1836 — Alfan de Ri-
vera: Della restituzione del sistema metrico di misure pesi e monete alla sua antica perfezione.
Napoli 1838 — Durcau de la Malie: Economie politiqiie des romaines. Paris 1840 —
Canina: Architettura antica. Tomo Vili. Sezione III. Parte II. Cap. I. Roma 1840 —
Balbi e Gucrin de Thiouville: Abrégé de Geographie. Paris 1844 — Compendio dei rag-
guagli delle diverse misure agrarie dello stato Pontifìcio. Roma 1850.
(9) La indicata iscrizione di Adrasto con quanto vagamente si poteva dedurre sul
titolo Centenaria, attribuito alla colonna di Marco Aurelio, denominata comunemente
Antonina, venne primieramente esposto dal Fea nella sua Dissertazione sulle Rotine di
Roma, inserita nel Voi. Ili dell'edizione romana della Storia dell'Arte, del Winckelmann da
lui corredata di note. L'altezza poi della stessa colonna è determinata nel catalogo della
Regione IX del ùiriosum Urbis e della Notitia con queste parole: Templum Antonini et
Columnam cochlidem altam pedes CLXXV S, gradus intus habet CCIII, fenestras, LVI.
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 2Ì5
numento quale fosse la misura che dall' estremità inferiore del plinto della
base si estendeva sino all'estremità superiore dell'abaco del capitello, e la
trovai corrispondere precisamente a cento piedi antichi ; e ciò rendeva pa-
lese la indicata appropriazione centenaria attribuita a questa colonna nel-
l'iscrizione anzidetta di Adrasto. Quindi mi portava questa importante con-
siderazione a ricercare quale fosse la misura dell'altra colonna coclide ap-
partenente a Trajano, limitata sempre alla estremità inferiore del plinto e
della base superiore dell'abaco del capitello, benché eziandio dalle notizie
tramandateci in particolare dai regionari e da quanto si verifica nel mo-
numento si trovasse elevarsi sino a cento ventisette piedi e mezzo col suo
piedestallo ; e con vera soddisfazione riconobbi corrispondere con piccolis-
sima varietà all'anzidetta misura determinata in piedi cento. Il qual ritro-
vamento, mentre dava maggiore autenticità alla suddetta prima attribuzio-
ne, rendeva poi sommamente autorevole l'applicazione di cento piedi pre-
cisi nei monumenti di tal genere, che sono per l'arte e per la storia i più
insigni che si sieno fatti dai romani e meritevoli perciò della piiì grande
considerazione anche per il detto parziale oggetto 5 perchè è da supporre
che si sia impiegata pure la maggiore esattezza nell'adempiere a tale par-
ticolarità, come si fece in tutto altro loro artifizio. Ed è importante l'osser-
vare a riguardo della colonna di Trajano che, per essere prescritta la sua
totale altezza dall'elevazione del monte che fu tagliato per rendere piano
il foro, al quale oggetto essa principalmente fu eretta, come si dichiara dalla
iscrizione scolpita nel suo piedestallo, e nel tempo stesso per mantenere
l'altezza dei cento piedi prescritta alla colonna propriamente detta, si venne
di necessità a fare il piedestallo alquanto basso, mentre nella colonna An-
tonina , essendo libera la totale elevazione, vedesi essa di molto più innal-
zata ; e questa importante osservazione rende anche più prezioso l'oggetto di
queste ricerche. Ma il medesimo esame io faceva in allora solamente col-
l'appoggio delle misure prese senza avere presente la stessa importante par-
ticolarità ; onde è che il risultamento ottenuto non può ritenersi per il più
esatto (10). Quintli da tah considerazioni, giudicando meritevole del più
(10) Si veda quanto fu esposto nella Classe XIII della mia grande opera sugli
Edifizj antichi di Roma prendendo ad osservare le anzidette due colonne coclidi. La
altezza delia colonna Trajana è determinata nel catalogo della Regione Vili del Cu-
riosiim Urbis, e con poca varietà in quello della Notitia in questo modo: Temphm Tra-
jani et cohmnam cochlidem aham pcdes CXXVII S , gradus intus hahct CLXXX fenestras
XLV. Nella Cronaca di Cassiodoro però si determina alta piedi CXLIV, e ciò forse per
errore dei trascrittori, e così pure da Eutropio. (Hist. Lih. Vili. e. 2.J
24-6 VIA APPIA APPENDICE II.
grande studio la verifica esatta degli stessi monumenti limitata a tale uni-
co scopo, si è cercato nel mese di maggio dell'anno 1852 il mezzo più op-
portuno per ottenere un risultamento della maggiore precisione possibile.
Così colla cooperazione del sig. Bravuzzi ingegnere del ministero dei Lavori
pubblici e dell'architetto Fontana ispettore dei monumenti antichi, come pu-
re coU'assistenza deHarchitelto Montiroli , dopo di avere tentato di ottenere
tale misura con il mezzo di fiH e fettuccie verniciate, che si trovarono dare
sempre un risultato variabile, benché contenuto in alcune minute parti, si
presero a congiungere diversi regoli di legno assai stagionati in modo da po-
tersi piegare e stendere senza veruna alterazione ; e con ciò si giunse ad ot-
tenere non solamente una misura della più grande esattezza , ma anche da
poterla conservare e farne all'occorrenza facilmente la verifica sul monu-
mento. Con tale mezzo si cominciò a prendere la misura della colonna Anto-
nina, perchè era quella che più autorevolmente aveva dato motivo di rico-
noscervi la corrispondenza di cento piedi per essere stata propriamente
detta Centenaria : e ciò si fece segnando nei detti regoli congiunti la esten-
sione precisa compresa tra lo spigolo superiore dell'abaco del capitello e
quello inferiore del plinto della base. Quindi siffatta operazione si trasferì
nello stesso giorno alla colonna Trajana, sempre limitandola ai medesimi cor-
rispondenti limiti, e si trovò in questo monumento eccedere di metro 0, 155
sopra il risultamento ottenuto dalla colonna Antonina. Ciò diede motivo ad
imprendere più accurate diligenze per trovare ragione di tale varietà benché
di assai piccola identità. Ed in seguito di questo divisamento si conobbe che
nella colonna Antonina, allorché fu rivestito il piedestallo antico con lastre
di marmi moderni, si venne a ricoprire di non più di metro, 0, 020 il plinto
della base antica, come ne ha offerto documento l'altezza del masso di mar-
mo che compone la stessa base, il ciglio inferiore del quale nella parte in-
terna della colonna si trova determinato con precisione. E nella colonna
Trajana ne prestò plausibile ragione il guscio aggiunto sotto il plinto della
base, il quale si vede unicamente praticato per non lasciare disgiunto il
plinto dalla cimasa della cornice del piedestallo con un piano orizzontale che
avrebbe impedito la veduta di tutto quanto Io stesso plinto e nel tempo
stesso trattenuto lo scolo delle acque piovane. E siccome l'altezza di una
base, sottoposta a qualunque genere di colonne, si trova sempre in tutti i
precetti determinata dal plinto formato con le quattro fronti piane; così
non potendosi mai comprendere il suddetto guscio nell'altezza della base e
per conseguenza in tutto ciò che costituiva la colonna propriamente detta ,
si giudicò necessario di escludere dalla misura di tal determinazione metro
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 24-7
0, 135, cioè precisamente quanto è l'altezza di tale guscio considerato geo-
metricamente. Si è coU'aggiungere la indicata minuta parte di metro, 0, 020
del plinto della base della colonna Antonina coperta colle opere di ristauro
aggiunte e col detrarre detta altezza del guscio sottoposto alla base della
colonna Trajana, che si è ottenuto di pareggiare la differenza di metro 0,
155 rinvenuta tra le misure prese sulle due colonne nella indicata diligente
operazione. A maggior conferma di tale risultamento si è nel giorno 1 giugno
dello stesso anno 1852 colla cooperazione delle stesse sullodate persone rin-
novata l'operazione servendosi dei medesimi regoli congiunti. Cominciando
eziandio dalla colonna Antonina, si è reputata la misura nel mezzo di ciascun
dei quattro lati dell'abaco del capitello e del plinto della base, limitandosi
sempre agli spigoli inferiore e supcriore di tali parti, e si è ottenuta una me-
dia misura dedotta dalle parziali quattro anzidette, che solo di assai poco
differivano, in metri, 29, 635. Questa stessa misura si è ripetuta in egual
modo nella colonna Trajana , e si ebbe la soddisfazione di trovarla esatta-
mente corrispondere tra lo spigolo superiore dell'abaco del capitello ed il
termine rettilineo del plinto della base escluso il guscio anzidetto. Questo ri-
sultamento ha offerto la più palese prova che si potesse desiderare per con-
testare nel tempo stesso la sussistenza della esatta applicazione della misura
di cento piedi nei medesimi due insigni monumenti, e la più autorevole de-
duzione che mai si potesse rinvenire per determinare il vero valore dell'an-
tico piede romano. È d'uopo inoltre far conoscere che la riduzione anzidetta
della misura effettiva, ottenuta con la metrica, si è basata sul campione del
metro in metallo che si conserva alla direzione generale del Censo dello stato
Pontificio dedotto dal protipo di Parigi, e verificata anche sul campione simi-
le che si conserva nel gabinetto fisico dell' Università della Sapienza e quello
della specola del Campidoglio, e che ha servito eziandio per tutte le opera-
zioni trigonometriche fatte dagli astronomi Conti e Richebach per determi-
nare la topografia dello stesso stato. La effettiva misura poi dei cento piedi
romani, ottenuta dalle anzidette dihgenti ripetute operazioni, si conserva presso
di me sinché mi si presenterà opportuna occasione per depositarla nel luogo
più opportuno, qual può essere il palazzo dei Conservatori in Campidogho, e
determinarne con precisione almeno la estensione di dieci piedi su di una la-
pide per servire di più autorevole campione di quello stabilito nel luogo
stesso per cura di Luca Peto con minori autorevoli documenti. Pertanto a
supplire alla più estesa conoscenza e dimostrazione di quanto fu operato si
espone nella annessa Tavola il modo con cui le due colonne coclidi di Traja-
no e di Marco Aurelio corrispondono in eguale elevazione nella parte che
248 VIA APPU APPENDICE n,
effettivamente costituiva ciò che veniva dagli antichi determinato col voca-
bolo colonna e che era composto dal fusto, base e capitello, escluso il piede-
stallo e qualunque specie di basamento e superiore elevazione, per le quali
parti si trovano differire nell'altezza totale i due medesimi monumenti. Quin-
di, restando confermata la precisa corrispondenza della misura dei cento piedi
romani, che costituiva ciò che denoininavasi pletro, in metri 29, 635, ne ri-
sulterà l'autorevole valore del piede determinato in metro 0, 296350. E così
il miglio composto di mille passi, cioè cinque mille piedi, si troverà corri-
spondere a metri 1481, 750.
Ad altro importante oggetto ho creduto opportuno di rivolgere le ricer-
che sul medesimo scopo per sempre piìi contestare il preciso valore dell'an-
tica misura romana con quella metrica ora più comunemente adottata. Dopo
i grandissimi studj fatti dall'anno 1845 al 1849 dalla commissione deputata
dal governo Pontifìcio a proporre il miglior metodo per portare a compimen-
to la Bonificazione Pontina, di cui ebbi l'onore di farne parte, mi restava sem-
pre fisso alla mente la importanza grandissima che si presentava il ristabili-
mento dell'antica via Appia, protratta per piiì di venti miglia in linea retta
lungo l'agro Pontino, onde determinare la più esatta misura del miglio antico,
per essere state rinvenute ancora al proprio luogo diverse colonne migliane.
E dopo di avere conosciuto che il risultamento ottenuto sino dal tempo che
venne effettuato il suddetto ristabilimento della via antica, non poteva merita-
re alcuna considerazione, per essersi solamente portato a corrispondere a me-
tri 1471, 232 essendo almeno di metri dieci inferiore a quello ritrovato dai
diversi più accurati studj , mi sono determinato e farne ricercare con più ac-
curato studio la detta misura (11). Quantunque fossero state tolte dal proprio
(11) Il modo tenuto nel fare la indicata misura tra le lapidi migliane XLII e XLVI
della via Appia lungo l'agro Pontino, si trova dichiarato dal Nicolai nella sua importante
opera sui Bonìficrimenti delle Terre Pontine pag. 365. Ove si dichiara essersi rinvenu-
ta la lunghezza del miglio antico romano in canne di dieci palmi moderni 658, 5; ed
avere tale misura servito di base per lo scavamento di tutte le fosse migliane a traverso
del medesimo agro in corrispondenza delle lapidi antiche. Quindi considerando la detta
canna di dieci palmi architettonici sul rapporto in allora di più approvato, si è dedotta la
misura stessa del miglio essere eguale a metri 1471, 232, come risulta da alcune memorie
dell'ingegnere Astolfi che diresse la stessa prima misurazione allorché aveva cura delle
prime lavorazioni fatte per la Bonificazione Pontina. Questo risultamento si trova essere
stato adottato dal Pronj senza avere fatta alcuna verifica locale, come risulta dagli articoli
126 e 273 della sua opera intitolata: Description Ilijdrographique et Historigue des 3Iarais
Pontins. La indicata, non certamente esatta misura, si deve credere derivata o dall'avere
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 249
luogo le due lapidi migliane XLII e XLYI, che soie rimanevano in piedi,
mentre le altre furono rinvenute rovesciate, e vennero, contro ogni buon
discernimento, collocate a servire d'insignificante ornamento nella fabbrica
di Mesa ; pure, essendosi conservata precisa memoria del luogo, in cui esiste-
vano, coll'avere fatto scavare le corrispondenti fosse migliane, e di seguito
lutlé le altre che dividono l'agro Pontino, si è creduto di trovare un documen-
to all'indicato oggetto prendendo una esatta misura dello spazio esistente tra
le linee medie delle indicate due fosse migliane, per avere la estensione com-
plessiva di quattro miglia antiche, senza molto curarsi delle intermediarie che
furono stabihte con minore precisa determinazione delle lapidi antiche rinve-
nute rovesciate. In seguito di questo divisamento ho pregato l'ingegnere in
capo della Bonificazione Pontina sig. Paolo Cavi affinchè colla cooperazione
dell'ingegnere aspirante sig. V. Minottini e colla massima diligenza facesse
prendere precisa misura tra gì' indicati due termini. Ed a tale effetto, per
evitare qualunque equivoco sulla varietà delle misure da impiegarsi in tale
operazione, gli ho trasmesso primieramente un regolo colla esatta misura del
metro tratta dal campione in metallo che si conserva alla direzione del Censo,
come pure al gabinetto fisico dell'Università della Sapienza e del Campido-
glio , sul quale sono state basate le precedenti operazioni fatte in Roma . te-
nendo anche conto delle piccole varietà di dilatazione dell'ottone prodotte da
diversi gradi di temperatura, e scegliendo perciò un giorno di temperatura me-
dia. Quindi fu inviata una catena della lunghezza precisa che fu determinata
dal risultamento ottenuto misurando le anzidette due grandi colonne coclidi di
Trajano e di Marco AureUo, cioè piedi antichi cento corrispondenti a metri
29, 655. Così, essendo ciascun miglio composto di piedi cinque mille, per ot-
tenere la intera estensione delle suddette quattro miglia, bastava di far scorre-
re duecento volte la detta catena. Di più fu ingiunto al medesimo ingegnere
impiegate pertiche di venti palmi alquanto più lunghe di quanto si prescrisse per tale spe-
cie di misura, oppure dal non avervi prestata una diligente cura; giacché gli stessi limiti,
compresi tra le migliane XLII e XLYI misurati con assai esattezza, si sono rinvenuti di-
stare almeno trenta metri di più. E quindi da ossen are che le indicate colonne migliane
dovevano appartenere a quel ristabilimento fatto da Ncrva Trajano tra la stazione di Tre-
ponti e quella del Foro Appio, come è indicato nella iscrizione riferita nella suddetta
• opera del Nicolai con le altre rinvenute nel luogo stesso, pag. 93, 94, e 95. Inoltre giova
osservare che nella Pianta delle Paludi Pontine, pubblicata da Gian-battista Chigi nell'anno
1778, si trovano segnati ancora come esistenti al proprio luogo i cippi delle miglia XLIJ,
XLIII, XLIV, XLV e XLVI. E sarebbero stati veramente di moltissima importanza se
non fossero stati traslocati allorché s imprese ad eseguire la Bonificazione Pontina.
32
250 VIA APPIA APPENDICE li.
di verificare quella misura antica che si trova segnala sino a piedi cento venti
su di un antico taglio verticale fatto su quella parte sporgente verso il mare
vicino alla porta Napolitana della città di Terracina , che viene volgarmente
denominata Pisco-montano, per allargare il transito della via Appia in tale
ristretto luogo; e ciò evidentemente allorché si fecero grandi lavori lungo la
stessa via da Trajano, nella quale epoca si crede comunemente essere stato in
miglior modo stabilito il vicino porto. Imperocché coll'anzidetta catena di piedi
cento si poteva con più precisione di quella ottenuta per lavanti dall'inge-
gnere Scaccia, con metodi più imperfetti, verificare la stessa misura (12). Sì
dell una sì dell'altra commissione prendeva speciale cura l'anzidetto ingegne-
re Minottini, e con molta diligenza si faceva nei primi giorni del mese di
luglio dell'anno 1852 a prendere la direzione per ottenere una esatta misu-
ra tra le fosse migliarie XLII e XLYI della via Appia, che furono scavate in
corrispondenza delle lapidi che determinavano le stesse antiche miglia, im-
piegando tanto esatte stagge di quattro metri, stabilite sul campione inviatogli,
quanto l'anzidetta catena di piedi cento, cioè metri 29, 655. Il risultamento
della prima osservazione fu di avere trovato sulla estensione di tutta la
linea delle quattro migHa della via Appia un sopravanzo nelle duecento
catene di metri 19, 100, cioè nel totale metri 5911, 900 in vece di metri
5931, 000 che portava il prodotto di metri 29, 655 moltiplicato per 200.
Quindi da ciò si dedusse dovere essere la estensione del miglio antico di
circa metri 1478. cioè già superiore di metri 6, 768 del risultato ottenuto
colla prima misura fatta dall'ingegnere Astolfi, che fu di metri 14-71, 232.
E quindi dall'osservazione fatta sulle misure numerale nel taglio verticale
(12' La anzidella misura, che vedesi determinata con numeri romani antichi sul
taglio verticale della parte del monte sovrastante alla città di Terracina verso la porla
Napolitana , denominato volgarmente Pisco-montano, fu con maggiore cura primieramente
presa a considerare dall'ingegnere Scaccia nel mese di marzo deiranno 1813. Egli pren-
dendo memoria delle parziali divisioni distinte dai numeri XXX al CXX , per essere le
inferiori mancanti, ne dedusse una media che egli ha trovato corrispondere per ciascun
piede a metro 0, 292042, come risulta da alcune sue memorie che si conservano nell'ar-
chivio dell'ufficio della BoniGcazione Pontina in Terracina e che mi furono gentilmente
comunicate dall'ingegnere Marucchi. Siffatto risultamento, trovandosi inferiore a quei
(he furono con più grandi studj determinati, se ne deve attribuire la poca esattezza tanto
alla difflcoltà di verificare le stesse misure sul taglio verticale del Pisco-montano, quan-
to all'incertezza di prescrizione che offrono i segni tracciati sulla stessa rupe, come an-
cora all'impiego di misure parziali che dovettero essere tratte da campioni non troppo
esatti o alterati nel trasporto.
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 251
del Pisco-montano, si è credulo stabilire il piede romano a metro 0, 295600,
cioè già superiore di metro 0, 003558 alla media ottenuta nella enunciata
precedente misura fatta dall'ingegnere Scaccia che era limitala a metro 0,
2920Ì2, come venne chiaramente dimostrato nella diligente operazione che
mi trasmise il sullodato ingegnere Minottini munita dell'autorevole approva-
zione dell'ingegnere pontino Paolo Cavi (13).
(13) Relazione delle misure prese fer rilevare la lunghezza del miglio e del piede degli
antichi Romani. — 1 Misura del miglio. La lunghezza della via Appia antica, compresa fra
le migliarle XLII e XLVI, era verificabile al tempo in cui il Nicolai scriveva le memo-
rie della Palude Pontina, perchè stavano al loro posto le colonne migliane XLII e XLVI.
Venne infatti allora misurata la lunghezza nominata, e dalla quarta parte di essa si dedusse
la lunghezza del miglio antico che servi di norma per stabilire tutti i punti, pei quali a
squadra coli' Appia dovevano condursi le fosse migliarle della Bonificazione. Attualmente
più non esistono questi termini migliarli antichi, e quindi non può aver più luogo, a
rigore, la verifica della lunghezza del miglio antico. Se non che riflettendo che la effet-
tuazione delle fosse migliarle sarà riuscita più esatta, o meno erronea al luogo stesso
ove esistevano i nominati termini XLII e XLVI, non si può ora misurare che la distanza
degli assi delle migliane medesime in linea retta orizontale ed a squadra cogli assi stessi
che sono due rette parallele. Tali considerazioni hanno determinato a condurre una pa-
tinata pel mezzo della fossa migliarla XLVI, ed un'altra per quello della migliarla XLII,
portando sul terreno con precisione la linea diretta dalle paline ad intersecare la strada
Appia, sulla quale si è fatta la misura. Questa si è eseguita con stagge di abete ben
dritte lunghe precisamente metri 4, ossia lunghe quattro volte il metro tolto dal cam-
pione della direzione del Censo di Roma. Poi si è fatta la misura medesima con la catena
lunga metri 29, 655, e verificata per tale lunghezza misurandola col medesimo metro cam-
pione. Le stagge erano in numero di tre, e principiando dall'asse della migliarla XLVI
venivano disposte tutte e tre, una in prosecuzione dell'altra, in linea retta e a squadra
coll'asse medesimo; ciò che era conseguito coU'osservare il parallelismo delle stagge di-
stese in terra col ciglio della strada o coll'alborata di essa; perchè, come si sia, la stra-
da è retta e le migliarle la tagliano ad angolo retto. Veniva poi mossa la prima, ossia
quella la di cui estremità combaciava coll'asse della XLVI, e si portava avanti alla terza
intestandola con essa e dirigendola secondo la retta parallela all'alborata; cosa ben fa-
cile essendosi disposte le stagge in prossimità dell'alberata medesima, e precisamente
nella banchina della strada presso che piana ed orizontale. Si muoveva in seguito la se-
conda portandola ad intestarsi colla quarta , e sempre colle avvertenze che il contatto
della testa succedesse nel modo più possibile compiuto, che si conservasse il paralleli-
smo coll'alborata, ossia che si percorresse una linea vicinissima alla retta; si è sino al
fine della misura eseguito lo stesso spostamento di stagge, che in una parola consisteva
nell'avvanzare la posteriore delle tre intestandola coll'anteriore relativamente alla dire-
zione in cui si camminava colla misura.
252 VIA AI'PIA APPENDICE li.
Benché i medesimi risullamenli difTeriscano di assai poco da quelli
ottenuti dai più autorevoli documenti e determinati con più precisione;
pure anche le stesse piccole diversità spariscono quando si vogliano pren-
dere in considerazione le seguenti circostanze. Relativamente al soprappiù
Per non equivocare nel numero se ne teneva conto dai quattro individui destinati
allosservazionc; poiché, essendo a due affidata la rimozione delle stagge posteriori, a due
altri rintestamento, ciascuno dei due primi chiamava il numero progressivo della staggia
che portava per fare intestare dai due secondi, i quali ripetevano il numero che poi si
verificava, e ripetevasi anche mentre stavasi osservando l'allineamento delle stagge. Final-
mente ogni cinquanta stagge distese se ne incominciava di nuovo il conteggio. Così ope-
rando si percorse tutta la linea dall'asse delle migliarla XLVI a quello della migliarla
XLII con stagge numero 1478 con un divario di centimetri 38 che l'ultima staggia
sorpassava Tasse della migliarla XLII. Percorrendo la linea misurata, si è pure osser-
valo se le intermedie migliane fossero egualmente distanti fra loro; e si è rinvenuto che
le intermedie, ossia le distanze comprese fra le XLV e XLIV, e fra le XLIV e XLUI,
sono presso che eguali a 1480 metri, vale a dire di una misura maggiore di quella che
non siano le XLYI e XLII dalle XLV e XLUI.
Incominciando poi dall'asse della XLII e venendo verso l'asse della XLVI, si è mi-
surato colla catena della rammentata lunghezza percorrendo sempre la parallela all'albo-
rata; e per giungere fino al punto di partenza della misura fatta colle stagge si diste-
sero in terra catene 200, con cui avvanzò in più di metri 19, 10. Anche colla catena
per non equivocare nel numero si ricominciava il conteggio ogni 10 catene misurate, e
ciò era regolato come appresso. L'uomo che portava il chiodo posteriore della catena,
mentre disponeva esso chiodo nel punto che gli veniva indicato, chiamava sotto voce il
numero progressivo e rimaneva fermo fino che la catena era disposta in linea retta dal-
l'uomo che portava il capo anteriore. Quest'ultimo poi aspettava con il chiodo fisso fino
che si andava presso ad esso per sostituire al chiodo della catena una punta di ferro che
si aveva cura di tenere ben ferma fino che giungeva il primo. Nel momento che il se-
condo partiva per avvanzare di altra catena chiamava il numero progressivo che era ri-
petuto ad alta voce per farne rimanere impresso il suono essendo gli uomini distanti
per circa metri 30 fra loro. Anche con questa seconda misura si è osservata la lunghezza
delle miglia intermedie, e si sono trovate con molta approssimazione le stesse differenze
rimarcate quando se ne fece la misura delle stagge, ciò che prova lesattezza delle mi-
sure. Il risultato di queste due, che qui per concludere si può riportare , è per le stagge
metri 5011, 62; perchè 1478 stagge lunghe metri 4 importano metri 5912, dalle quali
tolti centimetri 38, avvanzati nella misura, come si è detto, restano metri 5911, 62:
per la catena 5911, 90 che risultano da 200 catene diminuite di metri 19, 10 a seconda
di quanto si è detto precedentemente. Quindi la lunghezza del miglio dedotta dalla mi-
sura delle stagge verrebbe ad essere 1477, 900 e dedotta dalla misura della catena
1477.975.
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 253
(li metri 19, 100, rinvenuto nella totale estensione delle suddette quattro
miglia della via Appia, si rende importante il far conoscere, che. avendomi
fatto ritornare la catena di cento piedi , che servì a determinare la stessa
dimensione, e raffrontandola con la misura dei cento piedi dedotti dalle
anzidette due colonne e registrata in effettivo sopra regoli ben connessi ,
(rovai che in vece di essere metri 29 , 655 si era eslesa a metri 29 , 665
evidentemente nell'eseguire la indicata operazione. Quindi detraendo i venti
Questi due numeri additano, da quanto sembra ragionevole, che la misura del mi-
glio sia di metri 1478. Infatti pare probabile che li 38 centimetri, di cui l'ultima staggia
ha oltrepassato Tasse della migliarla XLII, siano conseguenza del non perfetto impos-
sibile) contatto delle stagge lunghe con precisione metri 4; e che la catena ad onta
di tutta la diligenza usata possa, come ben si comprende, avere dato una differenza in me-
no di centimetri 10.
2. Misura del piede antico. — La misura del piede antico dedotta dai numeri
incisi in mezzo a targhe quadrangolari nello scoglio chiamato Pisco-montano presso
porta Napolitana in Terracina, si è eseguita come appresso. Si è adoprata la catena per
ottenere la linea a piombo inalteral)ile dal vento, e si sono misurate con essa le altezze
seguenti: 1. L'altezza compresa fra il segno XXX, e il segno CXX si è trovata di me-
tri 26, 608. 2. Si è fatta la misura egualmente colla catena dal segno C al CXX e si è
rinvenuta di metri 5. 900. 3. Si è finalmente ripetuta dal segno C al CX e è si è trovata
di metri 2, 949.
Ora a giudicare della lunghezza del piede dalla prima misura risulterebbe prima, metro
0, 2956 ; dalla seconda 0, 2950 ; dalla terza 0, 2958. Tali differenze risultanti certamente
dalla inesattezza con cui sono fatte e disposte le targhe contenenti i numeri, che non sono
nò eguali, né in una medesima verticale, in una parola la inesattezza di esecuzione nel-
r incidere nello scoglio i nominati numeri, produce una incertezza della vera lunghezza del
piede antico. Se non che si potrà fare osservare che il primo di tali risultati , quello che
da il piede lungo metri 0, 2956, differisce di soli 3 decimi di millimetro da quello ripor-
tato nell'opera dell'egregio professore Venturoli che è 0, 2953; e che di più essendo il
miglio antico composto di 5000 piedi, cinquemila volte la lunghezza 0, 2956, darebbe
metri 1478 per la lunghezza del miglio, come si è trovato nella misura descritta e ripor-
tata nella presente relazione. E si potrà anche aggiungere che pare doversi riguardare
più prossimo al vero il primo risultato; perchè le inesattezze di esecuzione meno sensi-
bili si rendono nella misura totale da cui risulta, di quello che non sia nelle parziali,
che per semplice verifica della prima ed anche in qualche modo a giustificarla si sono
ripetutamente eseguite.
Terracina 10 Luglio 1852.
V. Minottini Ing. Asp.
Visto regolare
P. Cavi Ing. Pontino.
254- VIA APPIA APPENDICE II.
decimetri, che risultano dal complesso delle duecento catene componenti le
medesime quattro miglia, si trova con pochissima varietà compensata la
indicata differenza, cioò metri 20, in vece di 19, 100. E ciò si deve vieppiù
tenere in considerazione, giacché nella parziale misura delle indicate miglia,
si sono trovate quelle tra le XLIII e XLY essere eguale a metri 1480, cioè
di poco varie di quanto si è risultato in seguito della riferita operazione.
Quindi relativamente alla piccolissima differenza ottenuta tra il valore del
piede dedotto da quanto esiste tracciato sul piano verticale del Pisco-mon-
tano, in metro 0, 29560, da quella derivata dagli anzidetti monumenti in
metro 0, 29655, è tanto insensibile che sui piedi 120 di estensione, riducen-
dosi a metro 0, 00950, può considerarsi equivalere alla larghezza dei segni
che rozzamente vennero incavati in detta rupe per denotare la stessa misura.
Laonde tutto ciò ci porta a confermare i risultamenti ottenuti dai suddetti
più insigni monumenti ; cioè per il piede metro 0 , 29635 , per il passo 1 ,
481750, per il pletro 29, 635 e per il miglio 1481 , 750 (14).
Siccome si trovano spesso dagli antichi scrittori indicate le distanze
della stessa parte della via Appia, presa ad illustrare, anche in stadj che
propriamente appartengono alla misura greca ; così non si può omettere
di dare un qualche cenno su tale specie di misura, come eziandio ciò si
rende necessario per sempre più confermare col rapporto ben cognito il
suddetto risultamento per la misura romana. Limitandoci a considerare tra
la grande varietà dei diversi stadj quello comunemente detto Olimpico, che
si trova determinato con maggiore approvazione sul rapporto dei seicento
stadj per ogni grado, che corrisponde a metri 185, 201, e per conseguenza
la seicentesima parte, che costituisce l'antico piede greco, metro 0, 308501,
come particolarmente è stato dimostrato con le più autorevoli notizie nel
principio del Volume V della mia opera sull'Architettura antica. Ora seguen-
do la proporzione stabilita coH'autorità di Phnio e di altri antichi scrittori ,
di essere stato lo stadio stesso , composto di piedi greci 600 , eguale a
passi 125, cioè piedi romani 625, se ne deduce il valore dello stesso piede
(14) Gli stessi risultamenti si sono verificati col prendere a considerare diversi mo-
numenti di recente scoperti lungo la via Appia, e principalmente in quegli spazj che si
trovarono detcrminati con misure registrate sui soliti cippi terminali che si trovarono an-
cora sussistere al proprio luogo. E quindi si potè anche contestare esaminando l'area
occupata dal grande monumento di Cotta a Casal rotondo che si stendeva nel basamento
a piedi 120 per ogni lato, cioè un acto, e così quello ben cognito di Cecilia Metella che
si trova essere di piedi 100, cioè un pletro.
Sl'L VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 255
di metro 0, 296 160 5 cioè di assai poco differente da quello ottenuto da
lutti i precedenti risultamenli (15). Così considerando il miglio composto di
otto stadii . come in modo più distinto si è dichiarato da Slrabone coH'auto-
ritiì di Polibio, e moltiplicando il detto valore dello stadio di metri 185, 201
per 8. si avrà il prodotto di metri 1481, 608, che eziandio varia assai
poco da quello precedentemente stabilito. E questo risultainento serve a
spiegare l'equivoco spesso preso dagli antichi scrittori di considerare lo sta-
dio composto di piedi romani 600 in vece di 625, cioè confondendo il
piede greco col romano, mentre differivano tra loro come 24 a 25 (16).
(15) Staditim cenlitm liginli quinque noslros effacit passili, hoc est pedes sexcentos vi-
gnili qiiiiiqiie. 'Plinio, !\al. Ifist. Lih. IL e. 21.' E lo stesso è confermato da Censorino fDe
Die \at. e. 13 ', da Columella De Re Riisl. Lib. IV. e. V e da Isidoro fOrig. Lib.XV. e. 15.;
(16) Slrabone, descrivendo la via che da Apollonia metteva nella Macedonia, e che
denominavasi Ignazia, dichiarava che si estendeva a miglia 535; cosicché computando, se-
condo il comune uso, olio stadii per ciascun miglio, sarebbero slati stadii 4280: ma os-
servava egli che, secondo Polibio, agli otto stadii si dovevano aggiungere due jugeri, ossia
la terza parte di uno stadio, cioè altri stadii 178, che corrispondevano alla terza parte
del suddetto numero delle miglia, ed insieme costituivano stadii 4458; Ex 5i rij, ^AncX-
l'jivia; ci; MzzjSsvj'av ó 'Ej^/aiici IttÌv c§è; npè; 'ia, /Sj^Svjuariffjtis'vi? zara ixihov, y.x'.
y.xrzazvilaijAvrj [jI/oi Kuóf/ju v.y.ì "Ef^jou nozap.ov- nù.'fM S' ìc-:t m'jza.y.oaioyj rpióc/.ov-
TX -£vT5' lo'jiì^cixi'J'j) oi, à; fj.hj ci nolloì, to p.'thTJ òy.zccjz^^Lov, rzrpxy.i'y/Dxoi m z'tvj
(jnx^ict, VM ìv. av-oì; ^tu.v.ó'j'.c'. ìySjv^zovta, oó; §£ Ylo)/jlito', ~po'j-ùiiq rìi 'cy.-a<jxcciia
Qinlz'Sspov, e ia-.t xpixo^j a-xSiov, r,poa'bi-ic'j cùlcv; a-a^cov; iy.xzò'j ifi^cvny.ovza. cy:à,
tÒ ■zpi-o-J rcv zS)V ujX/mv àpùuov. (Slrabone. Lib. VII. e. 1.) E da osservare neiresposla
calcolazione che Slrabone prese a considerare lo stadio, composto di piedi 600, senza far
distinzione tra il piede greco, che con tal numero si componeva lo stadio, ed il romano che
ne comportava 625, come si dichiara dalle surriferite notizie, e come doveva intendere Po-
libio citato in tale memoria; e così per tale equivoco venne a produrre un numero
maggiore di 178 stadii; mentre considerando il miglio, composto sempre di otto stadii, di
piedi greci 600 ciascuno eguali a piedi romani 625, ne sarebbe risultato il numero delle
miglia limitalo a 4280 stadii. Ed in tale equivoco si trova spesso caduto il medesimo de-
scrittore allorché si fece a determinare la estensione delle distanze col ridurre le miglia a
stadii , come può in particolare conoscersi da quanto si riferisce alla stessa parte della
via Appia presa ad illustrare, prescrivendo stadii 160 alla distanza da Roma all'Ancia,
mentre secondo tutte le notizie più esatte, e ciò che tuttora può conoscersi, si trova sten-
dersi tale prima stazione miglia 16, le quali calcolandole sul metodo comunemente appro-
vato portano solo stadii 128, errore veramente ragguardevole quando non voglia attri-
buirsi ai trascrittori della stessa sua descrizione. Soltanto al medesimo equivoco si può
appropriare la indicazione esposta da Plutarco nel far menzione delle grandi opere falle
eseguire da C. Gracco lungo le vie principali che partivano da Roma e delle lapidi mi-
256 VIA APPIA APPENDICE II.
Inoltre è importante losservare sul medesimo rapporto, che siccome
600 degli anzidetti stadii corrispondevano ad un grado del meridiano terre-
stre , considerato sempre diviso in 3G0 parli eguali secondo il metodo solo
conosciuto dagli antichi senza tenere conto delle differenze di latitudine
posteriormente determinate , così dividendo un tal numero di stadii in 8 per
ridurli in miglia, secondo l'uso di piìi approvato, si avranno precisamente
migha 75 per ognuno dei medesimi gradi di eguale estensione. E così men-
tre si è trovato il valore di stadii 600 corrispondere a quello prefisso per
uno degli stessi gradi , ne emerge poi maravigliosamente , moltiplicando per
75 il valore suddetto di metri 1481, 750, prescritto ad un miglio, il prodotto
di metri 111131, 250, che si ragguaglia colla sola piccola varietà di metri 10,
598, a quello di metri 111120, 652 dedotto dalla nonagesima parte della
estensione di metri 10000858, 560, assegnata al quadrante terrestre secondo
le correzioni ultimamente fatte sulla misura del metro , che non è più la
dieci millionesiina parte precisa del medesimo quadrante , come primie-
ramente erasi determinato. E quando si volesse anche farne il confronto
con la misura assegnata al parziale grado della latitudine da Roma . che si
prescrive di metri 111057, 93, secondo le calcolazioni del Bessel, si avrà
la differenza di metri 73 , 320, che pure non è ragguardevole in confron-
to di tanta estensione per essere meno di un metro per ogni miglio. Ma
lenendosi al surriferito metodo proprio degli antichi , si troverà ragionevole
di avere continuato a considerare il riparto della via, presa a descrivere,
sulle miglia di 75 per ogni grado del meridiano terrestre di uniforme esten-
sione, equivalenti a stadii italici 600, ciò che costituisce sempre una espres-
sione più aliquota di quelle dedotta dalle moderne definizioni metriche (17).
gliarie da esso stabilite, dicendo che il miglio era poco minore di otto stadii: noè; BÈ rov-
rst; 5cc(ij.-.7priijx; y.arà ij.D.co'j ò^cv nxam, (ts Se [jaIìo-j sxtsj ctzS/cjv o).r/ov àr.o^ft) y.io-
vc<; 5,.'3(V5'j; Gr^u.v.'x tìÙ fJ-zipov v.oaiovtYJVi. ("Plutarco, ni Cajo Gracco, e. 1.) Perciocché,
omettendo di fare la suddetta distinzione tra il piede greco ed il romano, si trova infatti
lo stadio considerato composto di piedi romani 600, cioè metri 177, 810, essere poco
minore di piedi greci 600 che corrispondono a metri 185, 185.
;17) Suil' indicato importante risultamento, ottenuto per la esatta divisione di un
grado del meridiano terrestre tanto in stadii 600, quanto in miglia 75, si rende opportuno
l'osservare che sarebbe stato assai meglio , per la più facile ed universale applicazione ,
(he nella passata epoca delle innovazioni si fosse introdotto il parlimento di uno degli
stessi gradi di media estensione, in stadii 600 o miglia 60; ciò che avrebbe corrisposto a
quella divisione che è tuttora universalmente adottata e che suolsi indicare col titolo di
miglio gcograOco, il quale particolarmente si trova conservarsi tuttora con pochissima va-
riazione nel regno di Napoli, come venne ultimamente dimostrato dal cav. Alfan de Ri-
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 257
In seguito del surriferito più esatto risultaniento sul valore delle anti-
che miglia romane, si sono con grande esattezza stabiliti i luoghi precisi in
cui dovevano essere collocate le lapidi migliane lungo la stessa parte della
via Appia, seguendo l'ordinamento stabilito da C. Gracco, secondo Plutarco,
vera. E ciò sarebbe stato di universale approvazione in vece di stabilire la misura metrica;
che ora dopo le piiì esatte calcolazioni non si trova neppure più corrispondere alla diecl-
miglionesima parte del quadrante terrestre, sul quale si volle basare, e che d'altronde non
offre alcuna relazione con tutte le misure precedentemente poste in uso da qualunque po-
polo antico e moderno; mentre per altra parte si discosta per l'indicato suo principio da
quanto è stato in ogni tempo stabilito sulla divisione in trecentosessanta gradi del meridiano
terrestre , che non si è potuta vincere colla proposta innovazione e che continua ad essere
praticata in qualunque operazione che viene fatta sulla divisione del circolo. Quindi siffatta
misura, anche considerata esente da errore, si trova ridotta a presentare nella indicata vo-
luta divisione una espressione assai più imperfetta di quella degli stadii GOO, o delle miglia
60; perchè vedesi determinata a metri 11 liti, 111, e colla correzione di più appro-
vata a metri 111120, 653. Il tanto riconosciuto benefizio, che è proprio di tal specie di
misura, consiste nella suddivisione decimale: ma ciò si poteva ottenere con qualunque altra
specie di misura ; ed anzi ben si conosce particolarmente da Vitruvio essere stato lo stes-
so metodo di parlimento instituito dai tempi più antichi: Nec minus mensurarum rationes
(juae ili omnibus operibus videnlur neccssariae esse, ex corporis mcmbris collegerunt, uti digilum,
palmum, pedem, cubitum, et eas distribucrunt in perfeclum numerum, quem Graeci zilzio'j
dicunt. Perfectum autem antiqui instituerunt numerimi, qui decem dicitur. Namque ex ma-
nibus denarius digitorum numerus ; ex digilis vero palmiis, et ab palmo pes est inventus.
Si autem in utrisque palmis ex articulis ab natura decem sunt pcrfecti, edam Plutoni pla-
cuit esse eum numerum ea re perfectum, quod ex singularibus rebus, quae p.o'jy^i: apud
Graecos dicuntur, perficitur decussis; quae simul ac undecim aut duodecim sunt factae, quot
superaverint , non possunt esse perfeclae, donec ad alterum decussim pervenerint. Singula-
res enim res particulae sunt eius numeri, f Vitruvio. Lio. III. e. \.) Da che forse si è co-
minciato a determinare dall'uomo qualche estensione, si dovette sempre riferirla ad alcuna
parte del corpo umano, come trovasi dichiarato dai nomi appropriati alle varie misure rite-
nute presso tutti i popoli, quali sono la tesa, il passo, il braccio, il cubito, il piede, il palmo,
il pollice ed il digito; e le variazioni delle misure stabilite su tali particolarità non si tro-
vano mai eccedere di molto le varietà determinate dalla stessa natura umana. Così volen-
dosi contenere in tali prescrizioni, universalmente adottate, si poteva la precisa esten-
sione di un grado terrestre, dedotta sempre dalla divisione di Irecentosessanta, dividere in
miglia sessanta, una delle stesse miglia in stadii 10, ed uno di questi stadii in cento tese, il di
cui valore si trova corrispondere all'altezza o stesa comune dell'uomo ; e quindi continuando
la stessa suddivisione decimale di una tesa in dicci palmi, di un palmo in dieci dita, e di un
digito in dieci minuti. Così, non discostandosi dalle pratiche più comunemente tenute in
uso da inveterate abitudini, si sarebbe ottenuta la più facile universale applicazione che
33
Ì5H MA AI'PIA APPENDICE li.
delle quali disgiazialainenle nessuna si trovò al proprio luogo. Ma essendosi
conservata precisa memoria del luogo, in cui fu rinvenuta la colonna del
primo miglio, che ora serve d'inconcludente ornamento alla balaustrata
che racchiude la piazza Capitolina, cioè a palmi romani 512 fuori dalla
porta di S. Sebastiano, come ampiamente fu dimostrato dal Revillas, che
si trovano corrispondere a metri Ili, 480, si ebbe così un punto certo on-
de basare l'operazione. II giorno 5 giugno 1852 il sig. Bravuzzi ingegnere
del ministero dei Lavori pubblici, in allora deputato ad assistere gli scava-
menti della via Appia , colla coopcrazione dell'architetto Fontana ispettore
dei monumenti antichi , si cominciò a determinare la indicata posizione
della prima colonna migliarla coU'appoggio della surriferita distanza dalla
porta S. Sebastiano, che si trovò corrispondere effettivamente nel luogo
descritto nelle surriferite memorie, cioè palmi romani 8 prima dell'angolo
settentrionale della casa annessa alla vigna Naro che corrisponde lungo la
via Appia al di fuori della suddetta porta, ove infatti si dice essersi conser-
vata sino verso la metà del secolo passato una lapide commemorativa, ed
ove ora si è rinnovata la stessa memoria. Quindi impiegando la catena anzi-
detta di piedi cento, cioè della precisa lunghezza di quanto si è ottenuto dagli
studj surriferiti falli sulle due colonne coclidi Trajana ed Antonina, corrispon-
denti a metri 29, 635, si è determinata la estensione del primo miglio facendo
scorrere diligentemente la stessa misura per cinquanta volte dal detto luogo
verso la città e seguendo l'andamento della via moderna che si trova corri-
spondere sull'antica ; e così fu definita la posizione della porta Capena ,
l.inlo si desidera in ogni specie di misura; lucnlre la nuova misura non si è potuta ancora
far adottare in Francia stessa, ove si serve sempre del piede e della libbra nel comune com-
mercio. E forse correrà pericolo di vedere abbandonata la misura metrica, nonostante le
ordinazioni governative, come si dovette abbandonare tanto la divisione dei quattrocento
gradi nelle figure circolari, quanto quella del giorno in dieci ore cbe si volle pure intro-
durre nella stessa epoca delle innovazioni contro ogni prescrizione dedotta anche dalla
pulsazione umana in stato normale. Quindi è cbe si troverà ragionevole di essersi in que-
sta esposizione della via Appia continuato ad adottare il riparto in miglia delle settanta-
cinque a grado, e di mille passi comuni, o cinque mille piedi, che è eziandio una espres-
sione assai meno imperfetta del chilometro in rapporto col grado stesso.
(18, Per la notizia di C. Gracco, esposta da Plutarco, si veda la nota precedente
N. 16. E tutto ciò che venne riferito dal Revillas sul luogo, in cui esisteva la colonna del
primo miglio della via Appia, si trova esposto nella sua dissertazione sopra la colonna
chiamata MllUariam Aurmm, che fu inserita nel Tomo I. Parte II delle Dissertazioni del-
r.Vccademi.n di Cortona. ])ubl)lica(o in Roma ncIPanno 1802.
SIL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 259
ove si è indicala con le lettere P C , sul muro di cinta della vigna dei
PP. Camaldolesi di S. Gregorio, come è stato ampiamente descritto in
principio della Parte I di questa esposizione. Poscia ritornando al luogo
determinato avere occupato la prima colonna niigliaria , si è rivolta 1 opera-
zione lungo la continuazione della via Appia che, nonostante la piegatura
dell'attuale strada, si conosce avere corrisposto sull'antica via; e facendo tra-
scorrere la stessa catena per cinquanta volte, si giunse a determinare il luo-
go, in cui doveva esistere la colonna del secondo miglio, a metri 6, 930
distante dall'angolo meridionale del casino della villetta Casali. Così succes-
sivamente nel modo stesso si conobbe il luogo occupato dalla colonna del
miglio terzo a metri 102, 750 distante dal centro del sepolcro di Cecilia
Metella determinato dal mezzo della lapide contenente la iscrizione antica,
ove fu fissata l'estremità settentrionale della base romana stabilita dal Bo-
scovich per servire alla misura di un grado del meridiano. Continuando
la misurazione anzidetta, si è rinvenuto il luogo occupalo dalla quarta co-
lonna migliaria a metri 2, 300 prima del centro del monumento antico
atlribuilo a Seneca. Quindi quella del miglio quinto si è conosciuta avere
corrisposto a metri i4, 200 prima del centro di quel monumento rotondo
antico su cui vedesi eretta una torre del medio evo. Quella del miglio
sesto si conobbe essere stata collocata a metri 29, 500 dopo il centro
dell'antico monumento di Colla a Casal rotondo. La corrispondenza della
colonna settima si è indicala nella macerie del lato destro al termine
della discesa, per non essersi rinvenuto da vicino alcun monumento. La
colonna del miglio ottavo si trovò avere corrisposto a metri 53 dopo la
linea centrale delle colonne del lato meridionale del tempio detto di Ercole.
La posizione della colonna del nono miglio si trovò determinata a metri
420, 890 prima del centro del grande monumento rotondo che s'innalza
a guisa di un colle nel confine dell'agro romano. La colonna del miglio de-
cimo fu determinata a metri 165, -iOO dopo un grande monumento quadralo
che si trova esistere nel lato sinistro. E la posizione del miglio undecimo
si è indicala nelle crepidini della via antica alla distanza di metri 527, 290
dall'angolo settentrionale della fabbrica delle Frallocchie ed a metri 124.
500 da quel tumulo posto nel lato sinistro della via, che credesi avere ser-
vito per determinare la estremità meridionale della base di Boscovich. Quin-
di in fine si è protratta la misura stessa lungo l'attuale via di Albano, stabi-
lita sull'andamento dell'antica, e si è trovata la colonna del duodecimo raigho
avere corrisposto a metri 385, 250 prima della colonna che serve a denota-
re lo stesso miglio della nuova via. E siccome da vicino al luogo stesso si
2(>0 MA Vl'I'IA Al'l'ENDlCE II.
trova avere corrisposto l'antica città di Boville, clic costituisce il limite pre-
scritto alla parte della via Appia presa a descrivere; così venne ivi deter-
minalo anche il termine dell'operazione impresa ad eseguire al particolare
scopo di determinare le miglia comprese in essa.
La esposta determinazione delle antiche miglia lungo la via Appia ,
ci porta inoltre a stendere le ricerche ad altri importanti studj che possono
servire di mac'ior conferma al risultamento ottenuto. È ben noto che nel-
Tanno 1 750 fu commesso dal Sommo Pontefice Benedetto XIV ai PP. Giu-
seppe Boscovich e Cristoforo Maire di fare un viaggio scientifico nello stato
Pontificio onde precipuamente determinare con maggiore precisione una
data porzione del meridiano terrestre, e che a tale oggetto, unitamente alla
diligente misura della base Riminese, si fece quella della base detta Romana
che fu stesa precisamente lungo la prima parte dell'antica via Appia, presa
ad illustrare, dal sepolcro di Ceciha Metella alle adiacenze dell'osteria delle
Frattocchie portando a compimento le operazioni tutte nell'anno 1755, come
si dichiara nell'opera espressamente pubblicata a tale oggetto (19). Ma,
mentre non rimase dubbio veruno nel riconoscere la estremità settentrio-
nale di tale base Romana, perchè determinata corrispondere nel mezzo
della lapide in cui esiste la iscrizione del suddetto sepolcro di Cecilia Me-
tella , insorsero poi disparità di opinione nel riconoscere la opposta estre-
mità corrispondente nel lenimento delle Frattocchie; perchè determinata
da una pietra che si dice collocata entro ad un tumulo che non più si potè
rinvenire, e né le notizie riferite a tale riguardo furono sufficienti a scio-
ghere ogni incertezza. Quindi dall'anno 1808 al 1810 alcuni ingegneri geo-
grafi Francesi sotto la direzione del tenente colonnello Moynet si accinsero
con diligenti studj, collegati con la base Riminese, a riconoscere la corri-
spondenza dell'indicata estremità meridionale della base Romana; e cre-
dettero averne ritrovato il luogo ove nel mezzo della via antica nel detto
tenimento delle Frattocchie innalzarono un pilastro di travertino con la
iscrizione denotante essere quello il termine della base che i PP. Maire e
Boscovich misurarono nell'anno 1751 per servire al grado di Roma. Ma
anche questo pilastro, dopo di avere servito di segnale a tutte le osserva-
zioni che si fecero successivamente , venne rovesciato e rialzalo poscia
nell'almo 1822 dagli astronomi Andrea Conti e Giacomo Ricchebach per
(19) De litleraria expedilione per Ponlificiam ditionem ad dimetiendos dms meridiani
gradm et corrigendam mappam geographicam jtissit et auspiciis Benedicli XIV Pont. Max.
fimreptn a palrilms Sue. Jcsm Christophoro Maire et Rogerio Joscpho Boscovich. Romae 1755.
SUL VALORE DEL MIGLIO ANTICO. 261
deleruiinare la posizione geografica dei principali luoghi di Roma e suoi
contorni benché si fosse stabilita a tale oggetto un'altra base. Quindi lo stesso
pilastro servì a tutte le diligenti ricerche , che fece per più anni particolar-
mente lo stesso Ilicchebach, dalle quali venne a conoscere non potere
esso essere identico con l'estremo della base Boscovichiana (20). Poscia
dopo di avere servito pure di segnale per la triangolazione ultimamente
fatta dagli ingegneri geografi Austriaci collegandola pure colla base Rimi-
uese, venne nellanno 1850 interamente tolto dal luogo per impiegarlo a
guisa di materiale spezzalo nella costruzione delle macerie che racchiudono
l'anzidetto lenimento. Per riparare a tanta trascuratezza nell'avvicinare le sca-
vazioni, imprese a farsi dal governo Pontificio per lo scuoprimento della via
antica, al luogo in cui doveva trovarsi il dello pilastro, feci usare le più dili-
genti cure, onde non solamente rinvenire tracce del suo basamento, ma an-
che se fosse stato possibile scuoprire la pietra sotterrata dal Bosco\ich entro
ad un tumulo. Però solamente si è potuto scuoprire la pietra che fu posta a
servire di base al suddetto pilastro in circa nel mezzo della via antica ed a
metri 73, 500 prima di giungere ad un sepolcro che unico a guisa di tumulo
esiste nel lato sinistro nelle stesse adiacenze ; e si procurò che tale ba-
samento fosse conservato al proprio luogo. In questo stato di cose, mentre si
desidera che sia portata ad effetto la operazione proposta a farsi dal P.
A. Secchi direttore dell'osservatorio astronomico del Collegio Romano al-
loggetlo parziale di determinare con precisione tutto ciò che può essere re-
lativo alla medesima base, imprendendone anche una più diligente misura-
zione con lutti quei mezzi che ora si sono portati a miglior perfeziona-
mento , tanto per contestare la esattezza delle operazioni fatte dai PP.
Boscovich e Maire, appartenenti al medesimo ordine religioso, le quali furono
tacciate d'inesattezza principalmente dal barone di Zach , nelle sue esposi-
zioni pubblicale nei volumi delle corrispondenze astronomiche , quanto per
determinare con la maggiore esattezza possibile la estensione della base
slessa ed in conseguenza il suo estremo meridionale , mi Umilerò a fare le
^20) Posizione geografica dei principali luoghi di Roma e dei suoi contorni. Opmcoìo
di Andrea Conti e Giacomo Ricchebach pubblicato in Roma nellanno 1824. — Esame im-
parziale della triangolazione del P. G. Ruggero Boscovich. Memoria postuma del canonico
Giacomo Ricchebach. Roma 1846. Sui risullamenli ottenuti dalie operazioni descritte
nelle citate pubblicazioni fu fissata la mia grande pianta topografica della Campagna
romana contenuta in sei fogli e redatta sulla proporzione di uno a sessantamille, che
offre sempre il più ragguardevole lavoro che sin" ora si sia pubblicato su tale oggetto.
262 VIA APPIA APPENDICE II.
seguenti osservazioni unicamente dirette a servire alloggetlo prefisso dallo
scopo di queste ricerche.
Stante l'indicata incertezza della corrispondenza dell'estremità meridio-
nale della base stabilita lungo la via Appia dal Boscovich , per lo smarri-
mento del segnale espressamente collocato, che si volle persino credere dai
suoi oppositori avvenuto secondo i desiderii dello stesso astronomo per to-
ghere il motivo a qualunque verifica delle sue asserzioni; e stante i grandi
sconvolgimenti che si fecero nel terreno , in cui fu slabihta la stessa estre-
mità, per i molti scavamenti fatti e per le susseguenti variazioni delle mace-
rie costrutte nel riparto delle suddivisioni, tutto ciò porta ad attenersi a
quanto può dedursi dalle attuah condizioni del medesimo luogo. Quindi dalle
indicazioni esposte dal Boscovich sulla determinazione della estremità della
sua base , escludendo le corrispondenze riferite alle macerie ad altro og-
getto che più non sussiste, si devono limitare le ricerche a quanto venne
indicato sul collocamento della pietra posta sotto ad un tumulo per con-
servare memoria dello stesso estremo (21). Ora nello stato attuale del
luogo stesso non si trova sussistere nessuna rehquia che nelle sue adiacen-
ze presenti la forma di tumulo, altro che una esistente nel lato sinistro
(21) Le notizie sulla corrispondenza dell'eslremità meridionale della base, misurala
da Boscovich lungo la via Appia, si deducono dai seguenti passi della citata sua esposizio-
ne sulla letteraria spedizione; cioè all'art. 109 del primo Opuscolo: Pro altero igitur
basis exlrcmo ipsam Metellae molem deìegimus, punctum nimirum illiid, quod in eadem
via mediae inscriptioni respondet ad perpendictdum, alterum autem, uhi infra eum locitm,
quem Fraltochias dicunt, Iribus circiter ab Albana porta milliariis ipso via intermmpitur
pomario, circiimsepto qua muro, qua maceria, ad Columnensium familiam pertinente, et ipso-
runi villulae ex apposita viae parte respondente- Ibi autem jmullo ante maceriam ipsam
lapidem in editiore loco basis dimensae finem effossa humo condidimus, certts circum signis
adjectis, quo deinde facilius inveniri posset. All'art. 120 dello stesso primo Opusculo :
Invenimus autem reduclionum omnium ralione habita, in ca basi palmos 53562 iy2 quos,
hexapedae modulo recepto, constitit valere liexapedis 0139 1^2 quamproxime a media inscri-
ptione Metellae, ad lapidem defossum in tumulo Frattocchianae UH Columnensium maceriae
proximum. Ed in fine alParticolo 131 del medesimo primo Opuscolo determinando an-
che con più precisione la situazione dcllaltro estremo: Et primum quidem in ipsa
summa sepulchri Metellae mole constituimus, prope murorum pinnas, quae inscriptioni immi-
nenti cum suhiecto alliorc tabulato, ubi possemus cum ingenti quadrante consistere; unde
prospectus in alterum basis caput poteret, et in Januarinm montem; secundum autem in
tumulo ipsi alteri basis capiti proximo. I.e più diligenti ricerche fatte per trovare la
corrispondenza di tale estremità della base Boscovichiana. si trovano esposte nella citata
memoria postuma del Ricchebach.
SUL VALOKE DEL ftUGLIO ANTICO. 263
alla distanza di metri 73 , 500 dal centro della base discoperta nel mezzo
della via del pilastro francese. E tale tumulo presenta in sostanza il solo
luogo da dove più opportunamente si sia potuto operare per fare le osser-
vazioni tanto sul segnale dell'opposta estremità della base quanto su que-
gli stabiliti negli altri punti della triangolazione. Ed è inoltre da osservare
che tale tumulo si trova distare dalla linea media della via quanto pre-
cisamente si scosta la lapide della iscrizione posta sulla fronte del se-
polcro di Cecilia Metella, ove si è fissato l'altro estremo della stessa base.
Ma poi non si è rinvenuto entro la sua piccola cella alcuna pietra che aves-
se potuto servire all'indicato oggetto ; però si può credere essere stata
tolta , come si tolsero tanti altri oggetti di maggior volume. Quindi se
effettivamente tale tumulo fosse lo stesso di quello accennato nelle me-
morie del Boscovich, mentre si sarebbe trovato corrispondere nella mi-
sura prescritta dalle giustificazioni fatte dal Ricchebach per la distanza
dalla linea centrale della via determinata in tese 4, 26, cioè metri 8, 34-3,
avrebbe poi corrisposto a maggiore distanza sulla direzione longitudinale
della stessa via di quella prescritta dalle medesime correzioni in tese 5,
462, cioè metri 10,795; giacché si trova la differenza protrarsi sino a
metri 73, 500. Ma ciò sarà oggetto di considerazione nei surriferiti studj
proposti a farsi per togliere ogni incertezza su tale riguardo. Però è da os-
servare che alle dimensioni prescritte nelle accennate correzioni del Ric-
chebach, nelle scavazioni ultimamente estese in tutte le adiacenze, non si
sono trovate tracce di aver sussistito alcun monumento distinto che avesse
potuto presentare la forma di tumulo. Quindi, considerando avere l'estremo
della base Boscovichiana corrisposto sulla direzione del mezzo di tale
monumento , si trova tutta la stessa base essersi compresa dalla colonna
del terzo miglio sino a quella dell' undecimo per miglia otto di esten-
sione, che calcolate sul rapporto ottenuto dai precedenti risultamenti di
metri 148L 750 per ogni miglio, sono insieme metri 11854. Poscia ag-
giungendovi i metri 102, 750 rinvenuti tra il centro del sepolcro di Ce-
ciha Metella ed il luogo in cui si conobbe avere esistitito la colonna del
terzo miglio, e più metri 124, 500 per la distanza dal luogo stabilito per
la colonna del migho undecimo al centro del suddetto tumulo, risultano in-
sieme metri 12081, 250 di estensione sulla superficie del suolo della via,
cioè miglia otto e più metri 227, 250. La misura poi della base Bosco-
vichiana, considerata su di una linea retta e su di un piano perfettamente
orizzontale, essendosi ritrovata, secondo le correzioni del Ricchebach, di tese
6139, 650, cioè metri 11966, 400, che corrisponde ad otto dei suddetti
26i VIA Al'l'U APPENDICE II.
miglia e più metri 112, iOO, si trova essere minore dell'anzidetta conside-
rata nell'estensione superficiale di metri Ili, 850 (22). E questa differenza
si può con poca varietà considerare poter compensare tutto ciò che emerge
dalla maggiore estensione tanto del piano generalmente saliente dal luogo,
in cui esiste il sepolcro di Cecilia Metella, ove fu fissato un esfremo della
base anzidetta, al surriferito tumulo, ove fu riconosciuto sussistere l'altro
estremo deducendolo dalle stesse calcolazioni del Boscovich sulla differenza
delle respettive elevazioni sopra il livello del mare che fu determinato
in tese 4-7, 685, cioè metri 93, 302. quanto dai parziali piani inchnati e
dalle piccole tortuosità che esistono lungo la via. Oneste particolarità, men-
tre non si possono con precisione determinare, si trovano poi produrre una
qualche maggiore estensione sopra la misura della base calcolata sul ret-
tihneo e perfetto piano orizzontale da essere sempre però contenuta nella
surriferita differenza di metri 11-4, 850 derivata dalle due differenti esten-
sioni. Laonde da ciò, nonostante le indeterminazioni e le varietà che sus-
sistono, si trova ognora contestata la corrispondenza dell'antico miglio ro-
mano in metri 1481, 750 dedotta dalle precedenti calcolazioni.
Si può adunque conchiudere che da tutti i più importanti confronti, che
si possono fare sulle memorie conservateci, si deve ritenere per esatta la
misura dei cento piedi dedotta dalle due colonne coclidi di Trajano e di
^larco Aurelio , che si trovò corrispondere a metri 29 , 635. E da questo
preciso risultamento ne emerge la corrispondenza dell'antico piede romano
in metro 0, 296, del passo composto di cinque piedi in metri I, 481, e
del miglio composto di cinque mille piedi o mille passi in metri 1481 , 750,
che con assai piccola varietà si trova eguagliare la settantacinquesima parte
del grado del meridiano terrestre alla latitudine di Roma calcolato sulle cor-
rezioni ultimamente fatte.
'22) La tesa, di cui si servì il Boscovich nella misura della base stabilita lungo la
via Appia, si considerò divisa in linee 804, cioè in piedi sei, ogni piede in once dodici,
ed ogni oncia in dodici linee. Quindi nelle più diligenti ricerche fatte dal Ricchebach ,
come sono esposte negli articoli 25, 26, 27, 28 e 29 del citato suo Esame impar-
ziale sulla triangolazione del Boscovich, ne risultò esservi stata una piccola varietà da
([uclla cosi detta del Perù, e stabilì avere il metro corrisposto a 443296 millesimi delle
suddette linee, mentre quella del Perù si trovò essere eguale a 443233. Da ciò n'è
risultato che la estensione della base stessa calcolata dal Boscovich si trovò essere di
tese 6140, 537, cioè di metri 11968, 130; mentre colle correzioni del Ricchebach
venne ad essere stabilita in tese 6139, 650, cioè metri 11966, 400. Da questi rapporti
si trova così essere stata la tesa, impiegata in tale misura, eguale a metro 1 , 949.
APPENDICE TERZA
INDICAZIONE TOPOGRAFICA
DELLA PRIMA PARTE DELLA VIA APPIA
A compimento di quanto è stato enunciato in fine delle notizie pre-
liminari si espone una succinta indicazione topografica della prima parte
della via Appia, presa ad illustrare, onde dimostrare la sua ubicazione e la
posizione dei monumenti principali eretti nei suoi lati. Siffatta indicazione è
basata su due Tavole che fanno conoscere tutto l'andamento della via da
Roma a Roville diviso in tre parti, e che si congiungono a questa stessa
Appendice. Tutti gli oggetti meritevoli di considerazione sono distinti con
una successiva numerazione ripartita negli spazj compresi tra le colonne
migliane, e contrasegnata in egual modo sulle citate Tavole. Alle stesse par-
ziali indicazioni si aggiungono i numeri delle pagini in cui si sono descritti
gli accennati oggetti nella esposizione generale; e così questa Appendice
serve nel tempo stesso d'indice alla medesima descrizione. Laonde i numeri
romani, posti in principio di ogni indicazione parziale, corrispondono a quei
simili segnati nelle Tavole topografiche; ed i numeri arabi, posti in fine,
si riferiscono a quei delle pagiui della descrizione.
PARTE PRIMA.
DALLA PORTA CAPENA ALLA PRISW COLONNA MIGLIARIA.
I. Porta Capena e sue adiacenze. 33 - 36.
II. Sepolcro di Grazia posto da vicino alla detta porta Capena. 37.
III. Bosco e tempio delle Camene. 37 - 39.
IV. Tempj dell'Onore e della Virtù. 40 - 42.
V. Area Radicarla e Mutatorio di Cesare. .43.
VI. Case denominate dei Parti. 43.
VII. Terme Antoniniane con gH edifizj adiacenti. 43.
VIII. Via Nuova con gli orti Asiniani che dovevano esistere ove poscia fu-
rono edificate le dette terme. 44.
IX. Posizione delle terme Severiane e Commodiane. 45.
34
26(J VIA APPIA APPENDICE III.
X. Separazione della via Latina dall'Appia. 4-5.
XI. Sepolcro degli Scipioni e tempio della Tempesta. -i6.
XII. Sepolcri diversi della vigna Moroni. 47.
XIII. Sepolcri diversi della vigna Casali. 48.
XIV. Altri sepolcri comuni scoperti nella vigna Codini. 49 - 50.
XV. Arco di Druso. 51.
XVI. Porta Appia detta di S. Sebastiano. 52.
PARTE SECONDA.
DALLA PRIMA ALLA SECONDA COLONNA MIGLI ARIA.
I. Colonna del primo miglio, 53.
II. Tempio di Marte e scuola di Esculapio e di Egia. 54 - 56.
III. Clivo detto di Marte. 57 - 58.
IV. Archi di Vero e di Trajano. 59.
V. Campo di Marte. 59 - 60
VI. Orti di Terenzio, 60-61.
VII. Sepolcri diversi a destra del clivo di Marte nella vigna Naro. 61.
Vili. Fiume Aimone. 62.
IX. Sepolcro di Priscilla. 63.
X. Sepolcro di Gela. 64.
XI. Colombario detto dei liberti di Augusto nella vigna Vagnolini. 64 - 65.
XII. Colombario dei liberti e servi di Livia Augusta. 66.
»•-
PARTE TERZA.
DALLA SECONDA ALLA TERZA COLONNA MIGLIARIA.
I. Campo ed edicola del dio Rediculo. 67 - 68.
II. Colombario dei liberti della famiglia Cecilia. 68.
III. Colombario dei liberti e servi della famiglia Volusia. 69.
IV. Via antica traversante l'Appia tra il secondo ed il terzo miglio con molti
sepolcri nei suoi lati. 70 - 72.
V. Scuola e collegio del dio Silvano. 73.
VI. Sepolcro di Volumnio esistente tra il secondo e terzo miglio. 74.
VII. Sepolcro di Claudia Semne, 75.
Vili. Sepolcri del lato sinistro della via. 76.
LNDIGAZIONE TOPOGRAFICA. 26T
IX. Chiesa di S. Sebastiano. 77.
X. Tempio di Romolo figlio di Massenzio. 77 - 78.
XI. Circo di Massenzio e villa imperiale nel lato orientale. 79.
XII. Tempio di Bacco ridotto a chiesa dedicata a S. Urbano. 80-81.
XIII. Ninfeo detto volgarmente grotta di Egeria. 82.
XIV. Acqua fluente nella sottoposta valle detta Relriceue e via Ardeati-
na. 83 - 85.
XV. Sepolcro volgarmente detto tempio del dio Redicolo posto lungo la via
Ardeatina. 86.
XVI. Sepolcro di Cecilia Metella. 87.
XVII. Sepolcri di Q. Granico Labeone e di T. Crustidio, 88.
PARTE QUARTA.
DALLA TERZA ALLA QUARTA COLONNA MIGLIARIA.
I. Triopio con tutti gli edifizj annessi alla villa di Erode Attico. 89 - 92.
II. Fabbrica principale del predio Amaranziano. 92.
III. Sepolcri diversi corrispondenti tra il terzo ed il quarto migho. 93.
IV. Sepolcro di M. Servilio Quarto. 94 - 96.
PARTE QUINTA.
DALLA QUARTA ALLA QUINTA COLONNA MIGLIARIA.
I. Memoria del luogo in cui accadde la morte di Seneca. 97 - 102.
II. Sepolcro rotondo incognito. 103.
III. Sepolcri dei figli di Sesto Pompeo Giusto. 104 - 105.
IV. Tempio di Giove e secondo pago Sulpizio. 106- 107.
V. Sepolcro di C. Plinio Eutico eretto da C. Plinio Zosimo. 108.
VI. Sepolcro di C. Licinio. 109.
VII. Sepolcro dorico costrutto con la pietra albana. 1 09.
Vili. Sepolcro d' Ilario Fusco. 110.
IX. Sepolcro di Tiberio Claudio Filippiano e dei suoi figli Secondini. 1 IO.
X. Sepolcro di Q. Appuleo Pamfilo. 111.
XI. Grande sepolcro di opera laterizia. Ili - 112.
XII. Sepolcro di Rabido Ermodoro, di Rabiria Demaride e di Usia Prima
sacerdotessa d' Iside. 1 1 2.
2()8 VIA APPU APPENDICE III.
X!II. Luogo ili cui fu rinvenuta la iscrizione di lasdio Domiziano personag-
gio consolare. 113 - 115.
XIV. Sepolcri di A. Emilio e di M. Clodio Filostorgo. E quindi le memorie
di L. Valerio Giddo, e di A. Argentario. 112 - 115.
XV. Sepolcri del lato sinistro, tra i quali vi sono le memorie di P. Cacurio
Filocle, di Q. Flavio Critone, di P. Faiano, di Cresto littore Cesareo e
deiTribonii. 116-117.
XVI. Memorie diverse del lato destro ed in particolare un grande monu-
mento di opera laterizia e le iscrizioni di L. Valerio Barica, di T. Fidi-
clanio e di M. Cerdone. 117 - 119.
XVII. Sepolcro rotondo vicino al quinto miglio. 119 - 120.
XVIII. Sepolcro di opera laterizia nel lato sinistro. 120.
XIX. Memorie diverse di monumenti comuni cogniti per diverse iscrizio-
ni. 120 - 122.
PARTE SESTA.
DALLA QUINTA ALLA SESTA COLONNA MIGLIARIA.
I. Sepolcro rotondo formato a tumulo posto da vicino al quinto miglio ed
alle fosse Cluilie. 123 - 124.
II. Ustrino corrispondente dietro al detto sepolcro rotondo. 127.
III. Grandi tumuli creduti avere appartenuto ai due Orazj caduti estinti nella
ben nota battaglia data in tale luogo. 125 - 127.
IV. Grande sepolcro piramidale incognito. 128.
V. Sepolcro di Pomponio Attico e di Marco Cecilio. 129 - 131.
VI. Sepolcro dei Terenzi. 132.
VII. Sepolcro di Pompea Azzia. 133.
Vili. Villa dei Quintilii. 135 - 138.
IX. Sepolcri di Valerio Spintore e di Supsifana Nice. 139.
X. Sepolcri di Pompeo Licino e di Settimia Galla con altro di Vettena Afro-
disia. 140.
XI. Sepolcro rotondo con fregio ornato d' Ippogrifi ed altro di P. Sergio De-
metrio vinario del Velabro. 1 42.
XII. Sepolcri del lato destro, tra i quali vi sono le memorie di L. Arrio e di
C. Gerulonio. 143.
XIII. Sepolcri del lato sinistro con memoria di M. Calvio Rufo. 143.
XIV. Bagni e villa a destra con frammenti di trofei e fasti consolari 143-1 44.
XV. Parziale sepolcro della gente Aurelia. 1 44.
INDICAZIONE TOPOGRAnCA. 269
PARTE SETTIMA.
DALLA SESTA ALLA SETTIMA COLONNA MIGLIARIA.
I. Grande sepolcro rotondo detto di Cotta a Casal-rotondo. 1 i5 - 155.
II. Sepolcro di Sergio Svezzio. 156.
III. Sepolcri di P. Furio Fiacco e di Antonia Trufera. 137.
IV. Sepolcro di P. Quinzio tribuno della legione XVI. 157.
V. Sepolcro comune con pavimento in musaico. 158.
VI. Sepolcro di M. Lollio Dionisio ed altri del lato destro. 158.
VII. Sepolcro di A. L. Ilara del lato destro. 159.
VIII. Grande sepolcro detto volgarmente Torre selce. 159 - 160.
IX. Sepolcro di un attore scenico greco. 160-161.
X. Sepolcro di M. Giulio dispensatore di T. Claudio Cesare. 162.
XI. Sepolcro di Tizia Eucaride. 163.
XII. Sepolcro di G. Attilio Evodo margaritario della via Sacra. 163.
XIII. Altri sepolcri del lato sinistro ed in particolare una memoria di Euti-
chio Fosforo. 16i.
XIV. Sepolcro di P. Decumio Filorauso, 164.
XV. Sepolcro di C, Cedricio Flacceiano tribuno militare. 165.
XVI. Monumento adornato con figure di Telamoni. 165.
XVII. Sepolcro del lato destro di M. Llpio. 166.
XVIII. Secondo ustrino praticato nel lato sinistro della via. 166.
XIX. Piegatura della via successivamente stabilita. 167.
XX. Sepolcri del lato destro della discesa della via. 168.
XXI. Sepolcri del lato sinistro della stessa discesa. 168.
PARTE OTTAVA.
DALLA SETTIMA ALL OTTAVA COLONTS'A MIGLIARIA.
I. Sepolcro posto da vicino al luogo in cui esisteva la colonna del miglio set-
timo, e nel quale fu rinvenuto un ben conservato vaso di alabastro. 169.
II. Sepolcri diversi del lato destro. 170.
III. Grande essedra di riposo. 170.
IV. Sepolcro di opera laterizia. 170.
V. Sepolcri diversi del lato destro, tra i quali esiste memoria di C. Baberio
col suo figlio Zosimo Lupo. 171.
270 MA APPI A APPENDICE 111.
VI. Sepolcro del lato sinistro di 0- Plauzio. 171.
VII. Grande nionumenlo del lato destro. 172.
Vili. Sepolcro di M. Pompeo Maggiore scriba dei questori. 172.
IX. Sepolcro di Cornelia Salvia. 172.
X. Sepolcri del lato sinistro. 172.
XI. Grande sepolcro rotondo. 173.
XII. Atrio di Silvano e tempio di Ercole all'ottavo miglio. 173 - 178.
PARTE NONA.
dall'ottava alla nona colonna MIGLIARIA.
I. Reliquie appartenenti probabilmente alla villa di Basso. 180.
II. Altre reliquie forse della villa di Persio. 181.
III. Sepolcri di Q. Cassio appaltatore di marmi. 181.
IV. Sepolcro grande del lato destro. 181.
V. Sepolcro di Q. Verranio. 182.
VI. Grande sepolcro rotondo detto il Torraccio. 183.
VII. Reliquie di sepolcri comuni del lato destro. 184.
VIII. Reliquie di simili sepolcri del lato sinistro. 184..
IX. Sepolcro dell'imperatore Gallieno al nono miglio. 18.5 - 186.
X. Villa dello stesso imperatore Gallieno. 186 - 188.
PARTE DECIMA.
DALLA NONA ALLA DECIMA COLONNA MIGLIARIA.
I. Mutazione di cavalli al nono miglio. 189.
II. Sepolcri di M. Vitale e di Celere Vedano. 189 - 190.
III. Monumento vetusto costrutto con pietra albana ed adornalo con colonne
corintie di tale pietra. 190.
IV. Memorie del lato sinistro. 191.
V. Grande tumulo esistente nel lato destro della via da vicino al confine
dell'agro romano. 191.
VI. Altri sepolcri del lato destro. 192.
VII. Sepolcri del lato sinistro. 192.
Vili. Grande sepolcro quadrato del lato sinistro appartenente ad alcun no-
bile personaggio. 192.
IX. Sepolcri comuni del lato sinistro. 192.
INDICAZIONE TOPOGRAFICA. 271
PARTE UNDECIMA.
DALLA DECIMA ALL'lADECIMA COLONAA MIGLIARIA.
I. Reliquie di sepolcri esistenti nel lato sinistro della via dopo il luogo de-
terminato per la colonna del decimo miglio. 193.
II. Reliquie di monumenti del lato destro. 193.
III. Grande sepolcro rotondo decorato con colonne e nicchie diverse.
194 - 195.
IV. Memorie del Iato destro con cippi terminali di pietra albana di Giulio
Dionisio e di marmo di Yeturio Rufo. 195 - 196.
PARTE DUODECIMA.
DALl'l"M)ECIMA alla DUODECIMA COLONNA MIGLIARIA.
I. Luogo in cui fu discoperta la pietra che sosteneva il pilastro terminale
eretto nell'anno 1808, ove fu creduto corrispondere l'estremità raeridio-.
naie della base di Roscovich. 197 - 198.
II. Monumento in forma di tumulo che solo presenta probabilità aver potu-
to sernre al detto Roscovich per termine della sua base. 198.
III. Memorie del lato destro. 199.
IV. Termine della via ristabiUta. 199.
V. Grande sepolcro rotondo posto lungo la via di Albano a sinistra. 201.
VI. Accesso al luogo in cui esistono le rehquie delle fabbriche principali
della parte di Roville aggiunta nel tempo dell'impero romano. 202.
VII. Ruderi di mura antiche appartenenti alla vetusta città di Roville.
2U-216.
FINE.
DIPRBIATLR
Fr. Th. M. Larco 0. P. S. P. A. Magistri Socius.
IMPRIMATUR
Antonius Ligi Archiep. Icon. Vicesgerens.
TAV= I,
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Temda/ dt/ Tpr Carkp^^.,,
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PRIMA PARTE DALLA PORTA (-APENA AL MIGLIO J\
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TOPOGRAFIA DELLA V!A APPIA DALLA PORTA CAPENA A BOYILLI'
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